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3. IMPATTI ED EFFETTI SUL SISTEMA ECONOMICO
3,1. Perché la corruzione produce effetti su un sistema economico?
Fino agli anni 90 la concezione di corruzione è sempre stata legata principalmente alla sfera giuridica
e sociale, mentre invece veniva solo marginalmente considerata come elemento economico.
L’evoluzione di processi come la globalizzazione, e la diffusione dell’informazione, hanno
amplificato notevolmente la risonanza e gli effetti internazionali di questo fenomeno, attribuendo ad
esso un ruolo rilevante, nei diversi sistemi economici del mondo.
Oggi, la maggior parte degli studiosi economici è consapevole che la corruzione, sulla base di
profonde analisi, ha un notevole impatto sulle condizioni economiche di un paese. E’ proprio
l’economista Mauro (1998) agli inizi dell’ultimo ventennio ad affermare che se un paese riuscisse a
ridurre il suo livello di corruzione, si potrebbe conseguire sia un aumento di diversi punti percentuali
del tasso d’investimento sia del suo tasso annuale di crescita. La vera domanda per cui diventa: perché
ed in che modo la corruzione è in grado di produrre effetti sull’economia di un territorio?
Prima di tutto, occorre chiarire che vi sono principalmente due distinte aree nelle quali la corruzione
può manifestarsi; spesso, infatti, la si associa limitatamente al settore pubblico, ossia quello che
implica attività illegali che coinvolgono istituzioni e P.A. Tuttavia, non bisogna trascurare la
corruzione privata, che può essere identificata con pratiche illegali svolte dal crimine organizzato ai
danni di imprese o di individui privati, provocando conseguenze sulla libera iniziativa e sulla
concorrenza come nel caso Parmalat - Tetrapack.
Essa ha origine nel momento in cui si realizza nei vari settori una situazione cruciale: un potere
monopolistico, e ampi margini di discrezionalità nelle decisioni come nel caso di un burocrate o di
un funzionario pubblico principalmente, ma potrebbe anche essere benissimo un soggetto manager o
l’amministratore di un’azienda privata. Se si verificasse questa situazione, questo fenomeno sarebbe
in grado di erodere tutti quegli equilibri e tutti quei meccanismi che di fatto regolano il gioco
dell’intero sistema economico e finanziario, producendo economia sommersa (Kaufmann 1998).
Generalmente, la corruzione si manifesta proprio nel caso in cui il mercato presenti dei fallimenti per
i quali sia richiesto l’intervento dell’ente pubblico finalizzato a correggerli, mediante operazioni di
trasferimento delle risorse da un agente all’altro, che in tal modo permetterebbero l’apertura di nuovi
spazi per avviare pratiche corruttive. Purtroppo, spesso accade che l’ente pubblico o i suoi funzionari
antepongano interessi personali ai fini pubblici creando un trade-off tra fallimento pubblico e
fallimento privato, la cui soluzione ottimale è rappresentata da un mix fra i due fallimenti; Ipotizziamo
(Klitgaard,1988), che il costo marginale sociale della corruzione sia crescente, ovvero incrementi di
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corruzione generano un aumento più che proporzionale in termini di costo sociale, la curva del costo
della corruzione risulta crescente; se ipotizziamo che il costo marginale di riduzione della corruzione
sia decrescente, ovvero quando la corruzione è diffusissima è facile individuare atti corrotti mentre
quando è limitata occorrono maggiori risorse per scovarla, e allora la curva del costo marginale di
rimozione della corruzione è decrescente. Il punto di intersezione tra la curva del costo marginale da
sopportare per rimuovere la corruzione e il costo marginale della corruzione stessa rappresenta la
quantità ottima di corruzione che è diversa da zero, e il giusto mix dei due fallimenti.
Figura 1- teoria trade off fallimento pubblico e privato- Corrupt Cities: A practical guide to Cure and Prevention-
ICS pressand World Bank Insitute,2000- Klitgaard
Seguendo quanto detto in precedenza, in molti studi, i burocrati vengono considerati come soggetti
economici che per ottenere profitti dalla vendita del bene pubblico, esercitando un potere
monopolistico, possono fissare arbitrariamente la quantità offerta e il prezzo in modo che il costo
marginale sia uguale al ricavo marginale. I profitti di questo monopolio rappresentano il costo della
corruzione. Sempre su questo filo logico, la corruzione può nascere anche quando un governo che
vuole regolamentare l’economia per ridurre i fallimenti del mercato non ha un’informazione perfetta
sulle conseguenze delle proprie decisioni. In questo caso si parla di asimmetria informativa: un
governo potrebbe incentivare imprese efficienti e scoraggiare quelle inefficienti, senza avere
determinate competenze per individuare la scelta migliore. Il funzionario pubblico potrebbe per cui
essere corruttibile e fornire informazioni al miglior offerente, e non secondo un principio razionale.
