2
valutazione. Tra questi un ruolo fondamentale è ricoperto dalla continuità
aziendale
1
, ossia dalla prioritaria assunzione dell’ipotesi di normale
funzionamento tipico connotato di un complesso -come quello aziendale –
istituzionalmente destinato a perdurare nel tempo. Il sistema d’azienda vive,
infatti, nel durevole e mutevole succedersi delle proprie vicende produttive,
autonomamente e convenientemente indirizzate per il raggiungimento di
specifici bisogni.
Il principio di continuità aziendale è esplicitato nel 1°comma dell’art. 2423-bis,
che così recita: <<La valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza
e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della
funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato>>.
Ma cosa vuol dire, in realtà, che l’impresa continuerà la propria attività in
futuro? In genere, continuazione dell’attività vuol dire che gli amministratori:
a. Non hanno l’intenzione o la necessità di metterla in liquidazione;
b. Non ritengono di cessare l’attività, anche se essa prosegue positivamente
fino ad ora; e
1
La dottrina è sempre stata unanime nel considerarlo come il principio base per la corretta predisposizione del
bilancio, poiché implica di per sé il rispetto anche di tutti gli altri principi come la comparabilità e la prudenza.
Alcuni autori, infatti, hanno ribadito il forte legame esistente tra la costanza dei criteri di valutazione ed il
principio di continuità aziendale, in quanto la costanza dei criteri di valutazione implica la comprensione di una
tendenza che permette di interpretare la prospettiva evoluzione dell’azienda. Insomma <<la continuità di
funzionamento è la piattaforma su cui si regge l’intera architettura dei bilanci ordinari, definendone ab origine
l’area di riferimento, nonché fornendo il presupposto logico dal quale derivano gli altri principi di
redazione.>>, cfr. R.MACCHIONI, Riflessioni su alcune proposte di modifica delle norme sul bilancio
d’esercizio, Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, 2007, pag. 37.
3
c. Non intendono assoggettare l’impresa ad alcuna delle procedure
concorsuali previste dalla legge (es. fallimento, concordato preventivo,
ecc.).
In sostanza si presume che un’impresa sia in condizioni di continuità aziendale
quando può far fronte alle proprie obbligazioni ed agli impegni nel corso della
normale attività. Ciò significa che la liquidità derivante dalla gestione corrente,
insieme ai fondi disponibili (in cassa, in banca, mediante linee di credito,ecc..)
saranno sufficienti per rimborsare i debiti e far fronte agli impegni in scadenza
2
.
Da ciò consegue che le valutazioni di bilancio esprimono valutazioni di
“processi in corso di svolgimento”, nel senso dell’evoluzione di questi processi
nel tempo; coerentemente le attività e le passività sono contabilizzate tenendo
conto della capacità dell’impresa di realizzare tali attività e di assolvere ai propri
impegni nel normale svolgimento della sua attività. La preparazione del bilancio
nel presupposto della continuità aziendale viene effettuata per un periodo futuro
che generalmente non eccede l’anno dalla data di chiusura del bilancio.
Quando invece è probabile che l’impresa non sia in grado di realizzare le proprie
attività per il valore riportato in bilancio o far fronte ai propri impegni senza
porre in atto operazioni che esulano dalla normale attività di gestione (es.
2
Storicamente la dottrina italiana riconosceva alla continuità aziendale l’elemento differenziante tra bilanci
ordinari e bilanci straordinari, definendo bilanci ordinari quelli che si redigono a fine esercizio nelle aziende in
normale stato di funzionamento e bilanci straordinari tutti gli altri. Le differenze tra i due documenti risalgono in
particolare ai diversi criteri usati nella loro redazione. Per un’analisi storica del presupposto di continuità
aziendale si veda M.G. BALDARELLI, Alcune note storiche sul principio di continuità, in Economia Aziendale
2000-web paper, www.ea2000.it.
4
vendita di beni patrimoniali o ristrutturazione delle operazioni), il presupposto di
continuità aziendale deve essere messo in discussione ed attentamente valutato.
In particolare, bisognerà procedere a rettificare gli importi e le classificazioni
delle attività e delle passività applicando i principi di liquidazione di cui all’art.
