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sintonia con persone portatrici dei medesimi interessi per riaffermarne la valenza, per
modificare o preservare il sistema di interessi dominante, per incidere sulla concezione
dell'importanza di un certo settore rispetto agli altri, è l'iniziativa motivata da interessi
oggettivi, da razionalità politica che fa del marketing uno strumento al servizio della politica
che fa del marketing politico il marketing per la politica. L'auspicio è che l'elettore che si tura
il naso sia solo una figura della storia del giornalismo e che al suo posto ne nasca uno
sensibile, consapevole, capace sempre di distinguere la politica da una saponetta.
L'approccio tecnico qui adottato non prevede giudizi di valore: in questa premessa
s'intende solo dire che il marketing che entra in politica non può che essere a immagine e
somiglianza di questa, derivazione della coscienza democratica di chi del marketing politico fa
uso.
1.1.2 Definizione di marketing politico e marketing elettorale
Si è dunque visto come si contrappongano due concezioni di marketing politico, ma non
se ne è data una definizione. Il riferimento alle definizioni di marketing elaborate da vari
autori nel tempo dimostra che queste mal si adattano al campo che si sta trattando: prendiamo
il Kotler per esempio e vediamo l'ultima definizione che ha dato di "marketing".
"Il marketing è il processo sociale mediante il quale una persona o un gruppo ottiene ciò che
costituisce oggetto dei propri bisogni o desideri creando o scambiando prodotti o valore con altri".
La logica dello scambio che sottende a tale definizione non consente di adottarla come
base per il discorso in quanto non è esaustiva rispetto alle logiche che si compongono nel
sistema decisionale dell'elettore.
Un’altra definizione da considerare è quella delle dispense de "Il Sole 24 Ore” sul piano
di marketing.
"Il marketing è la funzione creativa del management che valutando i bisogni dei consumatori e
intraprendendo ricerche e sviluppi per soddisfarli favorisce il commercio e l'occupazione."
Provando a parafrasarla si otterrebbe questo: il marketing politico è la funzione creativa del
"sistema politica” che valutando i bisogni dei cittadini (o degli elettori) e intraprendendo ricerche e sviluppi
per soddisfarli favorisce il benessere della nazione. Perché no? In fondo è proprio questa la funzione
del marketing per la politica. Si deve tentare comunque di dare una definizione un pochino più
realistica.
Cercando di partire da una definizione che consideri in primis l’oggetto di cui ci si
occupa, con tutte le sue specificità e con una sua cultura, e applicandovi la cultura del
marketing, si può arrivare a una definizione soddisfacente di marketing politico.
Il marketing politico è un processo con il quale un soggetto politico pone in essere una serie di analisi
e ricerche al fine di conoscere desideri e aspirazioni dall'elettore per sviluppare un progetto politico
particolare e globale che raccolga il consenso necessario alla conquista del potere democratico.
Per completezza si ritiene opportuno dare una definizione per così dire dinamica, così
come accanto alla definizione di "marketing” nei testi istituzionali se ne trova una di
"marketing management". In senso dinamico il marketing politico può essere definito come
l'analisi, la pianificazione, l'implementazione e il controllo di programmi volti a massimizzare la risposta
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in voti a ogni scadenza elettorale e a ottimizzare i contributi finanziari e il numero di sostenitori di un
partito, di un programma o di un candidato, al fine di raggiungere gli obiettivi stabiliti.
Il marketing elettorale viene troppo spesso confuso con il marketing politico; in realtà ne
costituisce solo una branca che è quella riguardante in particolare una campagna. L'ottica è
limitata nel tempo e nello spazio, i risultati sono immediati nel senso della sconfitta o della
vittoria al momento del voto e l’impiego di risorse è massimo. Sicuramente una campagna di
marketing elettorale ben congegnata può in determinate condizioni, portare a u n ribaltone dei
risultati rispetto alle previsioni. Si fornisce comunque una definizione di marketing elettorale.
Il marketing elettorale può essere definito come l'utilizzazione di quell'insieme di tecniche proprie
della cultura d'impresa da parte di un soggetto politico in una campagna al fine di massimizzare il
consenso su una proposta.
Premesso che l'attore è sempre una persona o un gruppo di persone, può trattarsi di un
referendum, dell'elezione di un candidato, della vittoria di un partito (o di uno s chieramento),
o del prevalere di un programma. Non vi è in ogni caso quell'ampio respiro, quella visione a
medio- lungo termine che caratterizza il concetto di marketing politico.
Accanto, o meglio al di là di questi tentativi di trovare una nuova definizione si ritiene
opportuno citare autorevoli fonti del marketing politico. Secondo David Quintric e Schroeder,
autori del libro “Il marketing politico”, “il marketing politico ha per oggetto l'ottimizzazione
del numero dei militanti, dei contributi finanziari e delle adesioni che devono affluire a un
partito, a un programma o a un candidato, tramite l'attivazione di tutti i mezzi necessari per
raggiungere un obiettivo fissato preliminarmente in funzione delle aspirazioni dell'opinione
pubblica”. .
