5
che si dispiegano a livello delle retoriche [Sassatelli 2005, p. 24]
1
.
Dunque la politica culturale dell’UE, in quanto eminentemente
simbolica, sembra essere un oggetto di studio appropriato per
un’indagine semiotica.
Le politiche sono state studiate in particolare dai policy studies,
il cui focus si concentra sui processi decisionali, trascurando le
retoriche, i discorsi e la costruzione di universi simbolici. Questi aspetti
delle politiche sono stati considerati solo recentemente: è fiorito infatti
un approccio interdisciplinare, che coinvolge discipline che vanno dalla
scienza politica, alla sociologia, all’antropologia, alla scienza delle
organizzazioni.
Il programma CEC è un terreno fertile per una ricerca sui
processi di costruzione delle identità culturali. In esso si intrecciano
due di questi processi: il tentativo dell’UE di sviluppare un’ identità
europea e il lavoro dell’Amministrazione locale sulla cultura e
sull’immagine cittadina. Considerare il programma CEC nella sua
valenza locale, piuttosto che europea, offre il vantaggio di studiare un
progetto dai confini nitidi e con obbiettivi riscontrabili.
Questo lavoro si propone di studiare la costruzione di identità di
Bologna come Città Europea della Cultura da parte
dell’Amministrazione locale. Questo studio sarà fatto attraverso
l’analisi del libro-catalogo la Cultura nell’Anima pubblicato dal
Comune nel giugno del 2001, a conclusione dell’evento Bologna 2000.
L’analisi semiotica sarà volta a rilevare le strategie discorsive del testo,
per riflettere su come esse presentano questo processo di costruzione di
identità.
Questa scelta è dovuta innanzitutto al fatto che tale
pubblicazione rappresenta il bilancio ufficiale che il Comune dà su
Bologna 2000.
1
In questa sezione le informazioni sulla politica culturale dell’UE provengono da Sassatelli
(2005).
6
Sarà quindi, più precisamente, lo studio di un processo di
costruzione di identità attraverso la sua sanzione istituzionale messa
agli atti (ovvero negli archivi comunali).
In secondo luogo, la scelta di questo materiale permette di
lavorare su un libro, che come tale offre tutti i vantaggi del testo
semiotico: “un oggetto chiuso, delimitato, strutturato e come tale
analizzabile” [Lorusso 2005, p. 151]. Si tratta inoltre di un testo che
appartiene a una classe di oggetti molto specifica: libri-catalogo che le
Amministrazioni locali pubblicano a conclusione del programma CEC.
Questo aspetto permette di sviluppare l’analisi anche in termini
comparativi.
Il libro la cultura nell’anima sarà analizzato, quindi, anche alla
luce del confronto con un oggetto analogo: il libro-catalogo Un viaggio
lungo anno pubblicato dal Comune di Genova come bilancio del
progetto CEC Genova 2004. Assumendo, in ottica strutturalista, che il
valore abbia natura differenziale, l’analisi comparativa dovrebbe
servire a evidenziare le peculiarità delle strategie discorsive del testo in
esame.
La specificità della classe testuale ‘libro-catalogo’ da un lato
offre questo vantaggio, dall’altro lato comporta una sfida per l’analisi
semiotica.
Di fronte a uno spot pubblicitario, a un racconto narrativo, o a un
oggetto di consumo avremmo potuto disporre di schemi di analisi già
collaudati: questo non vale di fronte a un libro-catalogo. Si tratta di un
testo composto da elementi iconici e verbali: gli strumenti analitici
saranno quindi quelli della semiotica verbo-visiva. Tra questi, saranno
selezionati di volta in volta quelli più adatti a fare emergere le strategie
discorsive rilevanti per la nostra analisi. Tale selezione probabilmente
sarà determinata da un procedere per esclusione: scartando quegli
strumenti semiotici che rendono conto di effetti di senso poco pertinenti
al nostro focus.
7
Alla fine di questo studio dovrebbe anche essere più chiaro che
cos’è un libro-catalogo, ovvero qual è la sua funzione e a che lettore
modello
2
si dirige. Ad ogni modo, è opportuno esplicitare subito che
questa ricerca non si pone l’obiettivo di tracciare uno schema di
invarianti del genere testuale in questione: un corpus di due testi non
può essere rappresentativo.
