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INTRODUZIONE
La questione fiscale è da sempre un argomento molto complesso da
affrontare in quanto rimanda innanzitutto alla concezione stessa della
società, dello Stato e della democrazia. A partire dall’emanazione della
Magna Charta da parte di Edoardo I d’Inghilterra nel 1297, il principio per
cui ogni contribuzione poteva essere imposta solo con l’assenso del
Parlamento ha sempre fatto da cardine a tutti i sistemi giuridici basati sulla
democrazia rappresentativa. A distanza di secoli, anche nella nostra
Costituzione italiana l’articolo 23 riafferma che “nessuna prestazione
personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”
facendo del tema della fiscalità una delle basi per la costruzione della nostra
Repubblica. Oggi, la valenza di questo articolo va evidenziata e collegata al
ruolo decisivo che il nostro sistema tributario ha svolto nel rendere il nostro
uno dei Paesi più sviluppati del mondo, capace di offrire un livello di
welfare tra i più avanzati.
Nonostante gli indubbi vantaggi creati per il benessere dei cittadini, il
sistema fiscale italiano ha da sempre manifestato delle crepe che ne hanno
limitato il funzionamento. Tali crepe nascono dalla percezione dell’effettivo
valore del “patto fiscale” da parte del cittadino infatti, solo se gli interessati
avvertono il costo delle imposte come equamente suddiviso e
adeguatamente corrisposto con l’offerta di servizi pubblici efficienti, tale
patto può reggere. Per questa ragione le attuali circostanze di difficoltà
economica del nostro Paese in cui gli aumenti di imposizione vengono
impiegati per finanziare il debito accumulato e non corrispondono
miglioramenti dei servizi fanno riemergere la cosiddetta questione fiscale e
insieme ad essa uno della principali “patologie” del sistema tributario
italiano, l’evasione fiscale. L’elevata sottrazione di gettito che si verifica nel
nostro Paese priva infatti lo Stato di risorse fondamentali per il
mantenimento dei servizi pubblici, distorce la concorrenza e genera
ingiustizia sociale.
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Queste sono solo le conseguenze più pesanti di un fenomeno da sempre
radicato nella mentalità italiana e raramente affrontato in maniera adeguata.
Le domande oggi più ricorrenti riguardano la possibilità di sconfiggere
l’evasione, le dimensioni di questo fenomeno, le politiche applicabili per
una lotta efficace e fanno di questa tematica un efficace “detonatore” di
infuocati dibattiti quotidiani in tutti i luoghi pubblici, dai banconi del bar
agli uffici ministeriali. L’evasione infatti è un argomento che fa polemizzare
e prendere posizione a vario titolo. Si va da chi è costretto ad evadere per far
sopravvivere la sua attività, a chi invece, pagando correttamente le tasse,
vorrebbe che tutti contribuissero, passando per le opinioni degli economisti
che considerano il fenomeno come un fattore che abbassa il tasso di
produttività dell’economia italiana rendendola meno competitiva, per
arrivare a chi ritiene di avere diritto ad evadere se l’aliquota complessiva del
prelievo supera una certa quota di reddito.
Lo scopo principale di questo lavoro sarà quello di descrivere l’evasione
come un fenomeno complesso che scaturisce da diverse cause legate tra
loro. Per tale motivo si affronterà l’argomento attraverso uno studio
multidisciplinare del fenomeno partendo da una consapevolezza: l’evasione
non è un fatto esclusivamente economico ma ha profonde implicazioni
sociali e comportamentali. Basti pensare al divario registrato tra le
dichiarazioni pubbliche ed i comportamenti effettivi degli attori in gioco per
rendersi conto delle sottili dinamiche innescate quando si affronta
l’argomento. Da parte delle Istituzioni si è infatti molto spesso proclamata la
lotta all’evasione solo come slogan evitando poi di prendere i provvedimenti
necessari (ma dolorosi) per debellarla. Da parte dei cittadini, invece, si è a
lungo sorvolato sul problema fino al punto in cui, la mancanza di risorse
pubbliche e l’impossibilità di continuare ad accrescere l’enorme debito
pubblico, ha fatto venire alla luce il problema della “coperta troppo corta” e
la necessità di una collettività che contribuisca in modo equo al
finanziamento dei servizi pubblici.
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Nel percorso espositivo di questo lavoro si propone inizialmente una
definizione scientifica dell’evasione fiscale e della cosiddetta not observed
economy (NOE), si descrivono brevemente i metodi utilizzati per stimare le
dimensioni di un fenomeno sfuggente per definizione e si fornisce qualche
cifra aggiornata sull’incidenza di questa componente sul PIL nazionale.