2490 c.c, che impongono di valutare le attività a valori netti di realizzo
3
e di
iscrivere in bilancio sia le passività presenti che quelle previste fino al
completamento della liquidazione. In tali casi, il redattore del bilancio dovrà
indicare in nota integrativa le motivazioni che hanno portato ad adottare criteri
alternativi a quelli previsti nel caso di funzionamento dell’azienda, separando ed
evidenziando le poste patrimoniali ed economiche soggette ai differenti criteri di
valutazione. Questa chiarezza di esposizione è richiesta anche nel solo caso in
cui un ramo aziendale sia destinato al funzionamento ed alla prosecuzione
dell’attività
4
.
Di fondamentale importanza, per definire i criteri da utilizzare in fase di
redazione dei bilanci, è la comprensione dell’istante in cui avviene il
cambiamento della destinazione del patrimonio aziendale. Il momento in cui il
principio di continuità aziendale non è più valido si verifica con certezza,
all’atto di nomina dei liquidatori da parte degli amministratori. In quell’istante,
infatti, avviene il passaggio della gestione ai liquidatori ed, a meno che
l’assemblea dei soci non disponga la continuazione dell’attività funzionale alla
3
Si pensi ad esempio alla valutazione delle rimanenze che in fase di continuità aziendale viene determinata come
il minor valore tra costo e valore di mercato, mentre in fase di non continuità si valuterà solo a valore di realizzo.
4
Cfr. art. 2490 c.c., 5° comma.
5
vendita in blocco del complesso aziendale
5
, vi è l’abbandono dei criteri di
funzionamento e l’applicazione dei criteri di liquidazione. In tal caso avviene
anche la trasformazione, dal punto di vista economico, del capitale investito;
quest’ultimo muta passando da strumento produttivo di reddito a mero insieme
di beni destinati alla monetizzazione, al pagamento dei creditori e alla
ripartizione dell’attivo residuo ai soci. Come già accennato, rilevanti sono le
conseguenze sui criteri di valutazione. In primo luogo non è più determinabile
un utile distribuibile, poiché viene meno il principio di continuazione
dell’attività fondamentale per la redazione del bilancio; in secondo luogo non
esiste più una distinzione tra attivo circolante ed immobilizzazioni poiché tutti i
beni sono ora destinati al realizzo mediante la vendita diretta sul mercato. Infine,
un altro impatto significativo riguarda i criteri di rilevazione e correlazione
costi/ricavi i quali si modificano radicalmente, in particolare cessa il calcolo
degli ammortamenti di immobilizzazioni materiali ed immateriali.
L’importanza del cosiddetto “going concern” è sottolineata anche nei principi
contabili internazionali, infatti nel Framework dello IASB
6
la condizione
5
E’ il c.d. esercizio provvisorio d’impresa.
6
La serie dei principi contabili internazionali è preceduta ed introdotta da un importante documento, il
Framework for the Preparation of Financial Statements, approvato e pubblicato nel 1989. Esso definisce un
quadro teorico o una struttura concettuale di riferimento, prima mancante o comunque non formalizzata, per la
preparazione e la presentazione dei bilanci. Il documento si occupa, infatti, di definire:
a) le finalità assegnate al bilancio ed i destinatari delle informazioni contabili;
b) le caratteristiche qualitative che determinano l’utilità delle informazioni contenute nei bilanci;
c) la definizione, rilevazione e misurazione delle poste che costituiscono i bilanci; e
d) i concetti di capitale e di conservazione del capitale (c.d. capital maintenance).
Il Framework non si presenta, quindi, come un vero e proprio principio contabile internazionale e non si propone
di definire principi e di menzionare specifici aspetti contabili attinenti a singole operazioni aziendali. A tal
proposito, lo IASB- International Accounting Standard Board- ammette che, nei limitati casi in cui le definizioni
presenti nel Framework siano in contrasto con i trattamenti contabili definiti dai singoli IAS/IFRS, quest’ultimi
6
dell’impresa in funzionamento è considerata un underlying assumption del
financial statement insieme alla competenza economica (c.d. accrual basis)
7
. La
posizione era ribadita già da una pregressa versione dello IAS 1(1994) dove tra i
Fundamental Accounting Assumptions si annoveravano anche la consistency e
l’accrual basis; oggi invece questo principio contabile fa rientrare la continuità
aziendale, insieme ad altri requisiti, fra le overall considerations.
