PREMESSE §1
natura giurisdizionale del processo de quo. Questo argomento in particolare, ha
suscitato un grande interesse in dottrina –ne è prova l’esistenza di un’ampia letteratura
in merito–, in quanto materia di “scontro” tra i sostenitori della natura contenziosa e
quelli della natura volontaria. I capitoli successivi, sono dedicati alle quattro fasi in cui è
possibile suddividere il processo d’interdizione: la fase preliminare, la fase
presidenziale, la fase istruttoria e quella decisoria. Purtroppo, la normativa del processo
in questione risente –non poco– della “fretta” del legislatore al momento
dell’emanazione del Codice di Procedura Civile, e questo non ha certo reso agevole il
compito degli interpreti che, spesso, si sono trovati in disaccordo a causa dei margini di
incertezza lasciati dalla genericità della normativa in merito.
Al di fuori del vigente sistema di tutela giudiziaria, non esiste altro strumento di
protezione delle persone incapaci, che non sia quello dell’interdizione e inabilitazione in
modo coatto. Per questo motivo, non può mancare l’auspicio ad una prossima radicale
riforma delle misure di protezione degli incapaci tale da rendere l’attribuzione della
tutela per i soggetti infermi dalla nascita un fatto automatico, come già avviene in altri
paesi
(3)
, e non più un’azione posta in essere al raggiungimento della maggiore età solo
in presenza di particolari necessità. Ricorrendo alla causa di interdizione solo nei casi
–sicuramente più esigui– di infermità sopravvenuta si eviterebbe all’incapace adulto,
l’umiliazione della “retrocessione” allo stato della minore età e, alla sua famiglia,
l’onere di intraprendere un’azione che ha come obiettivo quello di vietare alla persona
di esercitare in piena autonomia i suoi diritti civili, oltre che quelli politici. Anche se
ciò, nella sostanza, non cambierebbe lo stato dell’incapace, questa soluzione eviterebbe
ai familiari il trauma di sentire dichiarare “interdetto” il proprio congiunto.
(3)
Ad esempio in Belgio dove per i soggetti con insufficienza mentale grave è previsto “il prolungamento
della minore età”. Si veda sul punto VILLA, a cura di, La tutela del disabile mentale, Milano, 1999,
p. 61. Lo stesso autore, p. X, evidenzia che i soggetti disabili gravi, in Italia, sono circa trecentomila e che
solo il 5% di essi è oggi giuridicamente tutelato.
CAPITOLO PRIMO
ORIGINI e FONDAMENTO
Sommario: 2. Legislazione napoleonica e legislazione italiana del 1865 - 3. Il processo d’interdizione
nella legislazione vigente.
2. Legislazione napoleonica e legislazione italiana del 1865.
Il nostro ordinamento ha in comune, con diversi altri ordinamenti moderni, la
caratteristica che per tutelare il soggetto bisognoso di protezione giuridica, è necessario
un atto emanato da organi giurisdizionali.
Vi è poi da considerare che il processo, tendente ad accertare l’infermità, è tenuto
separato e distinto dalle procedure di tutela e curatela degli interessi dell’incapace.
(1)
In
particolare queste ultime, nel nostro ordinamento come in diversi altri, pur se esercitate
da organi giurisdizionali, sono attribuite alla categoria di giurisdizione volontaria.
(2)
Per trovare la moderna e marcata distinzione tra interdizione e amministrazione, che
prevede per ciascuno di questi istituti, procedure ed organi separati, si deve risalire alla
legislazione napoleonica. Nei precedenti ordinamenti –romano e intermedio–
l’accertamento dell’incapacità del soggetto costituiva una fase interna del procedimento
destinato alla datio tutelae; l’organo che era investito del potere di designare il tutore
doveva, preliminarmente, verificare lo stato d’incapacità.
(3)
(1)
POGGESCHI, Il processo d’interdizione e inabilitazione, Milano, 1958, p. 3; VACCARELLA, Il
processo d’interdizione e l’insufficienza mentale, in Rass. Dir. Civ., 1985, p. 720.
