I
NOTA METODOLOGICA
La comunicazione d’impresa sta attraversando ormai da alcuni anni un periodo di grandi
trasformazioni, che comportano la necessità di rivedere i principi di fondo che ne hanno per lungo
tempo, e con successo, caratterizzato la formulazione delle strategie. Lo spettatore dal canto suo, si
trova bombardato da migliaia di messaggi pubblicitari, ed ormai ha imparato ad evitarli; occorrono
quindi nuove soluzioni che soddisfino le aziende e allo stesso tempo appaghino il consumatore.
La pubblicità convenzionale, non risulta più in grado di dare una risposta concreta a tutti i problemi
di comunicazione che incontra un annunciante. Le aziende hanno così avvertito la necessità di
trovare nuove forme di comunicazione commerciale capaci di offrire risultati migliori. Uno di
questi strumenti è il product placement, ovvero l’inserimento di un prodotto o di una marca
all’interno di un contenuto d’intrattenimento, che può essere una pellicola cinematografica, un
programma televisivo, un videogioco, ecc. riuscendo perfettamente ad integrarsi con esso. Una
tecnica pubblicitaria, e allo stesso tempo una fonte di finanziamento per il cinema, che sarà oggetto
di studio di questa tesi. L’obiettivo del lavoro sarà quello di esaminare le molteplici e complesse
implicazioni che il product placement comporta nell’ambito della produzione dei contenuti
d’intrattenimento nei mezzi di comunicazione di massa, per procedere poi con l’approfondimento
specifico delle modalità di realizzazione, di funzionamento e gestione strategica del product
placement quale forma di comunicazione d’impresa, passando anche per l’evoluzione giuridica cui
questa tecnica è stata sottoposta, in particolare nel contesto italiano.
La complessità che il product placement comporta, deriva dal fatto che l’inserimento di prodotti e di
marche all’interno di contenuti d’intrattenimento, non rappresenta solamente uno strumento
promozionale per favorire i risultati economici dell’impresa, ha anche implicazioni sociali e
culturali in senso ampio.
L’origine di questa tecnica pubblicitaria, di cui si parlerà nel primo capitolo, risale alla fine
dell’Ottocento, proprio con riferimento alle prime esperienze cinematografiche, quando cominciò
ad emergere la necessità per i produttori sia di allestire le scene con realismo senza sostenere i costi
per acquistare marchi e prodotti di altre imprese, sia di ridurre in qualche modo le ingenti spese per
la distribuzione e promozione dei film. La nascita avviene nel 1897 in Francia, ma il mercato più
fertile in cui il product placement riesce a diffondersi è senz’altro l’America, dove decolla nei primi
anni del Ventesimo Secolo.
II
Negli anni cinquanta, grazie alla crescita economica, anche in Italia si assiste ai primi inserimenti di
prodotti in film e programmi televisivi, uno in particolare “Carosello”, in cui la pubblicità viene
fatta “all’italiana”, prendendo in prestito dalla nostra tradizione culturale gli stili e i codici per
rappresentare i prodotti e i consumatori.
Da allora in poi il product placement non ha più arrestato la sua corsa, arrivando oggi ad avere una
quota di mercato pari a 5, 56 miliardi di dollari a livello mondiale, e con prospettive di sviluppo
sempre maggiori.
Dopo aver parlato delle origini e dello sviluppo del product placement si andranno ad indagare le
diverse tipologie di placement, con la differenziazione tra screen placement, script placement e plot
placement, e i vari mezzi di comunicazione in cui questa tecnica viene inserita, facendo particolare
attenzione agli inserimenti cinematografici e televisivi.