Un altro aspetto determinante è l’eccesso di burocratizzazione che comporta per tutti gli agenti di
trovare preferibile sfruttare meccanismi corruttivi, pareto-ottimi superiori, al normale svolgimento
degli affari con la burocrazia. A questo proposito la regolamentazione pubblica assume un ruolo
significativo nel processo di produzione della corruzione. L’allocazione di risorse scarse effettuate
da parte di politici e burocrati tramite un sistema di permessi, licenze costituisce terreno fertile per le
attività di rent seeking, intendendo con questo termine l’insieme delle attività poste in essere per
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originare un sistema corrotto. Inoltre, dove i sistemi elettorali sono meno democratici e le dinamiche
interne più politicizzate, i politici acquisiscono dei diritti temporanei di monopolio e possono decidere
se utilizzare la loro posizione per distorcere il funzionamento del sistema economico in modo da
mantenere considerevoli posizioni di rendita personale.
La corruzione diventa un’alternativa valida anche nel caso di restrizioni commerciali sulle quantità
di beni importati: in questo senso per commerciare determinati prodotti diventa fondamentale
conseguire licenze e autorizzazioni specifiche ad-hoc, a tal punto da rendere gli importatori
disponibili a pagare una tangente al burocrate. In sintesi, una politica industriale attiva trasferisce
rendite a favore di specifiche imprese o settori, cosicché i burocrati che controllano l’assegnazione di
tali trasferimenti, possono estrarre parti di questi sotto forma di tangenti. Non è un caso se la
corruzione è maggiore nei paesi protetti dalla concorrenza mediante barriere commerciali naturali o
politiche, dotati di economie dominate da un piccolo numero di imprese con livello di concorrenza
minimo, e in cui le regolamentazioni antitrust non sono efficaci nella prevenzione di pratiche anti-
competitive. Non si può, infine, trascurare che questo fenomeno vada ad incidere anche sul sistema
salariale della classe pubblica. I bassi salari pagati ai dipendenti pubblici rispetto a quanto
otterrebbero dallo rivolgersi a pratiche corruttive, stimola il capitale sociale e umano a indirizzarsi
verso precisi atteggiamenti illegali. Nel mercato del pubblico impiego svolge un ruolo influente il
fallimento dovuto al Moral Hazard.
In conclusione, si può dire che se esistono mercati e contesti di governance e istituzionali
caratterizzati da regole chiare e trasparenti, da sistemi di controllo efficaci e da un ambiente
fortemente competitivo questi aspetti riducono le opportunità di corruzione. Se invece la concorrenza
fosse limitata o assente, e valori etici e culturali risultassero sempre meno rilevanti, le imprese
otterrebbero maggiori rendite e i burocrati dotati di forti poteri di controllo sarebbero incentivati a
porre in essere comportamenti opportunistici.
3,2. Impatti sull’economia nel settore privato
Prima di inoltrarci nella spiegazione sulle conseguenze prodotte nell’ambito pubblico, cerchiamo di
inquadrare come il fenomeno incida sull’economia di un territorio, e in particolare sugli equilibri
concorrenziali nel settore privato.
Se consideriamo i mercati nella sfera privata, questi possono essere comunque visti come un
complesso sistema burocratico e di regolazione; In questo contesto, costituito da sofisticatissimo
insieme di relazioni e interazioni fra produttori, competitors e consumatori, imprese e istituti di
credito, conoscenze tecniche e organizzative nello spazio e nel tempo, vige solitamente la legge del
più forte e tutta questa struttura è connotata all’interno di un insieme di norme comuni a tutti gli agenti
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economici, il cui rispetto e osservanza sono precondizioni essenziali per il corretto funzionamento
dei mercati stessi. Generalmente in un mercato tradizionale e competitivo si riesce ad affermare chi
è più efficiente, innovativo e capace di organizzare le risorse. Per tale ragione se tutte queste
dinamiche sono rispettate, il mercato genera automaticamente una struttura concorrenziale e
garantisce un equilibrio in grado di produrre sviluppo economico e ricchezza sia per gli imprenditori
che per i consumatori.
Per le imprese efficienti e che, quindi, teoricamente possono competere su un mercato aperto senza
ricorrere a pratiche corruttive, l’atto di pagare la tangente è paragonabile ad un investimento non
ottimo dal momento che pur permettendo all’impresa di operare, risulterebbe comunque meno
redditizio rispetto ad altri investimenti. Inoltre, se queste imprese perseguissero pratiche corruttive,
sarebbero sottoposte ad un notevole livello d’incertezza sui rendimenti futuri, creando così grosse
difficoltà nella pianificazione ottimale dei flussi finanziari attesi.
