6
sistema processuale previgente >>
2
e che era consistito nel
predisporre << un’istruzione segreta e un dibattimento pubblico >>
3
.
Nel 1930 il legislatore si trovò dinanzi alla classica alternativa
tra il privilegiare il profilo dell’autorità o quello della libertà. La scelta
cadde su una soluzione di compromesso secondo la quale le indagini
preliminari, fase che antecede il processo vero e proprio, si sarebbero
svolte secondo i caratteri dell’inquisitorietà, mentre l’accusatorietà
sarebbe stata riservata, con i suoi principi della parità delle parti e
della terzietà del giudice, per il vero e proprio processo, vale a dire per
la fase dibattimentale. E’ risaputo che sono le indagini preliminari ad
essere specchio di un sistema ed esse erano di stampo inquisitorio. In
questa fase era il giudice istruttore che, attraverso un’attività per lui
esclusiva di ricerca, individuazione e acquisizione dei mezzi di prova,
formava, nell’ambito dell’ ”istruzione formale” la prova che riteneva
idonea all’accertamento della verità dei fatti da parte del giudice del
dibattimento. In realtà tale accertamento vi era già stato e ciò che
avveniva in giudizio era una semplice ratifica di una prova “figlia”
della segretezza e del principio della scrittura.
2
G. RUGGIERO, Compendio delle investigazioni difensive, Milano, 2003, p. 2 ss.
3
A. MALINVERNI – P. TONINI, voce SEGRETO, III) Segreto istruttorio, in Enc. Giur.
Treccani, vol. XXVIII, Roma, 1992, 9.
7
E’ opportuno adesso chiedersi quale fosse, di fronte ad una tale
realtà, la posizione del difensore. Egli, relegato ad un ruolo del tutto
assente e passivo, veniva a conoscenza del procedimento penale più
per effetto dell’uso regolare della carcerazione ante iudicium, che di
una adeguata notizia propria di un processo legale: ed una volta
accaduto ciò non era assolutamente in grado di esercitare funzioni
probatorie in concorrenza con il giudice istruttore. Ciò comportava
che egli non era in grado di effettuare alcuna scelta processuale ne
tantomeno poteva incidere sulla carcerazione preventiva affrontando,
di conseguenza, la fase dibattimentale in uno stato di totale ignoranza
circa le risultanze delle indagini.
La funzione del difensore era limitata sostanzialmente a
proporre, controllare (attraverso lo strumento delle eccezioni) ed,
infine, eloquire in relazione alla discussione finale. Vincoli e
limitazioni alla difesa tipici di un sistema inquisitorio che si basa su un
assunto di massima
4
: il giudice è al tempo stesso organo accusatorio e
giudicante. La principale conseguenza è che egli difetta
completamente del requisito della terzietà. Non solo, la segretezza
degli atti processuali e la mancanza di qualsiasi controllo pubblico
costituisce un valore di massima rilevanza all’interno del
4
Sul merito si veda, ad esempio, G. PISAURO, Il processo penale e le indagini preliminari, in F.
SIDOTI (a cura di), L’investigazione come scienza, L’Aquila, 2004, p. 185.
8
procedimento. Tali atti sono preclusi non solamente ai soggetti
estranei al procedimento (circostanza prevista anche nel sistema
accusatorio) ma anche allo stesso imputato e al suo difensore.
Discende da ciò la mancanza di parità tra l’organo giudicante e quello
giudicato e una serie di conseguenze piuttosto gravose in capo a
quest’ultimo. In particolare, la possibilità di predisporre da parte del
giudice la carcerazione preventiva, pur in assenza di un rischio
concreto di fuga e di prove su cui fondarla. Nonché, e soprattutto, la
<< possibilità per il giudice di ricercare le prove senza che
all’imputato si riconosca contestualmente alcun diritto in ordine
all’assunzione delle stesse >>
5
.
In vigenza del codice Rocco, dunque, era proprio la fase
preliminare delle indagini a distinguersi per la presenza di regole di
natura inquisitoria. La fase dell’istruzione infatti, articolata nei due
momenti dell’istruzione sommaria affidata al pubblico ministero e
dell’istruzione formale affidata al giudice istruttore, era destinata
all’attività di investigazione e formazione delle prove attraverso la
libera iniziativa del giudice. Era condotta secondo canoni di
segretezza e, di conseguenza, relegava l’imputato e il suo difensore ad
una posizione di assoluta inferiorità. Basti pensare che erano
5
Cfr. G. PISAURO, Il processo penale e le indagini preliminari, in F. SIDOTI (a cura di),
L’investigazione come scienza, L’Aquila, 2004, p.185.
