1
Introduzione
Il presente lavoro si prefigge lo scopo di analizzare il fenomeno del sovraffollamento
carcerario nell’ordinamento finlandese e, in particolare, di esaminare le soluzioni adottate
dal Paese scandinavo nella lotta a un problema che affligge una porzione consistente degli
Stati europei.
Partendo da una breve analisi della normativa sovranazionale e da una trattazione del “caso
Italia”, esso intende mettere in luce i punti di forza della strategia che ha permesso alla
Finlandia di ridurre in modo consistente, nel corso di pochi decenni, il tasso di detenuti,
passando da una seria situazione di sovraffollamento, con conseguente violazione dei
diritti umani, ad un primato positivo in Europa di lotta alla pena detentiva.
Il motivo che ha spinto a trattare questa tematica è costituito dal crescente dibattito, nel
nostro Paese, così come a livello internazionale, in materia di lotta al sovraffollamento e
alla pena detentiva con la continua ricerca di soluzioni che rispondano, da una parte, alle
esigenze di sicurezza e legalità e, dall’altra, alle esigenze di rispetto dei diritti umani.
Il periodo di studio trascorso, tramite il progetto Erasmus, presso la University of Lapland
di Rovaniemi, ha consentito di effettuare un’attività di ricerca direttamente sul campo, con
contatti sia con professori di Diritto Penale, sia con dipendenti della Criminal Sanction
Agency; ciò ha permesso di avere una prospettiva più diretta del sistema delle misure
alternative, le quali costituiscono uno dei fattori che più hanno permesso alla Finlandia di
ridurre il tasso di detenuti.
Gli spunti dottrinali offerti da autori quali Tapio Lappi-Seppälä, Patrick Törnudd e Nils
Christie, per citarne solo alcuni, hanno offerto una visione relativa a quelle che sono le
teorie della pena che sorreggono l’intero ordinamento penale finlandese e che hanno in
gran parte inciso sulla possibilità di mettere in atto in maniera effettiva ed efficace le
riforme che si sono susseguite a partire dagli anni ’70.
Un capitolo è stato dedicato alla mediazione in materia penale in Finlandia, in
considerazione dell’ampia diffusione della stessa sul territorio nazionale e della sua
istituzionalizzazione per mezzo di una normativa dedicata, che, in considerazione dei suoi
possibili effettivi deflativi, si presta come strumento di lotta al sovraffollamento.
Le soluzioni adottate dalla Finlandia non necessariamente rappresentano possibili strategie
politico-criminali da attuare anche nel nostro Paese, considerate le forti differenze
politiche e culturali tra i due Paesi. Tuttavia molto c’è da imparare da un Paese che, in
presenza di una situazione di sovraffollamento di gran lunga più seria di quella in cui versa
attualmente l’Italia, ha saputo, per mezzo di riforme guidate da un ampio consenso
politico, diventare un modello di good practice per tutti gli Stati europei ancora afflitti dalla
“questione” carceraria.
Un ringraziamento speciale va alla professoressa Utriainen della University of Lapland di
Rovaniemi e a Joona Mervi, responsabile del Community Sanctions Office di Kemi, per
l'enorme supporto ricevuto durante la mia attività di ricerca
2
CAPITOLO I
Il problema del sovraffollamento delle carceri come violazione dei
diritti fondamentali dell’uomo. Il caso Italia.
Sommario: 1. Problemi di definizione univoca del sovraffollamento- le fonti internazionali. 1.1 Il Comitato
europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT). 1.2 La tutela
dei diritti dei detenuti a livello di Consiglio d’Europa; l’articolo 3 della CEDU e la Raccomandazione R
(2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulle Regole Penitenziarie Europee. 1.3 Il lavoro della
Corte di Strasburgo. 2. Il problema del sovraffollamento delle carceri in Italia. 2.1 Le cause del
sovraffollamento; situazione storica ed attuale delle carceri italiane. 2.2 Le condanne della Corte europea dei
diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 3 Cedu. 2.2.1 Sentenza Sulejmanovic c. Italia: la prima condanna
in materia di sovraffollamento. 2.2.2 Sentenza Torreggiani e altri c. Italia: una sentenza pilota di condanna
dello Stato italiano. 2.3 Le soluzioni al sovraffollamento delle carceri adottate dallo Stato italiano. 2.3.1 La
sentenza della Corte Costituzionale 279/2013. 2.3.2 Gli strumenti indulgenziali. 2.3.2 Il piano carceri e i
decreti del 2013. 2.3.4 La Legge 28 aprile 2014. N. 67.