(2)
In merito alla natura del processo d’interdizione, si rinvia al Cap. 2, §5.
(3)
VACCARELLA, Op. ult. cit., p. 717.
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §2
Con il Code Napoléon l’interdizione subì un mutamento radicale rispetto alla
disciplina che aveva caratterizzato l’istituto nei secoli precedenti;
(4)
mutamento ottenuto
rendendo autonomo dalla datio tutelae l’accertamento dell’incapacità e facendo di
questa l’oggetto di un procedimento a struttura marcatamente contenziosa. In altre
parole, trasformando il precedente accertamento incidenter tantum dell’incapacità,
nell’oggetto principale di un autonomo procedimento.
(5)
Nonostante i pregevoli intenti del legislatore d’oltralpe, non mancò nella prassi
qualche difficoltà interpretativa; il Codice Civile così disponeva: «Le majeur qui est
dans un état habituel d’imbécillité, de démence ou de fureur, doit être interdit, même
lorsque cet état présente des intervalles lucides» (art. 489 cc. franc. abr.). In proposito,
l’opinione comune della dottrina fu quella che l’interdetto si trovasse in una situazione
di incapacità assoluta; l’art. 489 cc. –secondo l’idea prevalente– inibiva dunque al
soggetto interdetto tutti gli atti della vita civile, mentre consentiva, però, al minore
infermo, nei momenti di lucidità, la facoltà di disporre per testamento e di sposarsi con
il consenso dei genitori. A quest’incongruenza si arrivò poiché, secondo l’art. 489 cc., il
solo «majeur» doveva essere interdetto. Il problema fu avvertito e una parte della
dottrina propose l’estensione dell’interdizione anche ai minori. L’idea però non ebbe
seguito; oltretutto, la preoccupazione prevalente fu quella di «cercare nel codice degli
atti che l’incapace potesse compiere nei momenti di lucidità». In questa prospettiva si
arrivò a delineare una teoria –estesa anche ai soggetti maggiorenni– che riscopriva la
funzione dell’interdizione come misura di protezione civile dell’infermo e non come
una sorta di «morte civile parziale».
(6)
(4)
POGGESCHI, Op. ult. cit., p. 5.
(5)
VACCARELLA, Op. loc. ult. cit..
(6)
LISELLA, Interdizione “giudiziale” e tutela della persona, Napoli, 1984, pp. 28-29.
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §2
Tale risultato si ottenne con la protezione che l’interdizione riservava esclusivamente
agli interessi pecuniari dell’infermo e della sua famiglia di appartenenza; si definì così
la distinzione fra atti di natura patrimoniale e atti di natura morale (matrimonio,
riconoscimento del figlio naturale, testamento): gli uni sempre «nuls en droit», gli altri
sempre validi.
(7)
Ancora, il legislatore francese elaborò il processo di interdizione tenendo presente
l’ordinanza fridericiana, che lo portò ad una stesura il quanto più possibile vicina al
modello del processo di cognizione, con la convinzione che tale processo avrebbe
maggiormente tutelato e garantito la libertà e i diritti dell’individuo; l’istituto arrivò così
a fruire di forme proprie del processo di cognizione.
(8)
I nostri codici (civile e di rito civile) del 1865, si adeguarono alla matrice
napoleonica; il nostro processo riproduceva sostanzialmente la struttura di quello
transalpino.
Il processo d’interdizione francese regolato dal Code de Procédure Civile, ha inizio
con una requête presentata dal demandeur al presidente del tribunale: «on y joindra les
pieces justificatives, et l’on indiquera les tèmoins» (art. 890 cpc.); il presidente ne
ordina la comunicazione al pubblico ministero e ne affida l’esame a un giudice perché
ne riferisca nel giorno da lui indicato (art. 891 cpc.). Sulla relazione del giudice e le
conclusioni del pubblico ministero, il tribunale ordina che il consiglio di famiglia dia il
proprio parere sulle condizioni della persona da interdire (art. 892 cpc.). La requête e il
parere ora menzionato vengono «signifiés au defendeur», prima che si proceda al suo
interrogatorio (previsto dall’art. 496 cc. franc.); se questo e i documenti prodotti
risultano insufficienti, e pare opportuna l’audizione di testimoni, il tribunale ordina,
(7)
LISELLA, Op. ult. cit., p. 32.
