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PREFAZIONE
L’obiettivo principale di questo mio lavoro è quello di presentare una breve
storia di una forma musicale annoverata tra quelle che sono definite “forme
libere”.
Già il termine, “forma libera”, spiega la grande varietà di stili, di linguaggi, di
possibilità interpretative e di finalità artistiche che i preludi hanno assunto
nell’arco della storia della musica e in particolare nel periodo compreso tra il
XVI e il XVIII secolo, che è l’oggetto di questa analisi.
In questo spazio di tempo si può riscontrare una graduale evoluzione di
questa forma che, da originaria libera improvvisazione, è diventata un brano
autonomo, con una scrittura definita, non priva di imitazioni, virtuosismi e
difficoltà tecniche.
Spesso il termine “preludio” è stato anche sinonimo di altre forme, quali la
fantasia e la toccata; oppure si è diffuso come introduzione al “corale” nei
paesi protestanti.
Gli autori citati sono quelli che, con le loro produzioni, hanno dato un
contributo significativo allo sviluppo di questa forma nelle sue diverse
accezioni, e i vari esempi musicali mostrano le caratteristiche tecniche, di
linguaggio e di stile di ciascun compositore, sia in relazione al periodo che
alla diversa collocazione geografica; altro elemento, quest’ultimo, di grande
rilevanza, poiché non si può prescindere lo stile musicale dal contesto storico
e culturale in cui le opere nascono e si diffondono.
I brani scelti, molti dei quali rientrano nel programma di esecuzione,
evidenziano quindi la graduale trasformazione e anche la grande versatilità
di questa forma musicale; tutto questo percorso, ovviamente, procede di
pari passo con la naturale evoluzione del linguaggio musicale nel corso dei
secoli.
Ciò che comunque rimane costante è quella caratteristica di libertà che
rende il preludio diverso da altri generi, sia quando si presenta come brano
autonomo, sia quando funge da introduzione ad altre opere; e questa
caratteristica permane anche nei secoli successivi, nelle omonime
composizioni pianistiche dal periodo romantico in poi.
Mariella Di Giovannantonio
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IL PRELUDIO
GENESI E SVILUPPO DEL PRELUDIO PER TASTIERA, IN PARTICOLARE PER
CLAVICEMBALO, TRA I SECOLI XVI E XVIII
1. Definizione
Per Preludio s' intende un qualunque brano musicale che serva da
introduzione a una composizione più complessa, di qualsiasi tipo (vocale,
misto o strumentale) e di qualsiasi genere (epico, lirico, drammatico, ecc.).
Tale forma musicale, nata come preparazione all’esecuzione vera e propria,
non ha mai avuto un carattere rigidamente definito; la sua struttura è
sempre stata libera, priva di schemi fissi.
Il preludio strumentale era originariamente suonato in maniera
estemporanea, prima dell'esecuzione del pezzo vero e proprio. Si sviluppò
probabilmente dalla naturale tendenza di ciascun musicista a provare il
proprio strumento o l’acustica della sala prima di iniziare. La consacrazione
ad una vera e propria forma artistica, oltre che dai compositori, giunse
quando gli editori iniziarono a pubblicizzare le raccolte a stampa di preludi
pronti all'uso, a partire dal XVII secolo.
Il preludio può anche presentarsi come brano a sé stante; pertanto assume
atteggiamenti diversi a seconda che serva d'introduzione a un' altra forma
seguente o che sussista come composizione autonoma e può avere forme
diverse secondo lo scopo artistico cui è destinato.
Nel corso della storia della musica, con la graduale acquisizione di un proprio
carattere autonomo, il preludio si è trasformato da brano propedeutico in
composizione vivente di vita propria.
Il germe di questa novità va individuato nei 24 Preludi e Fughe
del Clavicembalo ben temperato di J.S. Bach. In queste composizioni, i
Preludi, anche se non ancora del tutto autonomi, in quanto seguiti dalle
fughe, sono concepiti come esercizi di composizione nei vari stili
(concertante, organistico, vocale, ecc.), adatti al perfezionamento della
tecnica dei musicisti.
Con l’età romantica diventa componimento autonomo d’intonazione lirica,
perdendo il carattere d’improvvisazione: i vari preludi sono quindi spesso
raccolti in serie ordinate secondo principi vari.
Coloro i quali hanno definitivamente dato piena autonomia al Preludio, a
partire da quel periodo, sono stati Chopin e Debussy con i loro Preludi per
pianoforte.
Il primo, nei 24 Preludi op. 28, composizioni brevi e del tutto indipendenti
tra loro, con esposizioni essenziali, talvolta racchiusi in poche battute, ha
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creato brani spesso considerati alla stregua di aforismi musicali, per
l'efficacia con cui dipingono sensazioni o creano atmosfere. Sono costruiti sul
circolo delle quinte, alternando il modo maggiore al modo minore.