Si noti l’approccio pragmatico e soprattutto il riferimento finale alle “aspirazioni
dell'opinione pubblica”, quasi a voler sottolineare come il marketing sia uno strumento che
un’organizzazione utilizza per meglio soddisfare i propri clienti/utenti, e come ciò valga anche
per il marketing politico. Gli stessi autori riportano la definizione che di “marketing
elettorale” ha dato Denis Lindon, secondo la quale “il fine del marketing elettorale è quello di
ottenere che il maggior numero possibile di elettori faccia rifluire i suoi voti su un partito o un
progetto politico”, con un riferimento indiretto al periodo di campagna elettorale. Un’altra
definizione ci viene offerta da Bogani e Maffei in “Comunicare un partito politico”, i quali
affermano che “seguendo la definizione di Kotler, il marketing politico è l'analisi, la
pianificazione e il controllo sistematico delle risorse, delle strategie e delle attività promosse
da un partito o da un uomo politico per il soddisfacimento dei bisogni dell'elettorato o di
gruppi di esso” e proseguono proponendo un paragone di facile lettura tra partito e imprese.
Secondo un articolo apparso su "European Journal of Marketing” a cura di Butler e
Collins, dell’università di Ulster, in Irlanda del Nord il cui titolo era “Marketing politico:
struttura e processo”, una buona base di partenza per l’analisi è la definizione che Clemente ha
dato. Il marketing politico sarebbe “il marketing delle idee e delle opinioni che riguardano
temi pubblici o politici o candidati specifici”. Traducendo anche la parola “marketing” in
modo libero, per dare un senso più compiuto alla definizione, si potrebbe dire che il marketing
politico consiste nello sviluppo e nella diffusione di idee e opinioni persuasive su questioni
pubbliche o politiche o su specifici candidati
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1.1.3 Cos'è il mercato elettorale
Non vi è nella letteratura politologica una definizione di “mercato elettorale”. Gli studi
compiuti fino a oggi si occupano della struttura del mercato elettorale, offrendo un’analisi
dell’elettorato che sicu ramente aiuta i partiti a capire la propria posizione reale, ma difetta di
una immediatezza che solo la definizione può offrire.
Qui l’approccio è certamente diverso: con l’analisi non si compie che il primo
indispensabile passo nell’ottica dell’operatività del marketing; d’altronde non è possibile
dilungarsi in una spiegazione esaustiva, dato che l’obiettivo di questa prima parte è di chiarire
i concetti di cui ci si occupa. E’ per queste ragioni che si tenterà di compiere lo sforzo di
sintesi necessario.
L’elettorato è composto da tutti i cittadini che a una certa data hanno il diritto di
esprimere un voto (personale, uguale, libero e segreto) al fine di eleggere i propri
rappresentanti o di pronunciarsi sull’abrogazione di una legge. Per parlare di un mercato perciò
ci si deve chiedere chi è in competizione con chi, per quali settori dell’elettorato e con quali
chance, il che significa segmentare con criteri rilevanti l’entità astratta “elettorato” facendo
emergere gli elettori effettivamente “nel mercato” e la loro collocazione.
Con riferimento agli elettori “nel mercato”, naturalmente vanno immediatamente isolati
coloro per i quali il voto è come un atto di fede: è predeterminato e non sarà cambiato in alcun
modo almeno nel giro della campagna elettorale. Tali elettori possono essere definiti
“monopartitici” e si distinguono da quelli che dichiarano di prendere in considerazione una
pluralità di scelte, che sono i cosiddetti “pluripartitici”. Date l'autorevolezza della fonte e la
necessità di inquadrare questi concetti, non si può che continuare a usare la terminologia di
Mannheimer e Sani. Gli elettori “pluripartitici” possono esprimere una preferenza più o meno
forte, per cui si distingueranno, con riferimento a un partito, tra “probabili” (quando alcune
preferenze hanno maggiore probabilità di successo di altre) e “possibili” (se vi è una
preferenza debole o addirittura un ventaglio di possibilità sullo stesso piano).
Portando l'attenzione alla collocazione degli elettori, importanti parametri sono
sicuramente la distribuzione degli elettori sul continuum destra- sinistra e il numero dei partiti
in lizza. A parte l'identificazione partitica che colloca l'elettore fuori mercato, le preclusioni
(<<non voterei mai per..>>) e le “identificazioni di area” (<<mi identifico con il
centrodestra>>) danno indicazioni rilevanti su quello che può essere il mercato per ciascuno
dei competitori, tenuto presente l’affollamento di una certa area in termini di offerta.
Naturalmente quanto più i partiti si collocheranno nella medesima area, tanto più ampie
saranno le opzioni per l'elettore, per cui il mercato sarà più competitivo.
Chiarito che tra tutti gli aventi diritto al voto solo una parte sono effettivamente “nel
mercato”, che tra questi alcuni escludono a priori determinate possibilità e che comunque,
nell'area di riferimento vi possono essere due o più opzioni di voto, si può tentare di offrire
una definizione di “mercato elettorale”.
Il mercato elettorale di un partito è dato dall'insieme di elettori pluripartitici che si identificano con
l’area di riferimento del partito stesso.
Un’ultima considerazione vuole prevenire l’obiezione di chi non vede ricompreso in tale
definizione colui che cambia completamente area di riferimento, passando da sinistra a destra o
viceversa. Si deve puntualizzare che l'area di riferimento è scelta dallo stesso elettore, vi è cioè
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un’autocollocazione sull'asse destra- sinistra e che è normale che vi siano alcuni casi di elettori
per cui tale distinzione non ha alcuna valenza (il che equivale a non autocollocarsi o a
collocarsi ovunque sul continuum). In questo caso stiamo parlando comunque di un elettore
“nel mercato”, il quale però farà riferimento a altri parametri (come per esempio la leadership)
nella sua scelta di voto. Qui si entrerebbe in un discorso troppo approfondito sull’analisi del
mercato elettorale che esulerebbe dagli obiettivi conoscitivi di questo lavoro. Basti qui indicare
una definizione di mercato elettorale che abbraccia i criteri più ampi e più seguiti dagli studi
politologici.
