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Introduzione
L’Unione europea si trova alla vigilia di una nuova fase del proprio processo
d’integrazione. A quasi 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, se stu-
diamo la storia a “ritroso”, sono enormi i progressi ottenuti nei diversi settori su cui
l'Unione si è cimentata. Successi ottenuti sul campo economico, con la creazione di
un mercato unico e con l'introduzione della moneta unica, e su campo socio-politico,
con l'impegno costante nell'esportare nei paesi bisognosi: democrazia, libertà, pace
e progresso. Non a caso, l'ultimo premio Nobel per la Pace è stato assegnato ai 500
milioni di cittadini che abitano il suolo europeo in rappresentanza degli impegni
svolti e intrapresi dall'Unione. Un processo di unificazione fatto di grandi successi,
ma allo stesso tempo di cocenti sconfitte. Sono diversi gli stop & go che, succeduti-
si negli anni, hanno reso tale percorso tutt'altro che lineare e non privo di complica-
zioni. Complicazioni che, come vedremo più avanti, nonostante siano di diversa na-
tura, possono essere ricondotte grosso modo ad un unica motivazione. La storia
d'Europa è una storia fatta di Stati nazionali. Diversi Paesi membri hanno difficoltà
a lasciarsi alle spalle questo background storico. Le diverse ambizioni degli Stati,
sia a livello di politica domestica, sia a livello di politica estera, non risultano essere
una ricchezza per l'arricchimento per l'Unione, ma un limite per le sue ambizioni e
finalità politiche.
In questo lavoro proveremo a fare una analisi di tale processo di unificazione e delle
regole alle quali è sottoposto, focalizzando l'attenzione sul campo della finanza
pubblica. La gestione della finanza pubblica rispecchia in maniera fedele le politi-
che dell’Unione, mettendo in mostra le caratteristiche insite e le proprie atipicità. In
particolar modo la struttura del bilancio comunitario, sia per come è stata concepita,
sia per come è stata strutturata, sia per le finalità che va a ricoprire, dimostrano co-
me l'Europa sia un'organizzazione internazionale sui generis. L'analisi del bilancio
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dell’UE costituisce un punto per studiare l'atipicità della Governance europea (G.P.
Cella, 2003).
L'Europa, a breve prenderà una decisione sulle nuove prospettive finanziarie a parti-
re dal 2014. Le discussioni a livello istituzionale sono già iniziate. Attualmente è in
corso una discussione pubblica sui possibili sviluppi della dinamica del bilancio
dell’Unione, ma al momento non c'è alcuna certezza a riguardo. Ovviamente biso-
gna rendersi conto, che ci si trova ad affrontare tale sfida in un contesto mondiale
particolarmente difficile e in una situazione interna incerta poiché diversi eventi re-
centi hanno suscitato perplessità sul proseguimento del progetto europeo. Su tutti il
rifiuto del 2005, tramite istituto referendario, da parte di Olanda e Francia al Tratta-
to di adesione di una Costituzione europea.
Sul piano politico, l’Unione europea deve continuare sulla via dell’integrazione ed
evitare la trappola dell’intergovernamentalismo (Varotto, 2010). Questo è il motivo
per cui abbiamo bisogno della Costituzione e degli strumenti per decidere e agire
rapidamente in modo da poter progredire pur mantenendo i “checks and balances”
del metodo comunitario. L’accorso sulla nuova Costituzione rimane perciò essen-
ziale per il futuro dell’Europa.
Sul piano economico l’Europa deve essere all’altezza della sfida. I cittadini europei
si aspettano che l’Unione europea vada oltre l’integrazione economica e trasformi la
più grande entità economica e commerciale esistente al mondo in uno spazio che
generi maggiore crescita e prosperità. I risultati economici dell’Europa sono stati
scarsi in termini relativi. Dal 1995 il tasso di crescita per l’UE-15 è stato in media di
2,2% rispetto a una media globale di 3,6% e di 3,2% per gli Stati Uniti. I dati di cui
si dispone fanno pensare che – a meno che non si agisca ora – l’economia europea è
votata al declino. Quanto più risulta questa tale debolezza dell’economia europea,
tanti più dubbi emergono sull'effettiva legittimazione politica.
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Come vedremo nel corso di questo lavoro, le scelte da affrontare nell’ambito delle
prossime prospettive finanziarie non sono solo una mera questione di entrate e spese.
Si tratta anche (se non soprattutto), di una questione di indirizzo politico di cui
l'Europa deve farsi carico. Ciò implica una nuova fase per il bilancio dell’Unione.
Non si tratta esclusivamente di una nuova redistribuzione delle risorse tra gli Stati
membri. Si tratta di trovare il modo di massimizzare l’impatto delle nostre politiche
comuni in modo da accrescere ulteriormente la resa di ogni euro speso a livello eu-
ropeo.
Esso deve essere finalizzato a realizzare specifiche priorità concrete che vadano a
beneficio degli Stati membri e dei cittadini. Ciò significa ottimizzare la relazione tra
l’azione a livello nazionale e quella a livello dell’Unione.
Le politiche comuni non sono un optional di cui si può fare a meno: in questi ambiti
soltanto un’azione comune a livello nazionale può essere coronata da successo.
Tradizionalmente le politiche dell’UE si sono imperniate sul settore dell’agricoltura,
sulla coesione, sulla creazione di un mercato interno integrato e sul raggiungimento
della stabilità macroeconomica. L’Unione deve ora razionalizzare ulteriormente la
sua azione in questi ambiti ed estenderla a nuovi settori, in particolar modo a quello
della finanza pubblica.