In seguito si passa alla descrizione del fenomeno inserito nel contesto socio-
economico del nostro Paese, partendo dalla presentazione degli attori in
gioco, passando poi alla descrizione delle loro modalità di azione ed alla
consapevolezza del fenomeno da parte dei cittadini.
Nel terzo capitolo si indagano le cause e la distribuzione dell’evasione
articolata per settori economici ed aree geografiche.
Nel quarto capitolo si tenta di cogliere le origini della mancanza di
compliance fiscale degli italiani ripercorrendo una breve storia fiscale del
nostro Paese a partire dall’Unità d’Italia.
Nel quinto capitolo si evidenziano gli effetti dell’evasione sull’economia
attuale, prima descrivendo alcune distorsioni generate nel sistema
economico, poi analizzando l’incidenza dell’evasione sulla crescita
esponenziale del debito pubblico e infine introducendo il tema dell’equità
legato al cosiddetto “scontro tra categorie produttive”.
Nel sesto ed ultimo capitolo si riportano le azioni di contrasto proposte dal
passato governo “tecnico. Il lavoro si conclude con il tentativo di
definizione di un percorso futuro di contrasto all’evasione che, partendo
dalle attuali proposte in discussione, dovrà necessariamente prevedere un
cambiamento culturale da parte dei cittadini ed essere adeguatamente
alimentato da politiche credibili attuate dal policy makers.
CAPITOLO I
COS’È L’EVASIONE FISCALE E COME SI MISURA
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1.1 DEFINIZIONE DI EVASIONE FISCALE
L’evasione fiscale caratterizza con estensione e intensità differenti tutte le
economie industrializzate, ed è da sempre radicata nei sistemi tributari di
ogni paese. Essa non è un fenomeno recente ed esclusivo delle società
capitalistiche ma risale ai tempi di Platone e dell’Impero Romano.
Nonostante l’interesse della letteratura economica e la frequenza con la
quale viene evocata nei dibattiti politici, l’evasione resta, comunque, un
fenomeno molto complesso, difficile da comprendere nelle sue cause e
difficile da misurare per due ragioni:
- Per definizione è molto difficile stimare empiricamente il reddito che
evita l’imposizione proprio perché è volutamente nascosto.
- Vi è molta incertezza sull’esatta definizione di evasione fiscale ed
economia sommersa.
Per queste motivazioni è utile iniziare l’analisi dell’evasione fiscale
partendo dallo studio dell’economia sommersa dato lo stretto legame
esistente tra le due grandezze. L’insieme dei redditi che evadono la
tassazione sono infatti la parte fondamentale dell’economia sommersa e
possono coincidere con essa (Alesina, Marè,1996 p.72).
Il primo grande problema che si pone all’interessato che vuole affrontare lo
studio di questi argomenti è quello di circoscrivere ciò che si intende
quantificare. Per questa ragione, nonostante la natura ambigua del
sommerso, pressanti esigenze istituzionali di misurazione del fenomeno
hanno favorito l’approvazione di definizioni condivise e stabili da assumere
come punti di partenza. Tra queste citiamo soprattutto quelle della
Commissione Europea per la quale, la lotta contro le attività sommersa, è un
elemento importante della strategia complessiva per l’occupazione e la
competitività del “sistema Europa”.
Da questa consapevolezza è scaturito lo sforzo comune di diverse istituzioni
economiche internazionali che ha portato dapprima alla revisione dei
manuali di contabilità nazionale effettuata congiuntamente dalle Nazioni
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Unite con l’SNA93
1
e da Eurostat con il SEC95
2
, ed in seguito alla
pubblicazione dell’ Handbook for Measurement of the Not-observed-
Economy (OECD, 2002). La nozione adottata da queste istituzioni
rappresenta il punto di riferimento per le stime di contabilità nazionale ed è
uno dei principali presupposti per garantire l’omogeneità e l’esaustività
delle stime del PIL. In base a questa definizione l’economia non
(direttamente) osservata (NOE not observed economy) per la quale
sussistono problemi di rilevazione statistica comprende tre aree:
1. ECONOMIA ILLEGALE: consiste nella produzione di beni e
servizi la cui vendita, distribuzione e possesso è proibita per legge e
in tutte quelle attività produttive che diventano illegali se svolte da
un operatore non autorizzato.