1.1.4 L'approccio statunitense: lo staff del politico (campaign manager, pollster,
media consultant, direct mail consultant).
E’ importante fare una breve escursione oltre oceano, in quella che viene considerata la
patria del marketing politico , gli Stati Uniti. Già da tempo vi operano una serie di figure
professionali, i consulenti politici, che hanno sviluppato tecniche anche molto sofisticate per
la conduzione di una campagna politica. Se ne accenna brevemente anche per comprendere la
differenza tra i nostri tradizionali punti di riferimento e la realtà della consulenza politica
negli U.S.A.
Le figure chiave che ruotano attorno al politico in una campagna sono il campaign
manager, il pollster, il media consultant, il direct mail consultant.
I l campaign manager è colui che definisce le linee strategiche e tattiche della campagna.
Egli valuta i punti di forza e di debolezza del candidato e degli avversari, studia minacce e
opportunità, valuta le opzioni e quindi procede nella definizione di una strategia con target e
temi chiave. Oltre a valutare costantemente i risultati, si occupa anche dell’organizzazione e
controlla lo svolgimento delle operazioni.
Il pollster è l’esperto in sondaggi. Egli ha tre funzioni chiave: fornire al candidato e alla
s ua equipe l’anatomia dell’elettorato (andamento votazioni precedenti, differenziazioni etniche
o religiose, dislocazione del voto per aree, per professioni, per età); dare indicazioni ottenute
dai sondaggi sull'immagine pubblica del candidato (livello di n otorietà, modalità di percezione
da parte degli elettori, simpatia/antipatia, senso di sicurezza, competenza, ecc.); indicare le
issues e gli argomenti all’ordine del giorno: tale obiettivo si raggiunge prima attraverso una
serie di confronti in cui si invitano gli elettori facenti parte di un focus group a esprimersi
liberamente su quali siano i problemi verso cui si indirizza la sua sensibilità, poi si cerca di
approfondire tali indicazioni con domande chiuse e liste di argomenti.
Il media consultant è il responsabile dei mezzi di comunicazione di massa. Egli si occupa
sia degli spazi a pagamento acquistati sui vari mezzi, sia del coverage, la copertura
giornalistica, ossia dell’attenzione riservata alla figura e ai programmi del candidato. Il media
consultant conosce la audience, elabora i contenuti del messaggio (è il ghost writer),
predispone il mix di comunicazione, tiene sotto controllo il rapporto tra costi e contatti.
Il direct mail consultant è l'esperto di direct marketing. Egli attiva richieste personalizzate
tramite lettera per il candidato, sia per il finanziamento della campagna che per altri fini.
Mantiene un rapporto privilegiato con i grossi finanziatori, pochi e che solitamente
preferiscono l'anonimato, e, grazie all’attività di fund raising, è il financial adviser del
candidato. Moltissimi contatti li ha con i piccoli finanziatori, i cui nominativi sono gestiti con
moderni data base, inviando loro lettere personalizzate.
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Queste sono le quattro figure fondamentali emerse là dove il sistema elettorale e le
tradizioni politiche sono molto diverse da quelle italiane.
1.2 La “P” di Prodotto nel marketing politico
1.2.1 Cos’è il prodotto politico
Per chiarire cosa si deve intendere con il concetto di prodotto politico si fa riferimento
al Kotlerii: egli definisce come prodotto “tutto ciò che può essere offerto a un mercato” e che
sia “in grado di soddisfare un desiderio o un bisogno”, specificando inoltre che può trattarsi di
“servizi, persone, [...] istituzioni o idee”. Centrando l’attenzione proprio sul bisogno da
soddisfare e dando per scontato a priori che si possa parlare di prodotto politico (se ne
discuterà ampiamente nei prossimi paragrafi), si è voluto proporre un questionario a un gruppo
di elettori la seguente domanda:
“Quale bisogno soddisfa votando una certa proposta politica?”.
Le risposte tra le quali era possibile scegliere non erano state selezionate casualmente; la
speciale classifica che Il Sole 24 Ore pubblica ogni anno sulla qualità della vita nelle province
italianeiii considera sei gruppi di indicatori così distinti: il tenore di vita; gli affari e il lavoro; i
servizi e l’ambiente; la criminalità; la popolazione; il tempo libero. Non sono esattamente
quelli ripresi nel questionario, in quanto si è stabilito di dividere “servizi” da “ambiente”, di
eliminare “popolazione” e di aggiungere una voce generica (e forse evasiva), quale “migliorare
l’Italia”; in ogni caso, l’importante è che si sia seguito un percorso collaudato per un tipo di
ricerca diverso negli obiettivi, ma importantissimo per ciò che attiene ai bisogni che un
cittadino vorrebbe (presumibilmente) vedere soddisfatti.
Si proporranno ora i risultati, con un breve commento; sarà aggiunto, alla fine, l’elenco
delle frasi che alcuni elettori hanno scelto alla voce “altri”, dove si poteva esprimere un
qualcosa che derivasse dalla sensibilità personale. Tenuto conto che chi ha aggiunto qualcosa
di personale alle risposte predefinite è portatore di un bisogno/desiderio forte, molto sentito,
si è ritenuto utile riportarle tutte, suddivise per partito votato.
