– Introduzione –
*****
Le Commissioni Tributarie, oggi 'giudici speciali' del processo
tributario, hanno una storia risalente nel tempo e, soprattutto, “ divisa ”, se
così si può dire, “ in grandi fasi ”.
Attualmente, esse sono organizzate e disciplinate ai sensi dei decreti
nn. 545 e 546 ( primi nove articoli ) e successive modifiche ( nel 2001, nel
2005, nel 2006, nel 2007 ); ancora, sempre nel 1992 è stato soppresso il
terzo grado di giudizio previsto con D.P.R. n. 636/1972 ( Commissione
Tributaria Centrale )
1
, ma nel 2007, con legge finanziaria 2008 , la
Commissione Tributaria Centrale è stata suddivisa in 21 sezioni, con sede
in tutti i capoluoghi di regione o provincia autonoma, alle quali sono stati
riaffidati i procedimenti pendenti, allo scopo di smaltire il pesante
arretrato.
L'istituzione delle Commissioni si fa risalire alla legge 14 luglio 1864,
n. 1836 – legge impositiva dell'imposta di ricchezza mobile –, ma non
nacquero immediatamente come organi giurisdizionali, essendo semplici
organi amministrativi, appartenenti all'Amministrazione Finanziaria, con il
compito di eseguire “ tutte le operazioni occorrenti per appurare e
determinare le somme dei redditi dell'imposta” , cioè svolgevano solo una
funzione di accertamento del presupposto d'imposta, al fine di far sorgere
l'obbligazione tributaria.
1 Che tuttavia è rimasta in piedi per i giudizi pendenti fino al 1°gennaio 1996.
6
Successivamente, questi poteri, passarono all'Agente ( il quale all'inizio
si limitava a collaborare in maniera molto semplicistica con le
Commissioni ), cosicché le Commissioni assunsero una veste sempre più
giurisdizionale, essendo competenti a decidere “ delle controversie
insorgenti tra il contribuente e l'Agente per l'accertamento dei redditi” .
Il meccanismo giurisdizionale tributario che all'epoca timidamente
s'affacciava in scena era palesemente 'primitivo': pensiamo solo che i
deliberati delle Commissioni non erano motivati : che senso aveva allora
prevedere un secondo grado di giudizio ( tra l'altro non competente a
pronunciarsi sull'estimazione dei redditi )?
Per questo, nel 1936 un'altra riforma intervenne: l'unico suo pregio,
tuttavia, era quello di “ sostituirsi vantaggiosamente alle norme
frammentarie e lacunose 2 […] pregresse 3 ”. Insomma, siamo ancora ben
lontani da un concetto accettabile di giudice e giudizio ( tributario ):
figurarsi che le decisioni dell'organo giudiziario potevano anche basarsi
sulla mera scienza privata dello stesso! Certo è che le Commissioni
Tributarie stavano diventando pian piano il fulcro della giustizia
tributaria: venne, difatti, estesa la loro competenza a tutte le imposte
dirette ( tranne quella sui terreni ) e indirette ( sui trasferimenti di
ricchezza ).
L'entrata in vigore della Costituzione, e la caduta dell'ordinamento
corporativo, evidenziarono la necessità di una riforma delle Commissioni
Tributarie: sia mantenendole come organi amministrativi, sia
concependole, invece, come organi giurisdizionali, le vecchie Commissioni
non avrebbero dovuto avere più vita nella neonata Repubblica Italiana! Ma
passarono ben 23 anni prima che il legislatore decidesse di compiere un
2 GIANNINI , nella prefazione di BERLIRI , Il processo tributario amministrativo , Reggio Emilia 1940.
3 Termine inserito dall'Autrice.
7
passo così importante: nel 1971, infatti, dopo la nota sentenza n. 10/1969
4
della Corte Costituzionale, la legge delega n. 825, al fine di “ attuare la
revisione della composizione […] delle commissioni tributarie, anche al
fine di assicurarne l'indipendenza e l'autonomia ” operò finalmente
l'adeguamento della loro disciplina ai principi Costituzionali. Con tale
intervento normativo nacque nel lessico legislativo l'espressione
“Giurisdizione Tributaria”: non c'era più alcun dubbio! Le Commissioni
Tributarie erano di fatto organi giurisdizionali, come confermato anche
dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 287 del 27 dicembre 1974.
Ma, tale sistema era destinato ad avere vita breve: molte critiche erano
mosse al contenzioso tributario della riforma '71-'74, soprattutto perché
erano previsti ben 4 gradi di giudizio , uno in più rispetto alla tradizione.