Il product placement cinematografico è la prima tipologia ad essersi sviluppata, e rispetto alle altre
forme è anche quella che ad oggi è più diffusa, in particolare per il grande pubblico che riesce a
raggiungere, per il ciclo di vita longevo, infatti un film dopo la sua uscita viene riproposto in DVD e
per la possibilità di ottenere un endorsement implicito, da parte di personaggi famosi che utilizzano
il prodotto nella pellicola. Svolge ovviamente anche una funzione commerciale poiché la
produzione ricava dei benefici economici dalla scelta dell’inserimento di uno specifico bene o
servizio. Sta diventando dunque sempre più difficile stabilire quanto gli inserimenti derivino
dall’esigenza di rappresentare la società e quanto invece dipendano dai finanziamenti per la
produzione
1
. Negli ultimi anni poi c’è stata una diffusione sempre maggiore del product placement
televisivo. Intorno a questo strumento c’è interesse crescente da parte delle agenzie che si occupano
di inserimenti di prodotti, grazie soprattutto alla varietà di pubblico che la televisione riesce a
raggiungere e a costi inferiori che comporta l’inserimento di un prodotto in un programma
televisivo, come sit com, oppure game show.
Si andranno poi ad indagare le modalità di realizzazione, infatti il product placement prima di essere
inserito in un qualsiasi contenuto, sia esso televisivo o cinematografico, deve passare attraverso una
realizzazione anche piuttosto lunga, che si distingue in tre fasi principali: la pianificazione, fase in
cui l’azienda inserzionista concorda, con l’agenzia di product placement, il contenuto in cui inserire
il prodotto e la metodologia con cui farlo; c’è poi la seconda fase che è quella dell’esecuzione, nella
quale l’agenzia si accorda direttamente con il produttore del contenuto, per capire come il prodotto
possa essere inserito, senza creare danno all’opera, ma aumentandone il realismo; infine la terza ed
ultima fase è quella del controllo nella quale l’inserzionista verifica se gli obiettivi sono stati
raggiunti, e in base al successo ottenuto si stabilisce quanto questi debba pagare al produttore.
1
Si veda: Ciappei C. – Surchi M., Cultura. Economia e marketing, Firenze, 2010, pag. 338
III
Alla fine del primo capitolo si esamineranno quelli che sono gli obiettivi che il product placement
intende perseguire, andando ad analizzare sia i punti di forza di questa tecnica, in particolare
l’elevata efficacia comunicativa, la gradualità dell’investimento, l’elevata segmentazione del
pubblico, che quelli di debolezza. Gli studiosi ritengono che il difetto principale sia senza dubbio
l’incertezza sul rapporto prezzo/valore, poiché non esistendo delle tariffe “standard”, per un’azienda
che vuole ricorrere al product placement è molto difficile sapere in precedenza l’entità
dell’investimento. La valorizzazione dipende da un mix di fattori che è possibile prendere in
considerazione solo a lavoro ultimato; conseguenza diretta è anche la difficoltà nello stabilire in
partenza quali saranno gli obiettivi qualitativi e quantitativi del placement.
Nel secondo capitolo invece, si analizzerà la situazione italiana, in particolare da un punto di vista
giuridico. Si andranno a esaminare i due decreti che hanno cambiato la storia del product placement
nel nostro Paese, il primo è il Decreto Urbani, emanato nel 2004, che riconosce la legalità di questa
tecnica pubblicitaria, purché le imprese ne diano chiaro riferimento agli spettatori. Il secondo è il
Decreto Romani, emanato nel 2010, con cui è previsto che l’inserimento di prodotti con scopi
commerciali, possa essere fatto anche in ambiente televisivo(con il primo decreto era previsto il
solo placement cinematografico), con la sola eccezione dei programmi per bambini. Dopo aver
parlato delle leggi che lo hanno caratterizzato, si andrà a studiare come questa forma pubblicitaria si
presenta oggi in Italia, dando uno sguardo alle principali agenzie italiane, prima fra tutte la
JMN&DY ed in particolare si analizzeranno anche dei casi di inserimenti concreti, fatti in alcune
pellicole italiane dall’impresa dolciaria Cameo, per alcuni dei suoi prodotti: torte Versa e Inforna,
cioccolato Ciobar e il Pane degli Angeli.
