CAPITOLO I
LA PARTECIPAZIONE DELLE REGIONI AD
ATTIVITA’ DELLO STATO
1. IL REGIONALISMO GARANTISTA
Vi sono due modelli di regionalismo, quello garantista e quello cooperativo.
Il regionalismo garantista attua una separazione delle competenze dello
Stato da quelle delle Regioni, garantendo però che la Regione rispetti, in
occasione dell’esercizio di funzioni ad essa attribuite, gli atti dello Stato posti
in essere a garanzia del bene indisponibile della unità – indivisibilità della
Repubblica. Con tale sistema non sarebbe, ad esempio, possibile l’abrogazione
di leggi Regionali da parte di leggi Statali (e naturalmente, viceversa), proprio
in ragione del fatto che le sfere suddette costituirebbero come dei “mondi”
incomunicabili tra loro, dovendosi piuttosto risolvere le antinomie tra le fonti in
parola ricorrendo allo schema della illegittimità costituzionale sopravvenuta
(specificamente per il caso che il contrasto si abbia tra leggi regionali
previgenti e norme sopravvenienti di leggi statali idonee a limitare l’autonomia
regionale
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1
MARTINES, T., RUGGERI, A, SALAZAR, C., Lineamenti di diritto regionale, settima edizione, Milano, 2005, p
101 e 102
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2. IL REGIONALISMO COOPERATIVO O COLLABORATIVO
Il modello di “regionalismo cooperativo” poggia sulla base della necessaria
integrazione delle competenze e dunque, sull’idea per cui Stato e Regioni
possono in spirito di “leale cooperazione”, concorrere a vicenda all’esercizio
delle rispettive funzioni.
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La Costituzione, nel riconoscere lo Stato italiano come Stato “regionale”,
non ha inteso orientare i rapporti fra l’ente sovrano e gli enti dotati di
autonomia politica esclusivamente nel senso della separazione delle rispettive
competenze, ma ha configurato un modello in cui le esigenze di garanzia della
sfera complessiva delle attribuzioni proprie di ciascun ente emergano
unitamente ad istanze di reciproca collaborazione, specie laddove sono
maggiormente evidenti i vincoli di interdipendenza fra il livello e la dimensione
locale degli interessi generali e quello degli interessi nazionali
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.
Vi è una “cooperazione” potremmo dire ascendente (che si ha da parte della
Regione verso lo Stato) ed una discendente (dallo Stato alla Regione) relativa
alle funzioni regionali
4
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2
MARTINES, T., RUGGERI, A, SALAZAR, C., op .ult. cit. p.102
3
MARTINES, T. , Diritto Costituzionale, Giuffré, 2005, p. 660
4
MARTINES, T., RUGGERI, A, SALAZAR, C. op .ult. cit. p.102
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3. CENNI SULLA QUESTIONE REGIONALE DOPO L’UNITA’
D’ITALIA.
La c.d. “questione regionale” si trascina in Italia da quasi 150 anni
(risalgono al 1861 e al 1862 le proposte legislative del Farini e del Minghetti) e
per strano che possa sembrare, non può considerarsi chiusa neppure adesso.
Se nei primi anni di vita del Regno, prevalente era l’idea di facilitarne il
processo di unificazione legislativa ed amministrativa, contemperando
uniformità e diversità (al che si opponeva, peraltro, dai più cauti, il rischio che
il porre l’accento sui particolarismi locali avrebbe potuto comportare per la
recente e ancor fragile unità dello Stato), non mancavano tuttavia (ed
acquistarono rinnovato vigore in talune correnti di opinione, nel primo
dopoguerra) le tendenze a considerare le autonomie regionali (ma più
largamente le autonomie locali in genere) come un argine a difesa delle libertà
individuali nei confronti del potere politico centrale; mentre nel secondo
dopoguerra, si andava delineando in un primo momento tra i partiti costituenti i
Comitati di liberazione nazionale (dove i CLN regionali ebbero in pratica, già
perdurando l’occupazione e poi all’indomani della Liberazione, nei limiti di
volta in volta consentiti dalle circostanze, poteri di governo effettivi sui
rispettivi territori) la tendenza a vedere nelle autonomie regionali i fattori di
base per una totale ristrutturazione dello Stato italiano.
Certo è che alla Costituente dominante e determinante risultò la concezione
liberal – garantista delle autonomie regionali: le Regioni come limite al potere
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(dello Stato), e pertanto garanzia di libertà contro ogni avventura autoritaria. Il
ruolo primario assegnato alle Regioni fu, dunque, di massima, un ruolo
frenante. Il ruolo garantista delle autonomie regionali, e locali in genere,
piuttosto che nella potestà normativa più o meno ampia ad esse riconnessa, sta
nella circostanza che le rispettive organizzazioni si fondano, al pari di quella
centrale dello Stato-persona, sul suffragio dei cittadini, chiamati ad eleggerne le
assemblee di base; sta, in altre parole nella funzione cui adempiono (o possono
adempiere) di strumenti di partecipazione popolare all’esercizio del potere
politico
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4. LE REGIONI NELLA COSTITUIZIONE DEL 1948
La Costituzione della Repubblica italiana, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 298 del 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948,
portò un profondo cambiamento e, il nostro Stato, da Stato unitario, quale era,
pur conservando tale peculiarità sottolineò con forza le autonomie regionali e
locali. L’Assemblea costituente adottò una disposizione a carattere generale,
inserita fra i principi fondamentali (art. 5) con esplicito riconoscimento delle
autonomie locali, e dedicò il Titolo V della parte II (artt. 114-133) agli enti
territoriali, introducendo nel nostro ordinamento, accanto ai Comuni e alle
Province, le Regioni, quali enti autonomi dotati di propri poteri e funzioni
secondo i principi fissati nella Costituzione (l’art. 115 Cost.). La chiave di
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CRISAFULLI, V., Vicende della “questione regionale”, in Le Regioni, 1982, pp.495 ss.