1.Problemi di definizione univoca del sovraffollamento – le fonti internazionali.
A partire dagli anni ’70 in diverse parti del mondo si è verificata un’espansione del controllo
penale senza precedenti, con un utilizzo sempre maggiore di pene custodiali.
Dalla metà degli anni ’70, nel Nord America il tasso di detenuti è aumentato quasi cinque volte
rispetto al decennio precedente. Una notevole crescita, seppur più contenuta, è stata registrata tra
gli anni ’80 e ’90 anche in Africa, Asia, Europa e Oceania. Negli ultimi due decenni in due stati
su tre, il tasso di detenuti è aumentato almeno del 10%.
In questo grigio scenario possiamo individuare un’eccezione, costituita dai Paesi del Nord
Europa. In questi decenni di grandi cambiamenti nel controllo del crimine e, di conseguenza,
nelle politiche carcerarie, i Paesi scandinavi sono stati in grado di mantenere un tasso di detenuti
stabile o, nel caso della Finlandia, di risolvere un preesistente problema di sovraffollamento.
È importante definire cosa sia il sovraffollamento. Si parla di sovraffollamento quando il numero
di detenuti supera la capacità del carcere. Tuttavia, non è semplice confrontare dati ottenuti in
diversi Paesi del Mondo perché mancano degli standard internazionali universalmente
riconosciuti che definiscano quale sia lo spazio minimo per detenuto affinché venga escluso il
sovraffollamento
1
.
Universalmente riconosciuto è il profilo di violazione dei diritti umani che comporta ogni
situazione di sovraffollamento, primo tra tutti il diritto inviolabile della dignità umana, tutelato
da ogni fonte a livello internazionale.
La questione carceraria è stata per lungo tempo considerata come di esclusiva pertinenza interna;
negli anni, tuttavia, ha assunto sempre più una prospettiva internazionale, con uno stratificarsi di
1
LAPPI-SEPPÄLÄ, Causes of prison overcrowding, in Report of the workshop: “Strategies and Best practices against overcrowding
in correctional facilities”, 12th United Nations Congress on Crime prevention and Criminal Justice, UNAFEI,
Salvador, 12-19 aprile 2010, p. 44.
3
norme e di atti emanate da organi diversi, in tutela dei diritti umani, prima tra tutti la Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani del 1948, priva di un’efficacia vincolante ma dai forti contenuti
2
.
Con la nascita dell’ONU e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo ha preso corpo un contratto
sociale internazionale, che ha allentato, in vista della necessità di garantire i diritti umani,
l’inviolabilità delle sovranità nazionali
3
.
In materia carceraria, nel 1957 sono state adottate le Standard Minimum Rules, modificate poi nel
1977, che guidano gli stati verso un’umanizzazione delle pene detentive. Accanto a questi due
pilastri, sono stati adottati una serie di altri documenti, nessuno dei quali dotato di forza
vincolante ma di enorme importanza ai fini della definizione di standard, al rispetto dei quali
vengono invitati tutti gli Stati aderenti.
La prospettiva che a noi più interessa ai fini dello studio della questione del sovraffollamento
carcerario in Finlandia e nel nostro Paese è quella europea, in particolare quella più ampia del
Consiglio d’Europa
4
.
1.1. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti
inumani o degradanti (CPT).
Nel 1987 il Consiglio d’Europa ha istituito il Comitato europeo per la prevenzione della tortura
e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), il quale nel 2002 ha emanato la
Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o
degradanti che, anticipando cronologicamente la Raccomandazione del Consiglio d’Europa sulle
Regole Penitenziarie Europee, ha tentato di fissare alcune procedure per garantire il rispetto dei
diritti umani durante l’esperienza carceraria.