Lo IAS 1 richiede che nella fase di preparazione del bilancio gli amministratori
valutino l’effettiva capacità o intenzione dell’impresa di continuare la propria
attività nel prossimo futuro; da ciò deriva la valutazione dei futuri benefici
economici attribuibili alle operazioni in corso. Si presume, quindi, che l’impresa
non abbia né l’intenzione né la necessità di liquidare o ridimensionare la propria
attività. Se, infatti, tali necessità o intenzione esistessero il bilancio “potrebbe
essere preparato su basi differenti, che dovrebbero essere descritte nelle note
unitamente ai motivi per cui l’entità non è considerata in funzionamento”. I
principi contabili internazionali non prevedono però norme riguardanti i bilanci
abbiano comunque prevalenza. Le definizioni presenti nel Framework attengono non solo al bilancio d’esercizio
ma coinvolgono anche la presentazione e la redazione del bilancio consolidato, così come non si riferiscono
esclusivamente ai bilanci delle imprese commerciali e industriali ma in generale a tutte le imprese che preparano
il bilancio, siano esse operanti nel settore privato che in quello pubblico.
7
Nel bilancio IAS/IFRS i principi generali di redazione, contenuti nel Framework e nello IAS 1, sono suddivisi
a loro volta in:
ξ assunti fondamentali o di base (basic assumption);e
ξ caratteristiche qualitative delle informazioni contabili (qualitative characteristics).
Gli assunti fondamentali rappresentano ipotesi fondamentali che guidano l’intera compilazione del bilancio
d’esercizio, mentre le caratteristiche qualitative delle informazioni contabili sono suddivise in:
a) comprensibilità;
b) significatività, qualificata ulteriormente in rilevanza;
c) attendibilità, qualificata in rappresentazione fedele, prevalenza della sostanza sulla forma, neutralità,
prudenza e completezza; e
d) confrontabilità.
7
in liquidazione e quindi, ponendo come assunto fondamentale il principio del
going concern, non si applicano ad imprese in cui tale presupposto non è
verificato.
In definitiva, si può affermare che il principio di continuità aziendale è in stretta
correlazione con lo scopo primario del bilancio d’esercizio, ossia maturare una
conoscenza critica in ordine al divenire della produzione economica
dell’impresa in funzionamento. Nel medio/lungo periodo la prospettiva di
continuità trova espressione nel mantenimento delle condizioni di equilibrio
economico e finanziario, le quali si riflettono nella capacità dell’azienda di
soddisfare adeguatamente le aspettative del soggetto promotore e dei principali
interlocutori sociali sia interni che esterni all’azienda stessa
8
. Nel breve periodo,
invece, il rispetto di queste finalità può non essere di immediata percezione, né
di solito se ne impone un riscontro analitico da farsi volta per volta su base
tecnica. E’importante sottolineare che la prospettiva di continuità aziendale non
è assolutamente in contrasto con la necessità, sul piano della rilevazione, di
suddividere la gestione in più esercizi pervenendo alla conoscenza periodica di
8
Per equilibrio economico si intende l’attitudine della gestione a remunerare, alle condizioni di mercato, tutti i
fattori impiegati dall’azienda nello svolgimento delle sue attività. Se, infatti, i ricavi non sono quanto meno
sufficienti a coprire i costi, il processo ordinario di gestione è destinato ad arrestarsi dopo che ogni risorsa di
capitale è stata consumata. In questo caso, l’impresa non ha più la possibilità di permanere sul mercato senza
trasferire a terze economie il peso delle sue continue perdite d’esercizio. E’ necessario specificare che se
un’impresa si trova in equilibrio economico non significa che sia anche in equilibrio finanziario, poiché essa
generalmente necessita di capitale -mezzi propri o di terzi- per saldare nei vari momenti in cui si manifesta,
l’eccedenza dei flussi di uscite monetarie per costi sui flussi delle entrate monetarie per ricavi. Naturalmente la
capacità di soddisfare in misura adeguata i fabbisogni finanziari concorre al conseguimento dell’equilibrio
economico ed assicura all’impresa una vita duratura.
8
misure parziali di reddito e di capitale, in quanto ciò risponde all’esigenza di una
più agevole interpretazione di tali risultati.