(8)
POGGESCHI, Op. ult. cit., p. 6.
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §2
«s’il a lieu, l’enquête, qui se fera en la forme ordinaire». Lo stesso tribunale può
ordinare, all’occorrenza, che l’istruzione sia fatta senza la presenza del défendeur
(art. 893 cpc.).
L’appello contro lo jugement del tribunale si può proporre, sia da chi sia stato
dichiarato interdetto, che dall’istante, sia da uno degli altri «membres de l’assemblée»
(art. 894 cpc.); in mancanza di appello, o in caso di conferma in appello della
pronunciata interdizione, si provvede alla nomina di un tutore e di un protutore.
Cesseranno così le funzioni del tutore provvisorio che renderà conto del suo operato al
tutore, salvo non sia lui stesso nominato (art. 895 cpc.). Il processo per la revoca
dell’interdizione, inoltre, è soggetto alle stesse regole del processo di interdizione
(art. 896 cpc.).
Il nostro codice di procedura civile del 1865 conteneva una disciplina un poco più
diffusa di quella della legge francese, ma, come si è avvertito, ne riproduceva la
sostanza. In esso era infatti previsto che, «la domanda d’interdizione», fosse fatta
«con ricorso al tribunale», il quale provvedeva in camera di consiglio, dopo aver sentito
il pubblico ministero (art. 836 cpc. ‘65). Il tribunale, se non rigettava la domanda,
ordinava la convocazione del consiglio di famiglia o di tutela per le relative
deliberazioni, da unire poi al ricorso. Fissato con decreto del presidente il giorno «in cui
debba essere sentita la persona» interdicenda, «copia del ricorso e del decreto è
notificata alla detta persona nei modi prescritti per la notificazione dell’atto di
citazione, nel termine stabilito dal presidente» (art. 837 cpc. ‘65).
L’interrogatorio, previsto dalla legge civile come atto senza il quale non poteva
pronunciarsi l’interdizione (art. 837 cpc. ‘65), aveva luogo in camera di consiglio e, in
caso di impedimento del «convenuto», nel luogo in cui si trovasse la persona (art. 838
cpc. ‘65). Inoltre il tribunale nell’ammettere la prova testimoniale, poteva ordinare che
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §2
l’esame dei testi si facesse «senza la presenza del convenuto»; in questo caso doveva
intervenire all’esame il pubblico ministero, e vi poteva assistere «il procuratore o
l’avvocato del convenuto, e il curatore che gli sia stato nominato» (art. 840 cpc. ‘65).
L’art. 841 cpc.’65 legittimava all’appello della sentenza di primo grado, gli stessi
soggetti che potevano proporre la domanda iniziale. La pronuncia d’interdizione
produceva «i suoi effetti dal giorno della sentenza» (art. 328 cc. ‘65).
Stabilite quindi le norme applicabili per la revoca dell’interdizione (art. 842 cpc. ‘65),
il codice di rito abrogato disponeva infine, che «nel giudizio d’interdizione o di revoca
della stessa, si osservano le norme del procedimento formale, salvo che per ragioni
d’urgenza sia autorizzato il procedimento sommario» (art. 843 cpc. ‘65).
I due processi, francese e italiano, ora delineati, venivano dunque a fruire di forme e
strutture contenziose, subito riconoscibili nella qualifica e nel ruolo attribuito
all’interdicendo, di «défendeur» o «convenuto» di fronte ad un «demandeur»;
nell’istruzione probatoria (interrogatorio, prove documentali, prove testimoniali) e nella
sentenza impugnabile nei modi del processo contenzioso; e ancora, per quanto riguarda
la legge italiana, nel rinvio espresso, alle norme del processo di cognizione, contenuto
nel riportato art. 843 cpc. abr..