Ai sensi dell’art 1 della Convenzione il CTP “[…] esamina, per mezzo di sopralluoghi, il trattamento delle
persone private di libertà allo scopo di rafforzare, se necessario, la loro protezione dalla tortura e dalle pene o
trattamenti inumani o degradanti.”
L’azione del CPT consiste nel compiere una serie di visite nelle carceri degli stati membri del
Consiglio d’Europa, al fine di verificare il rispetto dei diritti umani all’interno degli istituti
penitenziari e, in caso di violazioni, tentare di ottenere una soluzione al problema tramite il
dialogo, la persuasione delle autorità politiche nazionali, l’uso dei media e la collaborazione con
le organizzazioni non governative
5
.
La Convenzione in questione non fa altro che chiudere un percorso normativo che è iniziato già
al momento della costituzione del CPT e che ha avuto tra le sue tappe più importanti il Secondo
Rapporto generale (CPT/Inf (92) 3) nel quale troviamo l’attribuzione diretta all’organo del
problema del sovraffollamento.
Come specificato infatti al paragrafo 46, “Il sovraffollamento è una questione di diretta attinenza al
mandato del CPT”.
2
GONNELLA, Carcere- I confini della dignità, Milano, 2014, p. 55. Vedi anche BUFFA, Umanizzare il carcere. Diritti,
resistenze, contraddizioni ed opportunità di un percorso finalizzato alla restituzione della dignità ai detenuti, Roma, 2015, p. 42.
3
FERRAJOLI, La sovranità nel mondo moderno. Nascita e crisi dello Stato nazionale, Roma-Bari, 1997.
4
La Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, firmata a Roma
il 4 Novembre 1950 dagli Stati al tempo membri del Consiglio D’Europa (Italia, Francia, Belgio, Danimarca,
Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Islanda, Regno Unito, Norvegia, Paesi Bassi, Turchia, Svezia) conta ad oggi come
Stati firmatari i 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa, una prospettiva più ampia rispetto a quella dell’Unione
Europea, la quale comprende 28 Paesi. L’Unione Europea ha adottato pochi atti in materia di detenzione, in
particolare la Risoluzione del Parlamento Europeo sulle condizioni detentive nell’UE (2011/2897(RSP))
5
Vedi GONNELLA, Carcere, cit., p. 64. Il CPT gode di un potere sanzionatorio limitato. La sanzione più grave
irrogabile è la Dichiarazione Pubblica di Biasimo, che consiste nel rendere pubbliche le osservazioni raccolte dal
Comitato stesso durante le visite, anche in assenza dell’autorizzazione delle autorità statali.
4
Il comitato procede sottolineando come ogni servizio e attività fornito dal carcere sia influenzato
negativamente se iscritto all’interno di un contesto caratterizzato da un numero di detenuti
maggiore di quello per cui l’istituto è stato progettato.
Inoltre, il sovraffollamento di un carcere o di una parte di esso può portare a considerare una
pena come inumana o degradante. Troviamo qui, seppur implicitamente, un profilo di violazione,
rispetto all’ art. 3 CEDU
6
.
Il CPT torna ad occuparsi del problema nel Settimo Rapporto Generale (CPT/Inf(97)10).
Ribadendo la violazione dei diritti umani nei casi di sovraffollamento, il CPT sottolinea come
quello del sovraffollamento sia un problema che […] “corrode i sistemi penitenziari in tutta l’Europa”.
Le conseguenze di un numero di detenuti superiore alla capacità di un carcere sono le più svariate
e vanno ad incidere sulle condizioni igieniche, la privacy e la qualità della vita in generale. Il CPT
evidenzia, inoltre, il problema dei detenuti in custodia cautelare.
Il CPT lancia un messaggio finale: il problema del sovraffollamento assume carattere globale e
per questo è necessaria una […] “cooperazione a livello europeo, allo scopo di elaborare strategie comuni”.