In seguito si confronterà la tecnica del product placement con altre tecniche simili, tra cui la
pubblicità occulta, ovvero quel tipo di comunicazione pubblicitaria che basa la sua forza proprio
sulla possibilità di nascondersi agli occhi degli spettatori; un altro confronto si ha con la pubblicità
subliminale, poiché molti studiosi trovano analogie tra queste due forme di comunicazione.
Entrambe infatti prevedono inserimenti in contenuti d’intrattenimento, ma la pubblicità subliminale
si contraddistingue perché l’inserimento non è fatto in modo chiaro, bensì tramite fotogrammi
rapidissimi che il consumatore riesce a percepire solo in maniera inconscia. Infine un ultimo
confronto viene fatto tra product placement e sponsorizzazione, che sicuramente rappresenta la
tecnica più vicina ad un inserimento, ma che da questo si distingue perché il placement si è da
sempre sviluppato come forma di comunicazione occulta, mentre la sponsorizzazione rappresenta
una forma di pubblicità immediatamente riconoscibile come tale. Questo secondo capitolo si
concluderà descrivendo le variabili che un’azienda inserzionista deve tenere presente per una
corretta pianificazione di placement. Le principali variabili sono : le caratteristiche della marca, con
IV
particolare riferimento al settore merceologico del prodotto e alla posizione che questa marca
occupa nel mercato, la cosiddetta prominenza; le caratteristiche del pubblico, in primis le
caratteristiche demografiche, e poi il gradimento nei confronti della marca, del contenuto
d’intrattenimento, la fruizione del mezzo attraverso cui viene fatto il placement; altre caratteristiche
importanti sono quelle relative al contenuto d’intrattenimento, se è in grado di accogliere quella
tipologia di marca, il genere, la presenza di personaggi famosi ecc. ; infine ci sono le caratteristiche
dello specifico inserimento, e dunque, il modo in cui la marca è evidenziata, l’esposizione ripetuta
allo stimolo, la presenza di un numero elevato di marche, l’uso del prodotto da parte di un
personaggio famoso.
Nel terzo ed ultimo capitolo viene analizzato il processo di comunicazione attivato dal product
placement, processo che prende avvio nel momento in cui la fonte seleziona parole, immagini o
simboli per formulare il messaggio da comunicare al ricevente. Questi dal canto suo difficilmente
noterà l’intento pubblicitario, poiché sarà rapito dal contenuto d’intrattenimento e quindi percepirà
il placement esclusivamente come una fonte di realismo all’interno della trama. La fase di
conversione di idee e informazioni in una forma simbolica, familiare al ricevente, viene denominata
codifica e porta alla formulazione di un messaggio verbale e/o visivo nella forma più adeguata al
canale di trasmissione prescelto. La corretta decodifica del messaggio dipende però da diversi
fattori tra cui: il rapporto del pubblico con il mezzo di comunicazione prescelto, la differenziazione
dello stimolo, affinché questi possa emergere dallo sfondo della scena, la ridondanza dello stimolo.
Vengono poi illustrate le modalità di funzionamento del processo di persuasione innescato dallo
stimolo del product placement stesso, secondo le diverse ipotesi formulate di volta in volta negli
studi teorici. Andranno dunque esaminati sia i processi di apprendimento del consumatore, stimolati
dal product placement, sia i modelli di risposta che questi ha nei confronti del placement stesso. Gli
studiosi prevedono quattro tipi di approcci per quanto riguarda il processo di apprendimento e cioè:
l’approccio per connessioni, in cui l’apprendimento avviene tramite una connessione tra stimolo e
risposta; l’apprendimento sociale, nel quale il comportamento dell’individuo viene condizionato
dall’imitazione del comportamento altrui, in particolare di personaggi famosi; l’apprendimento
cognitivo che considera l’individuo come un essere razionale, che prima di prendere una decisione
si documenta ricercando informazioni; infine c’è l’apprendimento non cognitivo secondo il quale la
componente affettiva nel processo di apprendimento può prevalere su quella cognitiva o addirittura
risultare completamente indipendente da essa.