Si comprende perciò come, con una simile base testuale cui far riferimento, gli
interpreti della nostra legge, al pari di quelli della legge francese, si proponessero
numerose questioni relative all’applicabilità di singoli particolari istituti e norme del rito
ordinario allo speciale procedimento in esame;
(9)
e come le discussioni su tali questioni
particolari si allargassero fino a provocare ed alimentare dispute d’ordine più generale,
fra cui quella sulla natura contenziosa o volontaria del processo in esame.
(9)
CICU, Il diritto di famiglia, Roma, 1915, n. 16, p. 180.
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §2
Tale discussione si sarebbe protratta anche con l’avvento della disciplina oggi
vigente; ciò a dimostrazione del disagio provocato dall’applicazione della struttura
contenziosa ad una materia che, nel passato, si era ritenuta estranea ad una giurisdizione
avente simili caratteristiche.
(10)
(10)
POGGESCHI, Op. ult. cit., p. 9.
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §3
3. Il processo d’interdizione nella legislazione vigente.
Nel paragrafo precedente si è visto come il processo d’interdizione si sia sviluppato
ed evoluto nel corso della sua storia più recente, e a quali canoni fosse ispirato, prima di
arrivare alla formulazione dei codici italiani del 1940. In questi si è arrivati ad una
configurazione del processo in esame che, se pur concisa, presenta novità e
modificazioni di rilievo.
Prima di analizzare i cambiamenti introdotti, esaminiamo i punti di contatto con la
passata struttura.
Il procedimento dell’accertamento dell’infermità è stato mantenuto distinto da quello
della datio tutelae. Anche nella disciplina attuale, poi, è previsto il contraddittorio,
ritenuto dal legislatore lo strumento più idoneo per pervenire ad un più affidabile
accertamento dell’infermità.
(11)
Senza modifica è altresì la ripartizione tra il Codice Civile e quello di Procedura Civile
delle norme del processo in esame; nel Libro I del Codice Civile, intitolato «Delle
persone e della famiglia» al Titolo XII si legge: «Dell’infermità di mente,
dell’interdizione e dell’inabilitazione». Nel Codice di Procedura Civile, nel Libro IV al
Titolo II, Capo II, troviamo invece «Dell’interdizione e dell’inabilitazione».
La legislazione vigente –recependo il criterio adottato nel codice del 1865– non
definisce ex lege la malattia che può portare al provvedimento d’interdizione, ma
rimette alla valutazione del giudice il fatto che l’infermità ponga l’interdicendo in una
(11)
VACCARELLA, Il processo d’interdizione e l’insufficienza mentale, in Rass. Dir. Civ., 1985, p. 720.
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §3
«situazione»
(12)
d’incapacità generale o parziale.
Questo consente, in sede d’istruzione, una vasta discrezionalità –da esercitarsi di volta
in volta– nell’individuazione delle condizioni d’infermità tali da rendere incapaci di
provvedere ai propri interessi.
(13)
Ancora, l’art. 324 cc. ’65 è riprodotto quasi testualmente nell’art. 414 cc. vigente, dal
quale si legge che –nel processo d’interdizione– sono legittimati passivi solo il
maggiore di età ed il minore emancipato, fatta salva l’ipotesi dell’art. 416 (interdizione
nell’ultimo anno di minore età).
(14)
Infine, ereditata è anche la struttura fondamentale del procedimento, che ha tenuto fermi
istituti dell’ordinario procedimento di cognizione, quali la sentenza e il passaggio in
giudicato.
