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Cap 1. Self Satisfaction, esperienza di
acquisto e Consumer Well-Being
1.1 Dalla Self Satisfaction all’esperienza di consumo
Self Satisfaction è un concetto creato dai vertici aziendali agli inizi degli anni `90. Lo
scenario che si delineava era caratterizzato dalla presenza di un alto tasso di
competitività e un certo livello di saturazione del mercato; per sopravvivere era
necessario modificare le credenze e le visioni aziendali.
“In prima approssimazione l’approccio Self Satisfaction può essere definito come
quello che considera la soddisfazione della clientela l’obiettivo principale dell’azione
manageriale, ritenendo che il suo conseguimento permetta la perseguibilità degli
obiettivi aziendali a medio e lungo termine”
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In generale la “soddisfazione” può essere definita come una particolare sensazione di
piacere derivante dal confronto fra le prestazioni percepite di un prodotto e le proprie
aspettative. Quando le prestazioni di un prodotto sono inferiori alle aspettative, il
cliente è insoddisfatto, quando corrispondono alle aspettative è soddisfatto e, nel
momento in cui eccedono, il cliente è estremamente soddisfatto o addirittura
entusiasta.
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1
Gambel L. Leonardo (2003), Il modello dell’eccellenza, Milano: Franco Angeli pp.106
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Urban L. Glen (2004), The emerging era of consumer advocacy, cit pp. 77-82
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Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una rivoluzione delle credenze degli
studiosi di marketing; non si poteva concepire la Self Satisfaction unicamente come
“confronto fra le prestazioni percepite di un prodotto e le proprie aspettative” ma,
era necessario estendere il bagaglio tecnico da utilizzare per analizzare e gestire
l’insieme dei rapporti tra impresa e cliente. Si doveva far ricorso a strumenti che
richiedevano contaminazioni di altre discipline: la sociologia, la psicologia,
l’antropologia. Si intravedeva la possibilità di misurare fenomeni e comportamenti
rimasti fino a quel momento nel vago e tralasciati per mancanza di strumenti idonei.
La parola emozioni è stata così affrontata ricorrendo, in particolare, all’aiuto della
psicologia.
È ormai fuori dubbio che le emozioni sono gli elementi costitutivi delle nostre
esperienze di acquisto. Gallucci ripercorre i motivi che sottostanno a questa centralità
e ne identifica le cause in due fattori concorrenti e fortemente interrelati. Da un lato,
l’aumento della ricchezza, di risorse economiche e di tempo libero dal lavoro, non
poteva che portare i consumatori alla ricerca di beni e servizi che soddisfacessero
bisogni e desideri che andavano al di là della mera riproduzione fisica. Per cui più
tempo e più risorse hanno portato il consumatore alla ricerca di prodotti che
contribuiscono all’espressione di sé stesso e quindi, tali prodotti risultano coerenti
con i comportamenti e i valori attraverso i quali la rappresentazione di se stessi si
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manifesta. Dall’altro lato, il diffondersi, di pari passo con il benessere, di una
crescente libertà di comportamento ha condotto a quella frammentazione individuale
così spesso richiamata da tutti coloro che parlano di postmodernità. Questo può
essere interpretato come l’inevitabile conseguenza del venire meno di norme sociali
che in passato hanno soffocato la libertà di espressione degli individui.
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La nuova frontiera è quindi rappresentata dalla libertà di scegliere e di esprimersi.
Assume quindi un ruolo rilevante l’esperienza di consumo e, dunque, le emozioni che
ne sono alla base.
1.2 L’evento di acquisto, la Shopping Experience e i luoghi
Il contesto che oggi ci troviamo di fronte ha subito profonde modificazioni con il
trascorrere del tempo. Si parla di evento dell’acquisto piuttosto che prodotto in senso
stretto, quindi il prodotto non assume più un’importanza centrale, ma il luogo nel
quale si consuma il rito di acquisto. Le merci nel momento in cui sono uscite
dall’ambito della produzione artigianale hanno evidenziato di essere soggette a un
processo di spettacolarizzazione. Cioè un processo di trasfigurazione dei caratteri
puramente funzionali che consente loro di assumere precisi significati simbolici. Per
potersi spettacolarizzare, le merci hanno dovuto utilizzare dei luoghi che hanno
funzionato per essere come dei veri e propri palcoscenici teatrali.
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Come afferma Codeluppi oggi possiamo definire la merce come “supermerce” che
perde lentamente la sua parte funzionale al fine di assumere una parte spettacolare;
di conseguenza anche i consumatori mutano il proprio ruolo diventando
“iperconsumatori” attenti non solo alle caratteristiche funzionali del prodotto, ma
sempre di più alle promesse di esperienze a loro legate.