In letteratura si è ampiamente discusso se basti che la prospettiva della
continuità aziendale sia affermata o se, invece, debba essere concretamente
accertata, con la conseguenza che solo il suo effettivo accertamento giustifica
tale valutazione prospettica. La dottrina aziendalistica
9
ritiene preferibile questa
seconda alternativa; in effetti la continuità aziendale non costituisce un assioma
incontrovertibile ma soltanto una mera presunzione di normale funzionamento
da acquisire preliminarmente sulla base delle notizie disponibili sul futuro e da
modificare solo se sopraggiungano circostanze contrarie che richiedono
all’organo amministrativo opportuni accorgimenti, ad esempio inserendo note
previsionali nel bilancio oppure aggiornando le risultanze contabili in virtù di
deliberate operazioni straordinarie
10
. In tal modo si vuole evitare che dietro
l’apparente continuità si nasconda una già avanzata situazione di dissesto
aziendale, la cui eventuale verifica è di pertinenza dell’alta direzione e coinvolge
poi sul piano delle responsabilità anche il revisore esterno.
9
Sul punto vedi R. MACCHIONI, op.cit , pag. 34 e ss.; B. QUATRARO, La clausola generale, in Rivista dei
dottori commercialisti, 1992, pagg 738- 740 e P. CAPALDO, Reddito, Capitale e bilancio di esercizio. Una
introduzione. Giuffrè, Milano, 1998, pagg 252-255. In particolare di quest’ultimo si legge << Si tratta di questo:
la prospettiva di continuazione dell’attività, di cui parla la legge, deve essere assunta come un dato di fatto,
come una sorta di assioma o, al contrario, deve essere assunta solo dopo che sia stata verificata la sussistenza e
la plausibilità?>>.
10
<<Si tratta di una connotazione tanto naturale da potersi ritenere, persino di superflua citazione; in ogni
caso, volendo sancire una posizione entro una virtuale scala gerarchica, si tratta sicuramente di una
connotazione prodromica che si estende fino a giustificare gli stessi obiettivi conoscitivi riposti nel rendiconto
d’esercizio>>.Cfr. R. MACCHIONI, op.cit, pag. 37.
9
Coerentemente con questa impostazione, non sembra che oggi il richiamo alla
continuità aziendale sia collocato in modo idoneo nel nostro dettato civilistico
poiché esso si sovrappone ad ulteriori caratteristiche del bilancio,
concettualmente eterogenee e di rango subordinato, come il principio di
prudenza e della funzione economica degli elementi patrimoniali. In effetti l’art.
2423-bis c.c. riunisce contemporaneamente la prudenza, la continuazione
dell’attività e la funzione economica degli elementi attivi e passivi del
patrimonio. Tale impropria soluzione risale all’iniziale recepimento della IV
Direttiva Comunitaria
11
, dove continuità e prudenza rientravano in punti
separati, e si è poi perpetuata con l’ultima riforma del diritto societario (D. Lgs
6/2003), quando è stata aggiunta anche la funzione economica degli elementi
patrimoniali. Un’ulteriore obiezione al riguardo concerne l’estensione della
formula finora adoperata, dove si parla tra l’altro di “valutazione delle voci”. La
specificazione probabilmente risente della natura sistemica delle misurazioni di
bilancio di per sé suscitate dall’unitarietà e dalla durabilità di funzionamento del
complesso aziendale; tuttavia, proprio per la dimensione riconosciuta al
principio di continuità aziendale si ritiene che la visuale valutativa nasca e
permanga troppo riduttiva. A ben vedere, infatti, la continuità aziendale
11
Nel 1978 la CEE emana la IV Direttiva, con l'obiettivo di armonizzare le legislazioni dei paesi membri per
quanto concerne:
ξ Il contenuto del bilancio annuale e dei documenti accompagnatori;
ξ Le modalità di pubblicazioni;e
ξ I principi contabili da applicare.
In Italia la direttiva è stata recepita nel 1980, per entrare in vigore nel 1982. Le norme CEE sono state poi
incluse nella revisione dell'articolo 2423 c.c. con il D. Lgs 127/1991.
