CAPITOLO I
DELLA NOZIONE DI INTERPRETAZIONE
AUTENTICA
§ 1 --- Delle questioni terminologiche
1-Genesi di uno strumento tecnico-giuridico
2-La funzione
3-La struttura
4-Modalità di intervento mediante interpretazione autentica
5- La nozione minima: l’abalietà
§ 2 --- Del possibile “oggetto” di interpretazione autentica
1-Identità d’autore come condizione necessaria
2-Interpretazione autentica e dichiarazione confermativa
3-Il possibile “oggetto”
4-Osservazioni generali e riepilogative
§ 3 --- Dell’interprete di fronte ad un atto di interpretazione
autentica
1-Questioni preliminari di teoria dell’interpretazione
2-I passaggi fondamentali nell’approccio ad un documento
interpretativo
§ 1 --- DELLE QUESTIONI TERMINOLOGICHE
1-Genesi di uno strumento tecnico-giuridico
Ogni sistema giuridico, accanto alle comuni norme di condotta, include anche una
grande varietà di norme che riguardano le fonti1: il diritto disciplina, tra le altre
cose, la sua stessa creazione.
Il genere delle norme sulle fonti include non meno di tre specie distinte: (a) le
norme sulla produzione giuridica2; (b) le norme sull’efficacia di norme3; (c) le
norme sui conflitti tra norme.
Le norme sub ( c ) regolano i rapporti tra le diverse fonti del diritto, anzi, più
precisamente, i conflitti tra norme provenienti dalle diverse fonti. I conflitti – o
antinomie –tra norme possono utilmente essere distinti in due classi: da un lato vi
sono i conflitti tra norme provenienti da fonti di tipo diverso, dall’altro vi sono i
conflitti tra norme provenienti da fonti dello stesso tipo ma emanate in tempi
diversi. Il principio gerarchico, quale criterio di soluzione dei conflitti o antinomie
tra norme espresse da fonti di tipo diverso, investe vari tipi di relazioni gerarchiche
1
Adoperando l’espressione “fonti” del diritto ci si avvale di un’immagine naturalistica e metaforica:
la fonte come sorgente dalla quale scaturisce il quid di cui si discute ( id est il diritto).
2
Si dicono “norme sulla produzione giuridica” tutte quelle norme che disciplinano la stessa
produzione del diritto, ossia la creazione di (altre) norme; si pensi alle norme che conferiscono
competenze normative: paradigmatico è l’art. 70 della nostra Costituzione che conferisce
collettivamente alle due Camere l’esercizio della funzione legislativa, in virtù del quale nulla che
non sia deliberato dalle due Camere può assumere il nomen iuris di “legge”.
3
Nell’espressione “norme sull’efficacia di (altre) norme”, il termine “efficacia” significa:
applicabilità. Ricadono in questa classe di norme anche le norme che circoscrivono l’applicabilità di
(altre) norme a certi soggetti, oltre alle norme circoscriventi l’applicabilità normativa ad un livello
spaziale e ad un livello temporale.
tra norme che si incontrano nel nostro ordinamento4. Possono rinvenirsi, fra le altre,
gerarchie che possiamo convenire di chiamare “logiche”. Una gerarchia logica è
una relazione tra norme ( e non tra fonti) che non è istituita dal diritto, ma dipende
esclusivamente dalla struttura del linguaggio delle fonti. Certe norme, infatti, sono
“sovra-ordinate” ad altre non in virtù del regime giuridico delle fonti da cui esse,
rispettivamente, promanano, ma semplicemente nel senso, e in virtù del fatto, che
vertono su di esse. La relazione tra le une e le altre non è diversa da quella che
intercorre logicamente tra un meta-linguaggio ed il suo linguaggio-oggetto, tra il
linguaggio in cui si parla e il linguaggio di cui si parla5. Per questa ragione, le
norme che vertono non sul comportamento, ma su altre norme, si usa chiamarle
“meta-norme”. Sono meta-norme tutte quelle che hanno ad oggetto (altre) norme.