Per venire ai risultati, si noti come la possibile risposta “Migliorare l’Italia” sia stata
scelta dal 59% degli interpellati, che è il numero più consistente (si ricordi che la domanda era
a risposta multipla); tale risultato distanzia non di molto il 52,3% totalizzato da “Migliorare i
servizi”, che dimostra come quello dei servizi, a parte la generica risposta che ha raccolto più
adesioni, sia il punto che maggiormente sta a cuore agli elettori. Il tema dell’ambiente, che è
stato uno dei temi “forti” degli anni ‘80, colpisce ancora abbastanza la sensibilità dell’elettore:
quasi il 43% sceglie “migliorare l’ambiente” come bisogno da soddisfare votando una certa
proposta politica. Un elettore su tre (34,2%) considera importante anche il miglioramento del
tenore di vita e sempre uno su tre (con la stessa percentuale del 34,2) ritiene la salute un tema
importante per la sua decisione di voto. La risposta “Migliorare gli affari e il lavoro” è stata
scelta (solo) dal 29,5% degli interpellati, ma qui c’è da fare una considerazione: un parametro
classico delle rilevazioni di questo tipo è la professione di chi compila il questionario, ma qui
non si è potuto realizzare questo presupposto, dato la consistenza del campione (151);
probabilmente, ma si azzarda un’interpretazione, il lavoratore dipendente soprattutto pubblico
o di banca e lo studente poco accorto non sono sensibili al discorso del miglioramento degli
affari e del lavoro come lo è (si presume) il lavoratore autonomo, l’imprenditore o il lavoratore
dipendente che vive in prima persona l’esposizione al rischio- lavoro (il posto fisso, avvertono
gli esperti, sta diventando un miraggio nel nuovo assetto economico). Sicuramente la
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professione influisce sulla sensibilità a certe istanze piuttosto che ad altre, ma non è scopo di
questa ricerca scandagliare le relazioni tra tali istanze e la decisione di voto.
Per tornare ai risultati del questionario, le ultime due voci rimaste sono “Veder diminuire
la criminalità”, che realizza un 28,2% e “Avere più opportunità per il tempo libero”, scelto da
appena un elettore su dieci.
E’ interessante a questo punto proporre un confronto tra i risultati medi rilevati tra gli
elettori di Milano (68 questionari sono stati realizzati a Milano) e quelli di Roma (83
questionari). Il risultato che spicca maggiormente per la differenza tra le due città è quello
riguardante l’ambiente: più di un elettore milanese su due (51,5%) lo ha scelto come tema
importante per la propria decisione di voto, mentre solo il 36,1% dei romani ha fatto
altrettanto. Un’altra differenza di rilievo si nota per ciò che riguarda la diminuzione della
criminalità: è un bisogno espresso dal 35,3% a Milano e dal 22,9% a Roma. Per il resto, è quasi
doppia la percentuale di coloro che scelgono “Avere più opportunità per il tempo libero” a
Milano rispetto a Roma (13,2% contro 7,2%). Le altre differenze sono inferiori alle prime due
riportate; si indicano per completezza di analisi. La voce “Migliorare il tenore di vita” realizza
a Milano il 39,7% contro il 31,3% di Roma; il bisogno di “Migliorare gli affari ed il lavoro” è
espresso dal 33,8% dei milanesi e dal 26,5% dei romani; “Migliorare i servizi” realizza
rispettivamente il 55,9% (Milano) ed il 49,4% (Roma), “Migliorare la salute” è scelto dal 39,7%
(Milano) e dal 30,1% (Roma) ed infine “Migliorare l’Italia” raccoglie il 63,2% tra i milanesi ed
il 56,6% tra i romani.
BISOGNI SODDISFATTI VOTANDO UNA CERTA PROPOSTA POLITICA: RISPOSTE
LIBERAMENTE AGGIUNTE DAGLI ELETTORI (suddivise per partito votato).
FORZA ITALIA
• Migliorare i ceti meno abbienti
• Aumentare la rappresentatività
• Portare l’Italia a meritarsi il rispetto di tutto il mondo e degli italiani stessi
PDS
• Riequilibrare la ricchezza sociale
• Valori in cui credo [due elettori l’hanno aggiunta]
• Creare un futuro migliore per i figli
• Istruzione- università- ricerca- onestà- convivenza civile
• Senso dello Stato
• L’aderenza delle proposte ai problemi reali del paese
• Essere più libero
• Migliorare e consolidare la Costituzione
AN
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• Cacciare via i ladri
PPI
• Esercitare un diritto
LEGA
• Per il federalismo
PATTO
• Mantenere democrazia e libertà
ALTRI (non di area del governo)
• Non far salire al governo chi non mi piace
• Tutelare i diritti delle minoranze
• Giustizia uguale per tutti
• Occupazione
Un astenuto (alle ultime elezioni) si è espresso scrivendo: “migliorare i politici perché
chiacchierano e basta”, ma forse egli soddisfa questo bisogno non tanto votando, quanto,
appunto, non votando.
Con riferimento agli elettori di Rifondazione Comunista e a quelli che hanno votato
“altri” (area di governo), non vi sono state risposte.
Per completezza si forniscono i dati assoluti e percentuali sul numero di elettori di
ciascun partito:
FI: 36 elettori (23,8%)
PDS: 43 elettori (28,5%)
AN: 10 elettori (6,6%)
PPI: 8 elettori (5,3%)
Lega: 13 elettori (8,6%)
Rif.Com.: 6 elettori (4%)
Patto: 6 elettori (4%)
Altri: 18 elettori (12%)
Altri area di governo: 7 elettori (4,6%)
Il totale non è pari a 100% perché vi sono da considerare i quattro astenuti (2,6%).
