2
fortemente “personalistico”, per la rilevanza centrale attribuita al socio, soprattutto nella
amministrazione della società.
Gli ampi spazi di autonomia statutaria lasciati oggi ai privati, infatti, permettono
la costituzione di società nelle quali è forte il potere di amministrazione conferito ai
soci: essi godono del diritto di incidere sulla gestione della società, sia in modo diretto,
compiendo personalmente atti gestori, sia indirettamente, vigilando sull’attività degli
amministratori in carica ed agendo giudiziariamente nei loro confronti.
Nella seconda parte del testo si è tentato di sottolineare quali siano gli elementi
essenziali del potere di amministrazione del socio di s.r.l.
La gestione della società può essere direttamente devoluta ai soci, investendoli
formalmente delle cariche sociali, ma è anche possibili conferire loro “particolari diritti”
amministrativi aventi i contenuti più vari.
I poteri amministrativi dei soci sono oggi suffragati dai loro pregnanti diritti di
controllo della gestione societaria e di ispezione dei documenti relativi
all’amministrazione, esercitabili nonostante la presenza di un collegio sindacale e
tutelati dall’innovativa legittimazione all’esperimento individuale dell’azione sociale di
responsabilità.
La rilevanza del potere amministrativo del socio di s.r.l. è presa in
considerazione dalla legge anche nei suoi aspetti patologici, con la sanzione della
responsabilità dei singoli soci per i danni cagionati dalla loro cattiva gestione.
I “particolari diritti” attribuibili al socio, i suoi preganti diritti di controllo, gli
innovativi sistemi di amministrazione e la rilevanza delle “decisioni” assembleari, sono
i nuovi profili del potere di amministrazione del socio nella società a responsabilità
limitata che si è tentato di analizzare alla vigilia dell’entrata in vigore del decreto di
riforma.
3
PARTE I
Profili generali della nuova disciplina della s.r.l.
4
Capitolo I
UN NUOVO MODELLO SOCIETARIO ?
A seguito della riforma del diritto societario attuata dal d. lgs. 06 / 2003, la
società a responsabilità limitata ha assunto una posizione centrale nel panorama dei
modelli organizzativi delle attività di impresa.
La s.r.l. italiana è stata introdotta nel codice civile del 1942 con l’obiettivo di
configurare una società destinata agli imprenditori che volessero promuovere attività di
piccole o medie dimensioni, usufruendo di una struttura più snella e meno costosa di
quella della società per azioni, ma beneficiando, contemporaneamente, della
responsabilità limitata
1
; ma, all’atto pratico, non è mai riuscita a sottrarsi all’egemonia
della società per azioni, che è risultata, fino ad oggi, il modello dominante a livello
economico ed anche sul piano giuridico
2
.
La giurisprudenza e la dottrina non sono certamente esenti da colpa, in quanto
non hanno saputo cogliere la novità del modello non azionario
3
, ma il responsabile
principale del fallimento resta il legislatore che ha voluto fare della s.r.l. un tipo affine
alla s.p.a. e non ha voluto dotarla di una autonoma disciplina normativa
4
.
1
Venne artificiosamente creata dal legislatore del codice civile del 1942 allo scopo di “sostituire le
piccole anonime”, ma soprattutto di prestarsi per imprese che vogliano“contenere la responsabilità dei
soci […] e nello stesso tempo assicurare con legami più stretti l’attività dei soci alla società, consentendo
di riguardare le loro persone non più in funzione del loro apporto di capitali, ma altresì in funzione della
fiducia che ispirano i loro nomi o le loro attività, così nei rapporti interni come di fronte ai terzi”
(Relazione ministeriale al codice civile, n. 1004).
2
Per tutti, v. G. ZANARONE, S.r.l. contro s.p.a. nella legislazione recente, in Giur.comm., 1995, I,
391ss.
3
Sul punto, v. P. BENAZZO, Autonomia statutaria e quozienti assembleari nelle società di capitali,
Padova, CEDAM, 1999, p. 77ss.
4
In proposito è emblematico quanto affermato nella Relazione ministeriale: “la struttura della s.r.l. non
differisce da quella della s.p.a., se non per ciò che attiene ai caratteri diversi dei due tipi” (n. 1008). Tra i
tanti cfr. G. COTTINO, Le società. Diritto commerciale, I, t. 2, Padova, CEDAM, 1999, IV ed., p. 594ss.
Per questo motivo è stata rivolta al legislatore l’accusa di aver generato in realtà un inutile doppione della
s.p.a. Da ultimo cfr A. GAMBINO, Le società per azioni non aperte al mercato, in La riforma delle
società per azioni non quotate, a cura di M. Porzio, Milano, Giuffrè, 2000, p. 10ss.
5
La riforma del diritto societario ha risposto a tale situazione affrancando la s.r.l.
dalla s.p.a. e corredandola di “un autonomo e organico complesso di norme” ( l. delega,
art. 3, comma 1°, lett. a)
5
.