Un passo in questa direzione è stato compiuto dal Comitato Europeo sui Problemi legati al
Crimine (CDPC)
7
che ha più volte affrontato il problema, fino ad arrivare alla stesura di un
“White paper on prison overcrowding”, pubblicato a Strasburgo il 24 Settembre 2015.
1.2. La tutela dei diritti dei detenuti a livello di Consiglio d’Europa; l’articolo 3 della
CEDU e la Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati
Membri sulle Regole Penitenziarie Europee.
Il fulcro della tutela dei diritti dei detenuti è costituito dall’articolo 3 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), il quale, affermando
che «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti», costituisce il
manifesto della dignità dell’uomo come valore fondamentale ed inderogabile che deve essere
riconosciuto ad ogni individuo
8
.
Il rispetto della dignità umana costituisce un principio cardine in tutti gli ordinamenti europei,
sancito anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea adottata a Nizza nel 2000
9
,
al cui Capo I dà il titolo.
Non vi è nessuna norma del diritto internazionale o interno che definisca il concetto di dignità;
quest’ultima deve essere considerata un valore intrinseco e identificato della persona,
6
Vedi paragrafo successivo.
7
Il CDPC è stato fondato nel 1958 e gli è stata attribuita dal Comitato dei ministri la responsabilità di supervisionare
e coordinare l’attività del Consiglio d’Europa nel campo della prevenzione e del controllo del crimine. Il CDPC si
occupa di individuare le cooperazioni inter-governamentali necessarie e prioritarie e può fare proposte al Comitato
dei Ministri nei campi del diritto penale, procedurale e criminologico.
8
N.b. Nella CEDU la dignità umana trova un richiamo esplicito solo nel Protocollo No. 13 alla Convenzione per
la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali relativo all’abolizione della pena di morte in tutte
le circostanze.
9
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata nel 2000, con l’entrata in vigore del Trattato
di Lisbona ha assunto il medesimo valore giuridico dei trattati, è diventata, cioè, vincolante. Così facendo l’Europa
costituisce la regione del mondo dove è più elevato il riconoscimento di libertà e diritti. Vedi RODOTÁ, Il diritto
di avere diritti, Bari, 2013, p. 28. L’articolo 1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE afferma “La dignità umana
è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”. Sotto questo stesso capo trovano dimora una serie di diritti che
discendono direttamente dal rispetto della dignità umana e che lo completano. Si tratta del diritto alla vita (art.2),
del diritto all’integrità della persona (art. 3), della proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o
degradanti (art.4) e, infine, della proibizione della schiavitù e del lavoro forzato (art. 5).
5
indipendentemente dal valore o dal disvalore degli atti compiuti, senza la quale quest’ultima non
sarebbe tale
10
.
Pugiotto sottolinea che, mentre il principio di umanizzazione si traduce nel divieto di trattamenti
inumani e degradanti, il principio della dignità umana ha un significato superiore e impone la
restituzione di tutti i diritti fondamentali
11
.
La dignità umana deve essere letta in chiave negativa; occorre cioè indagare cosa è necessario fare
affinché essa non venga violata. Evidente violazione della dignità umana è costituita da una pena
o trattamento inumano e degradante, oltre che, ovviamente, dalla tortura.
La Corte di Strasburgo, in una copiosa giurisprudenza, fa rientrare il sovraffollamento nel
contesto dei trattamenti inumani e degradanti che costituiscono violazione della dignità umana
12
.
Nella Convenzione, ad eccezione dell’articolo 3, non vi sono norme specifiche che riguardano la
condizione di privazione della libertà personale.
Tuttavia, si è consolidata nel tempo una giurisprudenza ampia e approfondita in materia di diritti
dei detenuti e, in particolare, in materia di sovraffollamento
13
.
A livello di Consiglio d’Europa numerose sono le Raccomandazioni adottate in materia penale e
penitenziaria. Le Raccomandazioni europee non hanno natura vincolante e contengono l’invito
agli Stati membri a conformarsi ad un certo comportamento. Sono emanate, in genere, dalle
istituzioni comunitarie quando queste non dispongono del potere di emanare atti obbligatori.
