2
1.La capacita’ contributiva
1.1.Art.53 Cost. come fondamento sostanziale del dovere tributario e del criterio di
giustizia nella creazione e ripartizione dei tributi
L’art.53 Cost. dispone: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacita’ contributiva. Il sistema tributario e’ informato a caratteri di progressività”.
In tale articolo la prestazione tributaria viene presentata dal punto di vista del contribuente (“tutti”)
come dovere di concorrere all’interesse comune, per il solo fatto di avere “capacita’ contributiva” e
“in ragione” di tale capacita’ (cioe’, in funzione di essa, e l’art.53, comma secondo, stabilisce che
tale funzione non e’ proporzionale ma progressiva e che essa deve stabilirsi rapportando alla
capacita’ contributiva non la singola imposta, ma l’intero “sistema tributario”, cioe’ l’insieme delle
imposte
1
). La prestazione tributaria non ha, percio’, come proprio fondamento un astratto potere
formale della legge, ne’ un semplice rapporto commutativo (scambio di utilita’ tra ente pubblico e
contribuente), bensi’ la capacita’ contributiva, cioe’ l’attitudine a concorrere alle spese pubbliche
manifestata, innanzitutto, dalla forza economica del soggetto. “Tutti” devono concorrere
all’interesse comune per il solo fatto di avere l’idoneita’ a realizzarlo, e questo in ragione di tale
idoneita’ e a prescindere da specifici rapporti commutativi.
Tale dovere di mettere a disposizione della collettivita’, in concorso di forze, le proprie attitudini
trova riscontro anche in altre norme della Costituzione italiana, come l’art.4 e l’art.2, che, da un
lato, riconosce i diritti inviolabili della persona e, dall’altro, richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarieta’ politica, economica e sociale.
1
A. BERLIRI, Principi di diritto tributario, Milano, GIUFFRE’, 1967.
3
Quindi, anche il dovere di “tutti” di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita’
contributiva” e’ espressione di tale dovere di solidarieta’ nel campo politico, economico e sociale
2
.
L’art. 53, dunque, letto anche alla luce di altri principi costituzionali (soprattutto dell’art.2), ha
individuato la ragione sostanziale della prestazione tributaria nel dovere di solidarieta’, che vincola
al bene comune le potenzialita’ di ogni soggetto che sia parte di una comunita’
3
.
Strettamente collegata e’ la scelta del principio di capacita’ contributiva come primario criterio di
giustizia nella creazione e ripartizione dei tributi. Nell’ambito di rapporti solidali, il criterio di
giustizia si sintetizza nella formula: “da ciascuno secondo la capacita’, a ciascuno secondo i
bisogni”
4
(e questo esclude il criterio concorrente della corrispettivita’ tra prestazione tributaria e
servizio pubblico).
Da un lato, dunque, la solidarieta’ richiede, sul piano tributario, il criterio di ripartizione “in ragione
della capacita’ contributiva”, dall’altro, l’assunzione di tale criterio come principio base nella
ripartizione dei tributi indica una visione del rapporto tra cittadini e societa’ che non e’ piu’ basata
sull’individualismo, ma su una sintesi di quegli ideali di liberta’ e socialita’ che e’ propria del
solidarismo (lo Stato e’ per il singolo, ma le potenzialita’ del singolo sono presupposto di un dovere
di cooperazione per l’interesse comune)
5
.
2
Per una piu’ ampia dimostrazione della qualificazione del dovere di concorrere alle spese pubbliche come dovere di
solidarieta’, si vedano, tra gli altri, G. MICHELI, Profili critici in tema di imposizione, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1964, 1°,
p.30, p.3 ss; R. CORDEIRO GUERRA, Problemi in tema di traslazione convenzionale dell’imposta, in Rass. trib.,
1988, 1°, p.484 ss; F. GALLO, Brevi spunti in tema di elusione e frode alla legge, in Rass. trib., 1989, 1°, p.11 ss, p.19;
P. RUSSO, Lezioni di diritto tributario, Parte generale, Milano, GIUFFRE’, 1992.
3
Si veda anche A. FEDELE, Corrispettivi di pubblici servizi, prestazioni, imposte, tributi, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1971,
2°, p.27.
4
F. FORTE, Principi di economia finanziaria, in “Trattato di economia pubblica”, 1°, Torino, UTET, 1980.
5
F. MOSCHETTI, G. LORENZON, R. SCHIAVOLIN, L. TOSI, La capacita’ contributiva, Padova, CEDAM, 1993.
4
1.2.Rango costituzionale del principio di capacita’ contributiva e sua valenza
autonoma rispetto al principio di uguaglianza (art.3 Cost.)
