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Stato, dai poveri e dai ricchi. Però, non tutta la violenza è sempre giudicata allo
stesso modo. Certamente non è lo stesso uccidere o rubare per mangiare
o perché altri non mangino. La violenza è un problema sociale, però è
anche un problema semantico perché solo a partire da un determinato
contesto sociale, politico ed economico, può essere spiegata, condannata o
definita. Non esiste un concetto di violenza statico o anacronistico che possa
darsi al margine del contesto sociale nel quale è sorta. Non c’è nemmeno una
formula magica,un criterio oggettivo valido per ogni tempo e luogo che ci
permetta di giudicare a priori un determinato tipo di violenza. Quanti
terroristi e criminali di guerra di ieri non sono oggi persone rispettabili?
E quante persone rispettabili d'oggi non possono essere considerate
terroristi e criminali domani?
Dove sono le differenze tra un bombardamento in azione da guerra e
un attentato terroristico? E’ difficile rispondere a tali interrogativi, i nostri
giudizi di valore sono necessariamente soggettivi e corrono sempre il rischio di
rimanere superati dalla realtà inesorabile dei fatti. Siamo figli del nostro tempo,
abbiamo limitazioni d'ogni tipo e viviamo in un determinato contesto dal quale
non possiamo sottrarci però si può accettarlo, criticarlo o attaccarlo.Vivendo in
una società criminogena, diseguale, ingiusta, ho fatto parte di quelle brave
persone fermamente convinte che bastasse cambiare il sistema di distribuzione
dei beni perché scomparissero i furti, gli assassini, le ingiustizie. Né ricchi né
poveri, dunque finite le gelosie, le contestazioni, gli inganni, i rancori! Né
polizia, né tribunali, né prigioni! Ahimè, i tristi sentimenti da cui nascono
3
i reati non sono il prodotto dell’ineguaglianza degli uomini ma ne sono la
causa. Egoismo, orgoglio, desiderio di dominare, cupidigia, è anche questo
che genera la violenza ed ogni forma di miseria.
E’ questa consapevolezza d'impotenza che mi porta a considerare un po’ ingenue
le grandi rivoluzioni. E’ difficile, se non impossibile, cambiare una persona,
figuriamoci l’idea di cambiare il mondo! Quello che uno studioso del Diritto
può e deve fare è porre un granellino di sabbia ed è quello che, nei limiti della
mia formazione professionale, mi accingo a fare. Vado, quindi, a presentare il
mio lavoro.
Nella prima parte, metodologica, tenterò di chiarire qual è lo stato attuale
delle relazioni tra la Dogmatica e la Politica criminale, non prima di aver
accennato al loro contenuto ed oggetto, spesso trascurati. Se non faccio
riferimento alla Criminologia è perché, a mio avviso, la Politica criminale già la
comprende. Afferma Roxin, uno dei padri del Diritto penale moderno,
che trasformare i conoscimenti criminologici in esigenze politico-criminali e
queste, a loro volta, in regole giuridiche de lege lata o ferenda, è un processo i cui
stati concreti sono ugualmente importanti e necessari per stabilire ciò che è
socialmente giusto. Personalmente, sono per una scienza “globale” del Diritto
dove i singoli momenti normativi, di valore ed empirici collaborano verso il
raggiungimento dell’obiettivo comune.Vedo le dispute tra dogmatici e
criminologi come guerre di religione, inutili quanto distruttive.
A conclusione della prima parte, coerentemente con il proposito di costruire la
4
Teoria giuridica del reato partendo dalle teorie della pena, farò un ampio
riferimento alla prevenzione generale positiva che è quella che più dibattito ed
adesione ha suscitato tra i penalisti nell’ambito dei fini della pena.