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1.2.2 Il prodotto politico come persona
Se si afferma che la persona è un prodotto, non si dice il vero; il marketing politico non
è il marketing delle saponette. Se si afferma che la persona non è un prodotto, si cade ancora
una volta in errore; esistono molti aspetti di una persona su cui si può proficuamente lavorare
per migliorarne l’immagine complessiva. In questo sottile spazio concettuale sta
l’interpretazione del senso dell’equazione prodotto uguale persona.
Il riferimento d'obbligo va al lavoro di Kotler, Rein e Stoller, “Alta visibilità”. Secondo
gli autori, vale il “principio di Pigmalione”, secondo il quale “le persone possono essere
trasformate in celebrità e commercializzate come tali in qualunque campo”. Le obiezioni che
vengono mosse a questo “principio” sono fondamentalmente due: la prima è che i prodotti
sono plasmabili, le persone no, la seconda è che se anche lo fossero, l’azione di marketing
potrebbe avere solo effetti limitati. Entrambe queste obiezioni sono sbagliate: vi sono
moltissimi esempi nel mondo delle celebrità, che include in senso ampio anche il campo della
politica.
Vi è effettivamente una differenza tra prodotto in senso stretto e persona: che il
prodotto è più facile da gestire. Le persone hanno una propria autonomia, possono manifestare
incoerenza o incostanza, possono danneggiarsi con una battuta fuori luogo o con un
comportamento socialmente riprovevole, mentre un detersivo viene messo sullo scaffale e da lì
non può nuocere né nuocersi.
E’ fondamentale comunque capire che non si può portare un aspirante a qualsiasi livello
desiderato in qualsiasi settore, ma si può sicuramente individuare il miglior settore in cui
competere, determinare il miglior ruolo da interpretare e aiutare a isolare il pubblico che è più
conveniente avvicinare. Avere un atteggiamento di “orientamento al marketing”, come l'ha
definito Eric Fromm, significa capire che si riesce a essere e a sentire in molti modi diversi e
che si può scegliere il tipo e il carattere che condurranno al massimo successo.
Gli autori di “Alta visibilità” indicano una vera e propria strategia di trasformazione,
descrivendo quattro fasi: la genesi del concetto, la verifica, il perfezionamento, l'attuazione. In
sostanza “si tratta di scegliere o inventare una combinazione unica o perlomeno specifica di
fattori che distingua un aspirante dagli altri” e di capire che comunque “il punto di partenza è
la persona, con la sua intelligenza, il suo aspetto, i suoi umori, i suoi talenti e la sua
personalità.
Le caratteristiche fisse di una persona sono “la s tatura e la razza”, secondo gli autori del
libro citato. Le fasi da percorrere per l’aspirante alla celebrità sono la definizione del
potenziale mercato obiettivo, la scelta di un tipo adatto da impersonare e il pieno sviluppo del
carattere scelto. Si tratta in sostanza di definire il tipo sociale che l'aspirante dovrebbe
presentare al pubblico obiettivo: con riferimento al politico, può “adottare uno degli svariati
archetipi” tipo “il cavaliere senza macchia”, “la vittima”, “il candidato a sorpresa”,
“l'intellettuale”, “l'arrabbiato”, "l'idealista” o “lo statista”.
Il politico dovrà “scoprire quale tipo possieda il massimo potenziale di voti e se egli
stesso abbia l’elasticità e l‘adattabilitùà per ottenerlo”, sempre secondo Kotler, Rein e Stoller.
Si può dare corpo a un tipo con un carattere ben definito e credibile, intervenendo su voce,
portamento, comportamento e “materiale” (“il contenuto di ciò che viene presentato al
pubblico”). Tutto questo e la ben più ampia trattazione che all’argomento viene data in "Alta
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visibilità” non fa che dimostrare come vi sia lo spazio concettuale e pratico per considerare
una persona come un prodotto da trasformare e commercializzare. Tutto sta a capire che i
settori, in quanto i “tipi” da impersonare sono talmente tanti e vari che quasi sicuramente ve
ne è uno “pronto per l'uso”.
1.2.3 Il prodotto politico come partito/organizzazione
E’ sicuramente più agevole presentare il partito come un prodotto, pur con tutte le sue
peculiarità. Per fugare qualsiasi dubbio ed utilizzando questa citazione come introduzione, si
consideri questa risposta di Silvio Berlusconi nella quale il futuro Presidente del Consiglio, per
giustificare il gran numero di spot di Forza Italia dichiarava: <<(…) siamo un nuovo prodotto
politico e come tale dobbiamo farci conoscere>>iv (il corsivo è aggiunto).
L’impresa, da un punto di vista di marketing, è sicuramente un prodotto. Essa ha
un’immagine, esiste nella mente del consumatore/utente con tutta una serie di connotazioni,
interagisce con l’immagine dei prodotti/servizi offerti. Non è un caso che vi sia stato nel corso
degli anni ‘80 un forte sviluppo delle relazioni pubbliche, né che, più o meno nello stesso
periodo, assumesse una notevole importanza la cosiddetta “pubblicità istituzionale”. Kotler
s tesso si muove, con le sue avanzate teorie, in questa direzione quando afferma che alle
tradizionali quattro “P” ne vanno aggiunte altre due: “Potere” e “Pubbliche relazioni”.