10
contrassegna complessivamente la formazione del bilancio d’esercizio e non si
interseca soltanto con la fase valutativa. Di tutto ciò è consapevole anche
l’Organismo Italiano di Contabilità (OIC)
12
, il quale però, nella sua proposta di
modifica ai principi di redazione del bilancio
13
, ha rinunciato ad
un’esplicitazione del presupposto di continuità aziendale specificando soltanto,
al punto 1) dell’articolo dedicato, che la “valutazione delle voci deve essere fatta
nella prospettiva della continuazione dell’attività”. Una posizione simile
prevale da tempo anche nei principi nord-americani, tant’è che il FASB
14
cita
brevemente il going concern fra gli Statements of Financial Accounting
Concepts, considerandolo come una sorta di connotazione immanente e non
come un vero e proprio attributo qualitativo del bilancio. Nei principi IAS/IFRS,
invece, la presunzione di continuità viene mitigata da un generico obbligo, a
carico della direzione aziendale, di verificare la sussistenza della condizione
sulla base di informazioni proiettate in un futuro di almeno dodici mesi
12
L’OIC è stato costituito in Italia nel 2001. Esso nasce dall'esigenza, avvertita dalle principali parti private e
pubbliche italiane, di costituire uno standard setter nazionale dotato di ampia rappresentatività capace di
esprimere in modo coeso le istanze nazionali in materia contabile. Nello svolgimento della sua attività l'OIC
provvede a:
9 emanare i principi contabili per la redazione dei bilanci per i quali non è prevista l'applicazione dei
principi contabili internazionali (settore privato, pubblico e non profit);
9 fornire supporto in relazione all'applicazione in Italia dei principi contabili internazionali, operando in
stretto contatto con l' EFRAG, lo IASB e gli altri standard setter europei;
9 coadiuvare il legislatore nell'emanazione della normativa in materia contabile e connessa; e
9 promuovere la cultura contabile.
13
Si fa riferimento al documento di una Commissione di studio OIC pubblicato il 6/12/2006, che prevede
proposte di modifica al codice civile con esclusivo riferimento ai bilanci di esercizio delle società ad oggi non
soggette all’applicazione dei principi contabili internazionali (come le società non quotate). L’obiettivo era
adeguare l’informazione esterna di queste società a quella in vigore per i soggetti obbligati a redigere i bilanci in
base ai principi IAS/IFRS.
14
Il FASB –Financial Accounting Standard Board- è l’organismo deputato ad emanare i principi contabili negli
Stati Uniti che ha sostituito dal 1973 l’AICPA -American Institute of Certified Public Accountants. I principi
emanati dal FASB sono i FAS o anche SFAS, che costituiscono i c.d. US GAAP -Generally Accepted
Accounting Principles.
11
successivi alla data del bilancio. La rinuncia ad analisi dettagliate si
verificherebbe nel solo caso in cui l’analisi storica dei risultati
economico/finanziari dell’azienda sia rassicurante.
Nei casi sopra citati, dunque, l’ottica di normale funzionamento viene
espressamente ribadita senza che traspaiono dubbi in merito, nonostante la
prassi contabile, sia nazionale che internazionale, ritiene da tempo necessario
elaborare un’enunciazione di più ampio respiro che meglio rifletta la portata
generale della prospettiva di going concern e che abbia anche una collocazione
specifica ed autonoma nei riferimenti normativi evitando intrecci con altri
principi contabili
15
.
15
Per questo motivo sarebbe preferibile, e di maggiore efficacia, che nel nostro ordinamento civilistico ci sia un
riposizionamento del principio della prudenza e della funzione economica a vantaggio della continuità aziendale.
12
1.2 COME VALUTARE SE L’AZIENDA E’ IN GOING CONCERN
Nella fase di redazione del bilancio gli amministratori sono chiamati a valutare
l’effettiva capacità dell’impresa di poter continuare a svolgere la propria attività
in modo regolare nel prevedibile futuro. La valutazione in merito alla continuità
aziendale è necessaria anche se non è richiesto espressamente dal quadro
normativo sull’informazione finanziaria
16
. In alcuni paesi, ad esempio in USA e
in Gran Bretagna, si richiede esplicitamente che gli amministratori facciano una
tale valutazione oltre a divulgare specifiche informazioni per giustificare la loro
posizione di mantenimento della continuità aziendale
17
. Nella nostra disciplina
di riferimento, invece, gli amministratori si assumono la responsabilità della
continuità aziendale dell’impresa direttamente approvando il bilancio, questo
perché in assenza del presupposto del going concern le valutazioni di bilancio
non potrebbero che essere fondate su valori di liquidazione.
La valutazione degli amministratori comporta, quindi, un giudizio in un dato
momento sull’esito futuro di eventi o circostanze che sono per loro natura
incerti; naturalmente il grado di incertezza associato all’esito di un evento
16
Nel Documento n. 570, Continuità aziendale, al par. 5 si legge: << ....Essendo il presupposto di continuità
aziendale un principio fondamentale per la redazione del bilancio, la direzione aziendale ha comunque la
responsabilità di tale valutazione anche se il quadro normativo sull’informazione finanziaria applicabile non lo
prevede in modo esplicito>>.
17
In tal senso si esprime anche lo IAS n. 1 par. 23.