INTRODUZIONE
Nell‟era della globalizzazione economica e commerciale in cui tutti i
fenomeni che contribuiscono allo sviluppo economico, sociale ed umano si
intrecciano ed influenzano l‟uno con l‟altro, un ruolo sempre più rilevante è
occupato dallo stato di salute della Terra. Sempre più frequentemente la
Comunità Internazionale si occupa di cambiamenti climatici, perdita della
biodiversità, assottigliamento dello strato dell‟ozono, inquinamento terrestre,
atmosferico, marino, così come riserva parte del proprio lavoro alle politiche
di liberalizzazione commerciale volte ad aumentare la crescita economica
affinché, innalzando il reddito dei paesi, ne migliori il tenore di vita e dia
inizio ad un processo di sviluppo a 360° che coinvolga la dimensione politica,
sociale ed istituzionale. Pertanto la protezione ambientale è ormai un interesse
fondamentale che l‟umanità deve perseguire, così come lo è il diritto allo
sviluppo che, nell‟era dell‟apertura dei mercati a livello mondiale, si basa
sulla liberalizzazione degli scambi commerciali. Alla luce di questa premessa,
questo lavoro si propone l‟obiettivo di analizzare la nascita e l‟evoluzione del
diritto internazionale ambientale e il rapporto che si intreccia tra quest‟ultimo
e il diritto del commercio internazionale.
Nel primo capitolo verrà analizzata l‟origine del diritto internazionale
ambientale che ha visto fino al 1970 circa uno sviluppo frastagliato attraverso
la stipulazione di una serie di accordi relativi a settori specifici che
compongono l‟ambiente e alcuni sporadici casi giurisprudenziali che, in
seguito a fenomeni di inquinamento transfrontaliero accidentale, iniziavano a
prendere in considerazione i danni causati all‟ecosistema. Soltanto con la
Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (UNCHE), tenutasi a
Stoccolma nel 1972, si comincia a considerare l‟ambiente un tutto composto
da più parti che vanno tutelate in maniera sistematica ed unitaria. Si
affermeranno i primi principi su cui dovrà basarsi la protezione ambientale e
si darà vita all‟UNEP (United Nations Environmetal Programme), finché con
il Rapporto Brundtland del 1987 si giungerà ad elaborare per la prima volta il
concetto dello sviluppo sostenibile che – enunciato in seguito nella
4
Dichiarazione su ambiente e sviluppo adottata nel corso della Conferenza
delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED) e svoltasi a Rio de
Janeiro nel 1992 – da allora in poi, investirà di sé tutta la produzione
normativa in tema di salvaguardia ambientale; infatti anche l‟ultimo grande
vertice delle Nazioni Unite in materia, tenutosi a Johannesburg nel 2002, ha
preso il nome di Summit Mondiale sullo sviluppo sostenibile (WSSD).
Nel secondo capitolo si procederà ad analizzare il contenuto e il significato
dei principi fondamentali attorno cui si è sviluppato il diritto internazionale
ambientale quali il divieto di inquinamento transfrontaliero – già enunciato
nella Dichiarazione di Stoccolma e rivisitato alla luce dello sviluppo
sostenibile nella Dichiarazione di Rio de Janeiro – e i suoi corollari ovvero gli
obblighi di prevenzione, di cooperazione, di informazione, notificazione e
consultazione. Altri principi fondamentali sono quello dello sviluppo sostenibile,
che si specifica meglio alla luce dei principi dell‟equità intergenerazionale e della
responsabilità comune ma differenziata e, infine, i principi precauzionale e “chi
inquina paga”. Si passerà poi ad esaminare i trattati ambientali multilaterali, i c.d.
MEAs (Multilateral Environmental Agreements), e alcuni regimi a difesa dei
rischi ambientali globali (global concerns), ponendo particolare attenzione alla
Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montreal per la protezione delle fascia
di ozono del 1987, la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (1992) e il
relativo Protocollo di Kyoto (1997), la Convenzione sulla Diversità Biologica
(1992) e il Protocollo sulla Biosicurezza (2000). Alla fine del capitolo si darà nota
dei più recenti vertici internazionali tenutisi rispettivamente a Copenhagen nel
dicembre del 2009 (COP-15) per ricercare un nuovo accordo sostitutivo del
Protocollo di Kyoto in scadenza nel 2012, e a Nagoya nell‟ottobre del 2010
relativo ai lavori della COP-10 sulla perdita della biodiversità.
