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vi è da chiedersi cosa voglia fare l’Occidente di quella globalizzazione
della quale le Nazioni Unite non sono altro che un aspetto.
Ma l’aspetto forse più importante è il dibattito nato dalle esigenze di
riforma e di emendamento che, da lontano 1945, è stato portato avanti,
soprattutto con riferimento al Consiglio di sicurezza.
Come ben noto, una delle scelte di fondo adottate dalla Conferenza di San
Francisco in discontinuità con l’esperienza della Società delle Nazioni è
stata quella di concentrare in un unico organo la responsabilità del
mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
Secondo la Carta, gli Stati membri conferiscono al Consiglio di sicurezza la
responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale, consentendo che il Consiglio, nell’adempiere tali compiti,
possa agire in loro nome.
Tale scelta si è riflessa sulla composizione, sul funzionamento e sui poteri
del Consiglio di sicurezza. Difatti la Carta prevede che, dei quindici
membri che compongono il Consiglio, dieci siano eletti dall’Assemblea
generale ogni due anni senza possibilità di immediata rielezione, mentre
cinque siano membri permanenti.
I cinque membri permanenti sono le grandi potenze vincitrici della seconda
guerra mondiale, vale a dire Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Cina e
Russa, che, all’inizio del 1992, ha sostituito l’Unione Sovietica. Il fatto che
i membri non permanenti non possano essere rieletti per bienni successivi
6
ha determinato che non si creassero posizioni di membri permanenti di
fatto, a favore, per esempio, di potenze regionali capaci, grazie
all’influenza nella loro area del mondo, di farsi eleggere senza soluzione di
continuità.
1
Il meccanismo decisionale del Consiglio prevede per l’approvazione delle
delibere che non abbiano natura procedurale il voto favorevole di almeno
nove membri e che non via sia il voto contrario di alcuno dei membri
permanenti. È proprio in questa formula, espressa dall’articolo 27 della
Carta
2
e parzialmente modificata dalla pratica dei membri
dell’Organizzazione, che si realizza il diritto di veto dei membri
permanenti, diritto sottoposto da più parti a forte critica e questione
centrale nelle diverse proposte di riforma e revisione.
Sul piano concreto, gli obiettivi della riforma si traducono nelle seguenti
proposte: la modifica della composizione del Consiglio di sicurezza, la
democratizzazione del suo processo decisionale, l’aggiornamento degli
strumenti a sua disposizione e la modifica dei principi alla base del sistema
si sicurezza collettiva.
3
Il presente lavoro si pone come obiettivo una migliore comprensione del
concetto di riforma, partendo da un’analisi delle norme che disciplinano le
1
Proprio questa regola è oggetto di proposte di riforma e di abrogazione.
2
Ogni Membro del Consiglio di Sicurezza dispone di un voto. Le decisioni del Consiglio di Sicurezza su
questioni di procedura sono prese con un voto favorevole di nove Membri. Le decisioni del Consiglio di
Sicurezza su ogni altra questione sono prese con un voto favorevole di nove Membri, nel quale siano
compresi i voti dei Membri permanenti; tuttavia nelle decisioni previste dal Capitolo VI e dal paragrafo 3
dell’articolo 52, un Membro che sia parte di una controversia deve astenersi dal voto.
3
D.Archibugi, Il Futuro delle Nazioni Unite, Roma, 2002, pag. 68
7
procedure di emendamento e di revisione, fino ad arrivare alle proposte,
avanzate da più parti, in merito al processo di riforma del Consiglio di
sicurezza.
Nel primo capitolo verranno presi in esame i meccanismi e le procedure
che la Carta di San Francisco prevede affinché allo stessa vengano
apportate modifiche. Al riguardo va appena ricordato che la Carta delle
Nazioni Unite è uno strumento convenzionale di natura rigida, e pertanto
eventuali modifiche necessitano di meccanismi ad hoc e di maggioranze
qualificate.
Tuttavia, ciò non ha impedito l’emergere, sia pure con limitazioni, di altri
strumenti atti ad assicurarne l’adattamento alle mutate esigenze della
comunità internazionale. Tra questi strumenti, che presentano alcuni
vantaggi rispetto alle procedure di modifica formale, ma che sollevano a
loro volta nuovi interrogativi, verranno analizzati in primis,
l’interpretazione evolutiva delle norme statuarie; successivamente, la
modifica dei regolamenti interni degli organi dell’Organizzazione; ed in
ultimo la formazione di norme di diritto internazionale consuetudinario
modificative degli obblighi convenzionali.