9
addirittura esclusi, in determinate circostanze, dalla partecipazione a
fondamentali attività di rilevanza probatoria, come gli esami
testimoniali o i confronti. L’assegnazione al difensore dell’imputato di
un ruolo di coprotagonista, con compiti esclusivamente di natura
propositiva o di controllo, era certamente coerente ad un articolato che
assegnava all’autorità giudiziaria - il pubblico ministero, il giudice
istruttore, il giudice del dibattimento- il compito di formazione della
prova: talchè l’intero processo era imperniato su di una palese
disparità tra accusa e difesa.
Così, pur non formalmente preclusa da alcuna disposizione del
codice, al difensore era pacificamente negata la facoltà di ricercare e
contattare direttamente le potenziali fonti di prova, tanto da ritenere
passibile di responsabilità disciplinare il patrocinatore che, nella fase
dell’istruttoria, e comunque prima dell’audizione dinanzi all’autorità
giudiziaria, avesse parlato con un testimone
6
.
Ma, se è vero che il diritto alle investigazioni difensive risulta
ineluttabilmente implicato dal nuovo modello processuale “di parti”
introdotto con il codice di procedura penale vigente, è bene, tuttavia,
puntualizzare subito che in nessuno dei codici di procedura penale del
6
E. APRILE- P. SILVESTRI, La formazione della prova penale dopo le leggi sulle investigazioni
difensive ed il giusto processo, Milano, 2002, p.4; cfr. anche con N. TRIGGIANI, La legge 7
dicembre 2000 n.397: prime riflessioni, in Cass. pen., 2001, p. 2278.
10
Regno d’Italia che si sono succeduti (c.p.p. 1865, c.p.p. 1913 e c.p.p.
1930) erano rintracciabili espliciti divieti di investigazione difensiva;
anzi il sistema sembrava addirittura implicare questa facoltà - libertà
del difensore, sia pure in una più generica funzione di presupposto dei
diritti di istanza difensiva.
Durante la vigenza del codice di procedura penale del 1930,
infatti, in dottrina
7
è stata autorevolmente sostenuta la tesi favorevole
alla libertà di investigazione difensiva. L’operatività del diritto alla
prova e dell’investigazione difensiva durante la vigenza del codice
Rocco era tuttavia condizionata da una prassi limitatrice, e, soprattutto
osteggiata da un atteggiamento di diffidenza da parte degli ordini
forensi
8
. Si comprende bene, quindi, come << l’inclinazione onnivora
e la natura totalizzante dell’istruzione >>
9
, in concreto, lasciassero ben
poco spazio all’iniziativa autonoma del difensore, il quale quasi come
uno spettatore attendeva l’evolversi dell’istruttoria, svolgendo poi, in
sede dibattimentale, il ruolo di critico revisore del materiale probatorio
raccolto nella precedente fase.
7
Si confronti con N. ROMBI, in Le investigazioni difensive: la dichiarazione scritta, Dir.pen. e
proc., 2002, p.1415, la quale scrive: << La necessità di un indagine difensiva era avvertita anche
nel previgente sistema processuale (..) e, sebbene la legge tacesse sul punto, in assenza di un
espresso divieto, lo svolgimento di una istruttoria autonoma da parte dei difensori dell’imputato e
delle altre parti private era tollerato >>; A. TRONCI, La tutela del cittadino imputato: dalla Carta
europea dei diritti fondamentali alle nuove disposizioni sulle indagini difensive. Linee guida della
legge n. 397 del 2000 e modifiche al codice penale, in Cass. pen., 2001, p. 2262.
8
N. TRIGGIANI, Le investigazioni difensive, Milano, 2002, pp. 2 ss.
9
N. TRIGGIANI, Le investigazioni difensive, Milano, 2002, p.13.
11
Prendeva forma, così, un << sistema accentuatamente
squilibrato, ove al già marcato peso specifico delle indagini
preliminari del pubblico ministero si contrapponeva il più ampio
disinteresse per ogni ipotetico potere di inchiesta del difensore, per di
più immobilizzato da una giurisprudenza disciplinare, elaboratasi sotto
l’egida del codice Rocco, che censurava, ad esempio, qualsivoglia
contatto della difesa con le fonti dichiarative di prova >>
10
.
1.2 I primi adeguamenti del sistema normativo di
procedura penale dopo la nascita della Costituzione e il
contributo delle fonti normative internazionali.