Nel 1991, l'art. 30 della legge delega n. 413 offrì l'occasione di un'altra
consistente modifica culminata coi decreti numeri 545 e 546. Tali interventi
legislativi hanno confermato incisivamente la natura di 'organi
giurisdizionali' delle Commissioni, tanto è che oggi si parla a pieno titolo
di “giudici tributari” e non più di “membri della Commissione”, di
“sentenza” e non più di “decisione”; sono previste maggiori ( ma sarà
veramente così? basterà, cioè, la creazione di un organo di autogoverno in
analogia al CSM? ) garanzie di indipendenza per gli stessi e anche norme
maggiormente vicine ( se non proprio quelle ) al codice di procedura civile.
A tal proposito, grazie alla riforma del 18 giugno 2009 del processo
civile, il processo tributario, proprio in questo periodo e a partire dal 04
luglio 2009, dovrà essere totalmente rivisitato e modificato per adeguarlo
ai principi e criteri direttivi della legge indicata, pur rimanendo le attuali
Commissioni tributarie invariate nella competenza dei “tributi” e nella
composizione , in modo da completare il ciclo di processualizzazione del
4 Esaminata nel I° capitolo del presente lavoro.
8
contenzioso tributario.
Fornita una generale panoramica sull'evoluzione della giurisdizione,
sulla “natura”, delle Commissioni Tributarie, andiamo adesso ad
approfondirne tutti gli aspetti sostanziali e procedurali.
9
-Capitolo primo -
GENERALITA' DELLE COMMISSIONI
TRIBUTARIE : LA STORIA DELL'ORGANO .
* * *
§ 1 Introduzione.
L 'assetto attuale degli istituti di giustizia tributaria è il prodotto
storico di uno svolgimento secolare, nelle cui linee evolutive l'ultima
consistente riforma 5
si è inserita senza interromperne la continuità.
Riportandoci alle origini, infatti, - e cioè alla formazione della legge 20
marzo 1865 all.E
6
,legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo - si
deve constatare come, creando la giurisdizione unica, il legislatore, pur
conferendo la competenza al giudice ordinario sulle liti d'imposta, lasciava
permanere i preesistenti corpi e collegi speciali.
5 La riforma recente è quella posta con il decreto legislativo 545/1992, in attuazione della legge
delega al Governo contenuta nell'art 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (si rimanda, per
un'analisi della stessa, al terzo paragrafo del presente capitolo: basti qui accennare che anche
quest'ultima riforma non ha innovato il precedente assetto, ma lo ha solo semplificato e
razionalizzato).
6 Cfr.: MICHELI ,Corso di diritto tributario ,Torino,1976,pag. 219. Per l'Autore, “ la cellula
germinale del vecchio ordinamento era da ricercarsi nell'art. 6, L. 20 marzo 1865 n. 2248, allegato
E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo, in base al quale erano escluse dalla competenza
dell'autorità giudiziaria le questioni relative all'estimo catastale e al riparto di quota e tutte le altre
sulle imposte dirette fino a che non avesse avuto luogo la pubblicazione dei ruoli ”.
10
Nel regno sardo ( alla cui legislazione occorre riferirsi quale
antecedente della sistemazione post-unitaria )
7
le controversie relative alle
imposte dirette erano affidate ai tribunali del contenzioso amministrativo;
per le imposte indirette, invece, era riconosciuta la competenza della
magistratura ordinaria.
La riforma del 1865 generalizzò la tutela dinanzi ai tribunali della
magistratura ordinaria, pur con la permanenza delle commissioni d'imposta :
l'art. 12 della legge recitava infatti che “ colla presente legge non viene
fatta innovazione […] alle attribuzioni contenziose di altri corpi o collegi
derivanti da leggi speciali fin qui esercitate dai giudici ordinari del
contenzioso amministrativo ” 8
.
Ecco delineato l'impianto originario del contenzioso , imperniato sopra
una garanzia puramente amministrativa durante lo svolgersi dell'azione
amministrativa e sopra la garanzia del giudice ordinario dopo la
pubblicazione dei ruoli (per le imposte dirette)
9
, cioè dell'elenco dei debitori
e delle somme dovute al fisco.
