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sulla informazione scientifica. In generale la Riforma del 1978 stabilisce i principi e gli obblighi
della programmazione sanitaria regionale. La Regione Emilia Romagna è una delle prime regioni a
emanare il proprio primo piano sanitario regionale, oltre ad avviare, in attuazione dei principi della
Riforma, una propria penetrante ed imponente attività normativa e amministrativa, anche nel settore
farmaceutico, sotto il profilo della distribuzione, della farmacovigilanza e della razionalizzazione e
controllo della spesa. Sono gli anni della introduzione delle prime forme di compartecipazione alla
spesa (tickets) da parte dei cittadini, della individuazione dei soggetti esenti per patologie e per
reddito, nonché degli aggiornamenti e delle revisioni del Prontuario Terapeutico.
L’Emilia Romagna si distingue, insieme a poche altre regioni del centro nord (Veneto, Friuli,
Toscana) per l’introduzione e la diffusione sull’intera rete delle Farmacie convenzionate, pubbliche
e private, di sistemi informatizzati di registrazione delle ricette, che costituiranno la base
informativa per tutte le successive analisi, elaborazioni e direttive, sui comportamenti prescrittivi
dei medici di base, oltre che per numerosi studi di carattere epidemiologico.
In regione Emilia Romagna si afferma e si rafforza nel medesimo periodo anche l’intervento
pubblico diretto, attraverso la rete delle Farmacie Comunali, nella distribuzione dei farmaci agli
utenti e, in un caso, a Reggio Emilia, nella attività di gestione di magazzini farmaceutici fornitori
delle stesse farmacie pubbliche e private. Tale intervento pubblico è perseguito come strumento
calmieratore del mercato e costituirà, in Emilia Romagna, un importante mezzo di difesa del
servizio sanitario pubblico e delle modalità di erogazione dei farmaci a carico del servizio sanitario
nazionale in regime di assistenza diretta, anche quando in altre regioni, a causa dei ritardati
pagamenti alle farmacie da parte delle UU.SS.LL in crescente crisi finanziaria, le reti delle farmacie
private e le loro organizzazioni di categoria, tendono a passare al regime di assistenza indiretta, con
pagamento dei farmaci da parte dei cittadini e successivo rimborso ai medesimi da parte delle
UU.SS.LL.
Dal 1991 ad oggi: dopo la grande crisi finanziaria del sistema sanitario del triennio 90-92 che ha
portato alla cosiddetta “aziendalizzazione” del sistema (……………….) nel tentativo di introdurre
strumenti più efficaci di controllo e razionalizzazione della spesa sanitaria e quindi anche di quella
farmaceutica, è stata portata avanti, sia pure mediante provvedimenti legislativi talvolta
contraddittori e improvvisati e spesso anche con svolte repentine rispetto a comportamenti
lungamente perseguiti, una politica di contenimento della spesa farmaceutica e anche di radicale
innovazione di alcuni istituti essenziali della politica del farmaco.
Il percorso sopra sommariamente delineato si è mosso all’interno dei valori e dei principi
costituzionali che impongono di garantire l’impiego ottimale delle risorse disponibili da parte del
Servizio sanitario nazionale per la soddisfazione dei bisogni sanitari individuali e collettivi.
L’impiego ottimale delle risorse disponibili è peraltro una necessità derivante dalla limitatezza delle
stesse (ogni lira spesa per soddisfare un bisogno è una lira sottratta ad un altro bisogno), che impone
di ridefinire continuamente la selezione delle priorità secondo il criterio dell’efficacia terapeutica e
di garantire il massimo di efficienza del sistema, al fine di evitare “sprechi”.
Sotto questo aspetto appare in tutta evidenza il nuovo profilo di responsabilità professionale e
deontologica dell’operatore sanitario (medico, tecnico, infermiere ma anche farmacista ecc.) in
quanto decisore di spesa o gestore di servizi e strutture e la responsabilità sociale dell’utente
consumatore di servizi e prestazioni.