Nel terzo ed ultimo capitolo il discorso verterà sul rapporto tra il diritto del
commercio internazionale, regolato dal quadro istituzionale e normativo del WTO
(World Trade Organization), e il diritto internazionale ambientale, che a tutt‟oggi,
sebbene sia composto da un numero molto alto di accordi bilaterali e multilaterali
che disciplinano tutti gli aspetti e le problematiche dell‟ambiente, non ha visto
5
ancora l‟istituzione di un‟organizzazione internazionale ambientale a se stante che
ne disciplini l‟attività in un‟unica sede. Il rapporto tra commercio e ambiente,
considerato spesso come un rapporto antitetico ed inconciliabile, ha visto in sede
OMC il sorgere di una prassi giurisprudenziale molto ampia. Attraverso la
risoluzione di tali controversie si delinea la dialettica tra la necessità della
liberalizzazione degli scambi, come motore propulsore dello sviluppo economico,
e la salvaguardia dell‟ambiente da cui si ricavano tutte le risorse di cui
disponiamo e senza la cui corretta ed idonea preservazione e dell‟ecosistema più
in generale neanche le esigenze economiche potrebbero essere soddisfatte.
Sebbene spesso le dinamiche del sistema di risoluzione delle controversie del
WTO propenderanno a favore del libero scambio, si rileva che la tutela ambientale
e la liberalizzazione commerciale, nonostante esistano aspetti che possono
renderne difficile la conciliazione, sono due ambiti che possono essere bilanciati
perché funzionali l‟uno all‟altro: la liberalizzazione degli scambi aumenta la
crescita economica la quale a sua volta permetterà il miglioramento della generale
situazione di uno Stato riducendone la povertà e soddisfacendo i bisogni primari,
l‟istruzione, lo sviluppo sociale. Un innalzamento del reddito farà si che vi siano
maggiori fondi da destinare alle politiche ambientali che verteranno su tecnologie
pulite. Si innesca così un processo dinamico per cui il sistema multilaterale
commerciale può anche contribuire al miglioramento della preservazione
dell‟ambiente. La connessione fra la tutela ambientale e lo sviluppo economico
risulta quindi inossidabile in quanto povertà, degrado ambientale e spreco di
risorse si intrecciano al punto da diventare un pericolo per la sopravvivenza di
tutte le specie a cui non fa eccezione quella umana. Oggi l‟ambiente è “una
dimensione essenziale” per lo sviluppo, infatti all‟interno di un ambiente
degradato e depauperato delle proprie risorse non può avere luogo uno sviluppo di
lungo periodo.
6
CAPITOLO 1
LA PROTEZIONE DEL BENE GIURIDICO AMBIENTE NELLA
PRASSI DELLE NAZIONI UNITE
1.La nozione giuridica di ambiente.
L‟etimologia del termine ambiente deriva dal latino ambiens, entis, participio
passato del verbo ambire cioè “andare intorno, circondare”; anche altre lingue
1
europee presentano una derivazione etimologica simile, se non identica, in
quanto richiama l‟idea della circolarità.
Il concetto di ―ambiente‖ presenta una certa varietà di definizioni a causa
dell‟influenza che esercita all‟interno di differenti discipline quali
l‟antropologia, la sociologia, l‟ecologia, la biologia, la chimica etc. ma, in via
generale, il termine ―ambiente‖ si riferisce a “the air, water and land in or on
2
which people, animals and plants live‖ o ―the conditions in which a person,
animal, or plant lives or operates […], the natural world, as a whole or in a
3
particular geographical area, especially as affected by human activity‖ ma
anche “the complex of physical, chemical, and biotic factors that act upon an
organism or an ecological community and ultimately determine its form and
4
survival‖. L’Oxford English Dictionary descrive “the environment‖ come ―the
objects or the region surrounding anything‖. In ultimo l‟ambiente è concepito
come ―la natura, come luogo più o meno circoscritto in cui si svolge la vita
dell’uomo, degli animali, delle piante, con i suoi aspetti di paesaggio, le sue
risorse, i suoi equilibri, considerata sia in sé stessa sia nelle trasformazioni
operate dall’uomo e nei nuovi equilibri che ne sono risultati, e come patrimonio
da conservare proteggendolo dalla distruzione, dalla degradazione,
5
dall’inquinamento‖. Dalle precedenti definizioni si desume che la nozione di
1
Il vocabolo francese envìronnement è composto dal prefisso en (intorno) e dal verbo virer
(girare), da esso deriva anche l‟inglese environment; il tedesco Umwelt, è composto dal prefisso
um che precede il sostantivo Welt (mondo), indicando "ciò che sta intorno".