Per quanto riguarda invece i modelli di risposta dell’individuo al product placement, questi hanno
l’obiettivo di evidenziare in modo semplificato le fasi che intervengono nel processo di persuasione
innescato dal messaggio e le relazioni tra le variabili che incidono su questo processo. Attualmente i
V
modelli teorici su cui si fonda l’analisi del comportamento del consumatore possono essere
ricondotti a tre e non a due come nelle prospettive tradizionali e sono
2
: il modello di risposta
cognitivo, nel quale si dà particolare risalto al ruolo informativo; il modello di risposta affettivo,
relativo alla produzione di stati d’animo, sensazioni ed emozioni; il modello di risposta
comportamentale secondo cui l’individuo reagisce alla stimolazione, in un primo momento con
un’intenzione comportamentale e solo successivamente con un’eventuale risposta
cognitiva/affettiva.
Il terzo capitolo si chiude esaminando l’efficacia comunicazionale del product placement, anche in
base a delle ricerche svolte, verificando il grado d’impatto sulle tre fasi del processo di decisione
d’acquisto, la memorizzazione dello stimolo, la formazione o il cambiamento di atteggiamento,
l’intenzione d’acquisto o il comportamento del consumatore. In particolare vengono esaminate le
variabili in grado di influenzare l’efficacia del product placement; queste variabili sono:
Gli aspetti che fanno riferimento alla realizzazione del placement, quali, il livello di
prominenza, le modalità d’inserimento, il numero di ripetizioni, il grado di coerenza
Il grado di coinvolgimento dell’individuo per il contenuto d’intrattenimento
Lo stato d’animo dell’individuo nel momento della fruizione del contenuto (mood)
La posizione occupata dalla marca nel mercato
Ultimo conclusivo paragrafo si chiude con una ricerca nella quale emergono gli effetti prodotti dalle
principali variabili che influenzano l’efficacia del product placement, nel momento in cui agiscono
congiuntamente.
Durante questa breve introduzione si sono dunque potute rilevare diverse problematiche, di
efficacia, legislative e culturali, che saranno meglio affrontate nel corso della tesi, per cercare di
mostrare questa forma di comunicazione, ancora così poco diffusa in Italia, sotto tutti i punti di
vista.
Particolarmente utili per la scrittura di questo lavoro, sono stati i libri che trattavano non solo del
product placement come tema principale ma anche quelli che si occupavano dei comportamenti del
consumatore, in modo specifico alcuni libri di psicologia, perché come si sarà già capito, il product
placement è si una tecnica di comunicazione pubblicitaria, ma si basa molto sul modo di pensare e
di essere del pubblico e sull’influenza mediatica a cui costoro possono essere sottoposti.
Ovviamente indispensabili sono stati anche i libri di giurisprudenza, utili per comprendere la
situazione odierna in Italia, e come mai tale pratica sia ancora così scarsamente diffusa, nonostante
la sua efficacia, e la sua diffusione a livello internazionale.
2
Cabiddu F., Comportamento del consumatore e scelte strategiche delle imprese, Milano, 2007, pag. 199
VI
A questi testi vanno poi aggiunte le riviste internazionali, in particolare quelle d’oltreoceano, che
sono state particolarmente efficaci per comprendere ancora meglio il tema. In Italia è ancora poco
diffuso, e viene quindi affrontato in un numero di testi piuttosto limitato, a livello internazionale
invece sono molte le riviste da cui si possono attingere spunti e informazioni interessanti, in
particolare analisi, ricerche di mercato e sondaggi, per capire l’efficacia e gli effetti che questa
tecnica ha sugli spettatori.
