8
quella cioè di distinguere ciò che viene definito da concetti
simili.
1
Nello studio della clausola penale parte della dottrina ha, però,
seguito un’impostazione diversa, sostenendo che l’art.1384 c.c.,
in ordine al potere di riduzione, conferma l’essenzialità della
funzione di liquidazione preventiva dei danni di cui all’art.1382
c.c., in quanto sarebbe lo strumento in forza del quale “il giudice
potrà procedere alla riduzione della penale che ecceda la misura
di preventiva liquidazione del danno”
2
.
L’adozione di questo procedimento, per cui da una certa
interpretazione del potere di riduzione si ricava la funzione tipica
della clausola, non smentisce l’esistenza di una connessione
essenziale tra l’uno e l’altra. Proprio in forza di questa
connessione risulta necessario dedicare il primo capitolo al tema
della funzione della penale.
1
PIETROBON V., Errore, volontà e affidamento nel negozio giuridico,
Padova, 1990, pag. 157.
2
CIPOLLONI G., Poteri del giudice in tema di riduzione della penale,
Nuovo diritto, 1979, pag. 272: “sia il criterio di equità che il giudice deve
usare per ridurre la penale, sia le due ipotesi in cui egli possa diminuirla, sia
il riguardo all’interesse del creditore all’adempimento che lo stesso giudice
deve tener presente per procedere alla detta riduzione non fanno che
confermare l’effetto giuridico di preventiva liquidazione del danno della
clausola penale”.
9
CAPITOLO 1°
FUNZIONE DELLA CLAUSOLA PENALE
SOMMARIO: 1.Premessa. 2.Orientamento negativo sulla
possibilità di rinvenire una funzione tipica. Critica. 3.La penale
come liquidazione preventiva e forfettaria dei danni. Critica.
4.Verifiche in diritto comparato: tendenza verso l’ammissione di
una funzione compulsorio-afflittiva. 5.Ricostruzione della
funzione tipica.
1.Premessa.
Sotto il vigore del codice civile del 1865, la teoria assolutamente
prevalente in ordine alla funzione della penale era quella che
considerava la clausola un mezzo di liquidazione convenzionale e
anticipata del danno. Deponevano in tal senso sia l’art. 1212 c.c.,
a norma del quale “la penale è la compensazione dei danni che
soffre il creditore per l’inadempimento dell’obbligazione
principale”, sia l’art. 1230 c.c., che descriveva la penale in
termini di “accertamento dei danni”. Il legislatore del ’42 ha
invece preferito dare una definizione della penale dal punto di
vista degli effetti che è idonea a produrre, senza peraltro dire a
10
quale titolo tali effetti vengano prodotti; infatti, secondo l’art.
1382 c.c., la clausola ha l’effetto di limitare il risarcimento alla
prestazione pattuita, se non è stata convenuta la risarcibilità del
danno ulteriore, ma da ciò non è dato dedurre con sicurezza
l’inserimento nell’ambito della fattispecie del risarcimento del
danno, tanto più che l’ultimo comma dell’articolo in esame
dispone che “la penale è dovuta indipendentemente dalla prova
del danno”. Poiché il codice del ’42 non appare perspicuo in
ordine alla funzione tipica, la giurisprudenza è giunta a
considerare essenziali sia la funzione penale che quella
risarcitoria
3
, mentre la dottrina si è sul punto divisa.
3
Cass., 17-10-1985, n.5122, Foro it. Mass., 1985, col.946
Cass., 5-8-1989, n.3600, Foro it. Rep., 1989, v. Contratto in genere, 294
11
2.Orientamento negativo sulla possibilità di rinvenire una
funzione tipica. Critica.