Il Consiglio d’Europa è intervenuto direttamente con la Raccomandazione R (2006)2 del
Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulle Regole Penitenziarie Europee, fissando una serie di
principi fondamentali in materia di detenzione
14
.
Si tratta di un vero e proprio ordinamento penitenziario, che tende ad elevarsi rispetto ad una
standardizzazione minima, tentando di fissare degli standard che, tuttavia, non siano troppo
elevati per permettere agli Stati membri di adeguarvisi senza troppe difficoltà
15
.
Nonostante siano norme non vincolanti, la maggior parte degli Stati membri riconosce che i
detenuti sono titolari dei diritti previsti dalle Regole stesse e che, quindi, queste danno la
possibilità di appellarsi contro le eventuali violazioni
16
.
La parte 2, articolo 18, paragrafo 1 della Raccomandazione afferma che:
“1. I locali di detenzione e, in particolare, quelli destinati ad accogliere i detenuti durante la notte, devono
soddisfare le esigenze di rispetto della dignità umana e, per quanto possibile, della vita privata, e
rispondere alle condizioni minime richieste in materia di sanità e di igiene, tenuto conto delle
condizioni climatiche, in particolare per quanto riguarda la superficie, la cubatura d’aria, l’illuminazione, il
riscaldamento e l’aerazione.
10
GONNELLA, Carcere, cit., p. 69. Vedi anche RUOTOLO, Dignità e carcere, Napoli, 2011, p. 19.
11
PUGIOTTO, La follia giuridica dell’internamento nei manicomi criminali in CORLEONE, PUGIOTTO, Volti e maschere
della pena: opg e carcere duro, muri della pena e giustizia riparativa, Roma, p. 134.
12
In realtà una copiosa dottrina sottolinea come la pena detentiva in sé, anche in assenza di una situazione di
sovraffollamento, costituisca una violazione della dignità umana, in quanto esclude dalla comunità e dalle relazioni
all’interno di essa. Vedi COLOMBO, Il perdono responsabile, Milano, 2011. Vedi anche RUOTOLO, Dignità e carcere,
cit., p. 15.
13
GONNELLA, Carcere, cit., p. 62.
14
Si tratta in realtà della terza versione del testo; nel 1973 è stata adottata la Risoluzione (73)5 sulle Standard Minimum
Rules for the Treatment of Prisoners. Nel 1987 la Raccomandazione (87)3 sulle Regole penitenziarie europee, il cui titolo
è stato mantenuto nella versione del 2006.
15
GONNELLA, Carcere, cit., p. 65.
16
Vedi CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, Causa Enea c. Italia (Ricorso: 74912/01), § 101.
6
Il paragrafo 1 dell’articolo 18, dopo il richiamo al rispetto della dignità umana dei detenuti,
evidenzia due principi fondamentali che devono essere rispettati nel momento della detenzione,
in particolare tramite una corretta predisposizione dei locali nei quali i detenuti devono
trascorrere la notte
17
.
Il secondo principio che trova spazio all’interno dell’articolo 18 della Raccomandazione accanto
alla dignità umana è il rispetto della vita privata. Anch’esso, come il rispetto della dignità umana,
costituisce un pilastro della tutela dei detenuti, il quale si ritrova anche al Capo II della Carta dei
Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, in particolare all’art 7 il quale sancisce che: “Ogni
individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue
comunicazioni.”
Anche l’art 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà
fondamentali tutela questo diritto
18
.
L’ultimo principio sancito nella Raccomandazione R (2006)2 è il rispetto di condizioni minime
in materia di sanità e igiene. È una riformulazione della “Protezione della salute” (art 35 Carta
Diritti Fondamentali UE).
Il paragrafo 2 dell’articolo 18 evidenzia alcune applicazioni pratiche di questo principio.
Le Regole Penitenziarie Europee dopo la dichiarazione d’intenti non si addentrano
nell’implementazione di questi principi, non definiscono quali debbano essere le condizioni
minime di sanità e igiene e quali i requisiti che debba possedere la cella, anche in termini di spazio,
affinché non sia configurabile una situazione di sovraffollamento.
