Introduzione
2
con riferimento ai tassi d’interesse), sia dell’esigenza di fronteggiare un
massiccio incremento del livello di concorrenzialità che l’abolizione dei limiti
alla circolazione di capitali, inevitabilmente creava sul mercato creditizio.
Le banche italiane, si sono affacciate nel ‘nuovo mercato europeo’ con una
situazione di notevole arretratezza rispetto alle proprie concorrenti estere,
soprattutto a causa delle ridotte dimensioni che le caratterizzavano e che
producevano, quale conseguenza secondaria ed immediata, uno scarso livello
di efficienza nella gestione dei costi.
La strada seguita dagli istituti di credito nazionali per fronteggiare in modo
competitivo i grandi colossi stranieri, si è concretizzata in due politiche
necessariamente congiunte: innanzitutto hanno cercato di ampliare le
dimensioni operative, intensificando sensibilmente i processi di concentrazione
bancaria.Tuttavia tali processi, non hanno coinvolto solamente banche di
piccole dimensioni, per le quali divennero lo strumento indispensabile ai fini di
un’adeguata sopravvivenza nel nuovo scenario bancario, ma anche banche di
grandi dimensioni, le quali, attraverso l’aggregazione con piccole banche
locali, sono riuscite a permeare in nuovi mercati con sensibili risparmi di costi,
resi possibili dallo sfruttamento delle conoscenze e delle infrastrutture di cui
erano munite le banche ‘aggregate’.
Su questa via, notevole è stato anche l’intervento pubblico, non solo attraverso
l’emanazione di una serie di leggi aventi lo scopo di agevolare il processo di
Introduzione
3
privatizzazione del sistema bancario italiano (fondamentale in tal senso è la
legge Amato n° 218/90, che ha sancito l’avvio al processo di privatizzazione
formale attraverso la trasformazione delle banche pubbliche in s.p.a), ma anche
attraverso un’intensa attività di controllo pubblico: la Banca d’Italia ed il
CICR, sono stati investiti di massicci poteri di controllo al fine di evitare che la
politica di aggregazione bancaria portasse alla formazione o al rafforzamento
di posizioni dominanti sul mercato del credito, con lesione della concorrenza.
Il notevole incremento del fenomeno concorrenziale nel settore bancario, ha
determinato l’esigenza di mutare il concetto di vigilanza, che da strutturale, è
diventata prudenziale, ossia consistente nella fissazione di standards da parte
delle autorità di controllo competenti, cui le singole aziende di credito
avrebbero dovuto adeguarsi.
Attraverso il fenomeno concentrativo, tuttavia, accanto ai vantaggi
rappresentati prevalentemente dalla realizzazione di elevate sinergie e
conseguente attuazione di economie di scala e di scopo, ossia realizzazione di
ampi livelli di efficienza, si sono prodotti anche casi d’inefficienza dovuti alla
formazione di ‘macchine’ troppo grandi, difficili da gestire ed incapaci di
rispondere alle specifiche esigenze della ‘nuova clientela’.
In un mercato talmente mutato, anche i consumatori hanno manifestato
‘bisogni’ sempre più sofisticati, in quanto l’offerta di servizi innovativi da parte
delle concorrenti banche europee, ha attirato la loro attenzione, orientata,
Introduzione
4
prevalentemente, all’obiettivo di ricerca del maggior rendimento possibile dai
propri risparmi.
La seconda e necessaria via, seguita dalle banche italiane per fronteggiare la
concorrenza europea, perciò, è rappresentata dalla diversificazione dei prodotti
da offrire alla clientela, spostandosi dalla ‘classica’ attività bancaria
(consistente nella raccolta di risparmio e nell’erogazione di prestiti), verso
un’attività soprattutto diretta al lancio di nuovi prodotti finanziari basati sulla
gestione del risparmio, quali i fondi comuni d’investimento, le gestioni
patrimoniali, i fondi pensione, ed altri.
