2
questi casi, infatti, gli eventuali risultati negativi della società all’uopo
costituita allo sarebbero fiscalmente irrilevanti per i soci. E’ quindi per
rimuovere questo potenziale effetto negativo che viene consentita
l’opzione per il regime di trasparenza, proprio delle società di persone.
Tanto premesso, vanno però evidenziati i profili che prestano il
fianco ad alcune perplessità, che si tradurranno in problemi concreti per
l’applicazione pratica dell’istituto nella realtà.
Innanzitutto, va vista con favore la correzione, apportata in sede di
approvazione definitiva, riguardante i soggetti tenuti a esercitare
l’opzione.
In sede di redazione dello schema del decreto legislativo, si
previde che l’applicazione del regime era subordinato alla sola opzione
della partecipata, in conformità alla delega.
Il decreto legislativo 344/2003, invece, stabilisce opportunamente
che l’opzione sia esercitata congiuntamente dalla partecipata e dai soci.
E’ pur vero che in tal modo la scelta per il nuovo istituto è resa più
rigida, però la disposizione è più confacente all’istituto della trasparenza,
perché evita che le società socie subiscano le scelte incondizionate della
società partecipata.
Un ultimo rilievo riguarda L’articolo 116 del nuovo Tuir. Tale
articolo, in tema di opzione per la trasparenza fiscale delle società a
ristretta base proprietaria, si limita a rinviare alla disciplina dettata
dall’articolo 115, prestando poca attenzione alle differenze esistenti tra le
due fattispecie, la più importante delle quali attiene al fatto che per il
regime di cui all’articolo 115, socie e controllate sono tutte società di
capitali, mentre la disciplina di cui all’articolo 116 consente di trasferire
direttamente a persone fisiche i risultati dell’applicazione di regole di
determinazione del reddito previste per la società di capitali partecipata.
3
Sarebbe stata opportuna una maggiore attenzione a questo speciale
regime di trasparenza.
4
CAPITOLO PRIMO
IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA FISCALE
RELATIVO ALLE SOCIETA’ DI PERSONE
1.1 IL PRINCIPIO DI << TRASPARENZA >> COME ALTERNATIVA
ALLO SCHEMA IMPUTAZIONE/ORGANIZZAZIONE
L’argomento soggettività degli enti collettivi è uno tra quelli
maggiormente dibattuto dalla dottrina giuridica fin dalla fine del
diciottesimo secolo. L’intero dibattito giuridico ruota intorno alla
riconoscibilità di una realtà obiettiva oppure di una finzione dell’ente
collettivo: i sostenitori della prima tesi affermano l’esistenza dell’ente
collettivo come soggetto a sé stante, del tutto distinto dalle persone
fisiche che lo compongono, al contrario coloro che negano la realtà
dell’ente collettivo riconducono l’intero fenomeno associativo alle
persone degli associati.
La più recente ed accreditata elaborazione dottrinaria, definita
teoria normativo-nominalistica, ha sottoposto il concetto di persona
giuridica ad una sorta di critica, definendola come una creazione
artificiosa del linguaggio giuridico, la quale sta ad indicare in forma
5
abbreviata un complesso di norme. Il fenomeno della soggettività viene
quindi ricondotto alla utilizzazione di un meccanismo di imputazione
1
,
mediante il quale si realizza il collegamento di una fattispecie normativa
con un determinato centro che si atteggi come << fattore di unificazione
>>. Al fine di avere un soggetto è necessario che l’insieme di diritti ed
obblighi, ed in genere di situazioni giuridiche soggettive, vengano riferiti
in modo unitario ad un destinatario.
Il problema della soggettività delle società e degli enti collettivi in
genere sta tutto nell’individuare il centro di riferibilità delle fattispecie
giuridiche verificando se sia stato accolto un meccanismo di imputazione
agli individui ( vale a dire ai soci ) oppure un meccanismo di
imputazione all’organizzazione ( ovverosia alla società ).
Il termine << organizzazione >> viene richiamato a proposito degli
enti collettivi dalla dottrina amministrativa e civilistica, senza che vi sia
una visione unitaria del concetto. Sul piano oggettivo si può notare che
esistono vari profili sotto cui assume rilevanza il fenomeno
organizzativo: sono infatti ipotizzabili una organizzazione di beni, una
organizzazione di rapporti interni tra soggetti, ed infine una
organizzazione di attività.