Nella seconda parte del lavoro, tenterò di dare una adeguata rilevanza e di
cogliere i contenuti di un principio “nuovo” solo perché trascurato fino ad
oggi, quello di sussidiarietà. Ci si limita ancora ad affermare che il Diritto
penale deve essere sussidiario nella protezione di beni giuridici. Scarso però è
stato l’impiego e lo sfruttamento di questo principio (a differenza di altri)
nell’interpretazione delle norme esistenti, prima ancora che nella politica delle
riforme. Dopo averne specificato il contenuto, tenterò di vedere quali
conseguenze dogmatiche comporta, cogliendo l’occasione per rendere un dovuto
omaggio alla persona che più d’ogni altro mi ha aiutato in questa ricerca,
dandomi sostegno nei momenti difficili. Mi riferisco ad Octavio Garcia Perez,
professore di Diritto penale presso l'Università di Malaga, il quale sul principio
di sussidiarietà ha costruito una nuova categoria del reato (dopo azione o
omissione, tipicità, antigiuridicità, colpevolezza): la punibilità. Quest’ultima
costituirebbe il 5° elemento del reato (in Spagna il 1° elemento è rappresentato
dall’azione). Sul principio di sussidiarietà si struttura l’intera seconda parte della
tesi.
Dopo aver fatto un breve riferimento alla nuova tendenza, esistente in certi
settori del Diritto penale, che fa di quest’ultimo uno strumento di cambiamento
della società, invece del ricorso a più adeguate politiche sociali, riducendo lo
stesso Diritto penale ad una funzione meramente simbolica, citerò un principio
5
caratteristico della legislazione penale spagnola, quello di opportunità, che può
essere considerato l’alternativa processuale del principio di sussidiarietà.
Con quest’ultimo si darebbe ingresso alla Politica criminale già nella Teoria
giuridica del reato; con il principio d’opportunità, invece, ciò avverrebbe in un
momento successivo, nel processo.
Proseguirò il mio lavoro con un’ampia esposizione di una delle concrete
manifestazioni del principio di sussidiarietà, molto dibattuta nell’attuale dottrina
spagnola, la riparazione del danno.
Terminerò quindi con una proposta concreta che permetterebbe di accogliere i
contenuti di tale principio.
Permettetemi, infine, di ringraziare il Professore di Diritto penale
comparato Nicola Bartone, mio relatore e Josè Luis Diez Ripolles, cattedratico
di Diritto penale dell’ Università di Malaga, per il sostegno professionale ed
umano dimostratomi.
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CAPITOLO 1
LA DOGMATICA GIURIDICO PENALE
Il Diritto penale come tale, cioè come insieme normativo, è privo di metodo.
Il metodo è una qualità che può avere solo l’attività umana, non un insieme di
norme. Potrà parlarsi di metodo nella creazione, nell’interpretazione o
nell’applicazione di quell’insieme normativo ma, previamente, è necessaria la
conoscenza; senza sapere ciò che dice il Diritto penale positivo non è possibile
applicare o criticare le sue norme. A quest’ attività di conoscenza del Diritto
positivo si da il nome di Dogmatica, perché parte dalle norme giuridiche
considerate come un “dogma”, cioè come una dichiarazione di volontà con
pretesa di validità generale, per risolvere problemi sociali. La Dogmatica
giuridico-penale si occupa, in definitiva, della verifica del contenuto delle norme
penali, dei suoi presupposti, delle sue conseguenze, della delimitazione dei fatti
punibili da quelli che devono restare impuniti, della conoscenza di ciò che la
legge vuole castigare e di come vuole farlo.
La Dogmatica giuridico penale rappresenta “l’essere”, mentre la Politica
criminale rappresenta il “dover essere”.
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La Dogmatica studia ciò che già esiste.
Compie, quindi, una delle più importanti funzioni affidate all’attività giuridica
in generale in uno Stato di Diritto: quella di garantire i diritti fondamentali
dell’individuo di fronte al potere arbitrario dello Stato che, quantunque è
soggetto a determinati limiti, necessita di controllo e della sicurezza di questi
limiti. La Dogmatica giuridico-penale si presenta, così, come una conquista del
pensiero democratico. La miglior legge non è altro che un qualcosa di
desiderabile sprovvista d’efficacia pratica, se non esiste un’attività che si occupi
di essa, che la conosca, la delimiti e la applichi. Lo Stato di Diritto esige che le
norme che regolano la convivenza siano conosciute ed applicate, oltre ad essere
elaborate, in una maniera razionale e sicura, da un determinato procedimento
che eviti l’arbitrarietà nell’ applicazione ed attribuisca loro una forza di
convinzione tale che gli permetta di essere accettate dalla maggioranza dei
membri della comunità.