Si potrà però notare che i due libri sono piuttosto diversi già nel
loro aspetto materiale, ancora prima di entrare nel merito delle loro
strategie discorsive. Un viaggio lungo un anno è un volume di 137
pagine, le cui misure sono 27 x 20,5 cm., la cultura nell’anima è una
pubblicazione composta da due volumi, il primo è un catalogo
fotografico di 202 pagine, il secondo, che sarà l’oggetto di questo
studio, è un volume di 334 pagine. Entrambi i due volumi misurano 30
x 22,5 cm. Quello che si vuole mettere in risalto è che le due
pubblicazioni sono due oggetti con una diversa maneggevolezza per il
lettore: se le misure sono poco suggestive, basterà dire che la
pubblicazione genovese pesa 575 g., mentre la pubblicazione bolognese
nel suo complesso pesa 2685 g., più di 2,5 Kg..
2
Per la nozione di ‘lettore modello’ cfr. Eco 1979.
8
1. IDENTITA’ E CITTA’
La semiotica è una disciplina con un metalinguaggio molto
articolato e rigoroso. Gli strumenti concettuali che useremo nell’analisi
godono di uno statuto ben definito (e interdefinito) nella semiotica. In
questo lavoro, però, si avrà a che fare con termini il cui significato
appare più fumoso. Prima di proseguire con l’analisi del materiale è
opportuno soffermarci sui termini ‘identità’ e ‘città’, in modo da
chiarire preliminarmente di che cosa stiamo trattando.
La questione dell’identità è diventata un tema sociologico
recentemente e nonostante siano proliferate le riflessioni a tal riguardo,
il termine non ha conquistato una definizione consolidata. Innanzitutto
la problematica dell’identità è affrontata sia a livello individuale che
collettivo. Lo studio che verte su un processo di trasformazione
dell’identità di Bologna, evidentemente tratterà di un’identità collettiva.
L’identità collettiva è stata studiata con strumenti approntati
dalla psicologia sociale ed è stata spesso assimilata a un processo di
semplice identificazione. Con il passaggio da individuale a collettiva,
l’identità diventa anche una categoria pratica e politica, oltre che
analitica. Le categorie pratiche sono quelle usate dagli attori sociali per
interpretare la realtà, quelle analitiche sono strumenti euristici elaborati
dagli studiosi per interpretare le prime. Da un punto di vista
costruttivista la differenza è solo a livello di costruzione [Sassatelli
2005, p. 14], ma è innegabile che l’uso del termine ‘identità’ ne mostri
la potenza come categoria pratica e l’inadeguatezza come categoria
analitica. L’identità è potente quando è pensata in termini essenzialisti:
fatta di radicamento, unità, permanenza, autenticità. Quando è
concettualizzata osservando il confine, quando l’Altro da sé risulta
costitutivo dell’identità più di qualsiasi contenuto sostanziale.
Come categoria analitica l’identità è stata riformulata in chiave
costruttivista: multipla, fluida e soprattutto costruita.
9
Senza spingerci ulteriormente in una questione che è terreno
della sociologia, ci basterà fermarci al carattere differenziale
dell’identità. Carattere che non contraddice la natura costruita che le
riconoscono i sociologi, anzi. L’identità si definirà in negativo e sarà
fluida e costruita in accordo con le rinegoziazioni delle differenze del
sistema in cui si inserisce. Ciò ci permette di ammettere un fare
trasformativo che opera sull’identità di Bologna nel sistema del
mercato internazionale del turismo culturale. Lo stesso Greimas, d’altra
parte, trattando di semiotica topologica si trova a dire che “un qualsiasi
luogo non può essere colto se non fissandolo in rapporto a un luogo
diverso” [1976, trad. it. p.126].
Landowski riflettendo sui diversi aspetti del processo di
costituzione del soggetto nel confronto con un’altra istanza soggettiva
vede nell’Identificazione un processo in cui l’Io si staglia sullo sfondo
di ciò che non è, di un non-Io, in altri termini si tratta di un confronto in
cui il soggetto si trova ‘contro’ l’altro, vissuto come straniero, come
diverso [Landowski 1997].
Dunque l’identità di Bologna sarà quel quid che la distingue
dalle altre città, insomma teniamo il termine ‘identità’ nella sua
accezione etimologica: dal latino īdem, ‘proprio quello stesso’.
E’ opportuno soffermarsi anche sul termine ‘città’ con
l’intenzione di discuterne, per dirla con Frege, non il significato, ma il
senso.
Rispondere alla domanda ‘che cos’è una città?’ non è semplice,
eppure questo termine ha un significato in un qualche modo immediato,
tanto che tra gli storici è stato detto che “Una città è una città” [R.
Lopez 1963, p. 9 cit. in Farinelli 2003, p.132]. Partiamo dalla
definizione dizionariale, secondo cui con ‘città’ si designa un “Centro
abitato esteso territorialmente, notevole sia per il numero degli abitanti
sia per la capacità di adempiere a molteplici funzioni economiche,
10
politiche religiose e sim.”