Questo impianto rispondeva ai principi direttivi della legge del 1865,
tra cui quello per cui l'azione amministrativa non dovesse ricevere intralcio,
fino al suo compimento, da controlli di ordine giurisdizionale ed era
coerente col principio della divisione dei poteri e non differenziava la tutela
offerta dal cittadino in materia di imposte da quella generalmente offerta ai
diritti di proprietà e libertà, pur non mancando dottrine in senso contrario
7 Per ulteriori ragguagli sul punto, si veda SALANDRA , La giustizia amministrativa nei governi
liberi ,Torino 1904, pagg. 279 e segg. ( ed in specie pagg. 308-309 sulla situazione del Regno Sardo) .
8 E' chiaro, dunque, che il legislatore abbia inteso conservare tra i “corpi speciali” le Commissioni
tributarie per l'imposta di ricchezza mobile,introdotte con legge 14 luglio 1864,n 1830,sull'imposta di
ricchezza mobile: così RUSSO PASQUALE in Enciclopedia del diritto XXXVI,voce Processo-
Progressione, pag 755 e infra .
9 MORTARA , Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, Milano 1923, vol. I, pag.
319.
11
che escludevano l'azione giudiziaria in materia d'imposta 10
.
Affiora, allora, dall'art. 6 della legge abolitrice del contenzioso
( commento in nota a pagina 1 ) la distinzione dell'attività amministrativa
( determinazione dell'imponibile, determinazione dell'imposta e
riscossione ) nel suo insieme, tutta necessaria perché potesse adirsi il
giudice ordinario, dalle sue singole componenti.
Arrivati a tal punto, l'attenzione sarà adesso concentrata sulle
commissioni istituite nel 1864, con legge n 1830, in un duplice ordine
comunali ( o consorziali ) e provinciali : sono esse il germe di tutto lo
svolgimento successivo del sistema.
Secondo la legge del 1864, autrice dell'accertamento amministrativo era
la Commissione di primo grado, incaricata di tutte le operazioni occorrenti
per appurare e determinare in prima istanza le somme dei redditi e
dell'imposta.
I deliberati delle commissioni erano preceduti dalla formazione, ad
opera della giunta di una lista dei contribuenti; seguiva la raccolta, da parte
dell'agente, delle schede dei contribuenti e l'invio ( alle commissioni ) della
proposta di accertamento dei redditi non dichiarati, degli elenchi dei
contribuenti e di un “parere” relativo alle schede.
L'attività delle commissioni si articolava in due fasi. La Commissione
“ se ne era il caso, rettificava gli elenchi, poi ne faceva deposito nell'ufficio
del comune/i, pubblicandone avviso per norma dei contribuenti,i quali
avevano diritto di esaminarli, e indirizzare alla commissione le loro
10 Si distingueva tra leggi civili e leggi amministrative, e solo dalle prime si facevano discendere
quei diritti soggettivi meritevoli di azione giudiziaria; le leggi tributarie erano ascritte tra quelle
amministrative, e quindi non era possibile ottenere tutela giurisdizionale, dato che il cittadino veniva
in rilievo non come singolo, ma come membro della collettività. Una visuale più approfondita è in
Bern , La nature juridique du contentieux de l'imposition , Parigi 1972, pagg. 65 e segg.
12
osservazioni per iscritto ”.
La Commissione quindi, espletate eventualmente ulteriori indagini 11
,
procedeva a deliberare sulla somma di reddito effettivo attribuibile ai
singoli contribuenti e a tradurre il reddito effettivo in reddito imponibile:
questi sono i “deliberati”, in base ai quali l'agente ( e il contribuente )
poteva gravarsi davanti alla commissione tributaria.
Nel 1866 l'asse portante della procedura si spostò dalle Commissioni
all'Agente. In particolare, il T.U. del 1877 n. 4021 introdusse un
procedimento “trifasico”: formazione della lista, raccolta delle schede di
dichiarazione da parte dell'Agente ( o di compilazione d'ufficio, in caso di
omessa dichiarazione ), formazione della tabella da parte dell'Agente, di cui
veniva data notizia ai contribuenti mediante notificazione di apposito
avviso 12
. Le tabelle erano poi trasmesse alla Commissione.
L'attività della commissione di prima istanza era di due tipi: v'era quella
contenziosa, soggetta al principio di corrispondenza tra il chiesto e il
pronunciato 13
, e quella amministrativa pura, nell'esercizio della quale la
commissione aveva la facoltà di aumentare i redditi iscritti nella tabella.