Il partito, in particolare, si caratterizza per l’astrattezza del prodotto che o ffre: mentre
sul mercato l’azienda lancia una serie di beni o di servizi a prezzi concorrenziali e con specifici
fini solitamente di profitto, in politica si offrono promesse, progetti, arrivando raramente a
identificare elementi di immediata concretezza, con tempi di realizzazione spesso lunghi, se
non indeterminati. Il prodotto politico in generale si potrebbe accostare, se proprio si vuole
fare un paragone, ai prodotti tipo le polizze vita, le pensioni integrative o i prodotti finanziari
in genere: chi vende, offre innanzitutto fiducia e promesse di benefici futuri. Va considerato
un altro elemento di diversità nel parallelo tra politica e imprenditoria: se non si può dire oggi
che i partiti si muovano in un’ottica ideologica, vi è sicuramente comunque un approccio
fondamentale, una piattaforma storico/valoriale che costituisce la base di partenza per i
progetti o le proposte di un determinato gruppo politico (un’area politica o semplicemente un
partito). Ancora, a proposito delle diversità, non esiste in politica un fine di lucro.
Fin qui le differenze; ma sussistono sicuri punti di contatto.
La filosofia base del marketing indica come obiettivo primario il soddisfacimento di
bisogni e desideri del consumatore e questo è in perfetta sintonia con il ruolo che il partito
deve assumere nei confronti dell’elettorato.
Inoltre, con riferimento allo scopo d lucro, vi è sicuramente un parallelo con la ricerca
da parte del partito stesso di posizioni di potere. Da un lato, quindi, il profitto, dall’altro la
gestione del Paese.
Definito il perché, ma soprattutto i limiti entro cui il partito può essere considerato un
prodotto, si può accennare ai modelli organizzativi che sono stati proposti dagli studiosi: si
citano tre esempi: il partito ideologico di massa, ormai definitivamente al tramonto; il partito
professionale leggerov, sul modello di quelli americani o, se si vuole, tipo Forza Italia; la
direzione della comunicazione, modello suggerito da Bogani e Maffeivi. Non è questa la sede
per una discussione sui modelli citati: si consideri come già da tempo il partito venga visto e
studiato in modo simile all’impresa, e come sia sicuramente un (particolare) prodotto.
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1.2.4 Il prodotto politico come programma
Considerare il programma come prodotto non può creare alcun p roblema interpretativo,
se si pensa agli strumenti per divulgarlo. Esso è caratterizzato da un contenuto e una forma, a
esso possono essere riferite tutte e quattro le classiche “P” del marketing: esso può avere un
prezzo; è oggetto di un’attività promozionale; esiste come prodotto con una sua confezione e
contenuto; si può parlare di place, ovvero di distribuzione (fisica e simbolica) del programma
stesso. L’esperto di marketing politico deve disporre, rispetto alle strategie di marketing da
adottare per il programma, una competenza assai simile a quella propria di un esperto di beni
di largo consumo, come le famose saponette (spesso il marketing politico è rifiutato con la
metafora della saponetta).
Non vi è molto da aggiungere sul programma come prodotto, se non che spesso contiene
promesse non mantenute anche se sembra che come elemento del mix di fattori che
influenzano la decisione di voto esso sia la componente più rilevante in assoluto (rispetto a
leader/politici in generale e partito).
1.3.1 Fattori politici rilevanti tra il 15/1/1995 e il 28/2/1995
Per ciò che attiene alle condizioni politiche generali, il periodo in cui è stato proposto il
questionario agli elettori è stato caratterizzato da almeno cinque fatti significativi.
La soluzione della crisi di governo, con la formazione di un governo "di tecnici”
sostenuto da Progressisti (escluso Rifondazione Comunista), Lega, Partito Popolare e Patto,
nato grazie all’astensione al momento del voto di fiducia di Forza Italia e Alleanza Nazionale.
Per circa venticinque giorni, dal 22 Dicembre in poi, vi è stata una crescente ondata di
attacchi da parte di ciò che rimaneva del Polo nei confronti di Bossi, che è stato definito
“traditore della volontà popolare” e “Giuda”.
Buttiglione sembrava voler portare il PPI verso un accordo con i Progressisti.
Il congresso del passaggio definitivo dal MSI- DN ad Alleanza Nazionale, con grande
attenzione da parte dei media.
Il congresso della Lega a Milano, con un clamoroso (per lo scalpore che ha suscitato)
intervento finale di Pivetti, presidente in carica della Camera dei deputati e con le dimissioni
da leghista e da parlamentare dell'ex ministro Maroni.
La comparsa sulla scena politica di Romano Prodi, candidato alla guida di un
centrosinistra e pronto a sostenere una campagna elettorale in qualsiasi momento. Tale
candidatura spiazza il PPI, che tende a dividersi.
La nuova politica delle alleanze di Buttiglione, leader del PPI, il quale vuole portare il
partito verso Forza Italia, escludendo però qualsiasi accordo con Alleanza Nazionale.
Non si può qui dire come tutto questo abbia influenzato il giudizio degli elettori, ma è
certo che essi risentano del clima del momento nei loro giudizi.
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Un’ultima considerazione; quello che emerge dal questionario è un’indicazione e niente
più, non un sondaggio. Lo si tenga sempre presente quando si parlerà di “elettori che hanno
compilato il questionario”, percentuali, “immagine di...”, ecc.
PERSONE, PARTITI E PROGRAMMI
Si propongono qui di seguito tre schede contenenti gli elementi essenziali che verranno
presi in considerazione per ogni leader nell’analisi degli atteggiamenti non- verbali, verbali e
paraverbali.