Il paragrafo 3 dell’articolo 18 afferma infatti:
3. La legislazione nazionale deve definire le condizioni minime richieste relative ai punti elencati ai paragrafi
1 e 2.
La competenza in merito alla definizione delle condizioni minime richieste viene posta a capo dei
singoli stati membri, con evidenti problemi di disparità dovuti al fatto che non vi siano degli
standard minimi a cui detti Paesi devono attenersi.
La scelta del Consiglio d’Europa è stata probabilmente dettata dal rischio che, con la fissazione
di standard minimi, detto minimo diventasse la regola, facendo sì che gli stati si appiattissero su
livelli molto bassi, seppur accettabili, di tutela dei diritti
19
.
1.3. Il lavoro della Corte di Strasburgo.
Il fatto che il Consiglio d’ Europa non abbia inserito alcuna indicazione negli atti di sua
emanazione diretta, non significa che in Europa siamo del tutto sforniti di standard in merito ai
livelli minimi di rispetto dei diritti umani in carcere e, in particolare, in merito allo spazio pro
capite. Alla apparente carenza legislativa sopperisce un lavoro intenso della Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo.
Negli ultimi decenni stiamo passando da una situazione nella quale il riconoscimento dei diritti
era unicamente affidato a Costituzioni e Dichiarazioni dei diritti, ad un’altra nella quale quello
17
La Raccomandazione del 2006 dà per implicita la distinzione tra locali adibiti alla notte e locali adibiti all’attività
quotidiana che la versione del 1987 esplicitava (Regole 14,15 e 16 Raccomandazione R(87)3.
18
“Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.”
19
LAPPI-SEPPÄLÄ, Causes of prison overcrowding, cit., p. 44
7
che conta sono sempre meno le «istituzioni della normazione» e sempre più le «istituzioni del rispetto e
dell’attuazione», cioè i sistemi giudiziari
20
.
Le sentenze della Corte hanno il merito di poter segnalare una carenza legislativa nello Stato
contro il quale viene presentato il ricorso e di imporre un risarcimento economico ai danni dello
Stato responsabile della violazione. È importante sottolineare la vincolatività ed esecutività delle
sentenze della Corte di Strasburgo, secondo la previsione di cui all’articolo 46
21
.
Le sentenze della Corte relative alla violazione dell’articolo 3 possono essere suddivise in quattro
categorie differenti: casi riguardanti maltrattamenti fisici, casi riguardanti punizioni corporali, casi
riguardanti i divieti di espulsione o estradizione verso Stati dove la persona è a rischio di essere
sottoposta a tortura o trattamento inumano o degradante e, la più importante ai fini del presente
lavoro, tutti quei casi che riguardano le condizioni di detenzione, in cui rientrano le pronunce in
materia di sovraffollamento
22
.
2. Il problema del sovraffollamento delle carceri in Italia.
2.1 Le cause del sovraffollamento; situazione storica e attuale delle carceri.
Dal 1990 ad oggi c’è stato un costante aumento di detenuti nelle carceri italiane, con un picco di
68.258 detenuti al 30 giugno 2010
23
.
Figura 1: Detenuti presenti in carcere al 31 dicembre dal 1990 al 2008.
Fonte: Elaborazione grafica di Ristretti.it su dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria.
20
RODOTÁ, Il diritto di avere diritti, cit., p. 54.
21
In Italia, la Corte Costituzionale con le sentenze gemelle (n. 348 e n. 349 del 22 ottobre 2007) ha affermato che
la vincolatività della CEDU, così come interpretata dalle sentenze della Corte di Strasburgo, nel nostro
ordinamento discende dall’articolo 117 della Costituzione il quale afferma che: «La potesta` legislativa è esercitata dallo
Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali». La CEDU, così facendo, diventa parametro interposto nel giudizio di legittimità costituzionale delle
norme interne, nonché criterio per l’interpretazione costituzionalmente orientata di tali norme.
22
GONNELLA, Carcere, cit., p. 63.
23
Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema
informativo automatizzato - sezione statistica