Così, le disposizioni abrogatrici si collocano su di un piano logicamente superiore a
quello delle disposizioni da esse abrogate, giacchè vertono su di esse,
circoscrivendone l’efficacia nel tempo.
Nello stesso modo le disposizioni di interpretazione autentica si collocano su di un
piano logicamente superiore a quello delle disposizioni interpretate. Le norme
interpretative si pongono, quindi, come “meta-norme” rispetto alle norme
interpretate. Interpretazione autentica è l’interpretazione che proviene dallo stesso
autore del precetto6 o della dichiarazione precettiva che si tratta di intendere: sia
dall’organo competente a regolare la materia del precetto (potere legislativo,
esecutivo o giudiziario), sia dalle stesse parti legittimate a regolare il rapporto cui la
dichiarazione precettiva ha dato vita (quando si tratti di intendere un precetto
dell’autonomia privata o pubblica: negozio giuridico, unilaterale, bilaterale ovvero
4
Così R.Guastini, Le fonti del diritto e l’interpretazione, Milano, 1993, p.37 ss. che distingue una
gerarchia strutturale come relazione che intercorre tra due poteri normativi allorché l’uno trae la sua
stessa esistenza, il suo fondamento di legittimità, dall’altro; una gerarchia formale come relazione tra
fonti positivamente istituita dalle fonti stesse; una gerarchia assiologia come relazione tra norme ( e
non tra fonti ) che non è positivamente istituita dal diritto, e neppure dipende dalla struttura del
linguaggio, bensì è istituita dagli interpreti e dipende dalle loro valutazioni: essi istituiscono
gerarchie assiologiche ogniqualvolta trattano una norma come “fondamento” di altre norme; una
gerarchia logica, di cui nel testo.
5
Ad esempio: quando si enuncia in italiano una regola grammaticale della lingua francese.
plurilaterale, contratto collettivo di lavoro); sia dalla stessa autorità amministrativa
promanante il provvedimento interpretando; sia dagli stessi Stati contraenti (quando
si tratti di accordi internazionali di cui ne risulti “oscuro” il senso).
La caratteristica dell’interpretazione autentica, in tutte le sue forme, è l’identità
dell’autore7 : identità in senso giuridico, del soggetto o dell’organo al quale la
dichiarazione o il precetto viene riferito dall’ordinamento giuridico, quindi, identità
istituzionale dell’organo8, identità di posizione del soggetto nell’ambito
ordinamentale.
Nel sistema giuridico vigente, l’attività interpretativa è esercitata prevalentemente,
ancorché non esclusivamente, da alcuni operatori tipici. In corrispondenza alle
diverse figure di interprete, si suole distinguere tra interpretazione giudiziale,
dottrinale, ufficiale ed autentica. Da un punto di vista etimologico, noi ricaviamo
che il nostro “interpretare” deriva direttamente dal latino “interpretari”, ma
dobbiamo registrarne la diversa area semantica. La attività designata
da“interpretari” è attività di intermediazione ( da inter e pretium ) tra una
particolare forza – il ius – e coloro che a tale forza erano assoggettati;
intermediazione ad opera di particolari soggetti dotati di particolari qualità – gli
interpretes9 – che di tale attività sono depositari ed a tale attività sono i soli
legittimati, com’è suggerito anche dalla forma mediodeponente del verbo. Dunque,
nel mondo romano primitivo solo gli interpretes( cioè chi aveva ricevuto
l’attribuzione di questa qualità da parte dell’organizzazione socio-politica ) erano
6
Per una maggiore chiarificazione del concetto di “autore” dell’interpretazione autentica e della
particolare competenza a questa interpretazione, si veda ampiamente il § III di questo capitolo.
7
Così E.Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1971, p.189. Dissidente su
questo punto Cammeo, L’interpretazione autentica, in “Giurisprudenza italiana”, 69, 1907, parte IV,
p.305.
8
Carnelutti F., Eccesso di potere legislativo, in “Riv.dir.proc.”, 1934, p.121.