Parte della dottrina ha sostenuto l’inutilità della ricerca volta ad
individuare la funzione tipica della clausola penale argomentando
dal fatto che quest’ultima si presenta, di volta in volta, con
funzioni diverse, a seconda della concreta volontà delle parti
4
. La
tesi è criticabile, in quanto il fatto che la clausola possa essere
predisposta dai privati in vista di finalità diverse, e così per
spingere il debitore ad adempiere o per determinare
anticipatamente l’ammontare del danno da risarcire o ancora per
sanzionare un comportamento, non implica l’inesistenza di una
funzione tipica e l’inutilità della sua individuazione. La prova
più evidente dell’utilità di tale ricerca è fornita dal potere di
riduzione: infatti, i limiti cui è sottoposto e i criteri della
riduzione devono armonizzarsi con quella che si assume essere la
funzione tipica, in quanto il potere di ridurre, come si vedrà, è
inteso a garantire che la clausola eserciti la funzione assegnatale
dall’ordinamento.
4
DE NOVA G., voce Cl. Penale, Digesto delle discipline privatistiche, sez.
civ., vol. II, Torino, 1988, pag. 377 ss.
GORLA, Il contratto, Milano, 1955, pag. 242.
SACCO-DE NOVA, Il contratto, Tratt. dir. priv. Rescigno, 10, Torino,
1982, pag. 413.
12
Concludendo, possiamo considerare la tesi surriferita, che
afferma l’esistenza di più funzioni nella clausola in oggetto, una
mera osservazione di fatto, che non esime il giurista dal ricercare
quella tipica, se non altro al fine di risolvere questioni quali la
configurazione del potere di riduzione.
13
3. La penale come liquidazione preventiva e forfettaria dei
danni. Critica.
E’ criticabile anche l’orientamento dottrinario secondo il quale la
clausola penale ha la tipica funzione di predisporre una
liquidazione preventiva dei danni. A sostegno della tesi si adduce
la previsione del potere di riduzione, il quale risponderebbe alla
necessità del controllo che si presenta allorquando “è superata la
funzione risarcitoria e subentra la funzione penale”
5
. Tale
dottrina pecca sia dal punto di vista metodologico, che da quello
della coerenza logica. Sotto il primo profilo, appare opinabile
ricostruire la funzione tipica partendo da un’ipotesi concreta di
clausola penale, in particolare quella che ricorre allorquando le
parti abbiano limitato il risarcimento dei danni alla prestazione
pattuita, senza prevedere la risarcibilità del danno ulteriore,
risarcibilità che impedisce la configurazione della clausola come
liquidazione preventiva. Il procedimento è opinabile poiché, in
teoria generale, non si definisce tipica la funzione che un negozio
può in concreto esercitare, fosse pure nella maggior parte dei
casi. A tale critica alcuni autori hanno creduto di sottrarsi
affermando di non aver ignorato le altri possibili funzioni della
clausola, vale a dire quella di coazione all’adempimento e quella
5
DE CUPIS A., Sulla riduzione della penale, Giust. civ., 1983, II, pag.
236-237
14
penale, ma soltanto di averle considerate come eventuali.
6
L’obiezione, tuttavia, non coglie nel segno, in quanto ciò che si
critica è proprio l’aver assunto come tipica la funzione ricorrente
con più frequenza nella pratica.
E’, invece, tipica la funzione che il legislatore ha assegnato alla
clausola nel momento in cui l’ha ideata come strumento di cui i
privati possano disporre, e cioè la funzione afflittivo-
compulsiva.
7
La tesi della liquidazione preventiva e convenzionale, si presta
inoltre ad obiezioni sul fronte della coerenza logica.
Innanzitutto appare una forzatura parlare di liquidazione in
relazione ad un evento futuro e incerto,
8
qual’ è l’obbligazione di
risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento o al
ritardo: non si può liquidare un’obbligazione che non è ancora
sorta.