2. ECONOMIA INFORMALE: consiste nelle attività legali svolte da
unità produttive con particolari caratteristiche strutturali (basso
livello di organizzazione, scarsa o nulla distinzione tra capitale e
lavoro, rapporti di lavoro occasionali basati su relazioni familiari)
che ne rendono difficile o impossibile l’osservazione statistica e che,
non essendo tuttavia finalizzate all’evasione fiscale o contributiva,
non possono essere incluse nell’economia sommersa. Si tratta in
genere di singoli individui che svolgono prestazioni nell’artigianato,
in agricoltura, nel commercio ambulante e nei piccoli servizi
personali (collaborazione domestica).
3. ECONOMIA SOMMERSA: consiste nella produzione legale di cui
la pubblica amministrazione non è a conoscenza a causa
dell’evasione fiscale-contributiva, dell’inosservanza della normativa
civilistica sul lavoro o sulla sicurezza e della mancata compilazione
1
Il Sistem of National Account 93, Sistema di contabilità nazionale pubblicato sotto la
guida delle Nazioni Unite. Entrato in vigore dopo la fase di revisione iniziata negli anni
’80, ha sostituito lo SNA del 1953.
2
Il Sistema Europeo di Contabilità Nazionale approvato con il regolamento del Consiglio
europeo n. 2229/96 in armonizzazione con l’SNA93 (Picozzi, Baldassarini, Pascarella.
2003)
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della prevista modulistica amministrativa e/o statistica. In questo
settore è possibile distinguere due tipologie di sommerso:
a. SOMMERSO SOCIO-ECONOMICO, nel quale rientra
l’evasione fiscale e tutte le altre attività contraddistinte dal
deliberato intento di violare una normativa senza però
compiere un illecito penale.
b. SOMMERSO STATISTICO, si riferisce alla completa
mancanza di informazioni nel sistema informatico stesso,
dovuto a carenze di tipo statistico come la mancata
compilazione di questionari o altri modelli amministrativi.
3
All’interno del sommerso economico è operabile un’ulteriore distinzione tra
sommerso di lavoro: quando manca un rapporto formale oppure c’è
regolarità solo di forma, e sommerso d’impresa: quando è l’organizzazione
aziendale ad essere sconosciuta alle istituzioni.
Teoricamente tutte le diverse tipologie di sommerso potrebbero essere
oggetto di stima ed essere incluse negli aggregati di contabilità nazionale
ma, in sede europea, si è convenuto di escludere l’economia illegale (o
criminale) in quanto la disomogeneità delle legislazioni
4
e l’incertezza delle
stime
5
potrebbe alterarne la comparabilità tra Paesi.
L’economia sommersa alla quale tenteremo di fare riferimento da qui in
avanti si può brevemente definire come “l’insieme degli aspetti
dell’economia del Paese che, pur essendo legali nei fini, non sono
dichiarati, in tutto o in parte, ai pubblici poteri” (CNEL, 2001, pag.7). Essa
si costituisce quindi di due parti: il sommerso statistico e il sommerso
3
Vista la particolare struttura del sistema economico italiano caratterizzata dalla presenza
di numerose piccole imprese e molte unità istituzionali, quali liberi professionisti,
consulenti, collaboratori, ambulanti difficili da rilevare in assenza di un loro consenso, il
problema della non esaustività degli archivi assume una particolare rilevanza.
4
Si pensi, ad esempio, al consumo di cannabis legalizzato in Olanda e perseguito nel nostro
paese.
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Si consideri infatti che, oltre alla stima relativa all’evasione delle le tasse, di queste attività
andrebbero quantificate anche le risorse sottratte all’intero sistema produttivo legale e la
conseguente riduzione del gettito fiscale.
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economico nel quale c’è un’esplicita volontà di non rispettare la legge e gli
adempimenti tributari e contributivi.
Al manifestarsi della volontà nel comportamento si configura il fenomeno
dell’evasione fiscale che si attua quindi nel momento in cui gli individui
usano metodi illegali per ridurre o eliminare l’onere dell’imposizione, cioè
per non dichiarare attività legali e evitando così di pagare imposte sui redditi
da esse prodotti.
Una volta individuato il fine primario è necessario fare una precisa
distinzione tra le diverse pratiche attuate per raggiungere lo stesso risultato:
evasione, elusione ed erosione. L’evasione fiscale si verifica quando si
utilizzano metodi illegali per ridurre o eliminare l’onere dell’imposizione su
attività legali.