Uno degli esempi più significativi del processo di concentrazione bancaria che
dai primi anni Novanta ha coinvolto il sistema bancario nazionale, è
rappresentato da Banca Intesa, la cui nascita (risalente al gennaio 1998) è stata
il risultato di un processo di fusione tra due entità bancarie preesistenti (ossia
Banco Ambrosiano Veneto e Cariplo) e la cui politica gestionale è stata sempre
orientata alla ricerca di maggiori dimensioni attraverso intensi processi di
acquisizioni partecipative, che l’hanno condotta a divenire la società holding
dell’esteso Gruppo Intesa.
La più recente e significativa operazione di acquisizione, è quella che a fine
1999, ha permesso a Banca Intesa di assumere una partecipazione pari al 70%
del capitale ordinario e di risparmio della Banca Commerciale Italiana,
attraverso il lancio di un’Ops amichevole, accolta dall’ex BIN: attraverso tale
Introduzione
5
operazione, Banca Intesa è divenuta la prima banca italiana per numero di
sportelli ed entità della raccolta.
La massiccia dimensione assunta da Intesa, ha inevitabilmente posto le basi per
un superamento del modello federale, che le ha permesso di raggiungere
notevoli successi sin dalla sua costituzione, e l’adozione di un nuovo modello
strutturato su due prevalenti unità: il retail, ossia la ‘piccola’ clientela al
dettaglio, ed il wholesale, ossia la ‘grande’ clientela. La prima attività confluirà
in Intesa, alla quale saranno trasferite le attività di sportello di tutte le banche
da lei controllate e che opererà attraverso business units, cambiando, in tal
modo, il suo ruolo all’interno del Gruppo (infatti da holding diverrà società
capogruppo ‘effettivamente’ operativa nel settore bancario), mentre l’attività
corporate confluirà in Comit.
L’acquisizione di una banca, non solo munita di molteplici sportelli sparsi su
tutto il territorio nazionale, ma dotata anche di una forte rinomanza su scala
mondiale, qual è la Comit, è stato l’ulteriore elemento di successo della politica
espansionistica seguita da Banca Intesa, consapevole, come non mai, della
necessità di accrescere i confini dimensionali per essere in grado di combattere
e vincere sul nuovo scenario europeo.
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
6
1. I MUTAMENTI INTERVENUTI NEL SISTEMA BANCARIO
EUROPEO
1.1 La nascita dell’Unione Monetaria Europea (UME)
1.1.1 Considerazioni generali
Il processo di ristrutturazione bancaria, che ha interessato molti Stati europei, è
derivato da numerosi cambiamenti che hanno caratterizzato il mondo bancario
e creditizio negli ultimi anni.
L’entrata in vigore dell’UME
1
, avvenuta il 4 gennaio 1999, e della moneta
unica europea, è stato il risultato di un lungo periodo di preparazione nel corso
del quale la graduale applicazione delle direttive comunitarie
2
, concernenti le
banche ed il mercato dei capitali, è stata orientata a livellare le condizioni in
cui operavano le istituzioni bancarie e finanziarie, favorendo l’emergere di un
maggior grado di concorrenza all’interno di ciascun mercato nazionale.
La soppressione delle barriere esistenti tra i diversi paesi europei, ha
inevitabilmente esposto le banche di ciascuno Stato a fronteggiarsi con le
concorrenti europee, facendo sorgere l’esigenza per la maggior parte di esse di
1
Gli undici paesi che hanno aderito all’UME, sin dalla sua fase iniziale, sono l’Austria, il
Belgio, la Danimarca, la Finlandia, la Francia, la Germania, l’Italia, l’Irlanda, l’Olanda, il
Portogallo e la Spagna. Sono rimasti esclusi il Regno Unito, la Danimarca, la Grecia e la
Svezia.