2
Definizione di “environment” in Cambridge English Dictionary
3
Definizione di “environment” in Oxford English Dictionary
4
Definizione di “environment” in Encyclopedia Britannica
5
Voce ―Ambiente ‖ in Vocabolario della Lingua Italiana dell’Enciclopedia Treccani (1986)
7
ambiente è ampiamente collegata ad un insieme di fattori (fisici, biologici,
chimici, biotici e abiotici) e ad un complesso attivo e dinamico di elementi
naturali (la fauna, la flora, il paesaggio) che, muovendosi in un quadro comune in
cui si influenzano reciprocamente, compongono il contesto in cui la vita –
6
vegetale, animale ed umana – si è evoluta fino ad oggi e continuerà ad evolversi.
Per quanto riguarda una definizione giuridica di ―ambiente‖ e dei concetti ad essa
più strettamente connessi, una parte della dottrina ne sottolinea l‟importanza a due
livelli: uno più generale che definisce la portata della disciplina giuridica in
questione e la competenza delle organizzazioni internazionali; uno molto più
specifico in cui la definizione di ambiente acquisisce particolare valore in
relazione agli sforzi fatti per stabilire le norme che regolino la responsabilità per
7
danni arrecati all‟ambiente. La definizione giuridica di ambiente riflette e
rimanda a categorie e raggruppamenti scientifici così come gli atti politici che
incorporano elementi di natura culturale ed economica. Infatti la scienza divide le
questioni ambientali in diversi settori quali l‟atmosfera, la qualità dell‟acqua,
depositi atmosferici, etc. Le definizioni scientifiche vengono “trasformate”
attraverso i processi politici in definizioni giuridiche riscontrabili nei trattati;
sebbene quello di “ambiente” non sia un termine il cui uso sia propriamente e
generalmente accettato nel diritto internazionale, recenti accordi hanno
consistentemente identificato i vari elementi di cui si compone. Gli approcci utili
alla qualificazione dell‟ambiente sono vari e differenti. Ad esempio i primi trattati
facevano riferimento alla “fauna e alla flora” piuttosto che all‟“ambiente”,
restringendo così la loro portata d‟applicazione; l‟articolo XX lett. (b) e (g) del
GATT parla di ―human, animal, plant life or health” e di ―conservation of
exhaustible natural resources‖; anche la Dichiarazione di Stoccolma del 1972
non si riferisce esplicitamente all‟ambiente ma alle risorse naturali della terra
come aria, acqua, fauna e flora e gli ecosistemi naturali, mentre nel Preambolo
traccia la linea di demarcazione tra l‟ambiente delle risorse naturali e il ―man-
made environment‖ che include ―the living and the working environment‖. In
6
A. TOUWAIDE, "Environment‖, in New Dictionary of the History of Ideas, 2005, from
Encyclopedia.com: http://www.encyclopedia.com
7
P. SANDS, Principles of International Environmental Law, Cambridge, 2003, p.17ss
8
maniera simile la Carta mondiale della Natura del 1982 non definisce l‟ambiente
ma si riferisce alla necessità di rispettare la natura attraverso principi che sono
applicabili a ogni forma di vita, di habitat, a tutte le aree della Terra, agli
8
ecosistemi, agli organismi e alle risorse marine, terrene ed atmosferiche. Quei
trattati che menzionano l‟ambiente e cercano una definizione applicabile del
9
termine finiscono per adottare nozioni piuttosto generiche. Altre nozioni
giuridiche, più specifiche e rilevanti da un punto di vista internazionale, sono state
soggette ad una definizione negoziata attentamente, come quelle di risorse
biologiche, sistema climatico, buco nell‟ozono. Altri termini utilizzati di frequente
negli accordi internazionali riguardanti le problematiche ambientali e per cui sono
state create definizioni giuridiche ad hoc, sono quelli di inquinamento,
10
conservazione, danno, uso sostenibile e gestione. Quindi è tuttora difficile poter
ricavare dalla normativa e dalla prassi internazionale una qualificazione giuridica
della nozione di ―ambiente‖, mentre risulta ampiamente diffusa e generalizzato
l‟utilizzo di nozioni di ambiente più estensive quale quella di habitat naturale in
quanto non pone limiti al progressivo sviluppo normativo relativo a questa
11
materia.
