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INTRODUZIONE
L’offerta di prodotti assicurativi del ramo vita è oggi caratterizzata dalla presenza sul
mercato di polizze che includono, nell’ambito delle rispettive disposizioni negoziali,
differenti tipologie di opzioni contrattuali le quali, quest’ultime, si configurano come
dei diritti di scelta, in capo al detentore di polizza, in merito alle modalità di fruizione
delle prestazioni e dei benefici derivanti dalle sottoscrizioni dei contratti di
assicurazione.
Nell’ambito dell’ampia gamma di opzioni contrattuali che possono essere inserite nei
differenti piani assicurativi ramo vita, l’opzione di partecipazione ai profitti, definita
anche regola di profit sharing, riveste un ruolo a carattere commerciale di primaria
importanza data la capillare diffusione, presso il pubblico degli assicurati, di
soluzioni assicurative associate a tali tipologie di opzioni contrattuali.
La spiegazione del forte appeal che le polizze con opzioni di partecipazione ai
profitti fanno registrare, presso la platea degli assicurati, risiede nella possibilità
attribuita da tali opzioni, sulla base di specifiche condizioni contrattuali
predeterminate, di rivalutazione dei capitali assicurati, alla scadenza delle polizze, in
base ai rendimenti conseguiti da uno specifico fondo di investimento, collegato alle
polizze in esame, ed indipendente dal complesso delle attività di investimento della
compagnia di assicurazione.
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Un aspetto di primaria importanza riguarda la corretta valutazione dell’opzione di
partecipazione ai profitti ed, in generale, delle opzioni contrattuali inserite nei piani di
assicurazione ramo vita.
Nello specifico, il problema di una corretta valutazione di queste opzioni risulta
importante in ragione di due specifici aspetti operativi.
In primo luogo, in ottemperanza alle nuove disposizioni normative, a carattere
comunitario, in tema di accesso ed esercizio alle attività di assicurazione e
riassicurazione, previste della direttiva 2009/138/CEE del Parlamento Europeo e del
Consiglio, comunemente nota come Solvency II, il processo di corretta valutazione
delle riserve tecniche di pertinenza della compagnia di assicurazione, le quali
rappresentano l’ammontare delle obbligazioni che la compagnia stessa ha assunto
verso il pool di assicurati, prevede espressamente di includere nel computo di tali
passività anche il valore di tutte le opzioni e garanzie finanziarie associate ai contratti
emessi.
Il secondo aspetto, a carattere marcatamente commerciale, riguarda la necessità in
capo al management di determinare il “ g i u s t o ” prezzo di vendita a cui offrire queste
opzioni contrattuali all’interno delle polizze ramo vita.
Il presente lavoro si prefigge di affrontare il secondo dei due aspetti suindicati.
Nel dettaglio, si procederà in questa sede ad utilizzare, in una chiave squisitamente
pragmatica, un modello quantitativo di valutazione dell’opzione di partecipazione al
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profitto, in linea con le indicazioni in tema di processi di valutazione delle opzioni
contrattuali dettati dalla direttiva Solvency II, allo scopo di ottimizzare il prezzo a cui
offrire questa garanzia di rivalutazione dei capitali a scadenza in un programma
assicurativo ramo vita.
Il procedimento di ottimizzazione verrà condotto attraverso l’analisi preliminare della
formula analitica di valutazione del prezzo dell’opzione di partecipazione ai profitti,
prevista dal modello quantitativo esaminato in questa sede, ottimizzando
successivamente la funzione di prezzo in base a specifici parametri discrezionali per
la compagnia di assicurazione.
Il lavoro di tesi è articolato come segue. Nel primo capitolo si propone una disamina
a carattere generale dell’opzione di partecipazione al profitto, delineando gli aspetti
tecnici, di mercato e normativi che caratterizzano questa tipologia di opzione
contrattuale.
Il secondo capitolo, di taglio prettamente teorico, fornisce un’analisi degli elementi di
pricing e di ingegneria finanziaria utilizzati nel modello quantitativo di valutazione
dell’opzione di profit sharing esaminato in questo lavoro. Nel capitolo 3 si propone
un esame dettagliato del modello di valutazione dell’opzione di partecipazione ai
profitti elaborato da Antoon Pelsser e da Richard Plat, ricercatori dell’Università di
Amsterdam.
Il capitolo 4, che conclude la tesi, si caratterizza per un forte taglio pragmatico,
proponendo, nella sua prima parte, una rielaborazione del modello esposto nel
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capitolo 3 allo scopo di eseguire una valutazione numerica dell’opzione di profit
sharing , mentre la seconda parte del capitolo propone l’analisi di ottimizzazione del
prezzo dell’opzione in esame.
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CAPITOLO 1
LE OPZIONI IMPLICITE DI PARTECIPAZIONE AI PROFITTI: ASPETTI TECNICI E DI
MERCATO
1.1 – Caratteristiche strutturali delle polizze con partecipazione ai profitti
L’Opzione di partecipazione ai profitti è una tipologia di opzione contrattuale molto
comune negli attuali prodotti assicurativi del ramo vita offerti agli assicurati.