Il codice di procedura penale del 1988 nasce sotto la direttiva
dell’attuazione delle regole costituzionali e dei caratteri del sistema
accusatorio, nonché dell’adeguamento alle convenzioni internazionali
in materia di diritti dell’uomo: principi cardine sono l’adozione del
metodo orale, la partecipazione dell’accusa e della difesa su basi di
parità in ogni stato e grado del procedimento e il diritto delle parti
all’ammissione e all’acquisizione dei mezzi di prova.
10
G. DI CHIARA, Le linee prospettiche del difendersi ricercando: luci e ombre delle nuove
investigazioni difensive, Legisl. pen., 2002, p.1.
12
Già nel 1955 si assiste al varo di una riforma il cui obiettivo era
di attuare la Costituzione nel campo del processo penale. Una fase di
più specifici ed anche più incisivi aggiustamenti della normativa
processuale, per adeguarla ai valori costituzionali, si doveva aprire
subito dopo, a partire dal 1956, con l’entrata in funzione della Corte
costituzionale la quale ebbe ad esercitare, con il potere - dovere che ad
essa spetta, il suo magistero di invalidare le norme di legge
riconosciute non conformi ai principi della Costituzione.
Riforme prevalentemente riconducibili ad una << matrice di
“garantismo”, sollecito soprattutto della tutela dell’individuo di fronte
alle potenziali sopraffazioni della macchina processuale >>
11
, anche
se, nei rapporti tra la fase istruttoria e la fase del giudizio, rimaneva
pressochè intatto il peso preponderante dell’istruttoria nell’economia
globale del processo, tanto che si è potuto definire come “garantismo
inquisitorio” la risultante degli interventi novellistici di quel periodo.
Anche la legge delega del 3.4.1974 n. 108, per l’emanazione del
nuovo codice di procedura penale, si apre con una sorta di preambolo
che impegna la legislazione delegata, anzitutto, ad << attuare i
principi della Costituzione >> e ad << adeguarsi alle convenzioni
internazionali ratificate dall’Italia e relative ai diritti della persona e
11
M. CHIAVARIO, La riforma del processo penale, appunti sul nuovo codice, Torino, 1990, p.4.
13
al processo penale >>, e, subito dopo, ad << attuare (…) i caratteri
del sistema accusatorio >> (sennonché, la necessità di combattere il
terrorismo e la criminalità organizzata faceva ritenere tale modello del
tutto inadeguato alle istanze presenti nella società italiana di allora che
optò per una riproposizione del sistema inquisitorio). Lo stesso scopo
fu avvertito, infine, nel preambolo della legge - delega n. 81/1987, da
cui prese poi vita il primo codice dell’Italia repubblicana.
Il panorama in tema di fonti delle indagini difensive si presenta
decisamente eterogeneo: la materia è interessata non solo da
disposizioni di diritto interno, ma anche di origine internazionale e
comunitaria. E ciò perché possono dirsi, in senso lato, fonti delle
indagini difensive tutte quelle disposizioni che sanciscono il diritto di
difesa.
Si reputa indispensabile prendere le mosse dalle fonti primarie,
vale a dire che, stante la necessità ex art.10 Cost.
12
che il diritto interno
si conformi al diritto internazionale, prioritariamente si darà conto dei
trattati sottoscritti dal nostro Paese in tale ambito.
In questo senso è possibile citare, per quanto attiene alla
normativa di carattere internazionale, la Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10
12
Si legge infatti al comma 1: << L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute >>.
14
dicembre 1948 e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Parigi il 20 marzo
1952 dagli Stati aderenti al Consiglio d’Europa e resa esecutiva in
Italia con la legge n. 848/1955.
Il primo degli atti citati è un documento di alto rilievo politico -
ideologico che, nonostante il suo valore meramente programmatico, è
stato capace di incidere profondamente sull’evoluzione culturale e
normativa della società moderna. In particolare tra i diritti
fondamentali tutelati e garantiti dalla Dichiarazione è ricompreso
proprio il diritto di difesa. La disposizione dedicata specificamente
alla difesa in senso tecnico è l’art. 11, a norma del quale: << 1. Ogni
individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua
colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo
nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua difesa. 2.
Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo
od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non
costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto
internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena
15
superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato
commesso >>
13
.
La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, d’altro canto, costituisce una prima e concreta
forma di attuazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, con
valore vincolante in quanto appositamente ratificata. L’art. 6, comma
4, delinea analiticamente il contenuto del diritto di difesa sostenendo,
in particolare, che << Ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere
informato, nel più breve tempo, in una lingua che comprende ed in
maniera dettagliata, del contenuto dell’accusa elevata contro di lui e
a disporre del tempo e della possibilità necessari a preparare la
difesa >> e, inoltre, ribadendo il suo << diritto di difendersi
personalmente o con l’assistenza di un difensore di sua scelta >>.