Di queste funzioni, quella accertatrice andò eclissandosi, assumendo
invece rilievo quella contenziosa: sarebbe tuttavia erroneo considerare
l'ordinamento delle Commissioni secondo lo stampo giurisdizionale. Il
compito precipuo della Commissione di primo grado era appunto quello di
completare l'operato dell'agente, quindi essenzialmente di reperimento della
materia imponibile: non quello di operare un controllo sulla legittimità
11 Art. 23 legge citata.
12 Si vedano gli artt. da 8 a 12 della legge 23 giugno 1877, sostituiti dagli artt. da 38 a 45 del T.U. n.
4021 del 1877.
13 In tal senso l'art. 92 del regolamento(“Il giudizio delle commissioni non può estendersi oltre i
limiti delle contestazioni”), pur tuttavia facendo salvi gli artt. 43 e 50 della legge; cfr. anche
CLEMENTINI-BERTELLI-SCANDALE , Imposta di ricchezza mobile ,Torino 1934, 4.a ed.,
volume II, pag. 832.
13
dell'operato dell'agente, ma quello di rifare quell'operato, sulla base di
autonome conoscenze.
Congegnato in questo modo il giudizio di prima istanza, riesce
difficile comprendere come ad esso potesse seguire un giudizio di appello.
Una decisione emessa senza le regole del contraddittorio 14
, sulla base delle
personali conoscenze dei decidenti senza la motivazione non lascerebbe
spazio a un seguito, eppure l'ordinamento delle Commissioni conosceva una
fase d'appello, affidata alle Commissioni Provinciali. Tali organi erano
composti di membri di nomina governativa, per cui era dunque nel giusto
chi osservava che “ nulla possono fare le Commissioni d'appello, come le
chiama la nostra legge, le Commissioni provinciali, davanti a reclami
provenienti da tutti i comuni o consorzi esistenti nella provincia ”.
Non è raro il caso che esse, quando pur vogliano procedere con
qualche cautela, siano costrette a rivolgersi per informazioni alle
Commissioni locali, ed ai municipi per avere ragguagli 15
. La Commissione
Provinciale era in realtà destinata a garantire la sola parte pubblica, contro
decisioni di prima istanza non condivise dall'Agente.
Nessuna garanzia, infine, sembrava fornita dalla Commissione
Centrale sulla stima del reddito: anche le Commissioni provinciali non
erano tenute a motivare, quindi, la possibilità di proporre alla Commissione
centrale ricorsi che riguardassero l'applicazione della legge non poteva mai
avere incidenza sui giudizi estimativi.
Formalmente, il sistema conosceva un organo di primo grado con
funzioni miste, un organo di appello,con funzioni esclusivamente
contenziose, un terzo organo, la cui competenza era limitata alle sole
14 Ricordiamo a titolo esemplificativo che il contribuente non poteva farsi assistere da un difensore
tecnico, che erano ammesse decisioni allo stato degli atti ecc. ecc.: cfr TESAURO , Profili sistematici
del processo tributario , Padova,1980, pag. 20,in nota.
15 CORBETTA , Dell'imposta sulla rendita mobiliare , pag. 222.
14
questioni di applicazione della legge.
Nella sostanza, accadeva: a ) che sull'estimazione, il giudizio di
prima istanza era definitivo e decisivo; b) che il giudizio d'appello era una
valvola di sicurezza per l'autorità; mentre c) per le questioni di diritto, la
Commissione Centrale respingeva ottanta ricorsi su cento 16
. Questa essendo
la struttura delle commissioni, esse non potevano non essere considerate
inidonee ad assurgere al ruolo di organi contenziosi esclusivi. Esclusive
erano le loro attribuzioni solo sull'accertamento dei redditi.
Il sistema descritto non poteva certo soddisfare le esigenze di
garanzia “giustiziale” e non poteva restare immobile. Tali esigenze
suggerivano diverse possibili alternative: conservazione delle commissioni,
quali organi amministrativi contenziosi, ed attribuzione delle controversie al
giudice ordinario; ovvero abolizione di ogni tipo di controversie al giudice
ordinario, e creazione di una giurisdizione speciale munita di tutte le
garanzie 17
.