Ora non ogni fenomeno oggettivo di organizzazione vale a porsi
come fattore di unificazione di diritti ed obblighi, e quindi ad assumere
l’astratta idoneità ad essere centro di imputazione di una fattispecie
normativa. Così nelle ipotesi di organizzazione di beni o di rapporti la
struttura costituita viene ritenuta inidonea a fungere da centro di
riferibilità delle norme, in quanto riconducibile immediatamente ad altri
1
Il termine imputazione viene utilizzato nella dottrina normativa in due accezioni:
come collegamento di una fattispecie, e quindi come fenomeno prettamente
oggettivo, e come collegamento di una fattispecie normativa ad un soggetto.
6
soggetti e dunque carente di autonomia. L’elemento determinante ai fini
della imputazione di fattispecie normative è piuttosto rappresentato dalla
organizzazione dell’attività, dalla costituzione cioè di una struttura
finalizzata al compimento di una determinata attività in modo autonomo
rispetto agli individui che ne fanno parte. L’ organizzazione si presenta
come una figura unitaria di produttore di diritto che appare naturalmente
predisposta a ricevere gli effetti dell’attività medesima e dunque a
fungere da centro di imputazione.
Gli elementi fondamentali della organizzazione di attività sono
rappresentate dall’esistenza di una comunità di individui, di un fine
comune e di un complesso di regole per la attribuzione di funzioni agli
individui così da unificare il gruppo e renderlo diverso da una mera
unione di individui; decisiva è poi la sussistenza di una autonomia
nell’ambito del potere di indirizzo dell’attività. Pertanto quando l’ente
presenta una struttura che è obiettivamente idonea ad assumere decisioni
relative all’andamento generale dell’attività collettiva indipendentemente
da altri soggetti, allora si può ritenere che ricorra il requisito
dell’organizzazione di attività. Alla luce di quanto è stato detto finora la
soggettività degli enti collettivi può essere descritta in una dimensione
analitica secondo lo schema imputazione/organizzazione
2
, vale a dire
come un rapporto di imputazione di fattispecie giuridiche in capo ad una
organizzazione ( da intendersi come organizzazione di attività ). Benché
nella disciplina degli enti collettivi venga prevalentemente adottato lo
2
Lo schema imputazione/organizzazione può essere pertanto tradotto nello schema
imputazione/modo di produzione di attività, che ancor più del primo evidenzia il
distacco da una rappresentazione individualistica dei fenomeni giuridici. L’ attività
considerata nella sua autonomia si pone infatti in ultima analisi come termini di
riferimento della fattispecie normativa. Gli individui rilevano solo come termini di
riferimento secondari, o come strumenti di produzione di singoli atti, oppure come
destinatari del risultato finale dell’attività.
7
schema imputazione/organizzazione, è ben possibile, che il legislatore
opti per un diverso meccanismo di imputazione volto ad attribuire
rilevanza agli individui quale centro di riferibilità delle fattispecie.
Questo meccanismo di imputazione può essere definito della <<
trasparenza >> ad indicare appunto la mancata riferibilità alla
organizzazione delle fattispecie giuridiche relative a fatti ed atti compiuti
dal soggetto collettivo. Il criterio di imputazione per trasparenza esprime
un assetto di interessi tipicamente individuale nel quale viene
ridimensionato il ruolo dell’organizzazione rispetto a quanto visto per
l’ipotesi di soggettività degli enti collettivi:
1. le fattispecie sono riferite direttamente agli individui senza passare
attraverso il termine medio dell’organizzazione;
2. di conseguenza l’ordinamento tributario interno dell’ente
collettivo assolve a funzioni negoziali meramente interne,
inidonee ad assumere un rilievo reale nel sistema giuridico;
3. in particolare l’attività svolta dalla società è considerata come se
fosse posta in essere direttamente dagli individui;
Si può dunque rilevare che, l’imputazione per trasparenza si pone
quale alternativa logica dello schema imputazione/organizzazione,
determinando una configurazione diametralmente opposta della
disciplina societaria.
Nell’ambito della disciplina tributaria con l’espressione <<
principio di trasparenza >> si è soliti indicare un metodo di
imposizione dei soggetti collettivi, mediante il quale il presupposto di
imposta viene riferito direttamente in capo agli individui che
compongono l’ente. La qualificazione di trasparente viene dunque
attribuita al soggetto collettivo proprio per indicare che le fattispecie
giuridiche nelle quali è identificabile il presupposto di imposta sono
8
riferite direttamente agli individui e non alla organizzazione collettiva,
esprimendosi con ciò il superamento dello schema
imputazione/organizzazione.
