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- la giurisdizione tributaria (art. 2);
- i poteri istruttori del giudice (art. 7);
- l’assistenza tecnica (art. 12);
- le modalità di costituzione in giudizio del ricorrente (art. 22) e quelle di
proposizione dell’appello (art. 53).
Oggetto della giurisdizione tributaria sono i tributi elencati all’art. 2 del D.
Lgs. n. 546/1992: innanzitutto l’IRPEF, l’IRPEG e l’ILOR, definite come imposte
sui redditi, nonché altre imposte di minore importanza dette “imposte sostitutive”,
poi le principali imposte indirette quali IVA e INVIM, imposta di registro, l’imposta
sulle successioni e donazioni, le imposte ipotecarie e catastali ed altre.
Già con la novella legislativa dettata dall’art. 12, L. n. 448 del 28/12/2001, il
Legislatore ampliò – con decorrenza dall’01/01/2002 – l’oggetto della giurisdizione
tributaria a tutte le controversie concernenti “tributi di ogni genere e specie”,
compresi quelli regionali, provinciali e comunali, confermando, quindi, il favor
legislativo verso l’allargamento e l’autonomia della giurisdizione tributaria a scapito
di quella ordinaria ed amministrativa.
Il Collegato alla Legge Finanziaria 2006 è nuovamente intervenuto sull’art. 2, D.
Lgs. n. 546/92 ed ha rafforzato tale impostazione aggiungendo, al primo comma,
dopo le parole “tributi di ogni genere e specie” la locuzione “comunque
denominati”.
Ne consegue che tutto ciò che è possibile ricomprendere nella nozione di tributi è
da ricondursi alla giurisdizione tributaria.
E’ stato, altresì, modificato il secondo comma, in cui è stato aggiunto un periodo,
precisando che “appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie
relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche
previsto dall’art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 15/12/1997, e successive modificazioni, e
del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei
rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla
pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni”.
Invero l’apparato normativo del processo tributario contiene un’ampia
costruzione tecnica basata su disposizioni di rinvio. A tal proposito si fa riferimento
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all’art. 1, secondo comma, D. Lgs. n. 546/92, il quale dispone che i “giudici
tributari applicano le norme del presente decreto e per quanto da esse non disposto e
con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”.
Si tratta di un rinvio ampio, assoggettato alla doppia condizione della mancata
regolamentazione e della compatibilità. In tal modo il legislatore sembra avere
considerazione della esigenza di completezza e coerenza che devono caratterizzare
una disciplina legislativa.
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CAPITOLO PRIMO
SEZIONE PRIMA
Il RICORSO ALLA COMMISSIONE PROVINCIALE
1. Le parti del processo tributario.
Con l’art. 10 D. Lgs. n. 546/92, il legislatore ha inteso individuare i soggetti
aventi la capacità di essere parte nel processo tributario. Essi sono il ricorrente e il
resistente.
Il difetto di legittimazione è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio (c.d
legitimatio ad causam)
1
.
La norma considera il ricorrente, che costituisce la parte attiva del processo, in
quanto titolare dell’azione o legittimato alla impugnazione.
La figura del ricorrente coincide, il più delle volte, con quella del contribuente,
ossia con quel soggetto debitore del tributo, sia che egli agisca contro un atto
dell’Ufficio sia che agisca per il rimborso di somme pagate senza che sia intervenuto
un atto.
In ordine al soggetto passivo del processo tributario, si tratta di quei soggetti ed
uffici che possono assumere il ruolo di parte convenuta davanti alle Commissioni per
aver emesso l’atto impugnato o non aver emesso l’atto richiesto. Essi possono essere:
- un Ufficio del Ministero delle Finanze;
- un ente locale;
- il concessionario del servizio di riscossione.
A questi si aggiungono le Agenzie fiscali, enti pubblici dotati di personalità
giuridica, competenti a riscuotere le entrate erariali, istituite con D. Lgs. n. 300 del
30/07/1999.
Occorre prestare attenzione alla corretta intestazione del ricorso. Il ricorso
proposto avverso un soggetto estraneo alla lite può determinare la condanna alle
spese processuali e l’inammissibilità del ricorso.
1
PETRUCCI U., “L’incompatibilità dei giudici Tributari”, in “Bollettino trib.” 1999, 101.
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2. Gli atti impugnabili (art. 19 D. Lgs. n. 546/92).