La società a responsabilità limitata è, oggi, un modello societario nettamente
distinto da quello della società per azioni, sia per l’esaltazione dei suoi caratteri
“personalistici”, sia per il riconoscimento di maggiore spazio all’autonomia negoziale.
Si tratta, quindi, di un tipo sociale “nuovo”, sia rispetto alla s.p.a e alla
accomandita per azioni, sia rispetto alla “vecchia” s.r.l. del 1942, improntato alla
semplificazione ed alla autonomia organizzativa, con conseguente valorizzazione
dell’autoregolamentazione e delle capacità di scelta dell’imprenditore, in risposta alle
esigenze di funzionalità proprie delle piccole e medie imprese, per le quali è facile
prevedere che la s.r.l. costituirà il modello di struttura societaria più utilizzato
5
E’ condivisibile l’affermazione per la quale, “dalla riforma si coglie la novità di sostenere lo sviluppo
dell’impresa societaria mediante il superamento della concezione dirigistica ed istituzionalista del codice
del 1942”. Cfr. F.GALGANO, Diritto commerciale. Le società, Bologna, Zanichelli, 2003, p. 158ss.
6
1.1 GLI OBIETTIVI DELLA RIFORMA
La disciplina della s.r.l. è certamente uno dei momenti più innovativi della
riforma del diritto societario del 2003. Per cogliere le caratteristiche essenziali della
nuova s.r.l., così come delineata dalle modifiche apportate al codice civile dall’ art.3 del
d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, occorre valutare anche la disciplina previgente ed i criteri
direttivi della riforma, contenuti nella l. 3 ottobre 2001, n. 366 (d’ora in avanti
denominata legge delega).
La riforma del diritto societario era volta, infatti, a risolvere il problema
dell’eccessivo ricorso da parte delle imprese italiane al modello della società per azioni,
ed alla corrispondente “marginalizzazione” del modello della società a responsabilità
limitata, con la conseguente scarsa adozione dei tipi capitalistici da parte delle imprese
di minori dimensioni, che organizzavano la loro attività ricorrendo prevalentemente alle
fattispecie delle società di persone
6
. In realtà, alla luce dei dati statistici, la rilevazione
di tale problema non avrebbe dovuto essere così drastica. Il censimento industriale
ISTAT aveva recentemente registrato una superiorità numerica delle società a
responsabilità limitata rispetto alle società per azioni
7
. Anche riguardo al rapporto con le
6
I lavori preparatori della legge delega, in special modo la relazione illustrativa (d’ora in avanti
denominata Relazione Mirone) al progetto di legge predisposto dalla Commissione presieduta da A.
Mirone, registrano come siano state disattese le aspettative del legislatore del 1942, che nell’introdurre la
società a responsabilità limitata affermò che la sua creazione derivava dalla ” necessità di apprestare la
responsabilità limitata a quelle organizzazioni sociali di minore entità che finora assumevano le forme
della società per azioni" (Relazione al Re). La pratica infatti rivelò un notevole “distacco tra schema
legale e sua applicazione” dovuto ad un eccessivo ricorso al modello della società per azioni ed “una
parallela marginalizzazione del modello della società a responsabilità limitata” ( art. 1, n. 1 Relazione
Mirone ), con la conseguente scarsa adozione dei tipi capitalistici da parte delle imprese di minori
dimensioni, che continuarono ad organizzare la loro attività ricorrendo alle fattispecie delle società di
persone. La riforma è quindi volta a “rispondere ai problemi, non più eludibili, conseguenti alla
inadeguatezza della disciplina del codice rispetto alla attuale realtà economica del Paese” (art. 1, n. 2
Relazione. Mirone).
7
Nel 1971 vi erano solo 26.710 s.r.l. contro 23.056 s.p.a., mentre nel 1981 si registrarono 95.568 s.r.l.
contro 38.058 s.p.a.; la divaricazione è aumentata nel 1991, con 224.567 s.r.l. contro 31.583 s.p.a., per
raggiungere il culmine nel censimento intermedio del 1996, in cui le s.r.l. erano 386.785 contro 34.998
società per azioni. Da G. ZANARONE, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, in Riv.
Soc. , 2003, f. 2/3, p. 65 ss.
7
società di persone, si era registrata una crescita numerica più che proporzionale delle
s.r.l.
8
. I dati statistici dimostrano - assieme all’elaborazione del Ministero delle Finanze
sulla dichiarazione dei redditi ai fini Irpeg - che tali s.r.l. erano per la maggior parte
imprese di minori dimensioni
9
.
Dal punto di vista pratico, non poteva sfuggire la rilevanza di tale istituto, in
quanto questo tipo societario era il più diffuso tra le imprese italiane: il 31 gennaio 2003
esistevano in Italia 936.824 società a responsabilità limitata, a fronte delle 63.328
società per azioni e delle 645.351 società in nome collettivo. Inoltre, all’esito della
riforma, il numero delle s.r.l. è con ogni probabilità destinato ad aumentare a scapito sia
delle società per azioni, che delle tradizionali società di persone, ed anche nell’ambito
dei gruppi societari
10
.