In base a tutti i libri e gli articoli analizzati, quello che è certo è che il product placement suscita
ancora molte critiche in Europa e in particolar modo in Italia, in quanto si tratta di un fenomeno
nuovo, o meglio riscoperto da poco; l’intento principale di questo studio è quello di far capire
quanto l’inserimento di un prodotto che si fonde con la trama del film, non provochi un danno allo
spettatore, ma serve invece a migliorare l’esperienza di quest’ultimo, aumentando la qualità del
film, garantendo maggior realisticità e creando un ponte tra la produzione cinematografica e gli altri
settori dell’attività economica interessati ad investire nel cinema allo scopo di mettersi in contatto
con il pubblico.
1
1. CAPITOLO: CARATTERISTICHE GENERALI DEL PRODUCT
PLACEMENT
Sommario: 1. Definizione del product placement – 1.1 Riferimenti storici – 1.2
L’esperienza italiana – 2. Le differenti tipologie di product placement – 2.1 Il product
placement cinematografico – 2.1.1 Il valore del product placement nei film di successo –
2.1.2 Location placement – 2.2 Product placement televisivo – 2.3 Il product placement
negli altri mezzi di comunicazione – 2.3.1 il product placement nei videogame – 3. Modali-
tà di realizzazione del product placement – 3.1 Pianificazione – 3.2 Esecuzione – 3.3 Con-
trollo – 3.4 Il livello di connessione del placement: plot placement – 4.Gli obiettivi del
product placement – 4.1 Vantaggi – 4.2 Gli effetti negativi del product placement – 4.3 Dal
product placement al branded entertainment
1. Definizione Del Product Placement
L’espressione product placement fa la sua comparsa nella letteratura accademica nei primi
anni ottanta e va a sostituire espressioni come “product plug” oppure “hidden plug”.
Attualmente l’espressione product placement viene utilizzata per indicare l’inserimento di
un prodotto o di una marca all’interno di vari contenuti d’intrattenimento ed in molteplici
situazioni quali ad esempio:
L’inserimento di un prodotto che risulta facilmente identificabile da chi usufruisce
del mezzo d’intrattenimento
La semplice citazione del nome del prodotto o della marca
Il collocamento visivo tra l’arredo scenico
2
L’inserimento di un prodotto la cui identificazione non è sostenuta né dal nome del-
la marca, né da caratteristiche specifiche, in modo tale da restare anonimo
nell’ambito di una certa categoria merceologica.
Ovviamente quando si parla di product placement, non si parla solo di una bottiglia sul ta-
volo, oppure di un pacchetto di sigarette, bensì di un vero e proprio studio del posiziona-
mento di un prodotto o di una marca, fatta da esperti del settore che tengono conto sia delle
caratteristiche del prodotto, sia del contesto narrativo. Il product placement per certi versi è
molto simile alla pubblicità ma rispetto a questa ha un grande vantaggio, l’attenzione del
consumatore. Mentre la pubblicità lavora sull’attenzione passiva
1
, il product placement è
integrato all’interno di contenuti d’intrattenimento, per cui non può essere evitato dal con-
sumatore(come uno spot televisivo).
Una delle definizioni più utilizzate e perciò meglio conosciute, è quella data da Balasu-
bramanian il quale dice che il product placement veicola un messaggio finalizzato ad in-
fluenzare il pubblico attraverso l’inserimento oneroso, pianificato e non invadente di un
prodotto o di una marca all’interno di un film o di un programma televisivo
2
. Secondo Ba-
lasubramanian il product placement fa parte di quei messaggi aziendali ibridi con cui
un’impresa cerca di influenzare l’individuo con modalità che non perseguono palesemente
un obiettivo commerciale, per cui è probabile che il pubblico non sia consapevole
dell’intento persuasivo ed elabora l’informazione del product placement in modo diverso
da quella contenuta nei messaggi promozionali.