La capacità dell’Unione di realizzare le promesse degli Stati membri è bloccata dal-
la mancanza di una volontà politica di agire e da risorse insufficienti. Agli obiettivi
politici e alle aspettative nei confronti dell’Unione devono corrispondere mezzi
adeguati, comprese anche risorse finanziarie. L’obiettivo deve essere quello di mas-
simizzare l’efficienza della spesa pubblica e far sì che gli sforzi europei siano più
della mera somma degli sforzi nazionali.
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Riassumendo in questo lavoro vedremo: quale è stato il percorso a livello storico
che ha portato ad unificare l'Europa (fino a renderla un' Unione), sia sul piano poli-
tico, sia sul piano economico (CAPITOLO 1); faremo un'analisi dettagliata dell'at-
tuale quadro finanziario europeo, quindi del bilancio comunitario (CAPITOLO 2);
Alla luce delle considerazioni effettuate, faremo delle valutazioni sui possibili sce-
nari che svilupperanno in Europa nel prossimo futuro (CAPITOLO 3); Infine, nella
parte finale, inseriremo delle osservazioni conclusive (CONCLUSIONI). La biblio-
grafia è divisa in due parti. La prima parte comprende le pubblicazioni di autori vari
che hanno scritto sul tema di nostro interesse. La seconda parte, comprende le pub-
blicazioni degli atti ufficiali degli organi istituzionali dell’Unione europea, ad
esempio: le comunicazioni della Commissione, i pareri della Corte dei Conti, le
proposte del Consiglio, etc etc.
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1) IL PERCORSO DELLE COMUNITA' VERSO L'EUROPA
1.1 Dichiarazione Schuman: un' integrazione basata sull'economia
Sulle ceneri di un Europa distrutta dalla seconda guerra mondiale, prese forma l'idea
di un Europa unita. Questa idea di una “aspirazione comune” era già conosciuta da
diversi anni precedenti al conflitto nei circoli intellettuali e diplomatici. Purtroppo il
progetto “Europa” si è attivato concretamente solo dopo gli orrori del più grande
massacro che il vecchio continente ricordi. Erano tre le correnti che si delinearono
per dare una forma al progetto. La prima corrisponde al nome di : Confederalismo,
una forma di cooperazione, tra l'altro sponsorizzata da Churchill e De Gaulle
1
, fina-
lizzata alla realizzazione degli obiettivi politici tramite la sola volontà unanime dei
Stati membri. La seconda corrente, quella europeista (sicuramente la più integrali-
sta), puntava di fatto alla «distruzione» degli Stati Nazionali, rei di aver trascinato i
popoli europei in due rovinose guerre. All'ultima corrente invece appartenevano i
funzionalisti, quest'ultimi pensarono di raggiungere l'unità europea tramite integra-
zioni settoriali, quindi con graduali cessioni di sovranità nazionale da parte degli
Stati
2
. Proprio intorno a quest'ultima corrente di pensiero, tra cui spiccano i nomi di
Robert Schuman e Jean Monnet, prenderà vita la prima forma di unificazione euro-
pea, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA).
Nel '48 si aprì all'Aia il Congresso d'Europa. Esso portò alla firma, a Parigi, da par-
te di 17 Stati, della Convenzione che istituì l'Organizzazione europea di coopera-
zione economica. Questo strumento è stato decisivo per accelerare la ricostruzione
in Europa in quanto gli Stati si accordarono ad amministrare congiuntamente gli
aiuti americani del Piano Marshall.
1
B. Olivi - R. Santaniello, 2010, p. 15.
2
Ivi, p. 16.
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9 maggio del 1950, dalla Dichiarazione Schuman si evince che : “.. la messa in
comune delle produzioni del carbone e dell'acciaio assicurerà immediatamente la
creazione di basi comuni di sviluppo economico, prima tappa della Federazione eu-
ropea e muterà il destino di queste regioni da lungo tempo votate alla fabbricazione
della armi da guerra di cui esse sono state le vittime più costanti”. Monnet, il fun-
zionario francese ispiratore della Dichiarazione Schuman , era convinto che biso-
gnava rovesciare il metodo di integrazione che l'Europa fino a qual momento aveva
conosciuto, ovvero bisognava anteporre l'integrazione economica a quella politica
3
.
L'idea monnetiana di fondo era che la modifica delle condizioni economiche vi-
genti in Europa avrebbe determinato la modifica del comportamento politico e so-
ciale degli Europei. Sempre dalla Dichiarazione Schuman: L'Europa non potrà farsi
in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni con-
crete che creino anzitutto una solidarietà di fatto."
Come previsto nel Trattato di Parigi, nel 27 luglio 1952, sei Stati – Belgio, Francia,
Italia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi – delegavano a istituzioni comunitarie
tutti i poteri in materia di carbone e acciaio. Gli organi della CECA erano: l 'Alta
autorità, un collegio di nove membri nominati dagli Stati che, per una mandato di
sei anni, aveva funzioni governative sulla Comunità; il Consiglio, composto dai
rappresentanti dei Stati membri, aveva il ruolo di «armonizzare» la politica dell'Al-
ta Autorità con quella degli Stati nazionali; Infine la Corte di Giustizia, formata da
sette giudici, aveva il compito di vigilare e garantire che gli Stati nazionali rispet-
tassero le norme del Trattato. Il carbone e l'acciaio diventarono quindi beni del
primo mercato comune europeo, anche se per il momento, era limitato al solo setto-
re carbosiderurgico.
3
Ivi, p. 23.