Entrambi i testi citati rilevano nel panorama delle fonti delle indagini
difensive perché, << nonostante non prevedano espressamente il
ricorso a simili investigazioni, propongono una lettura in chiave attiva
e dinamica del diritto di difesa >>
14
il quale trova tutela anche nel
diritto comunitario.
13
Si noti come tale articolo ribadisca il principio affermato, pochi mesi prima, dal legislatore
costituente all’art. 27 Cost. comma 2: << L’imputato non è considerato colpevole sino alla
condanna definitiva >>.
14
S. CERVETTO, La deontologia del difensore nell’ambito delle investigazioni difensive,
convegno di deontologia, documento internet, da www.costituzionale.unige.it.
16
All’interno della Costituzione europea, e precisamente nella sua
parte II, contenente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nel
titolo VI in tema di giustizia, troviamo l’art. 107 il quale garantisce che
<< ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata
equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un
giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni
persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare >>.
Ai fini della presente indagine assume, inoltre, particolare rilevanza
l’art. 108 secondo il quale << ogni imputato è considerato innocente
fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata >>
e, ancora, che << il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni
imputato >>
Passando alle fonti delle indagini difensive di diritto interno rileva
innanzitutto l’ampia tutela accordata al diritto di difesa dalla nostra
Carta costituzionale. E’ bene, tuttavia, precisare che il diritto di difesa
non è collocabile solo nella parte I della Costituzione, riguardante i
diritti e doveri dei cittadini, ma, rappresentando un diritto inviolabile
dell’uomo, trova la propria disciplina in svariate norme costituzionali.
Al riguardo assume certamente rilievo in tal senso l’art. 2 Cost. inserito
nei principi fondamentali il quale ribadisce che << La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo
17
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale >>. Non vi è dubbio che anche il diritto di difesa,
sebbene altrove analiticamente e specificamente disciplinato, debba
farsi rientrare tra i diritti inviolabili dell’uomo poichè, al pari di altri
diritti fondamentali dell’individuo, è strettamente connesso alla sua
evoluzione ed alla sua libertà.
Altra norma costituzionale che ha certamente incidenza nella
disciplina del diritto di difesa è l’art. 3 Cost.
15
che sancisce il principio di
uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini davanti alla legge.
Ne discende che tale principio, ricondotto nell’ambito del processo
penale, postuli l’uguaglianza delle parti processuali ivi intervenute.
Occorre cioè che il sistema normativo preveda degli << strumenti tali da
assicurare a tutte le parti del processo penale omogenee possibilità di
realizzazione dei loro interessi >>
16
.
Tuttavia il principio di uguaglianza e i suoi corollari non possono
operare in senso assoluto, dovendosi contemperare con la realizzazione
di altri principi di rilievo costituzionale, come quello della c.d. tutela ed
15
In cui il comma 1 dice che: << Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti
alla legge, senza distinzione di sesso,di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di
condizioni personali e sociali >>.
16
A. DI MAIO, Le indagini difensive. Dal diritto di difesa al diritto di difendersi provando,
Padova 2001, p. 14.
18
effettività della giurisdizione, previsti e disciplinati dall’art. 111 e 112
Cost
17
.
La disposizione cardine del diritto di difesa è rappresentata
dall’art. 24 Cost., comma 2, secondo cui << La difesa è diritto
inviolabile in ogni stato e grado del procedimento >>. Ma la norma
costituzionale che attualmente rileva maggiormente in materia di
investigazioni difensive è l’art. 111 Cost, così come modificato dalla
legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, che ha elevato a dignità
costituzionale i principi del c.d. giusto processo i quali, sebbene
ugualmente operanti anche prima della riforma, si ricavavano, tuttavia,
soltanto da generiche disposizioni costituzionali e disarmoniche
previsioni codicistiche.
Per quanto riguarda le fonti normative ordinarie la disciplina
delle investigazioni difensive trova attualmente collocazione
all’interno del codice di procedura penale. La materia è stata oggetto
di numerosi interventi legislativi succedutisi nel tempo, conclusisi con
la legge 7 dicembre 2000, n. 397 che, a tutt’oggi, costituisce la fonte
fondamentale per la sua organicità e sistematicità.
17
Per l’art. 111 Cost. si veda nei capitoli successivi; mentre l’art. 112 Cost. recita: << Il pubblico
ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale >>.