Nella dottrina finanziaria il principio di trasparenza viene definito
come partnership approach. Oltre ad un riferimento soggettivo del
presupposto di imposta il principio di << trasparenza >> comporta, spesso,
un effetto secondario relativo alla definizione oggettiva del presupposto
e, di conseguenza, della base imponibile. Infatti l’accoglimento della <<
trasparenza >> nell’ambito dell’imposizione reddituale impone
l’imputazione proporzionale degli utili societari direttamente in capo ai
soci
3
ed il reddito imponibile non viene collegato alla misura di utili
prodotta dalla società. Si può comunque ipotizzare un metodo di
imposizione per trasparenza in cui il reddito attribuito direttamente e
proporzionalmente ai soci diviene imponibile soltanto nel momento della
effettiva percezione. Questo metodo non risulta attuato frequentemente
negli ordinamenti tributari
4
.
Il principio di trasparenza configura dunque una scelta che
riguarda essenzialmente il criterio di riferibilità del presupposto ad un
soggetto piuttosto che ad un altro, tale principio assume rilevanza solo
nell’ambito di un sistema di imposte personali, dove il carico fiscale è
riferito alla situazione personale del contribuente. Sia nelle imposte
personali che in quelle reali la riferibilità del tributo è importante al fine
di individuare il soggetto passivo del tributo. Nelle imposte personali,
oltre all’elemento oggettivo, assume altrettanta importanza l’elemento
soggettivo, vale a dire la riferibilità ad un soggetto, al fine di determinare
3
Se il socio è rappresentato da un’altra società di persone si avrà un singolare caso di
doppia << trasparenza >>.
4
E’ infatti evidente che la possibilità di rinviare nel tempo l’evento materiale della
distribuzione degli utili ai soci consentirebbe di differire la relativa imposizione.
9
la base imponibile e di parametrare l’imposta. Questa distinzione tra
imposte reali e personali è molto importante per quanto riguarda gli
effetti, perché mentre nelle imposte reali è indifferente chi sia il soggetto
che effettua l’atto o l’attività, non variando, né l’entità dell’onere fiscale
né la procedura di attuazione del tributo, nelle imposte personali la
riferibilità del presupposto ad un soggetto piuttosto che ad un altro può
produrre risultati del tutto difformi. In un sistema di imposte personali la
riferibilità del presupposto alla società comporta effetti rilevanti,
causando il rischio di una duplicazione dell’imposta stessa. L’adozione
del metodo della << trasparenza >> in presenza di una imposta personale
consente di evitare gli effetti detti in precedenza, perché il carico fiscale
è riferito esclusivamente in relazione alla situazione personale dei soci,
evitando in questo modo sia una alterazione della personalità che una
possibile doppia imposizione. Occorre comunque dire che ci sono anche
altri metodi impositivi che permettono di evitare gli effetti distorsivi
summenzionati
5
.
5
I metodi impositivi che permettono di evitare la doppia imposizione sono:
1. Dividend paid approach: si esentano dall’imposta sulle società i dividendi
distribuiti ai soci; i dividendi vengono trattati come costi della società e se ne
consente la deduzione dal reddito;
2. Witholding approach: si preleva dal reddito societario un’aliquota
intermedia; per i dividendi distribuiti tale ritenuta funziona da acconto
sull’imposta che il socio deve pagare;
3. Credito d’imposta: viene attribuito un credito di imposta ai percettori dei
dividendi per recuperare l’imposta pagata dalla società;
4. Dividend exclusion: esiste soltanto un’imposta sulle società con esclusione
dei dividendi distribuiti dalla base imponibile dei soci;
10
1.2 L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI
<<TRASPARENZA>> NELL’ORDINAMENTO TRIBUTARIO
ITALIANO.
Nell’ordinamento tributario italiano il principio di trasparenza si
applica tipicamente alle società di persone residenti, e dunque alle
società semplici, alle società in nome collettivo ed alle società in
accomandita semplice che abbiano la sede legale o amministrativa o
l’oggetto principale della loro attività nel territorio nazionale.
E’ previsto peraltro che ai fini delle imposte dirette:
1. le società di fatto siano << equiparate >> alle società in nome
collettivo o alle società semplici a seconda che l’oggetto sociale
sia rappresentato o meno dall’esercizio di attività commerciali;
2. le società di armamento vengano << equiparate >> alle società in
nome collettivo o alle società in accomandita semplice a seconda
che siano state costituite all’unanimità oppure a maggioranza;
3. le associazioni tra professionisti siano << equiparate >> alle società
semplici;
4. il principio di trasparenza non trovi applicazione per le società di
persone non residenti.
1) Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, fornisce precise
indicazioni in ordine alla qualificazione della << forma >>
11
delle società di fatto
6
. Come parametro per l’identificazione
del tipo societario viene assunto l’oggetto sociale: la società
di fatto avente ad oggetto l’esercizio di attività non
commerciali è << equiparata >> alla società semplice,
mentre la società di fatto avente ad oggetto l’esercizio di
attività commerciali è << equiparata >> alla società in nome
collettivo. Non rientrano nell’ambito della norma le società
irregolari, in quanto essendo costituite con contratto
espresso, pur se non iscritto nel Registro delle imprese, il
tipo societario è individuabile direttamente in base
all’accordo delle parti senza necessità di alcuna
qualificazione legale. La problematica appare per la
qualificazione delle società << verbis contractae >>.
Aderendo alla tesi per cui esse costituiscono sempre delle
società irregolari si deve escludere l’assimilazione con le
società di fatto. Pertanto le società in accomandita semplice
costituite con contratto orale manterrebbero tale forma
anche ai fini delle imposte dirette. Se viceversa le società <<
verbis contractae >> fossero considerate come società di
fatto, le società in accomandita semplice oralmente
costituite verrebbero identificate come società in nome
collettivo. Per le società di fatto l’attività effettivamente
esercitata ha un ruolo fondamentale per individuare il tipo
societario, infatti per l’assimilazione alle società in nome
collettivo o alle società semplici essenziale è la
6
Con l’espressione società di fatto s’intende definire l’unione di due o più soggetti
che si comportano come soci pur in mancanza di un contratto esplicito di società,
scritto o orale che sia.
12
determinazione dell’oggetto sociale delle società di fatto.
L’individuazione dell’oggetto sociale appare meno
problematica nelle società di fatto rispetto agli enti non
commerciali o alle società non residenti, dove possono
essere utilizzati due criteri: uno detto formale, che dà rilievo
alle risultanze dell’atto costitutivo; un altro, detto
sostanziale, che concerne l’attività svolta effettivamente.
Per individuare l’oggetto sociale di una società di fatto si
può utilizzare un solo criterio, vale a dire l’analisi
dell’attività esercitata in concreto. Un particolare problema
si pone qualora l’oggetto sociale cambi in corso d’anno,
oppure da esercizio a esercizio. Se l’attività inizialmente
commerciale diviene in seguito non commerciale la società
di fatto in linea teorica dovrebbe essere dapprima
qualificata come s.n.c. e poi come società semplice, il che
creerebbe gravi problemi pratici, soprattutto se il
mutamento avvenisse in corso di anno. Potrebbe così
ritenersi, come prima ipotesi di soluzione, che non sia
possibile la modificazione dell’oggetto sociale di una
società di fatto, ma questo problema viene risolto con il
criterio della prevalenza dell’attività commerciale: perciò
qualora in corso d’anno l’oggetto sociale muti passando da
un’attività commerciale ad una non commerciale ( oppure
viceversa ) vi sarebbe sempre la qualificazione come società
in nome collettivo.
2) Il TUIR attribuisce una specifica rilevanza alla società di
armamento, equiparandola alla società in nome collettivo od
alle società in accomandita semplice a seconda che siano
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costituite all’unanimità oppure con deliberazione a
maggioranza. Vengono assimilate alle società in nome
collettivo se sono costituite all’unanimità mentre sono
assimilate alle società in accomandita semplice se le società
di armamento si sono costituite a maggioranza. Quanto alla
scelta dell’equiparazione effettuata si può rilevare come con
essa si sia inteso dare rilevanza alla diversa situazione dei
soci ( c.d. << caratisti >> ) all’interno dell’organizzazione
societaria. Nel caso di deliberazione unanime è previsto che
la partecipazione delle perdite venga effettuata in
proporzione delle quote sociali, salvo accordo in senso
contrario. Nel caso di deliberazione presa a maggioranza
per i comproprietari della nave che non hanno acconsentito
alla costituzione della società, ferma restando la facoltà di
liberarsi della partecipazione alle perdite abbandonando la
propria quota di proprietà, è in ogni caso stabilito che la
perdita non può essere superiore alla misura delle rispettive
quote di partecipazione alla nave. Dato che l’unico profilo
di distinzione tra società in nome collettivo e società in
accomandita semplice consiste nel diverso regime delle
perdite, la ratio dell’equiparazione è quindi da ricercare
essenzialmente nella diversa posizione che i singoli caratisti
vengono ad avere rispetto alla imputazione delle perdite
sociali.
3) Un’ulteriore fattispecie di esercizio collettivo di un’attività
economica a cui viene applicato il principio di trasparenza è
costituita dalle associazioni tra professionisti ed artisti, che
vengono assimilate alle società semplici. Questo è