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alla decisione migliore. Gli Stati inoltre possono comportarsi in modo
opportunistico, cioè interpretare in modo distorto le direttive o addirittura non
recepirle.
Gli Stati membri adottano spesso misure protezionistiche volte a tutelare la loro
economia nazionale e temono che l’arrivo di soggetti provenienti da altri Stati
dell’Unione sia dannoso per le loro imprese. I cittadini sono poco informati sui
servizi transfrontalieri che potrebbero ricevere e giudicano i prestatori d’altri
Stati membri con diffidenza. Il risultato è che non attualmente non c’è ancora una
piena realizzazione del mercato interno dei servizi.
La Commissione europea ha dunque proposto una direttiva sui servizi, la
cosiddetta “direttiva Bolkestein”, per agevolare la prestazione transfrontaliera di
servizi.
L’idea che sta alla base della proposta di direttiva è quella di permettere al
prestatore di servizi stabilito in uno Stato dell’Unione europea di svolgere la sua
attività in un altro Stato membro come se si trovasse nel suo Paese originario.
Lo strumento adottato dalla Commissione ha carattere orizzontale, si rivolge in
via generale a tutti i servizi e non solo ad alcuni settori, dunque il suo effetto di
liberalizzazione può essere ampio. Un vero mercato interno e dei servizi può
portare vantaggio a tutti i cittadini e all’economia europea, dato che i servizi
producono in quasi tutti i Paesi la maggior parte del PIL.
La presente relazione analizza gli ostacoli che un prestatore di servizi incontra
quando rivolge la sua attività in un altro Stato membro. In quest’ottica si pone la
proposta di direttiva, volta a eliminare tali ostacoli.
Essa ha subito un percorso travagliato perché è stata contestata fortemente sia da
alcuni governi sia da varie associazioni sindacali e organizzazioni sociali; in sede
di Parlamento europeo è stata intensamente emendata.
Ci si chiede dunque cosa effettivamente sia rimasto della proposta originaria e se
il testo attualmente in esame sia adeguato per completare il mercato interno dei
servizi.
Il mio studio prende le mosse dalla relazione presentata dalla Commissione
VEuropea sullo stato del mercato interno dei servizi per arrivare, seguendo il
percorso legislativo della proposta di direttiva, alla nuova proposta adottata dalla
Commissione, in seguito agli emendamenti approvati in sede di Parlamento
europeo. L’ipotesi di lavoro che la mia relazione intende indagare, alla luce della
nuova proposta di direttiva, è se il mercato interno dei servizi sarà effettivamente
liberalizzato come la proposta originaria di direttiva si proponeva, e in caso
contrario quali siano stati i motivi che hanno impedito una piena liberalizzazione.
1CAPITOLO 1
LIBERTA’ DI STABILIMENTO E DI PRESTAZIONE DEI SERVIZI
1.1. Il Trattato CE.
L’operatore economico indipendente assume rilievo per l’ordinamento
comunitario quando la sua attività presenta carattere transfrontaliero.
Nel Trattato CE la disciplina riguardante la libera circolazione dei lavoratori
autonomi è suddivisa in due regimi che dipendono dal tipo di collegamento che il
cittadino proveniente da uno Stato membro instaura con il territorio dell’altro
Stato membro in cui esercita la propria attività o dirige i risultati della propria
attività. L’operatore che avvia in un altro Stato membro un attività continuata e
stabile rientra nella disciplina della libertà di stabilimento, mentre quello che
compie atti d’esercizio dell’attività economica occasionali ed episodici senza una
stabile situazione rientra in quella della libera prestazione dei servizi.
La libertà di stabilimento
1
prevede il diritto dei cittadini di uno Stato membro di
svolgere la loro attività indipendente in modo continuo o permanente all’interno
del territorio di un altro Stato membro nel quale hanno dislocato la loro sede.
Essa si distingue dalla libera circolazione dei lavoratori subordinati perché è
rivolta ai lavoratori che svolgono la loro attività in regime d’indipendenza, con
autonomia gestionale e assunzione di rischio economico.
L’elemento caratterizzante la libertà di stabilimento è la presenza quasi stabile
dell’operatore proveniente da uno Stato membro all’interno di un diverso Stato
membro destinatario. L’operatore partecipa in maniera continuativa alla vita
economica di uno Stato membro diverso dal proprio paese d’origine e favorisce
così l’interpenetrazione economica e sociale nell’ambito della Comunità.
Per vedere se sussiste il carattere permanente dell’attività bisogna tener conto del
concreto atteggiarsi dell’attività. L’elemento rilevante è il concreto insediamento
1
Disciplinata dagli articoli 43-48 del trattato CE
2del soggetto nel mercato del Paese ospitante per compiere un numero
indeterminato d’episodi della propria attività economica.
Le norme sul diritto di stabilimento riguardano sia le persone fisiche sia le
persone giuridiche. Per le prime il Trattato richiede che il soggetto sia cittadino
dell’Unione Europea e tale requisito non è derogabile
2
.
In caso contrario verrebbe meno la distinzione tra area comunitaria e area extra-
comunitaria nella fruizione di questa libertà fondamentale garantita dal Trattato
per permettere una maggiore integrazione europea. Lo stabilimento secondario è,
infatti, previsto soltanto per coloro che già fruiscono di uno stabilimento
principale in un altro Stato membro.
Le persone giuridiche possono anch’esse stabilirsi a titolo principale o a titolo
secondario in un altro Stato membro. La persona giuridica esiste grazie
all’ordinamento nazionale che ne prevede la costituzione, quindi il relativo
stabilimento sul territorio di uno Stato diverso presuppone il mutuo
riconoscimento della società
3
. Non essendo riuscito il reciproco riconoscimento
su base convenzionale il legislatore ha perseguito l’obiettivo di ravvicinare i
diritti societari dei diversi Stati membri. Il più importante passo avanti si è fatto
al Consiglio europeo di Nizza che ha posto le basi della Società Europea.