SCHEDA 1: ASPETTI NON VERBALI DELLA COMUNICAZIONE
Gli elementi che verranno presi in considerazione nell’analisi della comunicazione non
verbale sono:
- gli abiti
- il viso
- lo sguardo
- il fisico
- il comportamento
- la postura
- la gestualità
SCHEDA 2: ASPETTI VERBALI DELLA COMUNICAZIONE
Gli aspetti verbali della comunicazione che verranno presi in considerazione sono:
- argomentazione (espressività verbale)
- costruzione del discorso (elementi sintattici e semantici)
SCHEDA 3: ASPETTI PARAVERBALI DELLA COMUNICAZIONE
Gli elementi a cui fare riferimento nella comunicazione paraverbale sono:
- tono
- timbro
- dizione/presenza di accenti
- velocità
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2.1 FORZA ITALIA
PERSONE
L’importanza delle persone nella decisione di voto degli elettori di FI
Si ritiene interessante proporre il risultato medio riguardante gli elettori di Forza Italia
sull’importanza che essi attribuisco no a “le persone del partito” nella propria decisione di
voto.
Ricordando che il massimo punteggio esprimibile era 5, tale voce ottiene un voto medio
di 4,1, che si colloca in posizione intermedia tra il voto ottenuto dal programma e quello
(inferiore) espresso per il partito; la deviazione standard è pari a 1,15, il che vuole dire che
non vi era molto accordo sull’attribuzione di questo voto.
2.1.1 Il leader
2.1.1.1 L’immagine percepita
L’ampia letteratura che si è occupata del “fenomeno Berlusconi” potrebbe far scrivere
libri sull’argomento. Per introdurre l’analisi dell’immagine è possibile, anzi utile, fare
riferimento a due fonti attendibili sulla figura del leader di Forza Italia: Mario Rodriguez e
Renato Mannheimervii. Il primo offre una lettura sociologica molto importante per un
comunicatore politico: Berlusconi si è preparato il campo con più di dieci anni di trasmissioni
delle reti Fininvest, non nel senso che egli stesso vi sia stato presente, ma perché l’immagine
del “presidente” è “connessa a un <<prodotto servizio>>“viii, la televisione, il mezzo
televisivo, che ha prodotto una sua peculiare cultura, una sua domanda, un suo mondo di
simboli e di “miti”.
E’ una sorta di analisi dell’ambiente nel piano di marketing, anche se introduttiva e
dunque, qui, brevissima. L’elettorato è dunque culturalmente preparato ad accogliere l’idea di
Berlusconi in politica, a comprare il prodotto Berlusconi. Gli elementi positivi di cui si fa
portatore il nuovo competitore politico sono la reputazione, per cui egli è l’uomo in grado di
“trasferire in politica la sua felice esperienza imprenditoriale”ix e l’immagine di “nuovo”, in un
momento in cui la richiesta di <<nuovo>> è “uno degli elementi più importanti nella scelta di
voto, spesso più rilevante anche della stessa collocazione sinistra- destra”. Sono dunque questi
il quadro sociale da tener presente da una parte e i tratti più caratteristici della reputazione di
Silvio Berlusconi dall’altra.
Tutto ciò che è stato esposto si riferisce naturalmente al periodo Dicembre 1993 - Marzo
1994. Il questionario sull’immagine percepita del leader di Forza Italia è stato compilato dagli
elettori tra il 15 Gennaio ed il 28 Febbraio 1995, cioè quasi un anno dopo la fine del periodo
di riferimento precedente, ma ciò che è rilevante è il fatto che politicamente sia passato una
periodo lunghissimo, con la formazione di due governi e il passaggio attraverso due tornate
elettorali (Europee del 12 Giugno 1994 e, per una discreta fetta di elettorato, Amministrative
del Novembre 1994).
Venendo ai risultati del questionario, il primo dato da tenere presente è il voto espresso
alla domanda n. 4 della sezione 1. Vi si chiedeva infatti di dare un voto da uno a dieci (come a
scuola) ad alcuni elementi caratteristici del mondo politico, tra cui il leader del partito votato.
La media totale dei voti non ha naturalmente significato: considerando solo gli elettori di
Forza Italia, si nota come essi abbiano espresso un voto pari a poco più di 7,5. Un confronto
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d’obbligo è con il ben più ampio sondaggio svolto da Renato Mannheimerx; alla richiesta
rivolta telefonicamente a 2791 persone componenti un <<panel>> di esprimere un voto sul
leader del proprio partito, il giudizio su Berlusconi è stato un 6,2 (poco sopra la sufficienza, e
dal proprio elettorato).
Con riferimento ai risultati del test del differenziale semantico, per tornare al
questionario, si può notare come:
a) in generale, Berlusconi sia considerato innanzi tutto un uomo attivo (da - 5 a +5 gli è
stato attribuito un punteggio medio di 2,6 circa); sicuramente è molto presente, nel senso che
fa molto notizia sui media; inoltre egli è considerato comprensibile (+2 nel range considerato),
abile e cordiale (+1,8), forte e concreto (+1,2). La caratteristica che più spicca in senso
negativo è che egli risulta studiato, ossia non naturale, con un voto medio totale di - 2,8; un
altro aspetto piuttosto negativo della sua immagine sta nel risultare presuntuoso, sempre
stando ai giudizi espressi dagli elettori interpellati (il voto è stato di - 2,2). Per il resto, la sua
immagine non è positiva neanche con riferimento a onestà (- 1), affidabilità (- 1) e simpatia (-
0,6).
b) per i soli elettori di Forza Italia si è adottato un istogramma con l’asse positivo
rivolto verso sinistra, in quanto la media di tutti i giudizi sull’immagine del proprio leader
politico presenta segno positivo. Ancora una volta spicca l’immagine di un uomo attivo (+4 nel
range da - 5 a +5), ma anche molto cordiale e comprensibile (medesimo risultato circa intorno
al +4); egli gode di un’immagine positiva anche come persona competente, piacevole, forte,
abile, interessante, elastico, moderno, simpatica, onesta e concreta (tutti valori compresi tra il
2 e il 3); per ciò che riguarda l’essere considerato naturale o studiato, è il peggiore dei risultati
anche in questo caso, ma è positivo, seppure per un’inezia (+0,2): neanche gli elettori di Forza
Italia lo considerano del tutto naturale.