9
Lo “iura dare” dei rex non potè essere consistito in altro che in un’interpretazione della volontà
divina, rispetto ad ogni singolo caso. Funzione regale, dirà Cicerone, era la “explanatio aequitatis” e
con essa la “iuris interpretatio”, sicchè al rex i privati si rivolgevano per “chiedere il diritto” (ius
petere) e il rex medesimo, in mancanza di altri giudici era l’unico regolatore di ogni controversia:
omnia conficiebantur iudiciis regiis, così E. Betti, La creazione del diritto nella iurisdictio del
“capaci” e “legittimati” a dire il diritto10. Nelle organizzazioni moderne, invece, si
ritiene che il diritto , pensato oggettivamente, sia, in ogni caso, suscettibile di
attività interpretativa ( cioè di attribuzione di significato ) da parte di chiunque,
tenendo presente, però, che le prassi interpretative sono autorevoli solo quando
particolari interpreti tipici hanno qualche autorità ufficiale o di fatto. Per cui, si
parla di “interpretazione dottrinale”11 per riferirsi all’interpretazione compita dai
giuristi nelle opere di dottrina; si parla di “interpretazione ufficiale”12 per riferirsi
all’attività interpretativa ed il prodotto13 dell’interpretazione compiuta da un organo
– diverso da, e inferiore a, quello che ha prodotto l’oggetto dell’interpretazione –
dell’apparato dello Stato nell’ambito dell’esercizio del proprio ufficio istituzionale;
si parla di “interpretazione giudiziale “ o “giurisprudenziale”14 per riferirsi
all’interpretazione compiuta da organi giudiziari mediante sentenze; si parla di
“interpretazione autentica” per riferirsi all’attività interpretativa ed al prodotto
pretore, in Studi Chiovenda, Roma 1927, p. 125 ss.; S.Orestano, Dal ius al fas, e in I fatti di
normazione nell’età romana arcaica,Roma, 1980.
10
Si veda ampiamente Orestano, I fatti di normazione nell’età romana arcaica,op.cit., p.99 ss.
11
In alcune ricostruzioni l’interpretazione dottrinale viene contrapposta, come interpretazione
“privata” alle interpretazioni giudiziali e legislative che vengono raggruppate, invece, sotto una
categoria generica denominata “interpretazione pubblica” ovvero “ interpretazione autoritativa”.
Simile contrapposizione è stata frequente nella trattatistica francese dell’inizio del secolo XX; ad
esempio M.Planiol inizia la trattazione sull’interpretazione, nel suo celebre Traitè èlèmentaire,
Parigi, 1911, p199, così: “ L’interprètation des lois peut etre purement doctrinale ou se faire
d’autoritè “. Anche in Italia tale contrapposizione terminologica è stata adottata da G. Tedeschi, Su
alcune forme di interpretazione autoritativa della legge, in Riv. dir. civ., III, 1957, I, p.133.
12
Esempi evidenti di “interpretazione ufficiale” sono le attività che si calano in documenti normativi
tipici come le circolari amministrative interpretative, che non pongono norme di interpretazione
autentica, come vedremo. Non sempre, però, l’interpretazione ufficiale si cala in forme documentali
specifiche: la c.d. prassi interpretativa degli uffici della pubblica amministrazione costituisce
“interpretazione ufficiale”.
13
Così Tarello, Diritto, enunciati e usi, Bologna, 1974, che registra le due accezioni fondamentali di
“interpretazione”: quella per cui tale vocabolo funge da nome dell’attività designata dal verbo
“interpretare” e quelle per cui questo vocabolo funge da nome del prodotto dell’attività designata dal
verbo “interpretare”. La distinzione concettuale tra l’attività di interpretazione e il risultato
dell’interpretazione è imprescindibile strumento di ogni teoria dell’interpretazione nel diritto
14
In un certo senso si tratta di una sottoclasse della interpretazione ufficiale, dacchè anche gli organi
giudiziari sono certamente organi dell’apparato dello Stato, così Tarello, Assolutismo e
codificazione, cap. II, § 2, Milano, 1975. A seconda dei diversi ordinamenti la interpretazione
giurisprudenziale può rivestire o non rivestire particolare autorità di diritto, anche in relazione ai
vincoli di rispettare i precedenti posti dallo stesso organo giudicante o da organo giudiziario
sovraordinato, obbligo che è imposto in talune organizzazioni giuridiche positive, come, ad esempio,
l’organizzazione giuridica inglese.