Un’altra definizione molto interessante è quella fornita da Russel e Belch, che considerano
il product placement come l’inserimento di una marca in un veicolo d’intrattenimento.
Questa definizione è una delle più complete in quanto comprende tutti i mezzi di comuni-
cazione, le diverse modalità attraverso cui la marca può essere presentata, ed i molteplici
gradi di integrazione del contesto.
3
Occorre precisare però che l’inserimento di marche in un contenuto d’intrattenimento non
ha solo fini promozionali, può essere anche una scelta dell’autore stesso, allo scopo di con-
ferire alla storia maggior realismo. Oltre quindi ad essere un messaggio pubblicitario il
product placement serve anche per caratterizzare i personaggi, gli episodi e le situazioni
1
Perché lo spettatore è “costretto” ad assistervi, per cui la sua soglia di attenzione sarà molto bassa
2
Si veda:S.K. Balasubramanian, “beyond advertising and publicity:Hybrid messages and public policy is-
sues”, journal of advertising, 1994,V. 4 pag 31
3
Si veda: C.A. Russel-M.Belch, “A managerial investigation into the product placement industry”, journal
of advertising research, 2005, V. 3, pag 74
3
all’interno del contesto narrativo in cui viene inserito. Secondo questa prospettiva ad e-
sempio “il personaggio del film “on the road” non può guidare una macchina ma deve
guidare la macchina che si presta meglio a descriverne le caratteristiche
4
” . Questo perché
nella società odierna indossare un certo vestito, usare un determinato telefonino o guidare
un particolare tipo di auto, serve al consumatore per rapportarsi con l’esterno e agli altri
consumatori per capire con chi hanno a che fare, ed ovviamente la stessa logica vale anche
all’interno del cinema. Il product placement dunque può essere visto anche come uno stra-
tagemma per donare maggiore realismo all’opera.
A tale scopo è lo stesso autore che può chiedere la fornitura di beni e l’autorizzazione per
usufruirne a titolo gratuito (barter product placement
5
), oppure decidere di acquistarli da
sé. In quest’ultimo caso è egli stesso a gestire l’inserimento della marca, che si definisce
gratis product placement
6
.
1.1 Riferimenti Storici
Oggigiorno gli spettatori si ritrovano circondati da esempi di product placement un po’ o-
vunque, poiché questo mercato si estende dai film, ai videogame, alle riviste, ai romanzi,
ha ormai raggiunto qualsiasi fonte d’intrattenimento. Secondo alcuni autori il product pla-
cement era inizialmente una forma di mecenatismo, per cui si ritiene che questa pratica sia
nata nel lontano medioevo, quando era in uso raffigurare il mecenate, di solito un perso-
naggio famoso dell’epoca, all’interno di un dipinto da donare poi alla Chiesa, di modo che
potesse essere ammirato da tutti
7
. Forme un po’ più raffinate di placement è possibile am-
mirarle agli inizi del XIX secolo, con gli esordi della fotografia; ma il product placement
cinematografico così come è conosciuto oggi nasce con gli albori del cinema. La sua com-
4
Cfr. D.Dalli-G.Gistri-D.Borello, Marche alla ribalta, Milano 2008,Egea, pag 25
5
Pratica molto diffusa, consiste nella fornitura gratuita di beni, per rendere le scene dei film più realistici, in
cambio il fornitore ottiene la visibilità dei proprio marchi. Al termine della pellicola solitamente i prodotti
vengono restituiti all’azienda produttrice
6
Inserimento di una marca effettuato per scelta della produzione che ne sostiene il costo, per arricchire la
scenografia e conferire maggiore realismo alla narrazione, senza nessun accordo economico
7
Si veda: G.Corti, occulta sarà tua sorella, Roma 2004 , Castelvecchi, pag.16
4
parsa risale alle origini del “Cinèmatographe” dei fratelli Lumière, i quali strinsero un im-
portante accordo pubblicitario con la Lever Brothers. Quest’accordo condusse alla prima
esperienza di product placement nel 1896, anno in cui venne proiettato a Ginevra un filma-
to che mostrava due donne mentre facevano il bucato, con accanto alle tinozze due confe-
zioni di sapone proprio della Lever Brothers. Nello stesso anno quel filmato venne proiet-
tato anche a New York, e l’anno successivo a Losanna.