Ogni attività economicamente rilevante è suscettibile di essere esercitata oltre
frontiera, sono però escluse dal campo d’applicazione le attività che anche
occasionalmente partecipano ai pubblici poteri perché sono ritenute
particolarmente sensibili agli interessi generali del Paese.
Il legame che unisce il lavoratore all’ambiente dello Stato in cui svolge la sua
attività è quasi assimilabile a quello del cittadino e in ogni caso più intenso di
quello che unisce il prestatore di servizi con il Paese destinatario della
prestazione. Nel caso dell’operatore stabilito trova giustificazione la regola del
2
Per quanto riguarda invece la libera prestazione dei servizi il Trattato afferma che l’ambito
d’applicazione della liberalizzazione può essere esteso, attraverso l’adozione da parte del Consiglio di
strumenti di diritto derivato, ai cittadini di un Paese terzo a condizione che siano stabiliti nell’UE (art 49
comma 2)
3
In materia di diritto privato internazionale delle società esistono due teorie opposte: Quella
dell’incorporazione e quella della sede reale. In assenza di riconoscimento reciproco è la stessa esistenza
della società che è messa in discussione nello Stato membro diverso da quello nel quale si è costituita.
3trattamento nazionale, che, però risulta insufficiente per la piena realizzazione
della libertà di prestazione dei servizi.
Il principio del trattamento nazionale, a cui si ispira il diritto di stabilimento,
afferma che l’operatore comunitario proveniente da un altro Stato membro deve
avere accesso alle attività non salariate proprio come il cittadino di quello Stato
4
.
Il trattato afferma che sono vietate le restrizioni alla libertà di stabilimento dei
cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.
C’erano tuttavia negli ordinamenti nazionali norme che anche se applicate
indifferentemente agli stranieri e ai cittadini in realtà realizzavano una
discriminazione ai danni degli stranieri. La Corte di giustizia le ha ritenute
incompatibili con il diritto di stabilimento
5
.
Sono state ritenute incompatibili anche quelle misure che applicate
indistintamente e prive d’effetti discriminatori rappresentavano un ostacolo
all’accesso o all’esercizio dell’attività economica da parte dei non cittadini.
Misure nazionali discriminatorie sono ammesse, ma devono essere fondate su
motivi d’ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica
6
.
Uno Stato può anche adottare misure non discriminatorie motivate da esigenze
imperative connesse all’interesse generale. Queste ultime devono applicarsi in
maniera non discriminatoria, devono trovare giustificazione in ragioni imperative
d’interesse generale, devono essere oggettivamente idonee a garantire la
realizzazione dell’obiettivo di protezione e non devono imporre restrizioni
superiori rispetto a quanto strettamente necessario per conseguire l’obiettivo di
protezione
7
.
Gli interessi statali meritevoli di tutela sembrano destinati a restringersi con
l’avanzare dell’integrazione comunitaria. Quando ci sarà una tendenziale
4
E’ un applicazione del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità, previsto dall’art 12 del
Trattato.
5
Il requisito di residenza, imposto egualmente ai cittadini e agli stranieri è più facilmente soddisfatto dal
cittadino, quindi è stato considerato incompatibile con il diritto di stabilimento.
6
Essi però devono ricevere un’interpretazione restrittiva.
7
Questa ultima condizione garantisce il rispetto del principio di proporzionalità
4coincidenza dei valori protetti in ciascuno Stato le cause che giustificano oggi le
misure restrittive si ridurranno al minimo.
Se l’ordinamento del Paese di provenienza e quello del Paese di stabilimento
condividono sullo stesso punto le stesse esigenze di tutela, lo stabilito eserciterà
la sua attività alle stesse condizioni a cui l’avrebbe esercitata nel suo Paese.
Si realizza in sostanza un mutuo riconoscimento delle rispettive legislazioni
nazionali.
La libertà di prestazioni dei servizi
8
prevede invece il diritto del cittadino
comunitario di esercitare la propria attività in uno Stato membro diverso da
quello in cui è stabilito in modo permanente in maniera temporanea ed
occasionale, senza carattere di stabilità.
I beneficiari della libera prestazione di servizi sono i cittadini di uno stato
membro. La cittadinanza e lo stabilimento comunitari costituiscono condizioni
cumulativamente richieste per poter fruire della libertà di prestazione dei servizi,
perché si vuole evitare che gli Stati membri subiscano una penetrazione
economica da parte di soggetti privi di un effettivo legame con il territorio
comunitario.
Sono considerate prestazioni di servizi quelle normalmente fornite dietro
retribuzione, a carattere transfrontaliero, che non rientrano nella libera
circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.
9
Il caso più semplice è quello in cui è il prestatore che si sposta temporaneamente
nel paese del destinatario della prestazione. Ci sono comunque altre modalità.
La prima si ha quando è il destinatario del servizio che si sposta nello Stato dove
il prestatore è stabilito. La seconda invece quando nessuno dei due soggetti si
sposta dal proprio paese di stabilimento, ma è piuttosto la prestazione fornita che
resa in uno Stato trova il proprio destinatario in un altro Stato membro.
Un'altra forma di prestazione di servizi si ha quando il prestatore si rivolge ad un
destinatario situato nello stesso Stato membro al fine di rendergli una prestazione
8
Disciplinata negli art 49-55 del Trattato CE
9
E’ una definizione in negativo di servizio