3
. Se il significato di ‘città’ è piuttosto
intuitivo e consolidato, la città è però oggetto di interesse di diverse
discipline, si tratterà quindi di chiarire in che senso lo è per questa
analisi.
Quando si chiamerà in causa la città di Bologna, non sarà certo
per riferirsi allo spazio del Comune di Bologna, questo studio, infatti,
vuole essere sensibile alle questioni di identità, che è appunto ciò che fa
di uno spazio un luogo. Un luogo è innanzitutto “una parte della
superficie terrestre che non equivale a nessun altra, che non può essere
scambiata con nessun altra senza che tutto cambi” [Farinelli 2003, p.
11]. Questa definizione di luogo si accorda con quella che abbiamo
dato di identità. E’ proprio per il fatto che un luogo è strettamente
connesso a un’identità che ogni luogo è un piccolo mondo, nel senso di
un qualcosa che dipende da un complesso di relazioni fra esseri umani
[Tuan Ti-Fu 1974 pp. 233-46, cit. in Farinelli 2003, p. 121].
Considerare la città come luogo, dunque come qualcosa che
dipende da relazioni umane, è rilevante per la prospettiva semiotica
perché permette di riconoscere alla città la possibilità di trovarsi nel
ruolo di attante-soggetto, essendo un attante personalizzato in quanto
collezione di individui, la cui coralità sta nell’intrattenere un complesso
di relazioni. E’ possibile, quindi, che la città svolga una qualsiasi
funzione attanziale pur non essendo un soggetto antropomorfo, così
come la società giuridica, che Greimas riconosce come attore collettivo
[1976, trad. it. 1991].
Riassumendo, in questo studio si penserà alla città per il suo
essere luogo, il che significa considerarla da un lato per la sua
connessione con un’identità differenziale, che si configura all’interno
di un sistema, dall’altro lato per il suo essere un possibile attore
collettivo.
3
lo Zingarelli 2001, vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, Bologna,
Zanichelli Editore, 2000, alla voce “città”.
11
In conclusione, il concetto di ‘città’ rientrerà nel focus di questo
lavoro considerando che:
Città è ogni sede in grado di produrre un’immagine materiale,
pubblica e perciò condivisa, della forma e del funzionamento del
mondo o di una sua parte. Di conseguenza, ogni rivalità tra città, si
esprime a livello più alto, nella lotta per l’affermazione e la
diffusione delle immagini che esse producono [Farinelli 2003,
p.153].
12
2 UNA SANZIONE POSITIVA
Il libro la cultura nell’anima si apre con sette testi preposti
all’indice, ognuno dei quali è preceduto da un’intestazione che ne
evidenzia l’autore e la sua carica. Si tratta appunto di sette interventi
autorevoli: Romano Prodi, in quanto Presidente della Commissione
europea; Giovanna Melandri, come Ministro per i Beni e le Attività
culturali; Giorgio Guazzaloca, Sindaco di Bologna; Vasco Errani,
Presidente della Regione Emilia-Romagna; Pier Ugo Calzolari,
Magnifico Rettore dell’Università degli studi; Vittorio Prodi,
Presidente della Provincia di Bologna; infine Gian Carlo Sangalli,
Presidente della Camera di Commercio Industria e Artigianato. Si tratta
dei rappresentanti delle sei istituzioni che hanno preso parte al
Comitato per Bologna 2000
4
. Alla loro testimonianza si aggiunge
quella di Romano Prodi: immancabile, visto che quando Bologna vive
questo evento di portata europea, la città può vantare un bolognese alla
presidenza della Commissione europea
Ognuno di questi testi mette in scena un’enunciazione enunciata:
in cinque brani attraverso un esplicito débrayage enunciazionale che
prende le forme di un “io” o del rappresentante di un “noi”, negli altri
due testi attraverso l’emergere di un punto di vista inequivocabilmente
legato alla carica istituzionale che precede il testo stesso. Il nome e la
carica quindi embrayano il testo completando l’illusione
enunciazionale (v. Tabella 1).
In attesa che l’analisi dei testi ci dica qualcosa di più sullo
statuto semiotico di questi soggetti, intanto li teniamo come semplici
soggetti enunciativi, simulacri discorsivi grazie ai quali l’enunciazione
dà l’illusione della sua presenza nel discorso-enunciato.
4
Il lettore acquisisce questa informazione dal testo di Pier Ugo Calzolari. Diversamente
potrebbe rendersene conto esaminando la lista di tutti i partecipanti al Comitato per Bologna
2000 che si trova nelle ultime pagine del libro.