Nessuna di queste due soluzioni fu adotta. Con la riforma del 1936-
37 si ebbero delle modifiche che aggravarono l'irrazionalità del sistema: non
mutava di fatto la funzione delle commissioni. A queste si affidarono anche
le controversie in materia di imposte indirette; per molti versi fu migliorata
la disciplina del procedimento e rafforzate le garanzie di difesa, ma
numerose erano tuttavia le lacune che permanevano sul terreno
dell'attuazione dei principi del contraddittorio 18
: ad es., l'art 27 cpv del
R.D.L 1639/36 precisa che il “ giudizio dei membri delle commissioni deve
16 QUARTA , Commento alla legge sull'imposta di ricchezza mobile , 2a ed.,Milano 1903, volume
II, pag. 391
17 La strada della eliminazione della competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria fu tentata nel
1919 da un decreto legge 24 dicembre 1919, n. 2162, che non venne convertito: vedi Documenti e
discussioni sulla formazione del sistema tributario italiano , vol II, Parte prima, Padova 1961,pag
360.
18 Cfr. MICHELI , In tema di decisioni interlocutorie avanti le commissioni amministrative , in Riv.
di dir. fin. .sc. Fin. 1943, II, pagina 78.
15
basarsi sulla obbiettiva considerazione dei fatti, delle circostanze e degli
elementi tutti di apprezzamento di cui siano a conoscenza ” (vale a dire,
sulla loro scienza privata); ancora, l'art 42 , 1° comma, del R.D. 1516/37
limita il dovere di motivazione, in materia di imposte dirette, alle pronunce
su questioni di diritto. Le altre, allora, consistono in una determinazione non
motivata.
Nettamente involutiva fu, infine, la riforma “corporativa” 19
delle
commissioni dal punto di vista della composizione. Gli artt. 24 e 25 del
R.D.L 1639/36 affidano la nomina dei membri delle Commissioni alle
unioni sindacali per la distrettuale, al Consiglio Provinciale dell'Economia
Corporativa per la provinciale.
§ 2 Segue : La riforma del 1972.
In verità, il problema delle modifiche da apportare al contenzioso
tributario si era trascinato per decenni, nel corso dei quali erano stati
elaborati vari progetti di riforma 20
, ciascuno dei quali sottoposto a vaglio
critico sia in sé, sia in relazione al contesto in cui si sarebbe dovuto inserire.
Un contributo importante a una scelta in un senso o nell'altro, fu il
dissenso tra Corte Costituzionale e Corte di Cassazione sulla natura delle
commissioni : la Corte Costituzionale, infatti, aveva mutato il suo
19 Definizione di Tesauro , opera citata , pag. 26.
20 Cfr.: RUSSO , Il nuovo processo tributario ,19 ss; ALLORIO , Diritto processuale tributario , 627
ss. e 643 ss.
16
orientamento precedente 21
con sentenza 10/1969
22
ritenendo le Commissioni
Tributarie meri organi amministrativi, mentre la Cassazione aveva sempre
continuato a considerarle veri e proprio giudici speciali 23
(supportata anche
dalla dottrina).
Come si sa, la Corte costituzionale, per lungo tempo, e comunque per
oltre i cinque anni di cui alla VI disposizione transitoria, dimostrò tolleranza
verso l'inerzia del legislatore ordinario quanto all'opera di revisione delle
vecchie giurisdizioni speciali: a partire da un certo momento, però, la Corte
mutò atteggiamento e cominciò a dichiarare l'illegittimità delle norme sulla
costituzione e sulla composizione di tali organi.
La Corte allora, al fine di evitare la declaratoria di incostituzionalità
e le conseguenze negative successive (pensiamo solo alla gran massa di
controversie che si sarebbero riversate sul giudice ordinario,senza più il
filtro del giudice tributario!), optò per la loro natura amministrativa.
Il legislatore riformista non mancò di raccogliere ,dunque, l'ancora di
salvataggio gettatagli dalla Corte 24
, scegliendo un sistema “misto” e
provvedendo nei termini che andiamo adesso ad esaminare.
In attuazione dell'art. 10 della legge delega 825/1971, entrò in vigore il
D.P.R. 636/1972, che introduceva la revisione di quegli organi tributari. Due
sono i punti che da questa normativa emergono con tutta chiarezza. Il primo
è che il legislatore ha preso posizione sul contrasto tra Corte costituzionale e
21 La Corte aveva inizialmente riconosciuto alle vecchie commissioni natura giurisdizionale, pur
mancando del requisito dell'indipendenza, perché i membri erano scelti dall'Amministrazione
finanziaria. Vedi sentenza 12/1957 in Giurisprudenza italiana , 1957, I, 1, pagina 131.
22Vedi Giustizia Civile , 1969, III, 70 e Diritto e pratica tributaria , 1969, II, 90.
23 Vedi, fra le tante, Cassazione civile, sezioni unite, 20 giugno 1969,n 2175, in Diritto e pratica
tributaria , 1969, II, 669.