dell’interpretazione compiuta dallo stesso autore dell’oggetto dell’interpretazione
successivamente alla, o separatamente dalla, produzione dell’oggetto stesso: se si
trattasse di un atto contestuale15, l’atto di interpretazione verrebbe a costituire parte
intrinseca dell’oggetto dell’interpretazione16. L’espressione “interpretazione
autentica” è risalente nel tempo, allorché si collegava l’esattezza
dell’interpretazione fornita al provenire dallo stesso soggetto artefice dell’atto
controverso. La particolarità di questa specie di interpretazione affonda le sue radici
nella considerazione che l’autore di ciascun atto è anche il soggetto che più
sicuramente sa esplicitarne il significato17, si presume che egli sappia qual è il
significato del documento, come nel caso del testamento che può essere interpretato
autenticamente dal testatore che si assume conoscerne il significato vero poiché ne
è l’autore. Lo scopo degli enunciati interpretativi in tutte le combinazioni in cui
possono presentarsi – successivi al loro oggetto e con efficacia ex nunc o ex tunc –
è quello, praticamente assurdo18, di impedire ad altri che non sia l’interprete
15
Per comprendere tale, fondamentale distinzione, si pensi alla differenza tra i rapporti intercorrenti
fra l’art. 1655 c.c. (recante la nozione di “appalto”) e l’art.1671 c.c. (recante la disciplina del recesso
unilaterale dal contratto di appalto) da un lato e, dall’altro, fra l’art. 297 c.p.p. (contenente la
disciplina dei termini di durata delle misure cautelari) e l’art. 1 d.l. 1-3-1991, n° 60, conv. In l.22-4-
1991 n° 133 ( nel quale si legge che l’art. 297 co. 4 del codice di procedura penale deve intendersi
nel senso che, indipendentemente da una richiesta del pubblico ministero e da un provvedimento del
giudice, nel computo dei termini di custodia cautelare stabiliti in relazione alle fasi del giudizio di
primo grado e del giudizio sulle impugnazioni, non si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le
udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza). La prima relazione non è definibile
nei termini di interpretazione autentica: si tratta, in realtà, di mera definizione legislativa contenta
nello stesso documento normativo ( id est il codice civile). La relazione in termini di interpretazione
autentica è, invece, rinvenibile, nel secondo rapporto fra disposizioni normative, in quanto un
documento successivo(la l. n° 133 del 1991) dello stesso “autore” del documento interpretato(l’art.
297 c.p.p.) fissa, escludendone tutte le altre, una determinata intelligenza per ristabilire la certezza
del diritto ( si vedrà poi quali sono le reali esigenze che giustificano l’utilizzo dell’interpretazione
autentica).
16
Talvolta gli enunciati che fanno parte di un documento e che esprimono precetti circa il modo di
attribuire significato agli altri enunciati del documento sono chiamati “norme interpretative”: sarebbe
meglio – per ragioni di chiarezza –dare loro il nome di “enunciati esprimenti norme interpretative”.
Per la distinzione di questi enunciati sia dall’interpretazione autentica sia dagli enunciati che
esprimono norme sull’interpretazione, Tarello G., L’interpretazione della legge , Milano, 1980, p.52.
17
In questo senso, Modugno F., Appunti dalle lezioni di teoria dell’interpretazione, 1997, p.29
18
Adotta questa espressione A. Gardino Carli, Il legislatore interprete, Milano, 1997, p.5.
Ma ritroviamo lo stesso concetto, espresso diversamente, anche in M.Jori, Ermeneutica e filosofia
analitica a confronto, Torino, 1994.