Per evitare tale contraddizione logica, non si deve parlare di
liquidazione di un’obbligazione, ma di valutazione dei danni,
avendo ben presente che trattasi di valutazione preventiva e
forfettaria. Anche così modificata la tesi in esame non pare in
6
DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
7
PIETROBON V., Errore, volontà e affidamento nel negozio giuridico,
Padova, 1990, pag. 157, in cui definisce la funzione del negozio come “la
ragione per cui è stato concesso il riconoscimento all’ autonomia privata,
cioè al regolamento di un conflitto d’interessi”
8
Di “intima contraddittorietà dei concetti” parla TRIMARCHI V. M.
nell’opera La clausola penale, Milano, 1954, I, pag. 53.
15
grado di superare almeno altre due obiezioni. Per quanto riguarda
la prima, va osservato che dall’inadempimento e dal ritardo può
anche non derivare alcun danno, perlomeno risarcibile. Si faccia
l’esempio di un contratto con cui un soggetto si obbliga a
consegnare una data quantità di cose di genere entro il 15 marzo
1999, contro il pagamento, da farsi all’atto della consegna, di lire
un milione. Le parti hanno pattuito una penale per il caso
d’inadempimento del venditore d’ammontare pari a lire due
milioni. Il venditore lascia passare il termine senza adempiere e,
nel frattempo, l’acquirente compra la stessa quantità di cose dello
stesso genere ad un prezzo inferiore, convenendo in giudizio il
venditore inadempiente per la risoluzione del contratto e il
pagamento della penale.
9
E’ evidente che, nell’ipotesi prospettata, dall’inadempimento del
venditore non deriva alcun danno alla controparte, perché
9
Cass. civ., sez. II, 10-10-1997, n.9852, Foro it. Mass., col. 992, ha
affermato il principio per cui è esclusa l’esistenza di un danno risarcibile
derivante da inadempimento, qualora il pregiudizio sia conseguenza di una
vicenda anteriore o posteriore al momento dell’inadempimento. Nel caso di
specie, a seguito della denuncia di vizi di mattonelle montate dal venditore,
questi si era impegnato al rifacimento del pavimento, ma tale obbligazione,
ritenuta dal giudice di merito novativa, non era stata adempiuta; il venditore,
citato in giudizio per i danni derivanti dalle mattonelle viziate, ne aveva
eccepito l’insussistenza, argomentando dal fatto che i lamentati vizi non
avevano inciso sul prezzo dell’immobile allorchè era stato venduto, e la S.C.
ha confermato la sentenza di merito, che escludeva l’esistenza del danno,
proprio in quanto il pregiudizio era conseguenza di una vicenda anteriore
all’inadempimento.
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l’inadempimento ha costituito l’occasione per concludere un
affare più vantaggioso e, cionondimeno, il giudice condannerà il
venditore al pagamento della penale, eventualmente riducendola
se la riterrà manifestamente eccessiva.
Appare, pertanto, insostenibile, nell’ipotesi prospettata, la tesi
secondo la quale la clausola penale ha la funzione di predisporre
la valutazione dei danni derivanti dall’inadempimento o dal
ritardo di una delle parti. L’obiezione non è superabile
precisando che con la penale le parti valutano preventivamente i
danni che potrebbero derivare dall’inadempimento o dal ritardo,
perché nell’esempio fatto si arriverebbe all’assurdo di una penale
che, al momento dell’applicazione, svolge una funzione diversa
da quella svolta al momento della stipulazione.
La seconda critica alla tesi in esame riguarda le caratteristiche
della liquidazione che sarebbe predisposta con la penale. Si
tratterebbe infatti di una valutazione non definitiva, né
impegnativa per le parti, data la previsione normativa della
risarcibilità del danno ulteriore e del potere di riduzione, il quale,
secondo la dottrina in esame, garantirebbe che l’ammontare della
prestazione dovuta a titolo di penale, si adegui al danno in
concreto verificatosi. E’ degna di nota, inoltre, la circostanza che
il giudice possa ridurre la penale, non in seguito al
sopraggiungere di elementi nuovi, ma sulla base di una diversa
valutazione dell'interesse del creditore all’adempimento
dell’obbligazione principale.