Le forme di evasione fiscale più diffuse sono:
l’occultamento della filiera di produzione o di una sua parte, cioè
omissione sia degli acquisti che del fatturato;
la sotto-dichiarazione (undereporting) del fatturato, cioè la corretta
dichiarazione degli acquisti a fronte di una sottovalutazione del
fatturato;
la sovra-dichiarazione dei costi, cioè la corretta dichiarazione del
fatturato a fronte di una sopravvalutazione degli acquisti
la richiesta di esenzioni e deduzioni oltre il livello lecito
lavoro irregolare (evasione contributiva)
L’elusione invece denota metodi legali per ridurre l’onere della tassazione
utilizzando vuoti legislativi e scappatoie fiscali offerte dal legislatore. Le
ragioni di queste scappatoie sono ampiamente dibattute nella letteratura in
materia ed alcuni affermano che dietro queste possibilità di manovra vi sia il
desiderio o la necessità (della politica) di lasciare agli individui qualche
margine di aggiustamento in modo da ridurre le perdite di benessere dovute
alla tassazione.
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Distinguere tra evasione ed elusione non è sempre agevole ma resta
necessario nei casi in cui si adopera il confronto tra redditi stimati dalla
contabilità nazionale e dati delle autorità fiscali per la stima dell’evasione.
A questi due fenomeni si affianca anche un terzo, l’erosione, che viene
generalmente considerato un comportamento lecito del contribuente, e si
verifica quando il tributo non viene pagato a causa di agevolazioni concesse
al contribuente stesso. Questi aiuti possono essere riduzioni o esenzioni
dall'imponibile per certe categorie di contribuenti, per certi beni o per alcune
aree territoriali. Gli esempi pratici riguardano le detrazioni per spese
mediche, di interessi passivi sui mutui per la prima casa, ecc.
L'erosione è anche chiamata evasione legale, in quanto tali trattamenti
favorevoli sono previsti dalla legge, che avvantaggia alcune categorie di
contribuenti per il raggiungimento di specifici fini sociali.
Come già accennato, elusione ed erosione non presentano nessun profilo di
illegalità in quanto tali comportamenti sono ispirati ad un rispetto puramente
formale delle norme ma, in realtà, sono ben lontani dallo spirito e dalla
sostanza delle norme stesse. Introducendo nel discorso l’aspetto etico si
comprende come il confine tra evasione, elusione e lecito risparmio fiscale
sia quindi molto incerto e mutevole rispetto al contesto nel quale è inserito.
Riassumendo i diversi concetti si può quindi dire che sommerso economico,
economia non osservata ed evasione fiscale si riferiscono a fenomeni molto
diversi sia nella pratica che nella teoria e perciò difficili da “catturare” nelle
rilevazioni contabili. Tuttavia, dato lo scopo “sociologico” di questo lavoro,
per facilità espositiva si utilizzeranno questi termini come sinonimi,
“essendo l’economia sommersa la più grande parte dell’economia non
osservata, e l’evasione fiscale in larghissima misura collegata
all’occultamento di basi imponibili generate dall’impiego di fattori di
produzione (sommerso economico)”. (ConfCommercio, 2012, pag 7.)
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Fig.1 - Composizione della NOE (Not Observed Economy)
Fonte: Confcommercio
Al fine di rendere completo il quadro concettuale dell’argomento trattato è
utile osservare il fenomeno anche dal punto di vista dell’esattore e chiarire
che spesso l’economia sommersa non corrisponde al c.d. “disavanzo
fiscale”. Non sempre infatti vale l’assunto che vuole il sommerso
economico come quella parte di valore aggiunto intenzionalmente non
dichiarata al fisco per eludere gli obblighi fiscali. Se così fosse tale valore
aggiunto dovrebbe costituire la base imponibile non assoggettata alla
tassazione ma, in sistemi fiscali complessi come quello italiano, questa
corrispondenza non è completamente verificata. Da ciò si deduce che il
valore aggiunto sommerso non rappresenta compiutamente le basi
imponibili evase. Si pensi a comportamenti che, pur riducendo le basi
imponibili, non sono inclusi nelle stime del sommerso come le deduzioni
ECONOMIA NON (DIRETTAMENTE)
OSSERVATA
NOE - Non Observed Econmy
Sommerso
economico
(Undergroud
Economy)
Rigonfiamento dei
costi
Sottodichiarazioni di
fatturato
Lavoro irregolare
(evasione contibutiva
Attività illegali
Attività informali
Sommerso
statistico
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fiscali chieste senza averne diritto. Questa differenza tra raccolta potenziale
e raccolta effettiva costituisce il tax –gap. A differenza della semplice stima
dell’economia sommersa, questo indicatore fornisce una dimensione più
precisa dei fenomeni di non-compliance che comprende anche i mancati
versamenti di tasse dovuti a errori di interpretazione delle norme o crisi di
liquidità che non sono riconducibili ai comportamenti volontari che
configurano l’evasione fiscale stimata nel economia sommersa (cfr.