24 E infatti, l'originario progetto di riforma ministeriale, al n.15 dell'art. 11, prevedeva l'istituzione di
sezioni specializzate della magistratura ordinaria competenti per i giudizi anche penali in materia
tributaria; la relazione accompagnatrice, però, era oscura al riguardo, perché non implicava la
soppressione delle commissioni le quali, opportunamente riordinate, avrebbero continuato ad essere
l'organo fondamentale del contenzioso tributario.
17
Corte di Cassazione in ordine alla natura delle commissioni tributarie,
riconoscendone il carattere di organi giurisdizionali.
La qualificazione in tal senso non era posta in termini espressi, e
tuttavia la si ricavava in modo inequivocabile, tra l'altro, dal richiamo al
principio di indipendenza ed imparzialità, che, come è noto a tutti, è un
requisito che la Costituzione ha consacrato quali indefettibile per l'esercizio
dell'attività giurisdizionale. Anche la Corte Costituzionale, dopo la riforma,
ha riconosciuto tale natura alle Commissioni: per la sentenza 287/1974
25
“le
Commissioni Tributarie debbono ora considerarsi organi speciali di
giurisdizione ” e “ la nuova legislazione esclude che, nell'interpretare la
legislazione precedente, si possono attribuire alle vecchie commissioni
natura semplicemente amministrativa ”; con successiva sentenza 215/1976
la Corte ha ulteriormente ribadito “ la controversia relativa alla natura
giuridica delle commissioni doveva ritenersi autoritativamente risolta ” 26
.
L'altro punto concerne l'assetto di fondo che si è ritenuto di dare al
contenzioso tributario.
La nuova disciplina abbozzata dall'art. 10 contemplava un processo
unitario, che avrebbe dovuto snodarsi attraverso le commissioni di primo e
secondo grado e poi, alternativamente, davanti alla commissione centrale o
il giudice ordinario ( adibile solo dopo la scadenza dei termini per il ricorso
alla Commissione Centrale).
Spostando ora la nostra attenzione dalla legge delega al decreto
attuativo, possiamo riassumerne i punti, distinguendoli in articoli comune
alle Commissioni di I° e II° grado e articoli relativi alla Commissione
Tributaria Centrale :
25 Vedi Diritto e pratica tributaria , volume XLVI, parte II, Padova 1975, pagg 34 e ss.
26Vedi Diritto e pratica tributaria , 1976, II, 589 .
18
A ) Status dei componenti 27
( delle Commissioni di I e II grado) .
Nonostante la genericità dell'espressione, il legislatore ha inteso riferirsi,
all'art. 4, solo alle Commissioni di I° e II° grado. La legge nulla dice in più
dei requisiti generali d'accesso agli impieghi civili dello Stato, con la
differenza che non v'è il concorso pubblico nel nostro caso, ma una
designazione.
Il primo requisito è quello della cittadinanza italiana. Vale al
riguardo il richiamo a quanto disposto dalla legge 555/1912 e dal
regolamento approvato con r.d. 949/1912. Come è stato osservato, più che
un requisito o una condizione, è un presupposto, già previsto dall'art. 51
Cost 28
.
Il secondo requisito è costituito dal godimento dei diritti politici. La
formula è piuttosto vaga: si ritiene a tal proposito in dottrina 29
, che il
godimento dei diritti politici e civili consiste nell'avere piena capacità di
agire(compimento del 18° anno d'età, nessuna sentenza di interdizione o
inabilitazione, o incapacità naturale o legale a norma dell'art. 32 codice
penale) e diritto al voto.
Il terzo requisito è costituito dalla buona condotta. Oltre alla copiosa
letteratura giuridica 30
in materia, ricordiamo che la Commissione
Parlamentare ne ha auspicato l'eliminazione,in quanto compresa nelle altre
voci, mentre non pochi hanno preteso di darne assoluto rilievo.
Il quarto requisito attiene all'età. A differenza di quanto stabilito nel
passato ( dove si richiedeva il venticinquesimo anno d'età ), non troviamo
27 Artt.4-5-6 del D.P.R. 636/1972.
28 AMENDOLA , Concorso a pubblico impiego , in Enciclopedia del diritto , VIII, Milano, 1961,
628.
29 MILITERNI-VELLA , Il processo tributario ,Napoli,1983,39.
30 AMENDOLA , Opera citata , 633; GROSSI , Buona condotta, in Enciclopedia del diritto , V,
Milano, 1959, 655 ss.
19