2
Particolarmente importanti sono le due direttive di coordinamento in materia bancaria e
creditizia: la prima, n°780, fu emanata il 12 dicembre del 1977 e si occupava del
coordinamento delle disposizioni relative all’accesso all’attività degli enti creditizi, riducendo
il limite alla costituzione delle aziende di credito; la seconda, n° 646, fu emanata il 15
dicembre 1989 ed ha fissato notevoli elementi di novità nel contesto bancario, quali il
riconoscimento del carattere d’impresa all’attività bancaria, nonché il principio di
despecializzazione del credito.
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
7
attuare misure volte a correggere i propri punti di debolezza e, nel contempo,
ad ampliare i propri punti di forza: all’avvio dell’UME, le banche europee,
infatti, erano contraddistinte da una scarsa penetrazione sui mercati esterni a
quello nazionale e da una sempre maggiore competizione sui mercati interni.
La ricerca di una presenza più significativa sul mercato europeo, è stata
perseguita attraverso un ampliamento dimensionale, attuato con processi di
aggregazione tra banche, al fine di creare grandi gruppi bancari in grado di
competere non solo con i già esistenti colossi bancari europei, ma anche con
quelli americani e giapponesi.
Il processo di concentrazione bancaria, pertanto, ha coinvolto quegli Stati dove
le dimensioni delle banche erano modeste e non sufficientemente competitive
3
.
In Italia tale fenomeno aggregativi ha originariamente riguardato
l’aggregazione tra banche nazionali di piccole dimensioni
4
, anche se dalla fine
degli anni novanta sta coinvolgendo banche di grandi dimensioni, le quali,
esposte alla concorrenza europea, avvertono la necessità di formare grandi poli
bancari di dimensioni analoghe, o superiori, a quelle delle banche europee: nel
biennio 1997-1998, la concentrazione ha interessato banche cui faceva capo il
15% del totale dell’intermediazione
5
, determinando la nascita di Banca Intesa
6
,
dell’Unicredito Italiano
7
e del polo San Paolo-Imi
8
.
3
Ad esempio, tra i processi d’aggregazione più recenti, in Francia la Paribas, si è fusa con la
Société Générale, mentre in Spagna, il Banco Hispano Americano, si è fuso con la Santander.
4
Spesso anche al fine di sottrarle da gravi crisi economiche in cui operavano.
5
Cfr.: “Ulteriori sviluppi delle aggregazioni bancarie” saggio di Francesco Parrillo, tratto da
“Rivista Bancaria 1999”.
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
8
La nascita di un vero sistema bancario europeo, appare però ancora lontano a
causa della presenza di numerosi mercati bancari regionali, sorti in seguito ai
processi d’aggregazione attuati entro i propri confini nazionali dai Paesi
dell’Unione al fine di accrescere la loro aggressività sul mercato unico.
In via prospettica appare possibile che in presenza di uno scenario più
competitivo, le banche minori saranno escluse dal mercato, con una benefica
eliminazione della capacità produttiva in eccesso, mentre le banche maggiori,
attueranno una competizione a distanza attraverso le operazioni di merchant ed
investment banking, conseguendo un notevole vantaggio conoscitivo in ordine
alle prospettive di convenienti opportunità di collocamento di risparmio in un
contesto di mercati monetari e finanziari integrati a livello europeo.
Tutto ciò amplierà le alternative di investimento dei risparmiatori europei, i
quali potranno scegliere il prodotto ad essi più congeniale, tra una vasta gamma
di servizi offerti da operatori bancari e non, sul vasto territorio europeo.
Inoltre l’uso di tecnologie multimediali, consentirà la nascita di una banca a
distanza: l’utente potrà effettuare non solo prelevamenti, ma anche versamenti
a distanza attraverso l’uso del proprio computer, compiendo qualunque tipo di
operazione in modo autonomo senza l’intervento diretto di un prestatore
6
Nata dalla fusione tra Ambroveneto e le Casse di Risparmio delle Province Lombarde.