Il principio di capacita’ contributiva e’ esplicitamente formulato nella Costituzione italiana ed ha un
suo valore autonomo, senza essere assorbito nel principio di uguaglianza. Certamente la capacita’
contributiva e’ anche un parametro per giudicare se due situazioni siano o meno analoghe dal punto
di vista tributario. Ma, prima di tutto, tale principio e’ un principio costituzionale di giustizia
fiscale, valido per ogni singolo concorso alle spese pubbliche, in se’ e per se’ considerato. Per ogni
singolo concorso alle spese pubbliche la capacita’ contributiva rappresenta il presupposto, il limite
massimo, il parametro del prelievo
6
. Infatti, se il singolo ha l’obbligo di contribuire solo in ragione
della sua capacita’ contributiva, e’ ovvio come lo Stato non possa costringerlo a pagare oltre tale
limite. Ancora, se il singolo deve concorrere con tutti gli altri interessati in funzione della sua
capacita’ contributiva, e’ ovvio come per stabilire la quota di tale concorso si debba avere riguardo
principalmente, se non esclusivamente, ad essa e quindi come lo Stato non possa istituire imposte
commisurate ad un parametro diverso
7
.
L’art.3 Cost., dopo aver fissato al suo primo comma il generale principio di uguaglianza, precisa, al
secondo comma, che e’ compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale che, limitando di fatto la liberta’ e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana. Compito dello Stato, dunque, e’ si’ quello di assicurare l’uguaglianza formale
dei cittadini di fronte alla legge, ma anche quello di garantire loro l’uguaglianza sostanziale,
correggendo squilibri sociali dovuti a situazioni di partenza non uniformi.
6
Si vedano anche in proposito: I. MANZONI, Il principio di capacita’ contributiva nell’ordinamento costituzionale
italiano, Torino, GIAPPICHELLI, 1965, p.12 ss; G. GAFFURI, L’attitudine alla contribuzione, Milano, GIUFFRE’,
1967.
7
A. BERLIRI, op. cit..
5
Concludendo, il principio di solidarieta’ non solo integra il principio di uguaglianza, ma lo limita ed
arricchisce, rendendo legittime forme di imposizione che, nonostante costituiscano una
discriminazione tra i soggetti (in particolare, a danno dei piu’ abbienti e a favore dei meno abbienti),
sono comunque giustificate dai fini di solidarieta’ economica e sociale
8
.
1.3.Concetto di capacita’ contributiva
L’art.53 individua il dovere di tutti i singoli cittadini di concorrere alle spese pubbliche, dovere che
ha come presupposto di legittimita’ la capacita’ contributiva. Di fondamentale importanza e’,
percio’, stabilire cosa si intenda con tale espressione.
All’inizio, specialmente gli economisti, hanno ritenuto tale espressione “una scatola vuota”,
indeterminata, riempibile di qualsiasi significato
9
. Superate, pero’, le prime incertezze
interpretative, dottrina e giurisprudenza hanno convenuto che capacita’ contributiva vuol dire
capacita’ economica di concorrere alle spese pubbliche, forza economica o ricchezza complessiva
di ciascun soggetto.
La situazione economica di un soggetto e’ determinata da diversi fatti. Affinche’ il concorso dei
soggetti alle spese pubbliche sia commisurato alla loro ricchezza e’ necessario vengano colpiti i fatti
“indici” di tale ricchezza e questi soli. Ogni prelievo tributario deve, cioe’, trovare la sua causa
giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza. In proposito, c’e’ sostanzialmente
accordo nel considerare tra questi i seguenti cespiti: il reddito complessivo, il patrimonio netto
complessivo, la spesa complessiva, gli incrementi patrimoniali (successioni, donazioni, vincite di
lotterie,...) e gli incrementi di valore del patrimonio (se non gia’ colpiti dall’imposta sul reddito).
Ciascuno di questi fatti concerne una parte della situazione economica del soggetto e tutti quanti
8
G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario, parte generale, Padova, CEDAM, 1997, 2^ edizione.
9
Per approfondimenti si vedano: L. EINAUDI, Miti e paradossi nella giustizia tributaria, Torino, EINAUDI, 1959 e
Prefazione a L. V. BERLIRI, La giusta imposta, Roma, Istituto italiano Studi Legislativi, 1945; G. DEL VECCHIO,
Introduzione alla finanza, Padova, CEDAM, 1954; G. INGROSSO, Diritto finanziario, Napoli, JOVENE, 1956 e I
tributi nella nuova costituzione italiana, in Arch. fin., 1950 e Tributi e costituzione, in Dir. prat. trib., 1964, 1°.
6
insieme compongono la situazione economica complessiva. Una lacuna nella tassazione dei cespiti
sopra indicati farebbe si’ che il concorso alle spese pubbliche da parte dei contribuenti non sarebbe
piu’ commisurato alla loro capacita’ contributiva complessiva
10
. Invece, l’aggravio (della
tassazione) di un cespite rispetto ad un altro deve essere giustificato da una particolare capacita’
contributiva del primo rispetto al secondo e non deve porre in pericolo l’esistenza dell’economia
privata ed il libero esercizio di un’attivita’ economica o professionale
11
. Allo stesso modo, i regimi
speciali o sostitutivi non violano l’art.53 se rispettano comunque il principio di uguaglianza e sono
legittimi se giustificati da precise ragioni di semplificazione o di tutela di interesse pubblico
12
.