“autentico”, di interpretare il documento normativo o la dichiarazione precettiva, o,
comunque, di dirne il vero significato19. Tale pretesa è connaturale a quel “timore”
che il formulatore del testo ha nei confronti di chi dovrà interpretarlo, sospettandone
l’alterazione del “voluto” originario in via interpretativa. Così nell’età romana
postclassica, Giustiniano rivendicava al solo imperatore la funzione tanto legislativa
che interpretativa delle leggi e proibiva di scrivere libri giuridici. Se fosse stato
scritto un commentario delle leggi, questo doveva essere distrutto ed il suo autore
punito con la pena dei falsari20. Analogo divieto è imposto dal sanguinario Pietro il
Grande che, nel 1722, commina l’estrema punizione per i giudici che si fossero
azzardati a discostarsi dall’interpretazione letterale delle leggi21. Ancora, si ricordi il
quadro antigiurisprudenziale per cui i giudici dovevano essere i meccanici esecutori
della legge o, per dirla con Montesquieu, “la bocca che pronunzia le parole della
19
E. Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1971, ammette che è improprio
definire come “vera” una interpretazione così come è improprio definirla falsa. Il linguaggio in
funzione precettiva è suscettibile di essere obbedito o disobbedito, di essere considerato legittimo o
illegittimo ma non è suscettibile a giudizi di “verità” o “falsità”. Così anche Rotondi M., Legge, in
Nuovo Digesto Italiano, VII, Torino, 1938, p.738, secondo il quale l’assurdità di tale pretesa deriva
dal fatto che anche le leggi interpretative sono oggetto di interpretazione, sicchè “l’antico sogno di
scrollarsi di dosso gli interpreti è destinato al fallimento”. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità
costituzionale, Napoli, 1991, p.222, osserva che se non è vero che di un testo normativo possa darsi
una sola interpretazione, e cioè che un’interpretazione sia vera o falsa, è pur vero che ogni
interpretazione deve essere sorretta da un’argomentazione rigorosa, scientificamente valida.
L’attività interpretativa non è meccanica. Si tratta di individuare l’interpretazione non già vera ma
rigorosa sul piano scientifico.
Mediante l’interpretazione autentica, in realtà, non si dà una norma da applicare in via diretta e
automatica (in modo matematico, si direbbe) ma l’interprete ha comunque di fronte un ulteriore testo
normativo da interpretare.
20
Savigny, Sistema del diritto romano attuale, trad.it. di V.Scialoja, Torino, 1886, ricorda come
Giustiniano, riunito in un libro e pubblicato come legge tutto ciò che sembrava necessario per una
completa esposizione del diritto, proibì in tal modo il sorgere di una nuova e magari contraddittoria
letteratura giuridica, ciò allo scopo di evitare falsificazioni e storpiamenti dei principi da lui sanciti.
Gorla G., La giurisprudenza come fonte del diritto in Diritto comparato e diritto comune europeo,
Milano, 1981, osserva che in questo modo la costituzione dei Tanta è un esempio di sistema in cui
l’interpretazione può definirsi “impotente”. Dalla espressione usata, per punire gli autori di libri
giuridici, e cioè “falsari”, possiamo immaginare con quale rigore si cercava, in Giustiniano, legare
indissolubilmente il potere legislativo e la funzione interpretativa.
21
Così Voltaire, Storia dell’impero di Russia sotto Pietro il Grande, trad. it. P.Bertolucci, Torino,
1962, p.375. Come è facile notare negli esempi riportati nel testo, era immaginabile, in
organizzazioni giuridiche passate, l’annullamento dell’attività interpretativa, quasi come se la
comprensione fosse un meccanico procedimento, semplice e costantemente lineare nel suo sviluppo.