7
Nato dalla fusione tra il Credito Italiano ed un gruppo di Casse di Risparmio del Nord.
8
Nato dalla fusione tra i due stessi istituti.
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
9
d’opera, determinando un sensibile incremento dei servizi innovativi di remote
e di home banking
9
.
1.1.2 Le conseguenze dell’ingresso nell’Unione Monetaria Europea e
dell’adozione dell’EURO sugli aggregati macroeconomici.
La nascita dell’Unione Monetaria, ha prodotto e produrrà in futuro, numerosi
costi e benefici in capo agli stati europei aderenti.
L’obiettivo primario perseguito, è quello di realizzare una politica monetaria ed
economica unica
10
, ma accanto ai vantaggi che ne deriveranno, notevoli sono
anche gli svantaggi
11
.
Il rispetto dei parametri di Maastricht
12
, necessari per l’ingresso e per la
permanenza nell’Unione, ha prodotto conseguenze macroeconomiche che
9
I servizi di remote ed home banking, consistendo nella creazione di una sorta di banca
virtuale, permettono al cliente di consultare il saldo ed i movimenti del proprio conto corrente
bancario o del proprio portafoglio titoli da casa, semplicemente attraverso l’ausilio di un
personal computer, di un telefono, di un modem, che sono strumenti necessari per il
collegamento on line.
10
Tale politica, sarebbe gestita dalla Banca Centrale Europea (BCE), con il sostegno delle
banche centrali dei singoli stati membri.
11
Alcuni strumenti di politica economica, quale, ad esempio la politica del deficit spending,
non potranno più essere utilizzati in ambito nazionale, per supportare la crescita economica.
Tale politica, consiste in un processo in cui lo Stato si indebita verso i cittadini, finanziando in
deficit una spesa pubblica: questo consente la creazione di nuovi posti di lavoro e un
conseguente incremento del reddito disponibile per i lavoratori-risparmiatori, i quali dopo
averne destinato una parte all’acquisto di beni di prima necessità, destinano la parte residua
all’acquisto di titoli del debito pubblico, permettendo allo Stato di rientrare in possesso dei
mezzi anticipati. Secondo l’ottica di Keynes, questa politica sarebbe stata in grado di far
crescere l’economia nel breve periodo, mentre se protratta per un eccessivo periodo, sarebbe
diventata causa di notevole accumulo di debito pubblico (come dimostra l’esempio dell’Italia).
12
Il patto fu siglato a Maastricht il 7 febbraio 1992, e rappresenta l’impegno definitivo degli
stati europei alla formazione dell’Unione Monetaria. L’ingresso nell’Unione, è stato
subordinato al rispetto di cinque regole fondamentali. Innanzitutto, la regola della stabilità del
cambio, richiedeva che le monete dei paesi europei, dovessero già far parte nei due anni che
hanno preceduto la creazione della moneta unica all’Accordo di cambio del Sistema Monetario
Europeo (SME). Inoltre, negli stessi due anni la moneta candidata non doveva aver registrato
gravi tensioni circa l’oscillazione intorno alla banda ammessa dallo SME (che fu innalzata al
15% al di sopra ed al di sotto delle parità centrali). Il secondo requisito riguardava l’aspetto
inflattivo, infatti, era richiesto che nell’anno precedente la decisione dei Paesi partecipanti alla
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
10
hanno ridotto la dimensione assoluta e relativa dell’attività bancaria, soprattutto
quella di intermediazione, ed i margini di profittabilità.
L’attuazione di una politica di contenimento del deficit pubblico, che ha
carattere deflazionistico, ha provocato una minore crescita del reddito
disponibile, del risparmio e degli aggregati monetari che rappresentano la base
tecnico-economica dell’attività bancaria.
La riduzione del tasso d’inflazione, che ha rappresentato un altro vincolo di
ingresso all’UME, ha implicato un abbassamento dei tassi di interesse, che
oltre a consistenti effetti sul conto economico delle banche, ha comportato una
riduzione dei fondi intermediati dal sistema
13
.