Nello specifico l’opzione di profit sharing attribuisce al sottoscrittore della polizza
caso vita la possibilità di beneficiare di un margine di profitto, a carattere
incrementale rispetto alle ordinarie prestazioni collegate al contratto, derivante dal
risultato economico prodotto da un portafoglio finanziario, sottostante la polizza,
costituito dalla compagnia di assicurazione attraverso l’investimento dei premi versati
dall’assicurato.
Il portafoglio finanziario collegato all’opzione di partecipazione agli utili è definito
gestione separata. Tale denominazione vuole sottolineare il carattere di indipendenza
attribuito ai portafogli in questione rispetto al complesso delle poste patrimoniali
della compagnia assicurativa. Infatti le gestioni separate, essendo costituite al solo
scopo di creare un monte risorse atto a garantire l’elargizione delle prestazioni
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contrattualmente previste a beneficio degli assicurati, si configurano come
un’insieme di attività finanziarie contabilmente separate dal patrimonio di impresa
(ANIA, 2010).
Il complesso delle attività finanziarie che costituiscono la gestione separata può
essere dismesso dalla stessa solo per fini di realizzo e la contabilizzazione delle assets
in portafoglio avviene, sulla base dell’attuale normativa a carattere comunitario, al
valore di carico o costo storico (ANIA, 2010).
Gli investimenti finanziari che confluiscono in queste particolari gestioni sono di
diversa natura. Il grafico seguente illustra la composizione degli investimenti
finanziari delle gestioni separate realizzati dalle compagnie italiane nell’arco
temporale 2004 – 2009:
GRAFICO 1
Fonte: ANIA, 2010 – FACT PACK MERCATO VITA – DICEMBRE 2010
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Dall’analisi del GRAFICO 1 si evince con chiarezza che in tutti i periodi in esame
più dell’84% del monte investimenti riferito alle gestioni separate è costituito da titoli
a reddito fisso. La ratio di un processo di asset allocation così fortemente orientato
sul versante del fixed income risiede nella necessità manifestata dalle compagnie di
assicurazione di consolidare i risultati degli investimenti in un’ottica di solvibilità
delle stesse in riferimento al pagamento delle prestazioni a scadenza garantite agli
assicurati.
L’insieme delle attività finanziarie collegate alle gestioni separate genera,
periodicamente, in base anche all’andamento delle variabili economiche di
riferimento per quanto attiene alle posizioni non a reddito fisso, un profilo di
rendimento della gestione stessa calcolato come rapporto tra la somma di cedole,
dividendi e realizzi di plus o minusvalenze rispetto alla giacenza media delle attività
in portafoglio, in riferimento ad un arco temporale solitamente annuale (ANIA, 2010).
Tale rendimento viene poi attribuito, in tutto od in relazione ad una percentuale
stabilita contrattualmente e definita aliquota di retrocessione, al valore delle
prestazioni assicurate ai sottoscrittori di polizza.
Nel corso del 2009, l’ANIA ha stimato un tasso di rendimento medio delle gestioni
separate pari al 3,9%, dato in calo rispetto al 4,3% medio del 2008
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ANIA – L’ASSICURAZIONE ITALIANA 2009/2010
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Di seguito vengono fornite alcune figure che pongono a confronto il rendimento fatto
registrare dalle gestioni separate rispetto ad altre asset class e variabili economiche
quali il tasso di inflazione e la remunerazione riconosciuta al TFR:
GRAFICO 2
Fonte: ANIA, 2010 – L’ASSICURAZIONE ITALIANA 2009/2010
Il GRAFICO 2 mostra come in passato, nello specifico dal 1982 al 2000, il
rendimento lordo delle gestioni separate sia stato sistematicamente superiore rispetto
al rendimento offerto dai titoli di Stato italiani a lungo termine. Nel corso dell’ultimo
decennio, tale differenziale si è annullato in considerazione della maggiore rischiosità
attribuita dai mercati al sistema paese italiano, con conseguente aumento del
rendimento richiesto sul debito sovrano nazionale. Un altro dato interessante che si
evince dall’analisi del GRAFICO 2 è il costante differenziale positivo tra il
rendimento delle gestioni separate ed il tasso di inflazione. Questo dato testimonia la
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capacità delle polizze con opzione di partecipazione agli utili di garantire il valore
reale nel tempo delle prestazioni assicurate.
Il grafico seguente pone a confronto il rendimento delle gestioni separate con i
risultati fatti registrare dal mercato azionario italiano nel corso degli anni 1982 –
2009:
GRAFICO 3
Fonte: ANIA, 2010 – L’ASSICURAZIONE ITALIANA 2009/2010
L’osservazione che può essere tratta esaminando il GRAFICO 3 riguarda l’analisi del
rapporto rischio- rendimento fatto registrare dalle due attività in esame. In dettaglio,
le gestioni separate presentano un grado di variabilità decisamente limitato e
notevolmente inferiore rispetto alla corrispondente variabilità dell’indice di mercato
azionario italiano. Sul versante del rendimento, entrambe le attività fanno registrare,
nel periodo esaminato, un evoluzione decisamente positiva.