legge”22. In questa epoca, tale concezione si collega strettamente con l’idea che solo
il legislatore, nel caso di leggi, può chiarire il significato esatto e, quindi,
“autentico” di una sua precedente volizione. Alla base di questa idea vi è la regola
privatistica, per la quale il testatore non doveva rifare completamente il testamento
quando si limitava a chiarire un’espressione oscura, dal momento che tale
definizione nulla aggiungeva a quanto in precedenza stilato. Così in un noto passo
di Ulpiano23 si legge che il testatore può specificare successivamente il significato
di parole contenute nel testamento ( postea declamare de quo senserit ) senza rifare
completamente ( ex integro ) l’atto, in quanto si fornisce esclusivamente il senso di
ciò che è stato già fatto ( nihil enim nunc dat, sed datum significat). Infine, si pensi
all’espressione contenuta nella costituzione Tanta: cuius est condere, eius est
interpretari. Tutto ciò, nell’illusoria aspirazione24 di annullare del tutto l’attività
interpretativa dal fenomeno generale della comunicazione, in questo caso, giuridica.
22
Montesquieu, Lo spirito delle leggi, a cura di S. Cotta, Torino, 1973, p.287.
23
D.28, 1, 21, 1.
2-La funzione
Nell’età contemporanea, si individua, comunemente, il presupposto di una
interpretazione autentica nell’incertezza circa il significato normativo del precetto:
incertezza che, rendendo possibile una pluralità di interpretazioni divergenti ed
eventualmente in conflitto tra loro, ostacola il comportamento che vi si deve
uniformare da parte dei destinatari del precetto25. Sorge così l’esigenza di rimuovere
l’incertezza offerta dalla formula del precetto e di limitare, nell’orbita più ristretta,
la possibile pluralità di interpretazioni divergenti. Mentre all’esigenza di limitare la
pluralità di interpretazioni discrepanti l’ordinamento giuridico provvede col
disciplinare l’interpretazione giuridica mediante norma sull’interpretazione26, per
l’esigenza di rimuovere l’incertezza usa, quale mezzo idoneo per eccellenza,
l’interpretazione autentica. Questa, pertanto, è destinata a rimuovere un problema
di intelligibilità27 della dichiarazione precettiva antecedente: il problema, cioè del
far intendere il senso normativo del precetto a quelli che ne sono i destinatari28.
Risolvendo il problema dell’intelligibilità del precetto, l’interpretazione autentica
soddisfa un’esigenza formale di certezza del diritto e di uguaglianza, cioè di
uniformità di trattamento giuridico di fattispecie identiche, rimuovendo la possibile
disparità dipendente dalla pluralità di significati attribuibili alla formulazione
linguistica.Risulta evidente, allora, la funzionalizzazione all’esigenza della certezza
del diritto.
24
Nel § III cercheremo di individuare le ragioni che rendono illusoria tale aspirazione annullatrice
dell’attività interpretativa.
25
In questo senso: E.Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, op.cit; Tarello G., Diritto,
enunciati e usi, op.cit.
26
Per una corretta distinzione tra disposizioni sull’interpretazione e leggi interpretative Tarello G.,
Interpretazione della legge, Guastini, Le fonti del diritto e l’interpretazione, op.cit.
27
Intelligibilità nel senso proposto da Betti come concernente l’espressione del pensiero in sé stessa,
la dichiarazione come forma rappresentativa con riguardo al contenuto logico di pensiero che in essa
si esprime
Del resto, attualmente, si può osservare, in chiave critica, che la scelta
dell’apprezzamento interpretativo potrebbe essere suggerita e dettata da criteri di
“convenienza” e, in particolare, da criteri di politica legislativa29. Dunque, non più
l’incertezza come presupposto essenziale di un atto di interpretazione autentica ma
la mera convenienza ossia nessun fondamento ulteriore che la signoria dell’autore
sui propri atti30.
28
In questo senso Carnelutti, in “Riv.Pen.It.”, 1926, 203; sembra confondere invece Giannini M.S.,
Interpretazione, p.92, in Giur. cost. 1956.
29
Nel cap.II tratteremo del problema della legittimità dei presupposti dell’interpretazione autentica
in maniera più dettagliata, riguardo agli atti giuridici possibili “oggetti” di interpretazione autentica.