La dominante contrazione dei tassi d’interesse, e di conseguenza del margine
d’interesse, ha indotto le banche europee a dare maggiore importanza ai ricavi
conseguibili dall’erogazione di servizi tradizionali ed innovativi, con un
conseguente miglioramento qualitativo degli stessi servizi e ciò è avvenuto,
con un maggior grado di reattività rispetto a quanto fatto dalle banche italiane.
Queste, infatti, per molti anni si sono concentrate prevalentemente sul margine
moneta unica (ossia il 1997), il tasso di aumento dell’indice dei prezzi al consumo, doveva
essere superiore di non più di 1.5 punti percentuali a quello dei paesi con inflazione più bassa
(presi in un numero massimo di tre). In terzo luogo i tassi d’interesse di lungo periodo,
osservati nell’anno precedente l’esame, dovevano essere superiori di non più di 2 punti
percentuali rispetto agli stessi tassi dei tre paesi con più bassa inflazione. Le ultime due regole,
si riferivano all’entità del debito e del deficit pubblici, che dovevano tendere a situarsi, al
massimo, su un valore pari al 60% ed al 3%, rispettivamente, del PIL. La verifica del rispetto
dei parametri fu compiuta nel maggio 1998, e l’Italia, è riuscita a superare l’esame.
13
La politica monetaria comune, richiede una convergenza dei tassi d’interesse europei verso
un tasso unico, pari a quello prevalente nei maggiori paesi dell’Unione. Tale tasso, alla fine del
1999, era pari a circa la metà di quello italiano (da “Ulteriori sviluppi delle aggregazioni
bancarie” saggio di Francesco Parrillo, tratto da “Rivista Bancaria 1999”).
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
11
d’interesse, a causa dell’orientamento del management bancario verso un’ottica
tradizionale, che vedeva nelle sole attività di raccolta ed impiego, le attività
bancarie tipiche.
Inoltre secondo stime della Federazione Bancaria Europea, l’adozione
dell’Euro
14
comporterà per tutte le banche dei paesi membri dell’UME, un
costo minimo complessivo per l’adattamento degli sportelli automatici, la
revisione dei sistemi informatici e la formazione del personale che si aggirano
intorno al 6% dell’entità dei costi operativi sostenuti dalle banche nell’arco di
tempo prevista per la transazione alla moneta unica
15
.
Ovviamente, l’uso di una moneta unica nel regolamento degli scambi tra i
paesi aderenti, se da un lato rappresenta una notevole semplificazione nei
processi di regolamento degli incassi e dei pagamenti, dall’altro causa la
perdita di un altro strumento fonte di ricavo delle banche, ossia la politica del
cambio valutario.
Questo graverà prevalentemente sui maggiori istituti di credito dei paesi
economicamente più deboli, per i quali, un basso tasso di cambio (dovuto ad
una svalutazione della moneta nazionale), è visto come un ottimo strumento di
14
Solo dal gennaio 2002 entreranno in circolazione banconote e monete denominate in Euro,
ma fino a quella data l’Euro rappresenta solo una valuta bancaria, ossia può essere usato per
tutte quelle operazioni che non richiedono l’uso del contante, come la ridenominazione dei
conti correnti bancari e dei titoli del debito pubblico.
15
Cfr.: “ La via verso il sistema bancario europeo” saggio di Tancredi Bianchi, tratto da “Il
Risparmio: rivista dell’associazione tra le casse di risparmio italiane” (1999).
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
12
competitività verso i più floridi paesi europei, in quanto in grado di attrarre
consistenti volumi di capitali esteri.
1.1.3 La situazione di ritardo delle banche Italiane.
All’avvio dell’Unione Monetaria, le banche italiane apparivano in forte ritardo,
tenuto conto della loro scarsa presenza sui mercati esteri, della loro ridotta
dimensione unitaria, nonché, del livello d’efficienza dei pochi servizi erogati,
inferiore a quello europeo: numerosi erano i punti di debolezza che le
caratterizzavano.