Giovannini, 2011). Delle metodologie di stima di questo indicatore e delle
sue principali determinanti si parlerà nei capitoli seguenti, ma ciò che è
importante tenere presente da subito è il diverso utilizzo che le
amministrazioni fiscali dei diversi paesi sviluppati fanno del tax-gap. Molte
di queste infatti lo utilizzano come un indicatore di performance riferito alla
propria attività.
1.2 METODOLOGIE DI STIMA DELL’EVASIONE
COME QUANTIFICARE IL FENOMENO
L’evasione come tale è inesistente nel mondo reale ed è quindi
intrinsecamente non conoscibile. Per questo motivo ogni volta che si parlerà
di cifre riguardanti la dimensione di questo fenomeno si farà riferimento
sempre a stime fatte utilizzando le diverse metodologie che l’economia e la
statistica ci offrono. Le numerose modalità di stima rappresentano lo
specchio della complessità del fenomeno e pertanto si ritiene utile procedere
alla loro presentazione per meglio cogliere le diverse sfaccettature che il
fenomeno può assumere. L’analisi delle metodologia presuppone delle “idee
di base” riguardo all’attuazione pratica dell’evasione e, misurare l’evasione
in diversi modi, equivale ad osservarla da differenti punti di visti considerati
validi dagli addetti ai lavori. Per modalità di approccio queste metodologie
sono dai più classificate in tre raggruppamenti diversi, ognuno dei quali
presenta limiti ed aspetti controversi. La discriminate dei tre insiemi è
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l’origine dei dati di partenza utilizzati per arrivare alla stima dell’evasione.
Le tre tipologie di metodi si dividono in:
1) Metodi diretti: forniscono una informazione dettagliata
sull’evasione fiscale partendo da una base microeconomica di dati
raccolti attraverso indagini statistiche. Nell’intenzione di chi
conduce questa tipologia di intervista c’è l’emersione dei caratteri
specifici nel fenomeno per tipologia di contribuente e area
geografica. Tali dati dettagliati sono sicuramente utili per progettare
interventi appropriati di policy ma presentano i tipici limiti delle
indagini svolte a campione. I risultati sono infatti molto sensibili alla
tipologia di intervista e di intervistati e non consentono di fornire
stime che permettono di comprendere l’evoluzione temporale
dell’economia non osservata proprio perché questa è un’attività in
continua evoluzione che le interviste non riescono a fotografare per
intero. In questo gruppo di stime dirette rientrano anche le verifiche
fiscali e previdenziali svolte dalle autorità di controllo che non
possono offrire un dato completo in quanto si riferiscono all’esiguo
gruppo dei soggetti monitorati.
2) Metodo indiretto: questo approccio è molto apprezzato dagli
economisti che si propongono di quantificare l’evasione attraverso
l’utilizzo di dati macroeconomici. In questa categoria vanno distinti i
metodi che utilizzano indicatori monetari da quelli che invece si
rifanno ai dati di contabilità nazionale. Tra i principali vantaggi di
questi metodi c’è sicuramente quello di fornire stime più complete
del fenomeno a discapito della qualità e del dettaglio.
3) Metodo misto: è basato su modelli econometrici che consentono di
integrare più variabili emergenti sia da modelli diretti che indiretti al
fine di fornire una stima che tenga conto delle diverse relazioni che
intercorrono tra le diverse variabili che influenzano un fenomeno
così complesso. Utilizzando questi modelli si ottiene una visione
dinamica dello sviluppo dell’economia sommersa che mette in
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relazione le possibili cause come l’alta tassazione, l’intensità dei
regolamenti e la compliance fiscale con i possibili effetti come la
diminuzione del lavoro regolare e la diminuzione del PIL ufficiale.
Prima di passare in rassegna le principali metodologie di stima
dell’economia sommersa ideate negli ultimi decenni, è utile
osservare una breve classificazione di queste proposta nello schema
seguente.