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1.LA GENESI DEL PROIBIZONISMO MODERNO
Il postulato proibizionista, derivante dalle definizioni degli organismi internazionali, come
Nazioni Unite ed Onu, considera da sempre l’uso delle droghe un fenomeno patologico,
allegando al termine stupefacente il sinonimo di sostanze illegale. La legge proibizionista ha
sempre posto come obiettivo principale quello di evitare qualsiasi contatto di qualsiasi
persona con qualsiasi tipologia di droga, indipendentemente dagli effetti e dalle conseguenze
che esse possono portare
1
. Tuttavia, il consumo di sostanze psicotrope, non è affatto un evento
recente, anche se non è facile individuare l’esatte dimensione del fenomeno in passato. Fin dai
tempi più antichi le persone hanno sempre consumato sostanze stupefacenti ovvero sostanze
capaci di alterare l’attività mentale. Per via del loro potenziale psicotropo, nel corso degli anni
e dei secoli, tali sostanze sono state sempre più spesso utilizzate oltre che nell’uso medico-
terapeutico, anche a scopo ricreativo o nei contesti religiosi e culturali. Alcune sostanze,
anche a distanza di secoli, sono rimaste confinate nelle zone d’origine, ed oggi come in
passato continuano ad essere consumate. Altre droghe, soprattutto con l’intensificarsi degli
scambi commerciali, si sono diffuse ottenendo successi in ogni latitudine del mondo
2
. Il
tabacco scoperto da Colombo in America, si diffuse in Europa e poi in Asia a partire dalla
stessa data, per diventare dei business più profittevoli dell’era nostra. Gli stessi alcolici,
ottenuti con la fermentazione di zuccheri, hanno una genesi antichissima. Alceo nel distico
professo come il tabacco avrebbe assunto il ruolo di sostanza più antica al mondo diventando
nei secoli la sostanza più diffusa tra le popolazioni mediterranee che l’hanno distillata. Il caffè
dell’altopiano etiopico fu introdotto dall’arabi ed esportato in Europa già intorno al 1500 a.C
3
.
Nelle civiltà primordiali come nella società moderna, l’uso della droga fu sempre gestito dal
potere, per motivi mistici, religiosi, terapeutici, bellici e politici. Si tratta delle droghe naturali
più importanti in termini di domanda di mercato come: l’alcol, la cocaina, l’hascisc, l’oppio e
la marihuana. Tutte con radici molte lontane nel tempo. Le sostanze di origine asiatica e
orientale presentano autori classici più celebri fra i loro osservatori. Erodoto, descrive
l’hascisc nel quarto libro delle Storie. Inoltre, la canapa indiana e l’oppio (che si ricava dal
papavero) sono al centro di uno dei racconti di Marco Polo. Nei testi storici sono presenti sia
usi rituali che religiosi delle piante da cui provengono sostanze (considerate sacre). I due
esempi più chiari di come nasce e si sviluppa il proibizionismo attorno a tali sostanze,
attengono alla cocaina e l’oppio, diverse fra loro ma con una genesi molto simile. Il caso
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Arnao, proibizionismo antiproibizionismo e droghe, Edizione editoriale Marcello Baraghini pag. 5
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.21
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.21
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dell’oppio è più complesso. I papiri egiziani danno notizia dell’oppio nel 1500 a.C. Gli arabi e
i turchi già conservavano l’abitudine di fumarlo da secoli. Anche in Cina, l’oppio entra
attorno al 1000 d.C. ma non viene prodotto localmente ma bensí in India, che diventerà più
avanti una colonia britannica; fumare oppio diventa un abitudine quotidiana che non crea
nessun problema nella società. Successivamente la sua scala di consumo aumenta in maniera
vertiginosa ed è a questo punto che per la prima volta interviene la parola Proibizione, nella
prima metà del settecento. Con le proibizioni ufficiali, ma mai rispettate, si manifestano
guerre tra Cina e Inghilterra, intorno all’esportazione della sostanza dall’India britannica alla
Cina, o meglio il suo contrabbando controllato dalle compagnie indiane, a cui i governatori
cinesi tentano di mettere un freno inibitorio. Con tali guerre si conclude quello che viene
definito “il periodo dell’oppio”e dell’accettazione pacifica di tutte le sostanze, mentre ha
inizio la storia moderna, dove tutto cambia: scala di consumo, leggi, sanzioni e atteggiamenti
sociali. È proprio avvicinandosi all’epoca contemporanea che capiremo come l’equilibrio fra
droghe e società perde la bussola e, si altera. Uno degli aspetti della loro presenza in passato
era l’uso moderato con il quale venivano consumate tali sostanze. Tuttavia, non appena un
interesse commerciale su larga scala, forza le abitudini e trasforma un consumo moderato in
un consumo sfrenato la convivenza tranquilla tra la droga e le popolazioni si spezza, per
diventare quello che è oggi: uno stato di tensione e di guerra, si pensi a tutte le guerre dei
narcotrafficanti, una preoccupazione sociale, un problema di ordine pubblico, un problema di
salute.