Innanzitutto, a differenza delle banche estere, dotate di un’elevata capacità di
intrattenere rapporti esclusivi con il cliente impresa, operando come Hausbank,
o almeno come banche di riferimento, le banche italiane, hanno una bassa
capacità di controllo sulla clientela, la quale, infatti, si orienta sempre più verso
forme di multiaffidamento diffuso: i fidi multipli, suddividendo il
finanziamento erogato alle imprese su una pluralità di banche, rendono le
relazioni con la clientela meno stabili.
Per questa ragione, nel mercato europeo, gli istituti di credito nazionali,
dovranno orientarsi a migliorare la qualità delle proprie attività e passività
agendo sul rapporto rischio-rendimento: la tendenza dovrebbe essere quella di
spostare il proprio portafoglio impieghi verso le imprese di minori dimensioni,
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
13
con un conseguente contenimento dei fidi di consistente entità, che, per loro
natura sono più volatili e meno remunerativi.
Un altro punto debole delle banche italiane, che tuttavia le accomuna con la
maggior parte di quelle europee, è rappresentato dall’elevata entità dei costi del
personale, causato da un eccesso di capacità produttiva, ossia troppi sportelli e
dipendenti in esubero.
Infatti, la risposta dei grandi istituti creditizi italiani al processo d’integrazione
europea, in un primo momento è consistito nell’infittire il presidio del
territorio, raddoppiando il numero degli sportelli operanti nel nostro paese.
Fino al 1990, per regolare il numero di dipendenze bancarie presenti sul
territorio nazionale, la Banca d’Italia aveva introdotto i piani sportelli, ossia
una procedura volta a razionalizzare l’autorizzazione della stessa Banca
Centrale, all’apertura di nuovi punti vendita di prodotti bancari. Tuttavia nel
piano sportelli
16
del 1978, la Banca d’Italia dichiarò esplicitamente il suo
16
Si trattava di una procedura prevista con lo scopo di razionalizzare l’apertura di nuovi punti
di vendita dei prodotti bancari, mediante un processo autorizzatorio ben ponderato da parte
della Banca Centrale. Tutto ciò rispondeva al principio dominante in quegli anni in forza del
quale la libera concorrenza era sintomo di inefficienza del mercato bancario, pertanto
occorreva selezionare drasticamente il rilascio all’autorizzazione di apertura di nuove
dipendenze. I piani sportelli sono stati realizzati dalla Banca d’Italia dal 1978 al 1986.
Obiettivo del primo piano del 1978, è stato quello di autorizzare l’apertura di trentacinque
sportelli nelle aree di mercato caratterizzate da un insufficiente grado di concorrenza. In tal
modo, le autorità di vigilanza, sono riuscite ad impedire, da un lato, l’apertura nella stessa
piazza di sportelli appartenenti ad aziende di credito tra loro collegate, e, dall’altro hanno
privilegiato le richieste provenienti da Comuni del tutto sprovvisti di sportelli.
Il successivo piano del 1982, ha perseguito l’obiettivo di migliorare l’equidistribuzione degli
sportelli sul territorio nazionale e ridurre le disparità regionali in termini di densità bancaria,
obiettivo raggiunto solo parzialmente.
L’ultimo piano, risalente al 1986, ha concesso ben cinquecentoquattro autorizzazioni,
soprattutto a favore delle regioni meridionali, favorendo le strategie aziendali di espansione
territoriale. Nei grandi centri è stato favorito l’insediamento di banche di maggiori dimensioni
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
14
intento a favorire la concorrenza bancaria, agevolando l’apertura degli sportelli
nelle aree in cui l’entità degli impieghi e dei depositi era più consistente.