In queste piccole composizioni si trovano canzoni binarie e ternarie, schizzi
di marce funebri, di mazurca, e perfino la forma di studio.
Il secondo, invece, nelle sue due raccolte di 12 Préludes, libera i brani da
ogni ordine imposto dalla tonalità dei pezzi e realizza dei quadretti di
ispirazione naturalistica.
Con questo ulteriore passaggio il Preludio perde ogni dipendenza sia da
eventuali composizioni a seguire sia dagli altri preludi della raccolta,
divenendo così una forma musicale autonoma caratterizzata dalla mancanza
di vincoli strutturali e stilistici, a tutto vantaggio della libera espressione del
compositore.
Da menzionare anche Šostakovič che scrisse una raccolta di 24 Preludi e
Fughe dopo aver in precedenza scritto 24 Preludi per pianoforte, e
Aleksander Skrjabin, autore di una raccolta di 24 preludi op.11 in tutti i toni
maggiori e minori e di diverse altre raccolte di quaderni non tonali.
Nell’opera lirica, nell’oratorio, nella cantata o nella musica di scena il preludio
svolge la funzione di introduzione sinfonica posta all’inizio dell’opera o di uno
dei suoi atti, analogamente all’ouverture o alla sinfonia, ma senza essere
dotato di una forma predeterminata. In molti casi è eseguito a
sipario chiuso, più raramente a sipario aperto, eventualmente abbinato ad
un'azione scenica.
Il preludio posto all'inizio dell'opera contiene a volte temi musicali sviluppati
nel seguito della partitura e comunque assolve la funzione di definirne il
clima e il carattere.
Forme analoghe del preludio sono: l'interludio, breve pezzo improvvisato e
frapposto alle strofe di un inno o di una sequenza, o come collegamento tra
due atti o scene teatrali, e il postludio, pezzo in forma libera e spesso
improvvisativo, che assume il significato di coda e di commento finale.
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2. Origini
Già nelle prime fioriture elleniche e nei poemi omerici si parla dell’uso di un
preludio, auletico o citaristico, per trovare l’intonazione, come antico
costume degli aedi.
Documenti del secolo II attribuiscono preludi e inni a Mesomede da Creta.
Prima della scoperta dell' Epitaffio di Sicilo, avvenuta nella seconda metà del
diciannovesimo secolo, gli inni Mesomedici erano gli unici esempi rimasti di
musica scritta del periodo della Grecia antica. Tre vennero pubblicati
da Vincenzo Galilei nel suo Dialogo della musica antica e della
moderna (Firenze, 1581), durante un periodo di grande interesse verso la
musica dell'antica Grecia. Questi inni sono stati tramandati tramite la
tradizione Bizantina, e fu Girolamo Mei a presentarli a Vincenzo.
Nel medioevo dalle civiltà classiche l’uso del preludiare passa nella pratica
dei canti cristiani e nell’arte trobadorica, senza lasciarci però documenti, in
quanto l’improvvisazione occupa gran parte del campo strumentale.
In chiesa l’organista soleva avviare le voci del coro sacerdotale e della massa
dei fedeli al canto innodico mediante una preliminare intonazione. Questa
intonazione aveva lo scopo di indicare alla pluralità dei cantori l’orbita tonale
dell’inno.
Di solito essa presentava elementi del cantico, in ordinata successione o in
libera fantasia.
I preludi si scrivevano per organi di chiesa. Ci si riferiva a loro come crudi e
senza forma, non influenzati neanche remotamente dal canto e dalla danza,
come esercizi in cui le dita si muovevano casualmente sui tasti rumorosi,
probabilmente per sciogliersi.
Questa descrizione, molto precisa, viene da un tempo nel quale la musica
non era una forma libera di arte, ma una pratica strettamente associata ad
altre attività, come la danza e la preghiera.
Nel tempo, in seguito alla formazione di una tradizione organistica da chiesa,
ricca di esperienze artistiche e di consolidati usi liturgici, la libera
improvvisazione cederà sempre più il passo a meditate elaborazioni che
diventeranno Fantasie, Canzoni, Ricercari, Intonazioni e Preludi.
In particolare nei Preludi possiamo trovare caratteri di maggiore scioltezza di
discorso, risolto spesso in passaggi virtuosistici; caratteri che anche nei
tempi moderni spesso ricordano l’originaria pratica improvvisatoria.
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3. Letteratura del XV secolo
Nella letteratura più antica, alcune composizioni del Frammento
Robertsbridge, la più remota testimonianza diretta di documenti e di una
specifica notazione per organo del XIV secolo, erano ingiustamente indicate
come preludi; genere che invece troviamo per la prima volta nell’intavolatura
di Adam Ileborgh del 1448.