Fin dai primi del novecento, tutte le tipologie di droghe conosciute si trovano in libera vendita
e venivano acquistate a prezzi assai modesti. Ad esempio, gli oppiacei, fino al 1906 negli
U.S.A. sono oggetto di un consumo di massa, sia per uso medico che per uso personale.
Durante quell’anni l’oppio fu il farmaco più diffuso ed consumato nella maggioranza di
persone di ogni ceto sociale
4
. In proporzione possiamo dire che equivale (più o meno) alla
stessa percentuale di chi oggi fa uso di sostanze legali come i tranquillanti, antinevralgici,
analgesici
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. Anche le motivazioni sono le stesse di oggi: il sollievo al malessere, fisico o
morale. Lo usavano poeti, artisti, scrittori, avvocati, casalinghe, medici e politici
6
. Il problema
dell’abitudine quella oggi chiamata dipendenza, per quanto conosciuto non creava allarme
sociale, anzi fino alla metà dell’ottocento il consumo di droghe viene considerato un
fenomeno normale, poiché si trattava di un fenomeno non solo diffuso ma soprattutto
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.23
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.23
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.23
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socialmente condiviso. Singolare è il caso americano. A partire dal 1850, moltissimi cinesi,
migliaia, si insiedano con manzioni soprattutto di manodopera a basso costo, i primi settori di
lavoro furono miniere, costruzioni e fattorie. L’impatto della forza lavoro cinese
nell’economia americana è stato molto significativo, possiamo dire che equivale al medesimo
impatto che hanno avuto orientali e africani nel continente europeo oggigiorno. Dall’altro lato
la popolazione cinese porta nei loro quartieri urbani le proprie tradizioni, una fra tutte, l’uso
degli oppiacei. “Gli stessi contratti di lavoro, per incentivare i cinesi, includono mezza libbra
di oppio al mese”
7
. Essi, come abbiamo detto rappresentano una vera e propria forza
lavorativa, non solo per le loro capacità di adattamento nel mercato del lavoro ma anche
perché si dimostrano abili anche in altri settori dell’economia, come ad esempio il settore
dell’artigianato dell’imprenditoria
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. Nel 1873 la California viene colpita dalla prima vera crisi
recessiva, cosi, il movimento anticinese si rafforza, incrementando il suo consenso. E proprio
l’uso dell’oppio “non tanto come abitudine dannosa ma tanto quanto come abitudine cinese
9
”
viene indicato di essere un ottima fonte di corruzione per gli statunitensi e, in particolare di
essere una minaccia per giovani e donne. In base a queste “ false” giustificazioni tra il 1875 e
il 1898 vennero applicate a circa ventidue stati normative contro il consumo dell’oppio. Lo
stesso Governo federale americano incrementa il costo della tassazione sugli oppiacei,
portandola dai sei ai dieci dollari a libbra
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. Lo scopo di tali eventi, pare evidente, soprattutto
se leggiamo la dichiarazione di Hamowy, secondo il quale : “l’idea di proibire l’oppio e i suoi
derivati, subisce un improvvisa impennata, non tanto da attribuirsi alla capacità della droga
di creare dipendenza, aspetto di cui i medici ne erano a conoscenza ben prima della nascita
del movimento anti-cinese. (…) Vi sono pochi dubbi che la proibizione dell’oppio da fumo
abbia avuto come origine un fondamento razzista. L’intento dei medici, dei legislatori e degli
altri riformatori sociali che hanno spinto per l’approvazione di tale legge, era quello di
proteggere i bianchi(…)”
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. Ad esempio, il divieto di frequentare le fumerie d’oppio
nell’Idaho nel 1885, era esplicitamente rivolto verso i bianchi
12
. Non avviene diversamente
per il caso della cocaina. Non sono gli autori classici a descrivere gli effetti che le foglie di
coca generavano tra gli indiani americani sconfitti dagli europei, ma soltanto le testimonianze
dai conquistatori stessi del Perù e dell’Ecuador. Anche la cocaina nell’antichità era
considerata una pianta sacra, al pari del peyotl diffuso soprattutto in Messico, veniva
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.59
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.59
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.59
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.60
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.60
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.60
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masticata sia dai sacerdoti che dai contadini, si dice per tollerare la fatica del lavoro sulle
Ande ad altitudini elevate: uno degli effetti della cocaina è proprio l’abbassamento della
soglia della fatica fisica. La cocaina resto a lungo confinata nelle zone andine, il Betel
nell’Asia Sud Orientale, prima della sua espansione grazie ai fenomeni migratori nell’Africa
Orientale e nell’area dello Yemen. Un congresso ecclesiastico a Lima, cercò un primo
tentativo di proibizione nell’uso tra i contadini, definendo la coca una pianta idolatrica, ma
l’esito fu senza ascolto. La canapa è stata fin dall’antichità una pianta di utilità in tutto il
mondo grazie ai suoi numerosi usi come pianta di fibra, ma il suo consumo psicoattivo si è
diffuso in maniera esilarante nel corso dei secoli. Tuttavia, all’interno di numerose tribù
indiane e americane il legame per la cocaina non si è mai interrotto, anche in epoche moderne.