Se analizzassimo, invece, il caso in cui la corruzione si diffonda ampiamente in questi mercati, si
potrebbe notare che a dominare non sarebbero più gli operatori più intraprendenti ed efficienti, ma
quelli meno capaci dal punto di vista imprenditoriale, e che quindi per conseguire i propri obbiettivi
di crescita e profitto necessiterebbero di violare le regole, e imporre illegalmente la propria volontà,
sfruttando il potere politico, pur di evitare la competizione che altrimenti gli eliminerebbe dal
mercato. In questo caso quindi, la crescita è fortemente limitata, così come la possibilità del mercato
di essere desiderabile e di attrarre nuovi investimenti. Per quanto riguarda il suo funzionamento, esso
sarebbe sottoposto a forti distorsioni, imponendo in tal modo limiti alla libera concorrenza e
producendo esternalità negative importanti nella società, a causa della presenza di imprese non
efficienti, ossia non in grado di competere “alla pari”. Per le piccole medie imprese ( Tanzi-
Davoodi,2002a), scarsamente competitive e per cui inefficienti, la corruzione rappresenta uno
strumento con il quale è possibile da un lato ottenere appalti di opere pubbliche manovrando
direttamente l’assegnazione degli stessi grazie al pagamento di tangenti, mentre dall’altro creare dei
veri e propri monopoli commerciali finalizzati ad incrementare i prezzi o ad imporre restrizioni sulla
quantità prodotta, distruggendo la libera competizione e offrendo prodotti di bassa qualità. Secondo
i dati Istat presentati in una ricerca del 2016, il grado di competitività delle PMI italiane (Piccole
Medie Imprese) è piuttosto modesto e il 30% di queste sostiene che gli oneri burocratici ed
amministrativi siano uno dei principali ostacoli coi quali si devono confrontare giornalmente.
Un altro aspetto interessante, è che le imprese operano all’interno di un ambiente strutturato, le cui
caratteristiche vengono definite e modificate attraverso l’attività di regolazione da parte degli enti e
delle agenzie preposte; lo stretto legame per cui tra la governance e il verificarsi di episodi di
corruzione può influenzare l’ingresso sul mercato di nuove imprese, portando ad una selezione mirata
degli operatori.
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Rimanendo ancora un momento sugli effetti della corruzione sull’economia privata, è necessario
introdurre il concetto di imprese connesse (Anghileri,2002; Pellegrini,2005; Dozio,2004): si tratta di
imprese nelle quali uno dei suoi azionisti di maggioranza, o uno dei dirigenti e amministratori è un
membro del parlamento, un ministro o un politico influente. Da un’analisi empirica (Faccio, 2002,
2004) risulta che la performance aziendale di imprese connesse misurata con l’indice ROE (Return
On Equity) e l’indicatore Market to Book Value sia inferiore a quelle non connesse.
Lo stesso studio, dimostra che questo è dovuto al fatto che il perseguimento di pratiche Rent seeking,
attività con le quali un’impresa o un’organizzazione vuole ottenere un guadagno mediante
l’acquisizione di una rendita economica attraverso la manipolazione e lo sfruttamento dell’ambiente
economico, richiede l’impiego di molte risorse monetarie e finanziarie, che vengono distolte quindi
dal settore produttivo e innovativo, contraendo e limitando il tasso di crescita dell’impresa e
dell’economia reale. In Italia le aziende che operano in un contesto corrotto crescono in media del
25% in meno rispetto alle concorrenti che operano in un'area di legalità ed a soffrire maggiormente
sono le piccole e medie imprese, che registrano un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40%
inferiore rispetto a quelle grandi. Inoltre, per un’azienda italiana il peggioramento di un punto
dell'Indice di percezione della corruzione in un campione di paesi determina per l’impresa una
riduzione annua del prodotto interno lordo pari allo 0,39%, del reddito pro capite pari allo 0,41% e
riduce la produttività del 4% rispetto al prodotto interno lordo.
In merito a quanto abbiamo detto in precedenza, anche l’accesso al credito e il costo del capitale
diventano determinanti nelle scelte d’investimento.
In particolare più difficile è l’accesso al credito e più alto è il costo del capitale per i soggetti
economici, maggiore è il livello di corruzione che rappresenta un metodo illegale di finanziamento
alternativo, con effetti depressivi sul ciclo economico. Se l’ambiente pertanto risulta essere corrotto,
le difficoltà per le imprese che vi operano sono di grande entità e si possono riassumere in tre punti
fondamentali:
1. Viene ostacola l’attività economica, specie nei paesi emergenti nei quali la corruzione
rappresenta un costo fisso per le imprese ed un onere che incide significativamente;
2. Alta corruzione implica alto rischio e maggiore costo del capitale contraendo gli investimenti;
3. Incide sull’inflazione, danneggiando e rendendo inefficacie l’azione di regolazione da parte
degli enti di politica monetaria.