Con riferimento a quanto appena detto e al fine di delineare l‟origine e
l‟evoluzione del diritto internazionale dell‟ambiente, non si può prescindere da
alcuni aspetti particolari. Innanzitutto bisogna considerare che le conoscenze
giuridiche ambientali vengono definite tramite l‟utilizzo della cultura e dei dati
scientifici esistenti che rinviano a o recepiscono discipline e scienze non
giuridiche, in particolare le scienze naturali, sociali, economiche ma anche l‟etica
e la filosofia, le quali esercitano una forte influenza sulla normativa internazionale
12
ambientale. La relazione tra le attività umane e la qualità dell‟ambiente non è
una tematica recente infatti la nozione di ambiente contiene in sé «un significato
fortemente antropocentrico, in cui l'uomo è visto, non come parte integrante della
8
Ibidem, p.18
9
Ad esempio: la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 parla di ambiente
marino senza darne definizione, sebbene sembra che includa gli ecosistemi, gli habitat, le specie
minacciate o in via d‟estinzione e altre forme di vita marina, l‟inquinamento atmosferico.
10
Ibidem, p.19
11
G. TAMBURELLI, Tutela dell’ambiente (diritto internazionale) in Enciclopedia giuridica italiana,
pag 1, vol. II, 2003.
12
Ibidem.
9
biosfera, ma come entità e fattore che, pur al centro del mondo, ne risulta in
realtà esterno, capace di plasmare e gestire un ―ambiente‖ creato appositamente
13
per le proprie necessità e in virtù delle superiori doti intellettive». Questa
visione non si modificherà finché, a partire dalla seconda rivoluzione industriale e
ancor di più dalla Seconda guerra mondiale in poi, determinati eventi e fattori
svilupperanno nell‟uomo una percezione dell‟ambiente meno antropocentrica e, di
conseguenza, una maggiore consapevolezza dei rischi che egli stesso corre per i
danni arrecati all‟ambiente.
In secondo luogo la tutela ambientale, almeno fino agli sessanta, veniva affrontata
14
in maniera saltuaria ed occasionale con riferimento a casi e problemi specifici
oppure come risultato indiretto di azioni con un obiettivo differente e in funzione
di interessi diversi ed ulteriori. A prova di ciò le prime, e poco numerose, misure
giuridiche internazionali relative all‟ambiente rientravano solo nell‟ambito della
disciplina della responsabilità degli Stati, più nello specifico in ipotesi da
inquinamento transfrontaliero e quindi come fattispecie di illecito
15
internazionale.
In terzo luogo, le norme esistenti prima degli anni settanta avevano come scopo
principale la salute umana piuttosto che la protezione dell‟ambiente e quest‟ultima
non costituiva di per sé settore d‟interesse dell‟ordinamento internazionale poiché
la sua tutela era competenza esclusiva dei singoli Stati. Lo stesso Trattato
istitutivo delle Nazioni Unite, siglato il 26 giugno 1945 a San Francisco, all‟art.
16
1 non alludeva o menzionava esplicitamente, tra i fini che la nuova
13
www.valutazioneambientale.net
14
Tra i più importanti quelli del Fiume Oder del 1929, della Fonderia di Trail del 1941, dello
Stretto di Corfù del 1949e del Lago Lanoux del 1957 (sebbene le vicende degli ultimi due
riguardavano trasversalmente la protezione ambientale ).
15
S. CARBONE, R. LUZZATTO, A. SANTA MARIA, Istituzioni di diritto internazionale,
Torino, 2006, p.447
16
Articolo 1 della Carta ONU: I fini delle Nazioni Unite sono: «1. Mantenere la pace e la
sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e
rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della
pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai principi della giustizia e del diritto
internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali
che potrebbero portare ad una violazione della pace. 2. Sviluppare tra le nazioni relazioni
amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-decisione dei
popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale; 3. Conseguire la
cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico,
sociale culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione; 4.
10
organizzazione internazionale si proponeva, la salvaguardia dell‟ambiente, né
tantomeno la Comunità Internazionale dava vita ad un Istituto specializzato
17
dell‟ONU che avesse competenza settoriale in materia di ambiente. Infatti il
diritto internazionale poggiava ancora fortemente, e soprattutto, sul principio di
non ingerenza e molto meno su quello di cooperazione; nello specifico contesto
ambientale ciò implicava che gli Stati concepissero i loro rapporti secondo un
orientamento tradizionale in base al quale non avrebbero dovuto interferire l‟uno
con l‟altro nella gestione degli spazi territoriali e marittimi sotto giurisdizione
altrui e che, in quanto enti dotati di sovranità volti a perseguire legittimamente i
propri interessi, fossero liberi di sfruttare le proprie risorse naturali e quindi anche
18
di “inquinare”. Era del tutto inesistente una legislazione a protezione
dell‟ambiente che andasse aldilà delle giurisdizioni nazionali ed era quindi negata
19
una dimensione internazionale alla salvaguardia ambientale.