Sempre nel primo capitolo del presente lavoro, ampio spazio verrà dato agli
aspetti essenziali del processo di riforma dell’ONU, articolato
essenzialmente in tre periodi. Il primo va dalle origini sino alla metà degli
anni cinquanta; il secondo, ossia il periodo dell’adesione dei paesi sorti
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dalla decolonizzazione, giunge fino agli anni ottanta; l’ultimo va dalla fine
della guerra fredda fino ad oggi.
In particolare, verrà presa in esame la proposta di creare un’organizzazione
alternativa o sostitutiva delle Nazioni Unite, alla luce dell’esigenza
principale che la ispira, ossia quella di offrire meccanismi più efficienti per
affrontare le nuove forme di minaccia alla pace e alla sicurezza
internazionale. Va appena detto che l’ipotesi di creare una nuova
organizzazione che si sostituisca totalmente alle Nazioni Unite, appare
tuttavia poco realistica, avanzandosi forti e seri dubbi sull’effettiva
disponibilità degli attuali cinque membri permanenti di partecipare ad una
conferenza internazionale convocata per dar vita ad una nuova
organizzazione in cui con scarsa probabilità essi, o alcuni di essi,
potrebbero mantenere il diritto di veto di cui attualmente godono.
Nel secondo capitolo verranno prese in considerazione le diverse proposte
di riforma avanzate e riguardanti gli organi delle Nazioni Unite, in
particolare l’Assemblea, il Consiglio Economico e Sociale, il Consiglio
d’Amministrazione Fiduciaria, il Segretariato e in ultimo la Corte
Internazionale di Giustizia.
Il terzo capitolo verterà segnatamente sull’intero processo di riforma del
Consiglio di Sicurezza. Dopo aver brevemente ricordato il funzionamento
dell’organo, verranno illustrate tutte le principali proposte di riforma,
9
partendo dall’ampliamento della membership fino ad arrivare al potere di
veto.
In conclusione verranno analizzate tutte le proposte di riforma riguardanti
le nuove sfide alla sicurezza collettiva, ossia quelle in tema di
mantenimento della pace e di uso della forza.
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CAPITOLO I
LA RIFORMA DELL’ONU DAL 1945 A OGGI
1.1 Le procedure e i meccanismi per la riforma delle Nazioni Unite
Quasi tutti i trattati multilaterali, e in particolare quelli istitutivi di
organizzazioni internazionali, prevedono procedure per la loro modifica al
fine di garantire l’adeguamento all’evolversi della realtà internazionale.
Queste regole procedurali, tradizionalmente proprie degli accordi di natura
tecnica ove è indispensabile assicurare il rapido aggiornarsi della
disciplina normativa ai progressi scientifici e tecnologici, hanno assunto
un’importanza notevole e, allo stesso modo, crescente anche negli accordi
di carattere politico, specie in una comunità internazionale in rapido e
costante mutamento.
La situazione internazionale che, già alla fine del 1945, presentava indizi
del futuro confronto Est-Ovest, l’esperienza maturata dalla Società delle
Nazioni e l’insoddisfazione di alcuni Paesi nei confronti di determinate
disposizioni della Carta delle Nazioni Unite, inducevano i partecipanti alla
Conferenza di San Francisco a dedicare grande attenzione alla disciplina di
revisione e riforma dell’Organizzazione.
11
La Carta dedica due norme alla procedure di modifica; contenute
rispettivamente negli articoli 108, relativo agli emendamenti, e 109,
concernente la revisione. In assenza di una definizione di emendamento e
di revisione ci si deve affidare, nel tracciare una distinzione tra i due
concetti, all’interpretazione comparativa dei rispettivi testi e all’esame
della prassi dell’Organizzazione
4
. Ne risulta che l’emendamento
costituisce una modifica minore che ha per oggetto una specifica norma
della Carta o, comunque, un limitato numero di norme, mentre la revisione
comporta modifiche significative e sostanziali che possono incidere sui
principi ispiratori e l’intera architettura dell’Organizzazione.
Per quel che concerne la procedura prevista all’articolo 108 comporta che
un emendamento alla Carta sia adottato dall’Assemblea generale, a
maggioranza dei due terzi dei membri, e successivamente ratificato da
almeno due terzi degli Stati dell’Organizzazione, ivi compresi i membri
permanenti del Consiglio di sicurezza.