2. Sprechi, organizzazione, cultura, comportamenti.
Nell’affrontare i problemi relativi alla razionalizzazione e qualificazione della spesa sanitaria, non
appare sufficiente analizzare le scelte di politica economica relative all’allocazione delle risorse
finanziarie, ma si avverte l’esigenza di considerare anche fattori legati ai modelli culturali e
comportamentali, nonché a fattori di carattere tecnico e organizzativo.
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Lo spreco, inteso come utilizzo di risorse finanziarie, organizzative e professionali non giustificato
dalla qualità e quantità dei risultati conseguiti, può essere infatti attinente:
a) alla dimensione dell’efficacia, la quale esprime la capacità di un’azione di realizzare
l’obiettivo preposto indipendentemente dai mezzi utilizzati e dal loro costo. In tal senso si
definisce inefficace e dunque fonte di spreco, una attività che non è in grado di realizzare gli
obiettivi prefissati e produrre i risultati attesi;
b) alla dimensione dell’efficienza, la quale esprime l’adeguatezza dei mezzi utilizzati rispetto
ai risultati ottenuti. In tal senso si definisce inefficiente e quindi fonte di spreco, un utilizzo
delle risorse non sufficientemente produttivo di risultati.
Quindi l’analisi degli sprechi deve essere deve essere riferita:
a) da una parte alle prestazioni del sistema sanitario, rispetto alle quali è prevalente la
dimensione dell’efficacia, in quanto relativa alla valutazione dei risultati conseguiti
indipendentemente dallo sforzo necessario al loro conseguimento;
b) dall’altra ai processi produttivi interni al sistema sanitario nel suo complesso, e dei
sottosistemi e dei soggetti che lo compongono, rispetto ai quali è prevalente la valutazione
in termini di efficienza, in quanto categoria legata ai concetti di economicità e di rendimento
delle azioni intraprese per la realizzazione del prodotto finale.
Come è intuitivo, all’interno della dimensione dell’efficacia stanno i concetti di utilità/inutilità
(realizzazione o non realizzazione degli obiettivi fissati), di appropriatezza/inappropriatezza
(indirizzo verso targets non adeguati) e rispondenza/non rispondenza (realizzazione di obiettivi non
rispondenti alle esigenze ed ai fabbisogni reali). Sono tutti concetti che sottendono le iniziative
degli ultimi anni e che di seguito saranno elencate e descritte, nel settore delle linee guida e dei
protocolli terapeutici consigliati, per la prescrizione farmaceutica in termini di efficacia e di
appropriatezza. In tale dimensione assumono rilievo gli operatori sanitari in quanto professionisti
orientati al conseguimento di risultati in termini di salute individuale e collettiva.
All’interno della dimensione dell’efficienza stanno invece i concetti di efficienza tecnica (risultati
versus tecnologie disponibili), efficienza economica (risultati versus risorse finanziarie disponibili),
efficienza gestionale (risultati versus risorse organizzative disponibili) ed efficienza allocativa
(ottimizzazione della distribuzione delle risorse tra differenti possibili usi alternativi). In tale
dimensione assumono rilievo gli stessi operatori sanitari in quanto manager o tecnici responsabili
del funzionamento efficiente dei sistemi sanitari.
Le dimensioni dell’efficacia e dell’efficienza devono essere perseguite in modo integrato e cioè
devono essere perseguite la interconnessione e integrazione fra le varie parti del sistema (es.
assistenza ospedaliera e assistenza farmaceutica) e tra i vari soggetti del sistema (es. medici,
farmacisti, manager e gli stessi pazienti) che tendono invece naturalmente a comportarsi in modo
autoreferente. L’assente o debole integrazione tra gli ospedali e il territorio, tra il medico e il
paziente, ad esempio, finisce per dare luogo a livelli di domanda non adeguati, che tendono ad
essere assecondati passivamente.