1.1 Il concetto di “patrimonio comune dell’umanità” (the common
heritage of mankind)
Prima di ricostruire la nascita e l‟evoluzione del diritto internazionale
dell‟ambiente, un altro concetto su cui porre l‟attenzione nell‟ambito della
protezione ambientale è quello di “patrimonio comune dell‟umanità” che andò
formulandosi nel contesto dei negoziati per l‟adozione di una convenzione sul
20
diritto del mare in seguito al naufragio della petroliera Torrey Canyon, avvenuto
21
nel 1967. Il termine venne coniato in seno alla prima Commissione delle
Nazioni Unite del 1967 dall‟ambasciatore di Malta, Arvid Pardo, che dichiarò
“patrimonio comune dell‟umanità” i territori nullius e a tutela dei quali stabilì dei
Costituire un centro per il coordinamento dell’attività delle nazioni volta al conseguimento di
questi fini comuni».
17
Ci vorrà il 1972 affinché l‟Assemblea generale dell‟ONU istituisca, tramite la risoluzione 2997
del 15 dicembre del 1972, il primo organo sussidiario internazionale, a carattere universale e con
competenze specifiche in tema ambientale, ovvero il Programma delle Nazioni Unite per
l’ambiente (UNEP).
18
S. MARCHISIO, Il diritto internazionale dell’ambiente, in Diritto ambientale, profili
internazionali, europei e comparati, 2005, p.4
19
Ibidem
20
L‟affondamento della petroliera Torrey Canyon provocò il versamento di 80.000 tonnellate di
petrolio nella Manica divenendo uno dei più gravi casi di inquinamento accidentale.
21
G. TAMBURELLI, Tutela dell’ambiente (diritto internazionale) in Enciclopedia giuridica italiana,
II, 2003, pag. 3.
11
parametri quali l‟uso esclusivamente pacifico del bene comune e
2223
l‟inappropriabilità dell‟area e delle sue risorse. Passando da una‟analisi di tipo
dottrinario ad una convenzionale, tali elementi distintivi – in seguito ripresi e più
ampiamente sviluppati dalla dottrina in: «il divieto di appropriazione nazionale,
la riserva a scopi puramente pacifici, il rispetto dell’equilibrio ambientale,
l’elaborazione di un sistema di gestione tale da garantire all’intera Comunità
internazionale il controllo sulle attività svolte e la distribuzione dei benefici
24
ottenuti dallo sfruttamento delle risorse» – sono riscontrabili nella Convenzione
delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 la quale sviluppa i principi
elaborati nella Risoluzione dell‟Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 2749
(XXV) del 17 dicembre del 1970. Tale risoluzione sancisce il regime di
patrimonio comune dell‟umanità classificando come tale in particolare l'area dei
fondali marini, degli oceani ed il loro sottosuolo oltre i limiti della giurisdizione
25
nazionale, così come le loro risorse, la loro esplorazione e il loro sfruttamento
che devono essere condotti a beneficio di tutta l'umanità, indipendentemente dalla
26
collocazione geografica degli Stati.
Lo scopo della visione di Arvid Pardo era di fare in modo che non avessero
accesso alle risorse oceaniche solo ed esclusivamente quegli Stati che, dotati di
adeguati strumenti tecnologici e finanziari, fossero in grado di condurne lo
sfruttamento secondo la regola ―first come, first served‖ vigente in relazione alla
27
libertà dei mari. Infatti, in quanto di interesse comune per l‟intera Comunità
22
M. SPAGNOLO, Principi di diritto internazionale in Codice dell’ambiente e normativa collegata,
2008, pag.5
23
Nella sua visione originaria il regime di patrimonio comune dell‟umanità era caratterizzato da
inappropriabilità, necessità di un regime internazionale di sfruttamento delle risorse al fine
dell‟equo accesso, ripartizione dei benefici, utilizzabilità solo per scopi pacifici, riserva delle
risorse per le generazioni future
24
U. LEANZA, Il diritto internazionale, Da diritto per gli Stati a diritto per gli individui Torino,
2002, p.167
25
Le risorse minerarie del fondo e del sottosuolo del mare internazionale comprendono i noduli
polimettallici, le croste di ferro e manganese e i solfati polimetallici.
26
L‟articolo 136 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, parte XI,
recita ―The Area and its resources are the common heritage of mankind.‖ Per “Area” si intende la
zona comprendente il fondo dell‟alto mare e il corrispondente sottosuolo.
27
G. TAMBURELLI, Tutela dell’ambiente (diritto internazionale) in Enciclopedia giuridica italiana,
II, 2003, pag. 3.
12