L’individuazione di un presupposto economico alla capacita’ contributiva serve per verificare
un’esigenza riconducibile alla razionalita’ della tassazione: che vi sia collegamento reale e coerenza
tra presupposto economico e imposta dovuta
13
.
Affinche’ il concorso alle spese pubbliche sia commisurato alla capacita’ contributiva e’ necessario
non solo colpire i cespiti rivelatori di ricchezza, ma anche considerare la situazione personale e
familiare del contribuente: la capacita’ contributiva non e’ quella oggettiva rappresentata da un bene
economico indipendentemente dalla persona che lo possiede, ma e’ quella del soggetto, in quanto
10
Tale pericolo nell’ordinamento italiano non e’ del tutto teorico: basti pensare che per molto tempo sono stati
sostanzialmente esclusi da tassazione i “capital gains” (ci si riferisce, in particolare, alle plusvalenze realizzate, al di
fuori dell’esercizio d’impresa, da persone fisiche, su partecipazioni sociali e simili), che ancora oggi non tutti i proventi
reddituali sono tassati (ad esempio, i compensi per la cessione di studi professionali o le plusvalenze realizzate da
persone fisiche sulla cessione di opere d’arte), che non esiste una generale definizione di reddito imponibile che possa
coinvolgere nella tassazione redditi non espressamente menzionati, che non esiste una clausola generale anti-elusione
che impedisca il costante pericolo di aggiramento delle previsioni impositive e agevolative. Si veda F. MOSCHETTI, Il
principio della capacita’ contributiva, Padova, CEDAM, 1973.
11
Per esempio, la Corte costituzionale ha riconosciuto (sentenza del 26 marzo 1980, n.42) la legittimita’ della plurima
tassazione dei redditi (con IRPEF ed ILOR) laddove ha ravvisato una capacita’ contributiva maggiore (redditi aventi
una componenete patrimoniale), mentre ha affermato l’illegittimita’ laddove ha disconosciuto tale maggiore capacita’
(redditi da lavoro autonomo). Si veda F. MOSCHETTI, op. cit..
12
H. HALLER, Die Steuern (Le imposte), Tubingen, MOHR, 1964, p.120.
13
E. DE MITA, Appunti di diritto tributario. L’imposta come istituto giuridico. I principi costituzionali in materia
tributaria, Milano, GIUFFRE’, 1987.
7
anche indotta da quel bene. Questa e’ la differenza tra imposizione reale e imposizione personale
14
.
Nel colpire i cespiti sopra indicati e’ necessario, dunque, da una parte esentare il minimo necessario
alle esigenze personali e familiari, dall’altra tenere conto delle spese, delle passivita’ che
influiscono sulla situazione economica del contribuente (principio della tassazione al netto: vedi
requisito di effettivita’).
Per quanto riguarda il primo punto, possedere un reddito inferiore a quanto strettamente necessario
per vivere non solo non e’ indice di capacita’ contributiva, ma lo e’, anzi, di uno stato di bisogno.
L’attitudine a concorrere alle spese pubbliche inizia solo dopo che siano state soddisfatte le
necessita’ personali e familiari, e questo non solo per esigenze logiche, ma anche per conformita’ al
carattere solidaristico del dovere: il concorso alle spese pubbliche, proprio in quanto solidaristico,
deve essere adempiuto da quelli che hanno, anche per quelli che non hanno. A questo proposito
l’art.53 ben si combina con l’art.36 della Costituzione, secondo cui “il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantita’ e qualita’ del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad
assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Da cio’ discendono alcune
importanti conseguenze in campo tributario: l’imposta non puo’ mai colpire una retribuzione
appena sufficiente; il “minimo” e’ quello per “un’esistenza libera e dignitosa” (e non il minimo
vitale); infine, essendo il minimo di retribuzione riferito anche ai bisogni di famiglia, i tributi
applicati ai singoli dovranno sempre tener conto delle situazioni familiari. Quindi, l’art.53 richiede
l’esenzione del minimo, l’art.36 ne specifica il contenuto
15
.
14
Sull’esigenza della personalita’ dell’imposta: C. cost. 179/1976.
15
Nel nostro ordinamento esiste, sotto questo aspetto, una incredibile violazione del principio di capacita’ contributiva,
poiche’ l’imposta sul reddito complessivo delle persone fisiche non prevede alcuna forma di esenzione per la generalita’
dei redditi minimi. Solo per i redditi di lavoro e d’impresa minore e’ previsto (grazie ad una detrazione dall’imposta
lorda) un “minimum” esente. Questo vale non solo per il principio di capacita’ contributiva, ma anche per quello di
uguaglianza.