Una volta completato questo iter, l’emendamento entrerà in vigore per tutti
gli Stati dell’Organizzazione
5
. L’attivazione della procedura di
emendamento della Carta si caratterizza, quindi, per il ruolo decisivo
affidato all’Assemblea generale, anche se è salvaguardata, in sede di
4
N.Andreatta, La Riforma dell’ONU, 2005, Roma, pag 147
5
Il fatto che un emendamento entri in vigore nei confronti di tutti gli Stati membri rappresenta una deroga
al principio di diritto dei trattati secondo cui le norme patrizie vincolano solo agli Stai che le hanno
ratificate. Il carattere eccezionale di questa procedura conforta l’interpretazione che l’emendamento
debba necessariamente costituire solo una modifica limitata della Carta.
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ratifica, la possibilità per i membri permanenti del Consiglio di sicurezza
di bloccare qualsiasi modifica ritenuta non gradita.
Come si vedrà meglio nei paragrafi successivi, nella storia delle Nazioni
Unite si è fatto ricorso all’articolo 108 solo tre volte: per ampliare sia il
numero dei componenti del Consiglio di sicurezza, sia in due round, i
membri del Comitato economico e sociale. Come gia ricordato, la
procedura per introdurre modifiche sostanziali alla Carta è disciplinata
all’articolo 109 e si articola in tre fasi.
In primo luogo, l’Assemblea generale, con voto a maggioranza di due
terzi dei membri, e il Consiglio di sicurezza, con una voto di nove membri
qualsiasi, convocano una Conferenza generale di revisione della Carta.
I membri permanenti non hanno quindi, in prima fase, potere di veto.
A tale Conferenza, in cui ogni Stato membro delle Nazioni Unite disporrà
di un voto, le modifiche devono essere approvate a maggioranza dei due
terzi dei partecipanti.
La terza e ultima fase concerne l’entrata in vigore delle modifiche che
avverrà solo nel momento in cui due terzi dei membri delle Nazioni Unite,
ivi inclusi tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, abbiano
proceduto alla loro ratifica. In questa sede, dunque, cosi come per gli
emendamenti, i membri permanenti recuperano il loro potere di veto. A
differenza di quanto avviene per gli emendamenti, la revisione non ha
portata erga omnes, vale a dire non entra in vigore nei confronti di tutti gli
13
Stati membri, ma esclusivamente di quelli che hanno proceduto alla sua
ratifica
6
. Pertanto, in caso di introduzione di nuovo principi o meccanismi
indesiderati, un Paese membro ha comunque la facoltà e la possibilità di
non ratificare la revisione e quindi, nel caso entri effettivamente in vigore,
di ritirarsi di fatto dall’Organizzazione.
7
Deve osservarsi che la convocazione di una Conferenza generale di
revisione rende particolarmente onerosa l’intera procedura, dato che la
ratio di questa scelta risiede nell’idea che modifiche sostanziali della
Carta, che potrebbero, ad esempio, portare ad una vera e propria
rifondazione dell’Organizzazione, debbano essere discusse in un foro ad
hoc, quale una specifica conferenza diplomatica che funzioni da vera e
propria assemblea costituente.
Va appena ricordato però, che nella storia dell’Organizzazione, non si è
mai proceduto ad una revisione della Carta.
Viene in rilievo a questo proposito un importante concetto. La carta della
Nazioni Unite è uno strumento convenzionale di natura rigida in quanto,
come appena illustrato, la sua modifica prevede meccanismi ad hoc e
maggioranze qualificate, in maniera simile, con un paragone un
po’azzardato, alla Costituzione italiana, essa pure definita rigida, dato che
prevede procedure aggravate e straordinarie per la sua modifica. Tuttavia,
6
P.Kennedy, The Parliament of Man. The Past, Present, and Future of the United Nations, New York,
2006, pag 243
7
Questa sembra essere l’unica istanza in cui è ammesso il recesso dalle Nazioni Unite, a differenza della
Società delle Nazioni, il cui Covenant prevedeva tale possibilità in qualsiasi momento.
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nel caso, della Carta, ciò non ha impedito l’emergere, sia pure con
limitazioni, di altri strumenti atti ad assicurarne l’adattamento alle mutate
esigenze della comunità internazionale. Tra questi strumenti, che
presentano alcuni vantaggi rispetto alle procedure di modifica formale, ma
che sollevano a loro volta nuovi interrogativi, vi sono: in primis
l’interpretazione evolutiva delle norme statuarie; successivamente la
modifica dei regolamenti interni degli organi dell’Organizzazione; ed in
ultimo la formazione di norme di diritto internazionale consuetudinario
modificative degli obblighi convenzionali.