Sebbene l’origine del product placement possa essere attribuita all’esperienza dei fratelli
Lumiere, fu in realtà Thomas Edison a coglierne appieno le potenzialità. Egli infatti fin dal
1897 iniziò a produrre filmati pubblicitari per le imprese americane, entrando in contatto
specialmente con le agenzie di trasporto, ed è proprio oltreoceano che il product placement
decolla nei primi decenni del ventesimo secolo. Dopo queste prime esperienze anche altri
produttori cinematografici iniziano a proporre accordi di collaborazione con le imprese,
non solo per ridurre i costi di produzione, ma anche per ottenere un endorsement implicito
da parte degli attori.
Nei primi anni, soprattutto in America, il product placement viene utilizzato in particolare
per la promozione dell’alcol e delle sigarette, allo scopo di influenzare i consumatori, e
farne aumentare le vendite. Solo dagli anni ’20 in poi la situazione cambia, e iniziano a
comparire anche oggetti di uso comune. Proprio in quegli anni, infatti, con precisione nel
1926 entra in ballo la regina incontrastata del marketing e in particolare del placement: la
Coca-Cola. Il primo film a farne uso è The Texas streak un film western degli anni venti,
nel quale è inserito un cartello con la scritta Coca - Cola all’interno di un saloon.
Negli anni ‘30 grazie all’evoluzione tecnologica e all’apertura delle prime sale cinemato-
grafiche, il cinema statunitense diventa un potentissimo mezzo di comunicazione al punto
da condizionare le vendite di intere categorie merceologiche
8
e ovviamente i produttori ci-
nematografici e gli imprenditori ne approfittano. Non è un caso che poco dopo, nel 1939,
nasce la prima agenzia di product placement della storia, la MGM con il compito di inseri-
re il merchandising in popolari film dell’epoca.
Nel secondo dopoguerra cambia il modo di pensare, e cambia il modo di fare pubblicità,
mentre prima bastava inserire un prodotto, o una marca, sullo sfondo di una scena, ora in-
vece gli attori devono interagire con i prodotti, ed è proprio in questi anni che la marca en-
tra a far parte del filone narrativo, cinema è pubblicità si fondono in un legame indissolubi-
le.
8
Si veda: D.Dalli-G.Gistri-D.Borello, Marche alla ribalta, Milano 2008,Egea, pag 13
5
Negli anni sessanta si assiste ad una svolta nella filmografia hollywoodiana
9
, inizia a dif-
fondersi sempre più il barter product placement pratica attraverso la quale il produttore ci-
nematografico riceve prodotti a titolo gratuito, per conferire realismo alle scenografie dei
film, e in cambio offre visibilità dei marchi. Questa pratica però, conduce spesso ad un pla-
cement eccessivo come succede nel film “who’s minding the store?” (1963) con Jerry Le-
wis, all’interno del quale viene inserito un quantitativo enorme di prodotti che comprende
tra gli altri i materassi Sealy, le cravatte Wemblay, la moto Honda, e tanti altri.
È tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta che il product placement subisce
uno sviluppo particolarmente rilevante, fino ad arrivare al film che ne sancisce ufficial-
mente il successo, E.T. the Extra-terrestrial prodotto da Spielberg nel 1982. In questo film
vengono inserite le caramelle Reese’s Pieces della Hershey, che dopo l’uscita del film au-
mentano le vendite del 65% in soli tre mesi. A seguito di questo enorme successo le 20
th
Century Fox diventa la prima major hollywoodiana a offrire alle imprese visibilità
all’interno dei propri film. In questi anni inoltre si registra il primo caso di product place-
ment nell’ambito della moda, infatti nel 1974 lo stilista Ralph Lauren disegna i vestiti per il
film The great gotsby(1974), mentre nel 1980 approda all’interno di questo mondo anche
la moda italiana con Giorgio Armani che disegna i vestiti per Richard Gere in American
Gigolo.