(15)
La conservazione dell’assetto generale del processo in esame, non ha impedito che
fossero omessi termini, presi a prestito dal processo di cognizione, quali «convenuto»,
«interrogatorio» e «prova testimoniale». In luogo degli anzidetti troviamo ora
«interdicendo», «esame» e «parere». Risulta così, una migliore concordanza alle
(12)
Per un’interessante analisi sulla definizione di situazione d’interdizione e non sullo status
d’interdizione si veda SORACE, Interdizione, in Enciclopedia del diritto, XXI, 1971, a) Diritto Civile,
p. 949. «L’istituto dell’interdizione trova la ragione della sua esistenza ancor oggi nella possibilità di
provare, senza l’onere di fornire di volta in volta una complessa dimostrazione attraverso una pronuncia
giudiziale, l’esistenza di una situazione di infermità mentale e di fornire al terzo la possibilità di
controllare la capacità o meno dell’altra parte […]. Possiamo quindi concludere escludendo la
configurabilità di uno stato di interdetto e ravvisando invece una situazione giuridica di interdetto, in
quanto tale situazione influisce non sulla titolarità del diritto, ma sulla validità degli atti e dei negozi
giuridici da questi eventualmente compiuti».
(13)
Questo non avviene per l’inabilitazione, in quanto, l’art. 415 cc. oltre ad inserire come prima causa,
«uno stato di infermità del soggetto che non sia talmente grave da far luogo all’interdizione», integra
altresì, come specifiche fattispecie di inabilitazione, anche «la prodigalità, l’abuso abituale di bevande
alcoliche o di stupefacenti che espongano sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici» e, per
concludere, «possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia,
se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, salva l’applicazione dell’articolo 414 quando risulta
che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi». Per le differenze tra i due istituti si
veda, per tutti, NAPOLI, L’inabilitazione, Milano, 1985, p. 11 e ss..
(14)
LISELLA, Interdizione “giudiziale” e tutela della persona, Napoli, 1984, p. 40.
(15)
POGGESCHI, Il processo d’interdizione e inabilitazione, Milano, 1958, pp. 9-10.
Capitolo Primo ORIGINI e FONDAMENTO §3
finalità del processo d’interdizione, accentuandone e confermandone i tratti distintivi di
specialità in relazione al processo ordinario. Oltre al cambiamento delle espressioni
anzidette –all’apparenza irrilevante
(16)
– vi è da notare un più accurato coordinamento
delle norme del processo d’interdizione e un’assenza di qualsivoglia rinvio alle norme
generali, previsto invece nella disciplina previgente.
Questo fa sì che il processo d’interdizione –oggi più che in passato– si presenti come un
insieme di norme che consta di una maggiore organicità datagli dall’autonomia dalla
forma ordinaria.
(17)
La possibilità di un richiamo alle disposizioni di carattere generale è ora possibile solo
quando vi sia una specifica previsione oppure quando «il sistema del procedimento lo
consenta caso per caso»; ne risulta dunque invertito il criterio che, nel passato, in virtù
di un rinvio –imposto come regola dall’art. 843 cpc. abr.– alla disciplina generale,
obbligava il giudice «all’esclusione, dall’intera disciplina del processo ordinario, delle
singole norme incompatibili».
(18)
Per concludere non bisogna dimenticare che, il processo in esame, rientra tra quei
procedimenti, contenuti nel libro IV del codice di procedura civile, che assumono il
nome di procedimenti speciali. Sebbene ciò lo renda limitatamente autonomo dal
processo ordinario, il carattere ibrido e l’assenza di specifiche previsioni riguardanti
alcune fasi del processo (es. spese processuali), hanno reso difficile alla dottrina la
determinazione della sua natura (Infra, Cap. 2, §4).
(16)
Alcuni autori hanno fondato la loro teoria sull’interpretazione della volontà legislativa. La scomparsa
di certi termini peculiari del procedimento contenzioso è stata interpretata come intenzione del legislatore
di annoverare il processo d’interdizione tra i procedimenti aventi natura volontaria (Infra, Cap. 2, §4).
(17)
POGGESCHI, Op. ult. cit., p. 10.
(18)
POGGESCHI, Op. ult. cit., p. 11.