Alla consapevolezza di esigenze di politiche in grado di attuare una ristrutturazione sistemica del
settore sanitario, si accompagna la altrettanto forte consapevolezza che le soluzioni macro-
economiche e macro-organizzative non sono efficaci se non trovano una corrispondenza e non si
declinano in una dimensione micro-organizzativa. La razionalizzazione del sistema sanitario passa
dunque per la capacità dei singoli decisori di spesa di governare il processo per poter garantire i
migliori standard di servizio con i livelli di risorse dati. E’ infatti la sommatoria delle scelte e delle
decisioni dei singoli soggetti, a livello di macro-sistema (ovvero da parte delle unità operative quali
le divisioni ospedaliere o i medici di medicina generale) a determinare le prestazioni del macro-
sistema e la sommatoria dei comportamenti individuali si è dimostrata capace di disinnescare
qualunque scelta macro-sistemica.
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Tali considerazioni hanno suggerito negli anni l’esigenza di promuovere e sviluppare le iniziative
di qualificazione della spesa sanitaria a partire dalla dimensione del micro-sistema.
In quest’ottica assumono una rilevanza strategica i fattori culturali e i fattori organizzativi. Rispetto
ai soggetti, tra i principali decisori della domanda sanitaria e degli interventi terapeutici si
annoverano l’ospedale (con il relativo servizio farmaceutico interno) ed il medico di medicina
generale, ai quali afferisce una quota ampiamente maggioritaria della spesa sanitaria.
Le politiche statali e regionali volte alla qualificazione dell’impiego delle risorse disponibili, negli
anni più recenti hanno teso, con alterne fortune e diverse coerenze, a indicare uno specifico modello
culturale, organizzativo e gestionale di riferimento con i seguenti requisiti fondamentali:
- un modello non normativo in senso formale, bensì flessibile, per tenere conto delle
specificità locali e contestuali;
- non prescrittivo ma indicativo di griglie e criteri di riferimento che orientino le scelte
e i comportamenti individuali dei diversi soggetti;
- capace di promuovere, attraverso sistemi di incentivi/disincentivi, comportamenti
orientati alla qualità-efficacia complessiva dei processi assistenziali, oltre che
all’efficienza dei processi gestionali.
I precedenti requisiti mettono in evidenza come il modello proposto abbia teso a valorizzare la
coscienza, la competenza e la capacità organizzativa e strategica dei singoli soggetti decisori di
spesa, affinché siano in grado di utilizzare la propria abilità e le proprie conoscenze professionali
per individuare e attuare l’azione ottimale rispetto agli obiettivi etici e sanitari prefissati, alle
condizioni date e alle risorse disponibili.
Infine un soggetto decisore – responsabile anche della produzione di sprechi ed inefficienze – e il
più delle volte sottovalutato, è identificato nel paziente. Rispetto ad esso, tra i fattori che
contribuiscono maggiormente a ridurre la produttività e l’efficacia degli interventi sanitari vi sono il
basso livello culturale e la scarsa dotazione informativa degli assistiti. Tali fattori tendono a
manifestarsi in due modalità:
- attraverso l’assunzione di comportamenti igienico sanitari impropri e inadeguati, da
parte dei cittadini e dei pazienti, che tendono a vanificare o ridurre l’efficacia degli
interventi;
- attraverso la difficoltà di accesso, da parte di categorie socialmente e culturalmente
svantaggiate, alle risorse e alle opportunità assistenziali disponibili.
A tale proposito, i livelli differenziali di salute tra le diverse categorie sociali emersi da alcune
indagini e l’incidenza differenziale di alcune patologie per le quali il sistema sanitario pure
garantisce un’assistenza sanitaria ugualitaria, dimostrano come la diversa capacità di accesso degli
utenti ai servizi disponibili sia un fattore di forte discriminazione e come l’efficacia dei trattamenti
sia fortemente correlata al livello di educazione e di informazione sanitaria degli assistiti.
Ne discende che una dimensione strategica all’interno della quale è necessario continuare a
condurre la riflessione sulla qualificazione e sull’ottimizzazione dell’impegno delle risorse sanitarie
è la dimensione culturale, che costituisce la matrice di comportamenti determinanti per il successo
delle politiche sanitarie.