I luoghi di shopping, i negozi e i punti vendita non sono solamente luoghi per
vendere e consumare, ma anche per comunicare, per apprendere e per interagire. In
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Gallucci Francesco (2007), Il marketing emozionale, :-), Milano: Egea pp. 1-5
4
Codeluppi Vanni (2000), Lo spettacolo della merce. I luoghi del consumo dei passages a Disney World, Milano:
Bonipianti pp. 152
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tale situazione, il prodotto non è più una certezza e neanche l’unica motivazione di
acquisto: il consumatore cerca nuove esperienza alla visita dei punti vendita. Le
parole chiave dello shopping experience diventano estetica, personalizzazione e
pragmatismo.
Anche gli spazi commerciali cambiano ruolo e connotazione trasformandosi da luoghi
dove effettuare acquisti, in aree di permanenza, di informazione, di socializzazione, di
apprendimento e della memoria. Il cliente, o meglio la parte più dinamica e critica di
tale aggregato, vuole essere il protagonista delle proprie scelte di consumo e trova
spazi a libero servizio o a vendita assistita ispirati a nuove logiche non solo di design
ma anche di coinvolgimento emozionale. Lo spazio commerciale può essere anche
gratificante sul piano emotivo perché attiva nel consumatore la componente
edonistica dell’atto di acquisto, connessa solo marginalmente ai benefici derivanti da
ciò che si compra.
I retailer, almeno quelli più evoluti, sanno come stimolare l’interesse utilizzando
tecniche, atmosfere e ambientazioni capaci di avvolgere i clienti di lusinghe
polisensoriali. Sembra che tutti sappiano cosa proporre al momento giusto per
soddisfare i bisogni o le attese dei propri clienti. Ma i clienti sanno veramente cosa
vogliono? Il consumatore vive alla giornata, ma non vuole impegnarsi: consuma e si
sposta. I luoghi del commercio si sono quindi trasformati in luoghi di incontro, di
spettacolo ma soprattutto l’acquisto è diventato un’ esperienza che cattura un
consumatore sempre più infedele, eterogeneo, sgusciante e incodificabile.
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1.3 Consumer well-being
Sirgy, Lee et al. nel 2002 hanno pubblicato uno studio sul Consumer well-being
(CWB) nel quale sostengono che le esperienze di consumo che influenzano il
benessere dei consumatori si possono identificare in termini di: acquisto, possesso,
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Gallucci Francesco (2007), Il marketing emozionale, :-), Milano: Egea pp. 111
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consumo, manutenzione e smaltimento.
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Qualche anno più tardi Sirgy e altri studiosi
hanno messo in discussione la precedente teoria precisando che i consumatori non
comprano solo beni e servizi, ma utilizzano molto tempo, soldi ed energia per la
“preparazione” dei prodotti acquistati in base ad esigenze personali o familiari.
Quindi, per potere avere una misura più completa sul Consumer well-being è
opportuno catturare anche queste esperienze.
Dallo studio pubblicato nel 2008 emerge che, in realtà, la fase di preparazione è
influenzata da molte variabili che riguardano sia il singolo soggetto, sia l’intera
comunità (anche in relazione all’appartenenza alla popolazione dei paesi sviluppati o
a quelli in via di sviluppo). Il dato più importante per il lavoro di tesi , in relazione ai
dati ottenuti da Sirgy, è la considerazione che il grado di coinvolgimento del
consumatore incide in maniera netta sul Consumer Well-Being; i consumatori
possono avere differenti livelli di coinvolgimento in relazione all’acquisto, possesso,
preparazione, consumo, manutenzione, smaltimento. Ulteriori studi sul livello di
coinvolgimento al momento dell’acquisto possono aiutare a spiegare meglio
l’incidenza della shopping satisfaction sul Consumer Well-Being.
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Inoltre, in riferimento esclusivamente alla fase di acquisto, possiamo analizzare il
questionario somministrato agli intervistati nel 2002. Sirgy chiede di indicare il
livello di soddisfazione in relazione a 7 punti:
1. Qualità dei beni a disposizione
2. Prezzi applicati
3. Attrattività e ambientazione
4. Cortesia e disponibilità del personale
5. Orari di apertura
6. Politiche di sostituzione o manutenzione dei prodotti difettosi
7. Disponibilità dei prodotti desiderati
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Lee et al. (2002), Developing a subjective measure of consumer well-being, Journal of macromarketing 22(2):
158-69
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Sirgy et al. (2008) An extension and further validation of a community-based consumer wee-being measure,
Journal of macromarketing 28(3) 243-256
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Traduzione del questionario in inglese presente sull’opera: Sirgy (2002), The psychology of quality life