Negli anni novanta il fenomeno del product placement, che ormai viene comunemente in-
serito in ogni pellicola cinematografica, si va stabilizzando, in questo periodo diminuisce il
tempo di esposizione dei prodotti all’interno delle pellicole, aumenta però la varietà delle
marche.
Le categorie merceologiche maggiormente rappresentate sono le automobili, prodotti ali-
mentari e l’abbigliamento, mentre sigarette e alcolici che hanno dominato le scene per oltre
due lustri, vanno calando sempre più. Crescono i casi di placement integrati con la storia,
tant’è vero che il distacco dalla pubblicità inizia a farsi sempre più rilevante. Uno dei casi
più emblematici in cui si può notare questo tipo di placement è nel film Cast Away (Zeme-
ckis 2000), anzitutto perché fa un ampio e frequente uso di inserimenti, molti dei quali in-
tegrati con la storia, ma anche per la presenza della marca Fedex. L’inserimento di questa
marca non è fatto solo a fini commerciali, bensì è la storia stessa che viene cucita intorno
9
Cfr. G.Corti, A sud di Band Aid – Il product placement nella comunicazione aziendale, Lecco,Cattaneo
Grafiche, 2001
6
alla marca, che diventa quasi una coprotagonista del film, un vero e proprio personaggio
con le sue caratteristiche, alcune positive altre ovviamente negative.
In anni recenti si è sviluppata poi la pratica di fare molti inserimenti all’interno di qualsiasi
pellicola. Numerosi sono i film che hanno fatto scalpore in relazione alla quantità di pro-
duct placement contenuti, tra questi vanno ricordati Minority Report(2002), film futuristi-
co, nel quale sono inserite ben 17 marche, Il codice Da Vinci(2006), con 24 marche, e mol-
ti altri film internazionali.
Nel corso degli ultimi quindici anni sono state fatte numerose ricerche con l’obiettivo di
quantificare la presenza delle marche all’interno dei film, una delle più importanti effettua-
ta da BrandChannel
10
, un osservatorio sul product placement di Interbrand, sui film che
hanno avuto maggior successo tra il 1996-2001, ha mostrato che la media delle marche in-
serite in un film è di 17, 2 e che le categorie merceologiche più rappresentate sono auto-
mobili, abbigliamento alla moda e prodotti tecnologici, mentre c’è stato il definitivo decli-
no di sigarette ed alcol. I generi di film che maggiormente si prestano all’inserimento di
questi prodotti, sempre secondo l’istituto BrandChannel, sono quelli d’azione, le comme-
die e oggi si sta sviluppando sempre di più il placement nei documentari
11
, mentre stenta a
decollare nei film horror. Un caso a parte è costituito dai cartoni animati per bambini, un
tempo sembrava inappropriato l’inserimento di marche in questo contesto, poi dopo il suc-
cesso del film Toy story(1995), ed in particolare dei giocattoli presenti in questo film, che
hanno aumentato le vendite in maniera esponenziale, i film per bambini sono diventati
sempre di più bersaglio delle aziende, per pubblicizzare i loro prodotti.
1.2 L’esperienza italiana
Secondo una ricerca effettuata tra tutti i paesi Europei, l’Italia si è collocata al quinto posto
sia per numero di film prodotti in un anno, sia per incassi, posizionandosi dietro Francia,
10
An international online exchange and resource about brand marketing and branding: un istituto per lo
scambio internazionale online e delle risorse di marketing del marchio e del brand
11
Ciò sembra essere dovuto ad una maggior accettazione delle marche in questo contesto da parte di consu-
matori e critica