30
Osserveremo come, per quel che riguarda l’indagine sulle leggi interpretative, ciò risulta
pericoloso e, fondamentalmente, in contrasto con l’interesse alla certezza del diritto ed al principio
d’uguaglianza.
3-La struttura
Dal punto di vista della struttura, nella dichiarazione interpretativa emessa per via di
interpretazione autentica distinguiamo31 :
a) un momento logico, consistente nell’enunciazione di un apprezzamento
interpretativo circa il senso di un precetto antecedente, cui essa si connette e
si ricollega nella formula e nella ratio iuris
b) un momento precettivo32, consistente nel fissare tale apprezzamento come il
solo valevole, escludendo, di conseguenza, ogni intelligenza diversa.
Per tale momento precettivo l’interpretazione autentica è destinata ad avere un
valore vincolante rispetto ad ogni futura interpretazione ed applicazione del precetto
interpretato. Da questa ricostruzione concettuale, noi ricaviamo che la dichiarazione
interpretativa, contenuta nell’interpretazione autentica, come dichiarazione
complementare ed eventuale, fa corpo con la dichiarazione interpretata33: essa è
parte integrante del testo interpretato ed ha vigore con esso34. In conformità con la
distinzione tra momento logico e momento precettivo, distinguiamo ulteriormente
un aspetto formale, che si ricollega al momento logico e un aspetto sostanziale che
31
Seguendo l’insegnamento di Betti, ripreso recentemente da Gardino Carli in Legislatore interprete
op.cit.
32
Betti in questa parte riprende l’insegnamento di Cammeo in Interpretazione autentica, p.337 anche
se Cammeo ci parla di momento “volitivo”, intendendo comunque il momento precettivo nella
terminologia usata da Betti.
33
Sul problema dell’unità documentale, relativamente alla interpretazione autentica della legge,
cercheremo, nel § III, di superare le difficoltà evidenziate da Tarello nel suo “Interpretazione della
legge”, op. cit.
34
Nel valore vincolante della dichiarazione interpretativa entra in giuoco e si potenzia appieno quella
funzione normativa che è propria, in sé, dell’interpretazione giuridica in vista del suo ufficio di
rendere la massima della decisione. Per rendersi conto della differenza si confronti il semplice valore
di consiglio senza effetto vincolante, che può avere nello stesso campo del diritto il parere privato di
si collega al momento precettivo. Sotto l’aspetto formale l’interpretazione autentica
opera come ogni altra interpretazione diretta a far intendere il senso di un precetto
preesistente35. Sotto l’aspetto sostanziale, chi è competente a compiere
un’interpretazione autentica, non è un interprete qualsiasi, che si trovi in posizione
di stretta subordinazione rispetto ad un’alterità irriducibile che lo trascende, ma è lo
stesso autore del precetto da interpretare36.
Ora, il valore vincolante della dichiarazione interpretativa ha fondamento proprio in
questo aspetto sostanziale che si collega al suo momento precettivo. D’altro canto,
estensione e limiti del valore vincolante sono determinati dal momento logico e
vanno considerati sotto l’aspetto formale che a tale momento si ricollega. Sotto
l’aspetto formale va considerato anzitutto il vigore della norma interpretativa nel
tempo37.
un amico, magari tecnico del diritto, a differenza della decisione del giudice nella causa di cui si
tratta.
35
Essa,quindi, si pone di contro il precetto cui fa riferimento, come un’oggettività, un’alterità
distaccata, della quale si tratta di far intendere il senso ossia il contenuto normativo che le è proprio.
36
E come tale, esso non solo è dotato, nell’apprezzamento interpretativo di una certa discrezionalità(
massima discrezionalità sovrana del legislatore o massima discrezionalità inerente l’autonomia delle
parti in un contratto; minima discrezionalità per quel che riguarda l’organo giurisdizionale o
amministrativo), ma è posizione tale da escludere ogni diverso intendimento del precetto
interpretato.
37
Sul tema della retroattività si veda ampiamente il cap.II