c) gli elettori del PDS, il principale partito di opposizione (e per questo il loro giudizio è
interessante), hanno un’immagine di Berlusconi piuttosto negativa; spicca in negativo come
persona studiata (- 4) e presuntuosa (- 3,7); è mediamente negativa l’immagine come uomo
inaffidabile, disonesto, antipatico, incompetente (tra - 2 e - 3); la caratteristica maggiormente
positiva dell’immagine di Berlusconi così come vista dagli elettori del partito avversario più
importante fa’ riferimento all’essere attivo (+2), seguita dall’essere comprensibile (+1,6).
Per concludere si deve notare come i valori della deviazione standard, che in parole
semplici misura il “grado di accordo” che c’è nell’attribuire un certo voto a un particolare
elemento dell’immagine di Berlusconi (quanto più l’indice è vicino a zero, tanto più vi è
accordo), siano piuttosto alti per questo tipo di indice.
Il questionario a cui Forza Italia ha risposto prevedeva, al capitolo su “PARTITO E
IMMAGINE”, la seguente domanda (era una domanda aperta):
“Secondo la vostra opinione, il leader del partito ha un’immagine di:
(descrivere con tre aggettivi l’immagine che si ritiene abbia il leader presso l’elettorato)”.
Di aggettivi i responsabili di Forza Italia ne hanno forniti quattro:
carismatica, persuasiva, sincera, nuova
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Non si può accostare uno di questi aggettivi a quelli richiamati nel questionario; alcuni
potrebbero essere considerati sinonimi, ma non si vuole azzardare un’interpretazione
(sociologica) forse non appropriata.
2.1.1.2 Aspetti non verbali della comunicazione
Berlusconi entra in politica solo nel Gennaio 1994 (l’annuncio ufficiale è del 26/1/94),
ma è già portatore di un’immagine ben delineata, quella dell’imprenditore di successo,
dell’uomo pratico e concreto. Egli, grazie a una serie di sondaggi preventivi, cui è seguita una
verifica della propria immagine presso gli elettori già prima di “scendere in campo”, conosce
gli aspetti della propria personalità che fanno presa e che gli consentono di acquisire consenso.
Ciò che emerge dall’analisi degli aspetti fondamentali dell’immagine di una persona, non fa che
confermare come i punti di forza della persona Berlusconi siano l’essere un “vincente”,
determinato e credibile.
ABITO. Egli veste in modo ricercato più che sobrio, con doppiopetto blu che dà
importanza ed esalta la sua figura. Il suo modo di vestire più frequente accompagna
all’elegante doppiopetto una camicia chiara, azzurrina o bianca, creando un contrasto che
conferisce un maggiore distinzione alla figura. Non essendo particolarmente alto, il netto
contrasto camicia- abito assicura un effetto di aumento dell’autorevolezza trasmessa a chi
guarda, anche in presenza di politici più alti. Le cravatte sono delle più classiche, scure a
puntini e il nodo è da intenditore. Anche qui si vuole ribadire la ricercatezza, l’importanza
della persona e il suo status molto elevato. Da non dimenticare le apparizioni con un
maglioncino blu, di solito dal salotto di casa: in questo caso, nonostante le apparenze,
Berlusconi riesce a trasmettere importanza, accompagnata però da un certo calore, da una sorta
di vicinanza. Si ricordi anche l’abito chiarissimo dell’estate 1994: Berlusconi fu ripreso a figura
intera con questo completo da uomo perfettamente realizzato, alternando all’immagine di uomo
determinato quella di chi sa godere pienamente della bellezza delle cose vere della vita (il
ricordo connesso immediatamente alle apparizioni estive va all’allora Presidente dl Consiglio
comodamente seduto, con le figlie intorno, a sorridere felicemente delle loro dimostrazioni di
affetto).
VOLTO. Non è necessario essere esperti di fisiognomica per individuare i tratti di un
uomo tenace e volitivo. Egli mostra un viso sempre in forma, abbronzato o al limite truccatoxi,
giovanile e attraente. A volte assume una staticità assorta e partecipata e il sorriso è
coinvolgente, amichevole e forse un po' paternalistico. Non presenta tic, se non una
contrazione rapida, involontaria dei lati delle labbra verso la posizione del sorriso, ma è un
fattore che Berlusconi si è impegnato a correggere, oggi quasi impercettibile. L’espressività è,
per concludere, sicura e accattivante, intensa ma non corrucciata. Il suo limite è che a volte
sembra studiato.
SGUARDO. Berlusconi non abbassa quasi mai lo sguardo; esso serve per controllare, ma
soprattutto più una persona guarda, più è percepita come attiva (dominante, sicuro di sè ecc.)
ed egli n e è sicuramente consapevole. Quella di essere una persona attiva è comunque una dote
naturale, per cui il suo sguardo è attento e partecipativo per carattere. Negli studi televisivi, in
trasmissione dedica non pochi sguardi al conduttore/interlocutore o, se in presenza di una
controparte, all’avversario politico. Nell’incontro con Occhetto (da Mentana, Canale 5),
essendosi trovato in difficoltà all’inizio, ha dovuto “marcare stretto” per tutto il resto del
tempo per concludere con quello che è stato chiamato “un pareggio”xii, per cui lo sguardo era
spesso orientato verso l’avversario.