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lettura, per intendere il sistema delle autonomie locali, è rappresentata
dall’articolo 5, il quale fissa due principi che si integrano reciprocamente: il
principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica (che indica il limite
invalicabile oltre il quale le autonomie locali non possono andare, infatti,
qualunque iniziativa assunta nel campo delle autonomie locali, dovrà essere
valutata alla stregua di questo limite e sarà conforme alla Costituzione solo se
non comprometterà l’unità e la indivisibilità della Repubblica), e il principio
delle autonomie locali che la Repubblica deve riconoscere e promuovere
fissando un indirizzo all’attività dello Stato nel senso del decentramento e
dell’autonomia. La stessa collocazione dell’art. 5 fra i principi fondamentali
della Costituzione
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ne accresce la rilevanza complessiva e serve a completare la
caratterizzazione costituzionale della Repubblica quale risulta dall’art. 1 della
Costituzione
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. Possiamo ricercare delle motivazioni, tra le tante esistenti, a
questa scelta effettuata nella Costituzione:
a) la necessità di assumere un orientamento più democratico con la
ripartizione verticale dei centri di potere politico, così che questo potesse
essere più prossimo ai cittadini;
b) la paura di possibili degenerazioni autoritarie faceva ritenere più sicuro
affiancare al governo centrale un sistema di forti governi regionali;
c) l’idea di poter meglio gestire la diversità del territorio nazionale
attraverso una diversificazione dell’azione pubblica;
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Mentre nel testo del progetto era la prima disposizione del titolo dedicato alle autonomie locali (art. 106).
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CUOCOLO, F., Istituzioni di diritto pubblico, Giuffré, Milano, 2003, p.96 ss.
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d) per quanto riguarda le Regioni speciali, il tentativo di valorizzare le
peculiarità etnico-linguistiche e le diversità.
La Costituzione italiana del 1948, nel determinare e regolare l’assetto
fondamentale dello Stato, si è ispirata al principio unitario, che ha voluto
mantenere, senza lasciarsi condizionare dagli argomenti dei sostenitori della
riforma federale. Infatti, l’art. 5 parla di unità e indivisibilità della Repubblica.
Inoltre, le esigenze del paese potevano essere soddisfatte con un opportuno
decentramento autarchico e burocratico, legislativo e amministrativo, lasciando
riservate allo Stato le funzioni fondamentali. Infatti accanto al principio già
indicato, all'art. 5 si stabilisce che la Repubblica:
- riconosce e promuove le autonomie locali;
- attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo;
- adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell’autonomia e del decentramento.
Gli ultimi due punti fanno riferimento all’attività del futuro legislatore,
segnalando per esso una direttiva che è naturalmente vincolante. Il primo
punto è stato tradotto in una serie di leggi costituzionali con cui si e
proceduto alla previsione degli statuti per le Regioni ad autonomia speciale
e nelle altre leggi, costituzionali ed ordinarie, sull’ordinamento delle
autonomie locali. Di conseguenza, quando l’art. 114 Cost. stabiliva che “ la
Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” è legittimo affermare
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che questa suddivisione del territorio dello Stato ha valore e gli effetti di un
principio costituzionale, quindi, Regioni, Province e Comuni hanno
rilevanza costituzionale. La Costituzione però aveva proclamato la rispettiva
autonomia di questi enti secondo una diversa formulazione. Infatti secondo
l’art. 115: “le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e
funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione” e nell’art. 128 si dice:
”le Province e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati
da leggi generali della Repubblica”. Ma, in modo più particolare, si può
osservare che la rilevanza costituzionale delle Regioni non è limitata, come
per i Comuni e le Province, al mero riconoscimento della loro autonomia
con rinvio a leggi della Repubblica per la determinazione del loro
ordinamento, infatti, l’ordinamento regionale, non solo è già definito nei
suoi tratti fondamentali e uniformi nella Costituzione (mentre apposite leggi
costituzionali contengono gli statuti delle Regioni ad autonomia speciale),
ma la Costituzione attribuisce funzioni costituzionali alle Regioni,
- dispone che le elezioni del Senato della Repubblica siano fatte su base
regionale (art. 57);
- sancisce l’incompatibilità fra l’appartenenza ad una delle due Camere o
alla Corte costituzionale e l’appartenenza ad un Consiglio regionale
(artt.122 e 135);
- dichiara l’insindacabilità delle opinioni e dei voti espressi dai consiglieri
regionali nell’esercizio delle loro funzioni (art.122);
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