Il problema, in questo lavoro di conoscenza, interpretazione, applicazione e
critica delle norme giuridiche, è dovuto al fatto che il linguaggio non è mai, o
quasi mai univoco e, molte volte, il legislatore è volutamente ambiguo. Una
stessa legge può infatti ammettere diverse interpretazioni. Le norme giuridiche,
a differenza delle leggi matematiche o fisiche, sono il prodotto di un consenso,
pertanto le soluzioni che offrono sono discutibili. La missione della Dogmatica
consiste nel formulare teorie partendo dalla soluzione legale. Solo la razionalità,
la comunicabilità e la verificabilità di una teoria garantiscono la sua validità e la
sicurezza delle conoscenze che offre. Così facendo, si raggiunge già un minimo
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indispensabile per la convivenza pacifica, la sicurezza giuridica. Però, queste
norme giuridiche, che si accettano come oggetto da interpretare, possono essere
state elaborate con un procedimento che non ha niente di democratico,
possono essere ingiuste e possono obbligare a dare soluzioni che pregiudicano
la convivenza. Ci si chiede quale sia la missione della Dogmatica giuridico
penale davanti a questo tipo di norme; Gimbernat Ordaig
sostiene che la
Dogmatica è una scienza neutra che può convertirsi in qualcosa di pericoloso se
il penalista è disposto ad interpretare qualsiasi legge.
Continua Gimbernat: “questo pericolo può essere ridotto se si mantiene
sempre un atteggiamento critico di fronte alle norme penali e si considera il
sapere dogmatico come un sapere “parziale” che deve essere completato con
altri tipi di sapere, e non come un sapere assoluto che trova giustificazione in se
stesso.
Solo così, la Dogmatica giuridico-penale può compiere anche una funzione di
controllo del potere punitivo statale, evitando di fungere da mera servitrice o
complice dello stesso”.
( 1 )
Possiamo dunque differenziare i distinti momenti nei quali si sviluppa
la Dogmatica giuridico-penale in una triplice dimensione che caratterizza
ogni attività giuridica: l’interpretazione, la sistematica e la critica del Diritto
penale positivo.
Questa divisione non ha valore assoluto perché, alla fine, tanto l’interpretazione
( 1 ) Munoz Conde/Garcia Aran – Derecho penal parte general 2000 pag. 211
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così come la sistematica e la critica costituiscono un tutto, nel quale le tre fasi
stanno relazionate e cooperano allo stesso fine di conseguire una
Amministrazione della Giustizia uguale e giusta, aldilà della casualità,
dell’arbitrarietà e della sorpresa.
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CAPITOLO 2
IMPORTANZA DELLA SISTEMATICA
Uno dei compiti più importanti del dogmatico consiste, certamente,
nell’ordinare i numerosi precetti legali ed astratti e nel porre in connessione
questi concetti, ciò che si denomina sistema. Un sistema, per dirlo con una
conosciuta formula di Kant, è “l’unità delle varie conoscenze sotto un’unica
idea, una totalità di conoscenze ordinata secondo determinati principi”
( 2 )
. La
Dogmatica giuridico-penale, quindi, non si limita ad esporre e trattare i suoi
dogmi uno dietro l’altro, ma tenta di configurare un tutto ordinato, cogliendo la
connessione dei vari dogmi. Una tale sistemazione del materiale giuridico facilita
lo studio agli studenti ed al giudice la soluzione del caso concreto. Questo
lavoro favorisce sia l’individuo che la collettività, poiché contribuisce alla
possibilità di calcolare ed all’ uguaglianza nell’applicazione del Diritto e,
dunque, serve alla sicurezza giuridica che rappresenta un presupposto per il
riconoscimento delle norme e per la pace giuridica in generale. Afferma von
Liszt:: “la scienza del Diritto deve essere e restare scienza propriamente
sistematica; solo la sistemazione delle nozioni assicura quella padronanza dei
casi particolari senza la quale l’applicazione del Diritto resta sempre
dilettantesca, abbandonata al caso ed all’arbitrio”.