La soppressione dell’autorizzazione della Banca Centrale all’apertura degli
sportelli, e la totale liberalizzazione attuata dal 1990
17
, ha determinato un
vertiginoso incremento del numero delle dipendenze bancarie: dalle 10.000
circa unità iniziali, si passò ad un numero pari a 25.600 unità nel 1998
18
.
Pertanto la riduzione del costo del personale è un importante traguardo che le
banche debbono necessariamente conseguire
19
, anche in forza del fatto che tali
oneri avevano ancora un peso notevole sul conto economico delle banche negli
anni novanta: nel 1997, le spese per il personale bancario hanno assorbito il
43% del margine di intermediazione, contro un valore medio del 38% in
Francia, Germania e Spagna
20
.
Accanto agli oneri del personale, ingenti sono anche gli oneri fiscali e quelli
impropri, ben al di sopra della media europea, nonché quelli necessari per la
e di succursali estere, mentre nei centri minori, caratterizzati da scarsa concorrenza, ma con
buona produttività, sono stati incentivati gli istituti di credito di minore dimensione.
17
La liberalizzazione concessa alle banche nell’apertura di proprie dipendenze, si basa sul
principio del silenzio-assenso: la singola azienda bancaria, ha il pieno potere di ampliare la
propria rete di vendita, sotto il vincolo di fornire la prova che le proprie strutture patrimoniali
ed organizzative sono adeguate all’ampliamento dell’operatività. La Banca d’Italia, si riserva la
facoltà di sospendere l’operazione, se il numero delle richieste non è compatibile con la
situazione aziendale e con l’ordinato sviluppo dell’articolazione territoriale delle stesse banche.
18
Cfr.: “Le concentrazioni bancarie sullo sfondo dell’Unione Monetaria” saggio di Paolo
Ciocca, tratto da “Il Risparmio: rivista dell’associazione delle casse di risparmio” (1999).
19
Tenendo conto del fatto che l’attività bancaria è definita labour-intensive, ossia altamente
incentrata sul lavoro umano.
20
Cfr.: “Le concentrazioni bancarie sullo sfondo dell’Unione Monetaria” saggio di Paolo
Ciocca, op. cit.
I mutamenti intervenuti nel sistema bancario europeo
15
riqualificazione professionale e l’aggiornamento dei terminali conseguenti
all’introduzione dell’Euro.
Per mantenere sufficientemente competitivo il margine di redditività, le banche
italiane, possono agire dal lato dei costi, soprattutto contraendo quelli del
personale, oppure dal lato dei ricavi, intensificando la propria presenza nel
settore del risparmio gestito, o comunque offrendo nuovi servizi in grado di
soddisfare le richieste della clientela.
L’incapacità di agire prontamente su ambedue i fronti, ha causato una
contrazione del ROE
21
, infatti gli utili delle banche italiane, avevano superato il
14% dell’entità del capitale e delle riserve nella prima metà degli anni Ottanta,
ma in seguito all’avvento dell’UME, il livello del ROE è sceso ad un valore
minimo dell’1% nel corso del 1998
22
.
La contrazione della redditività bancaria ha causato una riduzione del flusso di
capitale capace di finanziare per via interna i progetti di concentrazione
bancaria: alla fine del 1998, le banche detenevano presso di sé un terzo del
free-capital
23
, a fronte di un valore pari all’80% del totale dei fondi
intermediati
24
.
21
Return on equity dato dal rapporto tra utile d’esercizio e mezzi propri.
22
Cfr.: “Le concentrazioni bancarie sullo sfondo dell’Unione Monetaria” saggio di Paolo
Ciocca, tratto dal “Il Risparmio: rivista dell’associazione tra le casse di risparmio italiane”
(1999).
23
Dato dal patrimonio netto, al quale vanno sottratte le immobilizzazioni, le partecipazioni, e
le sofferenze.
24
Cfr.: “Le concentrazioni bancarie sullo sfondo dell’Unione Monetaria” saggio di Paolo
Ciocca, op. cit.