(Il preludio più antico conosciuto - ca. 1400)
Questa immagine riproduce un frammento del preludio più antico
conosciuto. Come evidenzia la parola praeambula nel titolo.
I più antichi Preludi per strumenti a tastiera che ci sono pervenuti sono
raccolti in antologie organistiche del XV secolo: la già citata intavolatura di
Ileborgh; Fundamentum organisandi di Conrad Paumann del 1452;
Buxheimer Orgelbuch del 1460-1470 circa, con 256 composizioni originali e
arrangiamenti per strumenti a tastiera di autori per lo più anonimi;
successivamente le intavolature di L. Kleber e J. Kotter del 1520 circa.
L’intavolatura di Ileborgh contiene cinque preludi , qui chiamati praeambula;
anche senza l’intestazione : “Incipiunt praeludia diversarum notarum
secundum modernum modum subtiliter et diligenter collecta” è evidente che
si tratta di un genere di esclusiva appartenenza alla musica per tastiera.
Non vi è alcuna influenza rinascimentale polifonica vocale o di danza.
L’organista si esprime libero e spontaneo, guidato dalle caratteristiche
tecniche del suo strumento; e già in questi primi tentativi compaiono
vigorosi i caratteri del Preludio, quali la libertà di stile e di idee.
Il titolo preannuncia la novità rivoluzionaria che troviamo in questi preludi e
che si manifesta in modo più efficace nel quarto preludio.
L’elemento moderno, quasi unico nella storia della musica per tastiera, è la
ritmica della voce superiore, non inserita in metri o battute.
Liberi e quasi senza ordine, si susseguono valori più grandi e valori più
piccoli in una ondeggiante linea melodica di grande tensione e forza
espressiva.
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L’apparente caoticità è solo un abbandono delle convenzioni, non la
mancanza di leggi proprie; al contrario, sia il movimento ritmico che quello
melodico mostrano un gioco alterno di libertà esteriore e intimi vincoli.
Ciò si evidenzia dal fatto che, nonostante la brevità, si possono riscontrare
nel brano quattro sezioni differenti per carattere ritmico e ambito melodico.
Interessante notare, inoltre, come capita spesso in Ileborgh, la conclusione
della voce superiore sulla terza, in questo caso terza minore, intervallo che,
fino al 1600 veniva evitato nell’accordo finale.
Preambulum super d a f et g
Un primo passo verso la stabilizzazione stilistica del preludio si evidenzia nel
Praeambulum super g, contenuto nel manoscritto di Amburgo. Esso inizia
con una breve serie di suoni tenuti della stessa durata, e solo nella cadenza
finale compaiono formazioni libere simili a quelle dei preludi di Ileborgh.
Anche molti preludi del Buxheimer Orgelbuch sono costruiti secondo lo
stesso principio formale.
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4. Evoluzione del preludio nel XVI secolo
Lo sviluppo del preludio viene quindi fissato nel XV secolo.
Dal confronto tra un Praeambulum di Ileborgh e uno del Buxheimer
Orgelbuch, in un arco temporale di 25 anni, risulta un quadro originario
ampliato, ma non sostanzialmente variato o abbandonato.
Nel campo specifico della musica per tastiera, il 1500 si mostra come confine
importante ed essenziale tra due fasi di sviluppo che si possono indicare
come musica per tastiera del periodo Gotico e del Rinascimento.
Nella storia del preludio, questo confine temporale si riconosce con
particolare chiarezza.
Nel XVI secolo infatti, il preludio acquisisce nuove forme, tese ad una
chiarificazione dell’idea musicale, ad un rafforzamento della struttura e alla
razionalizzazione della tecnica.
Interessanti per l’analisi sono due manoscritti tedeschi del secondo decennio
del 1500, le intavolature di Kleber e Kotter, contenenti Praeambula, Preludi e
Postludi, anche diversamente denominati.
I preludi di Leonhard Kleber (in appendice per informazioni biografiche
sugli autori citati) mostrano una chiara corrispondenza con la forma
medievale che si esplica, in fase iniziale o di chiusura, in passaggi monodici,
che nel XV secolo hanno un ruolo molto importante.
Possiamo riscontrare anche un’altra caratteristica: al posto di una libera
condotta delle parti compare un movimento più ordinato con valori regolari e
un uso consapevole della scala come elemento melodico.
Preambulum in sol
Interessante notare, in alcuni preludi, come i passaggi veloci coinvolgano
anche la mano sinistra, lasciando emergere elementi caratteristici
dell’intonazione e della toccata italiana, di cui parleremo in seguito.