( 3 )
Gimbernat Ordeig,
cinquant’anni più tardi, segnala, in questo senso, che la Dogmatica giuridico
2 ) Roxin Claus Politica criminal y estructura del delito 1992 pag. 36
3 ) Roxin Claus op. cit. pag. 37
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penale pone limiti e costruisce concetti, rende possibile un’applicazione sicura e
calcolabile del Diritto penale, evitando l’irrazionalità e l’arbitrarietà. Tanto più
povero è lo sviluppo dogmatico, quanto più imprevedibile sarà la decisione dei
Tribunali. Gimbernat Ordeig
( 4 )
avverte il pericolo che la decisione dei casi si
converta in una sorta di lotteria che porti ad uno stato d’applicazione caotica del
Diritto. La costruzione della Teoria giuridica del reato ancora attuale nelle sue
grandi linee risale al modello elaborato da von Liszt. Egli individuò, quale
compito immediato della scienza penale,“il guardare in una prospettiva
puramente tecnico-giuridica al reato ed alla pena, come generalizzazioni
concettuali… Il ricondurre ad un sistema chiuso le singole prescrizioni della
legge, risalendo fini agli ultimi principi e concetti fondamentali”
( 5)
. Si tratta di
quel sistema di classificazione in forma di piramide concettuale che ci è
pervenuto fin dal Positivismo: la costruzione s’innalza dalla massa degli elementi
del reato mediante un’astrazione che, di passaggio in passaggio, giunge fino
all’omnicomprensivo concetto d’azione; un sistema chiuso, quindi, nel quale le
valutazioni di Politica criminale, da un lato e la realtà sociale, dall’altro, invece
d’avere libero accesso nella Dogmatica, ne vengono escluse. Secondo von
Liszt, in definitiva, la Dogmatica giuridico-penale si serve di un metodo logico
con il quale, a partire dalla compilazione dei precetti giuridici ed attraverso la
loro analisi e sintesi, si elabora un sistema attraverso l’astrazione dai concetti più
specifici fino a quelli più generali.
( 4 ) Roxin Claus opera citata pag. 37
( 5 ) Moccia Sergio Politica criminale e sistema del Diritto penale 1973 pag. 27
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In base a questa prospettiva, la Dogmatica giuridico-penale non realizzerebbe
una funzione creatrice bensì meramente espositiva, poiché tutto si deduce dal
proprio Diritto positivo. La stessa critica può essere rivolta al modello tecnico
giuridico di Rocco, espressione italiana dell’esempio lisztiano. A questa
impostazione si contrappone, in un’epoca di grandi fermenti evolutivi sul piano
politico-sociale, l’indirizzo antiformalistico che fonda sull’idea di scopo, e quindi
di valore, un metodo per la formazione dei concetti giuridici, l’interpretazione
delle norme e l’elaborazione sistematica. Tale indirizzo si collega al pensiero di
von Jhering, il quale individuò nelle idee di valore e di scopo i concetti
fondamentali dell’esperienza giuridica.
( 6 )
Dall’idea jheringhiana di scopo si sviluppò la polemica e la forte
contrapposizione al formalismo positivista; in particolare, si contestava una
metodologia che intendeva elaborare in un sistema chiuso, secondo schemi
logico-deduttivi, i precetti giuridici, per giungere, in via di astrazione, ai principi
ultimi, secondo l’immagine della piramide concettuale. Von Liszt , se da un lato
rimase fedele alla sistematica classica per evidenti ragioni di carattere
garantistico, dall’altro lato, diede un notevole impulso alle aspirazioni della
sistematica teleologica. Roxin ha ribadito l’importanza della sistematica per il
Diritto penale, sebbene in molti paesi abbia incontrato meno attenzione
scientifica che, per esempio, la configurazione del sistema di sanzioni.
( 6 ) Moccia Sergio Il Diritto penale tra essere e valore pag. 70
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La prima critica che viene fatta al ragionamento sistematico è quella secondo cui
il materiale giuridico può essere sistemato secondo differenti punti di vista, e
tutti questi sforzi, quando procedono più o meno senza contraddizioni,
soddisfano allo stesso modo il compito di ordine concettuale. Si può elevare,
per esempio come fece la teoria classica di Liszt e Beling, la separazione degli
elementi oggettivi da quelli soggettivi del fatto come criterio di differenziazione
sistematica ed intendere il fatto tipico come il lato oggettivo del fatto, la
colpevolezza come il lato soggettivo; allora il dolo apparirà come una
caratteristica della colpevolezza. Però è possibile anche, come ha sostenuto la
teoria finalistica dell’azione, considerare l’azione umana come un processo
causale diretto da un fine; allora il dolo sarà un fattore decisivo dell’azione tipica
e non della colpevolezza. Su queste basi è nata una forte polemica che,
essenzialmente, si è risolta a favore della teoria finalistica dell’azione (anche in
Spagna, tranne qualche eccezione come a Madrid e Valencia, dove ancora
domina la teoria causalistica). Però, se partiamo dal fatto che entrambe, sia la
teoria finalistica che quella causalistica, soddisfano allo stesso modo il compito
scientifico di ordine del Diritto penale, si può dubitare se una tale questione
meriti gli sforzi scientifici compiuti per la sua risoluzione. Appare comprensibile
che si reputino più interessanti i problemi criminologici o legati al sistema di
sanzioni, anziché l’ulteriore sviluppo di tali pensamenti sulla sistematica.