Ad inizi novecento, essa è oggetto di importanti studi scientifici e commerciali. Per dirla
ancora con le parole di Hamowy
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“ le leggi che disciplinano la vendita e il possesso della
cocaina possono essere ricollegate alla credenza popolare di inizio secolo, secondo la quale,
il consumo di cocaina era correlato ai crimini realizzati dai neri”. Come dimostrano le
cronache dei giornali, i quali, iniziano a riportare i primi casi dei neri impazziti sotto effetto
della cocaina. Nella fattispecie, nel 1903, il giornale americano New York Tribune pubblica
un articolo che sottolinea in maniera piuttosto marcata come “ la maggioranza dei crimini
realizzati dai neri è dovuta all’effetto del consumo di cocaina”, L’American Pharmaceutical
Associationla afferma che la cocaina è una sostanza consumata solo da neri, ed in quanto tali:
appartengono alla classe sociale più bassa
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. Ma è con un articolo, Negro cocaine “fiends”
scritto dal Dott. Huntinton e pubblicato nel New York Times, un mese prima dell’entrata in
vigore dell’Harrison Act, che la relazione neri uguale cocaina tocca il picco più alto.
Tuttavia, il caso della cocaina non rimane isolato, poiché sempre nell’Ottocento benché non
esistano associazioni contro la droga, alla fine del secolo si registrano le nascite delle prime
ed influenti associazioni contro l’alcol , fenomeno in forte espansione soprattutto negli Stati
Uniti e in Inghilterra. Soltanto nei primi novecento si creano le prime associazioni contro
cocaina ed oppio, e solo nella metà degli anni trenta si istituiscono quelle contro la marijuana.
È quindi opportuno sottolineare come nonostante abbia un’origine ben più lontana, la politica
proibizionista troverà attuazione giuridica solo nel 1917, cioè dopo la proibizione degli
oppiacei e della cocaina.
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.62
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M. Verga. Guerrini, La droga espiatoria- un’analisi critica del proibizionismo- 2004, Milano p.63
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Da questo ombrello comune si possono distinguere tutte le tipologie e famiglie di droghe.
Ovviamente, ognuna è diversa dall’altra per gli effetti che produce ma anche e soprattutto per
la considerazione nella quale è tenuta nella società. In particolare tabacco ed alcool sono
esclusi da questa lista, rendendo questo, una contraddizione rilevante per l’ideologia
proibizionista. Tale contraddizione diviene ancora più macroscopica, quando andiamo ad
analizzare i dati e i danni medici che trasmettono tali droghe lecite, evidenziando in tal senso
il lampante insuccesso del proibizionismo. Il tasso di mortalità causato dal tabacco vede il
tasso di mortalità per il tabacco è in rapporto superiore di circa mille volte a quello
dell’eroina, la stessa dipendenza, spesso citata come giustificazione al fenomeno
proibizionista, (inserimento di una tabella sui decessi coinvolge un numero di persone
maggiore per l’alcolisti rispetto a coloro che consumano cannabis. Inoltre, le sostanze
psicoattive hanno un loro turn over, nel senso che laddove esse sono state proibite, sono state
sostituite con altre droghe più disponibili nel mercato. Questo è il tipico il caso delle
popolazioni del centro America, in cui la scarsa dotazione di foglie di coca ha determinato
uno sviluppo e diffusione dell’alcolismo nella popolazione. Il problema proibizionista è:
ammesso che determinati componenti legati all’uso delle droghe illecite possono pregiudicare
la salute fisica o mentale di un individuo, con i relativi riflessi nella vita sociale, è necessario
dare mano al crimine organizzato e mettere a repentaglio la sicurezza di tutti i cittadini, la
certezza dello stato di diritto, in una parola la democrazia, per tentare, con risultati
fallimentari, di eliminare tali prodotti dal mercato? O è possibile regolamentare le sostanze
che possono provocare tali effetti, rispettando la libertà individuale, i diritti umani e
salvaguardando gli interessi della società?
Per trovare una risposta a questa domanda occorre individuare i motivi che spingono i
proibizionisti ad eludere una discussione cosi importante come quella della legalizzazione
delle droghe. In primo luogo, essi sono a difesa del proibizionismo, il quale, non ha inciso
perché fino ad oggi non c’è stata la volontà di farlo funzionare, soprattutto a causa della
mancata cooperazione internazionale. Tale tesi non regge. Innanzitutto, se la corruzione dei
governi e dei loro funzionari è una delle cause principali del problema, la cooperazione
internazionale è semplicemente impossibile. In sintesi, non basta un atto di volontà
internazionale per rompere la ricerca di facili profitti. In secondo luogo, il tema della
proibizione è diretto contro le cause di una legalizzazione. Molti obiettano che la domanda di
droga aumenterebbe in modo esponenziale e che il danno realizzato dalle vecchie droghe
illecite e quelle nuove che entrerebbero nel mercato, non sarebbe compensato dalla maggiore
sicurezza data dal consumo legale e tale danno risulterebbe di gran lunga superiore ai benefici