Gli atti contro i quali è possibile ricorrere sono:
- l’avviso di accertamento;
- l’avviso di liquidazione;
- il provvedimento che irroga le sanzioni;
- il ruolo e la cartella di pagamento;
- l’avviso di mora;
- gli atti relativi ad alcune operazioni catastali;
- il rifiuto, espresso o tacito, alla restituzione di tributi, sanzioni,
interessi o altri accessori non dovuti;
- i provvedimenti che negano la spettanza di agevolazioni nonché i
provvedimenti di rigetto delle domande di definizione agevolata dei rapporti
tributari;
- ogni altro atto espressamente indicato dalla legge come autonomamente
impugnabile.
Compete al giudice tributario individuare il soggetto tenuto al versamento
dell’imposta.
Le SS. UU. della Corte di Cassazione, sent. n. 7792 del 15/04/2005, nel ribadire
che la giurisdizione tributaria ha per oggetto le controversie riguardanti sia l’”an” che
il “quantum debeatur” e, pertanto, non è dato distinguere fra controversia
concernente l’imposta, che deve essere decisa dal giudice tributario, e controversia
intesa ad individuare il soggetto tenuto al versamento del tributo, da ricomprendere
nella giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, l’individuazione dell’obbligato
attiene proprio alla verifica dell’”an” e quindi al merito della controversia; pertanto
tale accertamento non può essere effettuato nell’ambito del procedimento tributario
di impugnazione dell’atto impositivo, con effetti che si possono riverberare anche sul
“quantum”.
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3. La competenza territoriale delle Commissioni tributarie.
La competenza per territorio delle Commissioni tributarie Provinciali è
individuata in funzione della localizzazione nella provincia degli Uffici dell’Agenzia.
Vale, al riguardo, evidenziare che la competenza per territorio delle Commissioni
tributarie Provinciali è, comunque, determinata alla stregua dell’ubicazione
dell’Ufficio che ha, ovvero non ha, emanato il provvedimento impugnato.
Ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 546/92, la competenza territoriale delle
Commissioni tributarie è inderogabile, conseguentemente non sono applicabili al
processo tributario le disposizioni di cui agli artt. 29 e 30 c.p.c. per la fissazione del
c.d. “foro dispositivo”.
Il difetto di competenza deve essere eccepito nel grado al quale il vizio si
riferisce; non è, dunque, proponibile dinanzi alla Commissione tributaria Regionale
l’eccezione relativa alla incompetenza della Commissione tributaria Provinciale se
quest’ultima non sia già stata investita della medesima questione preliminare.
L’eccezione è, comunque, rilevabile anche d’ufficio, vale a dire dalla
Commissione tributaria adita.
4. Gli elementi essenziali del ricorso.
Il ricorso deve essere redatto in carta da bollo (€ 14,62 dal 1° giugno 2005) e
contenere:
- la Commissione Tributaria a cui ci si rivolge;
- il nome, cognome (o la ragione sociale o la denominazione) del
ricorrente (e, quando c’è, del suo legale rappresentante);
- la residenza (o la sede legale o il domicilio eletto);
- il codice fiscale del ricorrente;
- l’Ufficio o l’ente locale o il concessionario della riscossione nei cui confronti è
proposto;
- gli estremi dell’atto impugnato;
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- l’oggetto della domanda (c.d. petitum);
- i motivi di fatto e di diritto atti a provare la sua fondatezza;
- la sottoscrizione del ricorrente;
- la sottoscrizione del difensore, quando è presente, con l’indicazione dell’incarico
conferito.
La mancata indicazione di uno o più elementi sopra indicati determina
l’inammissibilità del ricorso.
Tuttavia, non può essere dichiarato inammissibile il ricorso che manca
dell’indicazione del solo codice fiscale del ricorrente.
5. Le modalità di presentazione del ricorso.
Il contribuente deve:
- intestare il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (in bollo)
nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’Ufficio locale dell’Agenzia delle
Entrate competente in luogo del proprio domicilio fiscale; e successivamente,
- notificare, ex art. 20 D. Lgs. n. 546/92, il ricorso all’Ufficio locale competente
facendolo pervenire, alternativamente:
1) mediante spedizione diretta da parte del contribuente del ricorso a mezzo posta,
in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento;
2) tramite l’Ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 137 c.p.c.. Nel caso de quo, la
notifica del ricorso si perfeziona per il notificante con la consegna dell’atto
all’Ufficiale giudiziario;
3) consegnandolo all’impiegato addetto all’Ufficio, facendosi rilasciare la relativa
ricevuta.
Ne consegue, che il ricorso si considera temporalmente proposto il giorno in cui:
- ne viene effettuata la spedizione a mezzo posta (fa fede il timbro
dell’Ufficio postale accettante);