Il primo argomento che si dirige contro uno studio sistematico è, dunque, lo
scarso significato pratico che riveste.
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Una seconda obiezione va più in là, affermandosi che anche in quei casi in cui si
possono dedurre conseguenze giuridiche concrete da premesse dogmatiche
sistematiche, i risultati non sono necessariamente corretti, perché deduzioni da
concetti astratti non sempre si aggiustano al caso concreto. Jescheck segnala che
decisiva deve sempre essere la soluzione della questione materiale concreta,
mentre le esigenze della sistematica devono cedere in gerarchia.
( 7 )
Jesheck, si
riferisce al pericolo di una Dogmatica giuridico penale sistemata esageratamente
per formule astratte. Ora, se deduzioni sistematiche corrette hanno solo un
significato gerarchico inferiore di fronte alla soluzione delle questioni materiali,
ci si chiede se sia il caso di dedicarsi al caso giuridico concreto anziché alla
sistematica. Nonostante questo scetticismo, c’è chi difende il significato di una
Dogmatica giuridico penale vincolata sistematicamente. Segnala Roxin: “quando
ci si chiede, per fare qualche esempio, come deve essere trattato penalmente
l’errore, la legittima difesa, lo stato di necessità, non si tratta di operazioni
teoriche, bensì della questione pratica relativa al fatto se una persona concreta
deve essere o meno castigata in relazione ad un comportamento concreto”.
Il “se” della punibilità è il tema principale della Teoria generale del
Diritto penale, mentre la teoria delle conseguenze giuridiche riguarda il “come”
delle sanzioni penali. Però con il “se” ed il “come” delle reazioni penali si
descrivono due ambiti di compiti dello stesso rango giuridico politico, poiché le
conseguenze giuridiche più differenziate e l’esecuzione penale più moderna
sarebbero senza senso e persino dannose se applicate ad una persona rispetto
( 7 ) Roxin claus op. cit. pag. 40
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alla quale la risposta socialmente adeguata al suo comportamento consistesse
nella non imposizione della pena. Questo significa, come segnala Roxin, che i
problemi dogmatici la cui risoluzione non ha importanza per la punibilità
possono e devono essere messi da parte e che il sistema giuridico penale deve
essere concepito in tal modo che i conoscimenti ottenuti attraverso questo non
richiedano una correzione posteriore.
Per il conseguimento di questi fini, secondo l’autore tedesco, è necessario che i
concetti giuridici della parte generale siano determinati a partire dalle loro
conseguenze giuridiche( dalla pena) e la loro connessione sistematica sia
derivata dai criteri di Politica criminale. Per esempio, quando si deve definire il
concetto di dolo si dovrà procedere nel seguente modo: come doloso si deve
definire un comportamento per il quale è adeguata la pena per dolo, e le
caratteristiche che deve avere questo comportamento devono essere fissate sulla
base di decisioni di Politica criminale. Ci si allontana, dunque, dalla teoria
finalistica dell’azione che determina il dolo sulla base di una struttura di finalità
accettata ontologicamente. Volendo fare un altro esempio, poiché nel caso della
legittima difesa putativa è inadeguata una pena per dolo, il concetto di dolo
dovrà essere determinato fin dal principio di tal maniera che l’errore sui
presupposti materiali di una causa di giustificazione lo escluda. La dottrina
spagnola concorda nell’allargare l’ambito del dolo fino a comprendervi la
coscienza dell’antigiuridicità.
( 8 )
( 8 ) Cerezo Mir J. Curso de Derecho penal pag. 145