L’obiettivo del legislatore della riforma è stato però una ulteriore espansione di
questa fattispecie societaria rispetto alla s.p.a.
11
. In altri ordinamenti, infatti, l’uso degli
schemi corrispondenti alla società per azioni e alla società a responsabilità limitata ha
avuto una diffusione invertita, di maggior successo per la seconda piuttosto che per la
prima.
Inoltre, un altro obiettivo del legislatore della riforma era quello di rendere
l’utilizzazione delle società di persone inferiore rispetto a quella della s.r.l.
12
.
8
Nell’intervallo tra il censimento del 1971 e quello del 1996, mentre le prime sono passate da 17.286 a
711.808 unità, aumentando di circa quattro volte, le seconde sono passate da 26.710 a 368.785 unità
aumentando di ben quattordici volte circa. Da G.ZANARONE, Introduzione alla nuova società a
responsabilità limitata, p. 65.
9
Nel 1996 risultò, ad esempio, una media di 7,6 addetti per le s.r.l. contro una media di 92,7 addetti per le
s.p.a.. Nel 1995 il reddito medio delle s.r.l. era di L.87.632.000, mentre quello delle s.p.a. era di
L.2.754.596.000 . Da G. ZANARONE, op. cit. , p. 65 ss.
10
In tal senso cfr. ABRIANI e altri, Diritto delle società di capitali, manuale breve, Milano, Giuffrè
editore, 2003, p. 183.
11
La meta ideale sarebbe stata il rapporto tedesco di 3000 s.p.a. contro un milione di s.r.l. ( Relazione
Mirone, art. 1, n. 1 ).
12
Per attribuire il beneficio della responsabilità limitata al maggior numero possibile di imprese
(Relazione Mirone, art. 3, n. 1 ).
8
Il raggiungimento di questi obiettivi è sempre stato impedito dalla circostanza
che la disciplina della società a responsabilità limitata era impiantata su quella della
società per azioni: il codice del 1942 aveva introdotto una disciplina fortemente ispirata
alla s.p.a., tanto che fu coniato l’epiteto di “piccola società per azioni senza azioni”.
L’ordinamento della società a responsabilità limitata era, infatti, costituito sul
modello della società per azioni, sia per quanto riguardava la tutela dei creditori, che per
le strutture organizzative interne e la circolazione delle partecipazioni sociali. Tuttavia,
il modello legale della s.r.l. presentava margini di derogabilità superiori a quelli della
s.p.a., per la contrapposizione tra l’ ”elasticità” della prima e la tendenziale “rigidità”
della seconda
13
.
Ovviamente nella normativa dedicata alla s.r.l., non mancavano vincoli all’
“autonomia privata”, ma questi riguardavano quasi esclusivamente la tutela dei terzi che
entravano in contatto con la società, e la necessità di distinguere questo da altri tipi
societari.
La Cassazione aveva affermato che “le norma che disciplinano la struttura e il
funzionamento delle società regolari, data l’incidenza della loro attività nella via
commerciale ed industriale del paese, cioè in una sfera di interessi generali della
collettività, non sono d’interesse privato ma di ordine generale”
14
; e la giurisprudenza
prevalente, ispirandosi a tale principio di appartenenza all’ordine pubblico della
disciplina organizzativa delle società dotate di personalità giuridica, aveva sostenuto la
nullità, per contrarietà a norme imperative, di molte clausole presenti negli statuti di
13
La contrapposizione tra l’ ”elasticità” della s.r.l. e la “rigidità” della s.p.a. è rilevabile anche nella
Relazione ministeriale al codice civile: si pongano a confronto i passi seguenti, l’uno riferito alla s.p.a. (n.
943 ), l’altro alla s.r.l. (n. 1004 ) .”La disciplina della s.p.a. ha potuto essere profondamente riformata,nel
senso di assicurare da un lato all’istituto una maggiore robustezza e di circondarlo dall’altro di una
maggiore severità”. Invece, a proposito della s.r.l. : ”Lo schema di società tracciato dalla legge resta
sufficientemente elastico: il codice lascia infatti alla s.r.l. la possibilità di avere un piccolo o un grande
numero di soci, un piccolo o un grande capitale”.
14
Cass., 25 gennaio 1965, in Foro It. , 1965, I, c. 427.
9
s.r.l.
15
. La tecnica del rinvio sistematico alla disciplina della s.p.a. aveva trasferito
all’istituto della s.r.l. un’ eccessiva “rigidità”
16
; inoltre, nel tempo motivazioni di ordine
pubblico economico hanno determinato una burocratizzazione ed un aggravamento
degli adempimenti in tema di s.r.l., tale da renderli forse anche più gravosi di quelli
previsti per la s.p.a.
17
.
Tale scelta legislativa non rispondeva alle necessità pratiche particolarmente
presenti nel settore delle piccole e medie imprese, che vide così i soci introdurre negli
atti costitutivi clausole derogatrici volte ad ottenere un assetto più idoneo alle loro
esigenze. Ad esempio, la s.p.a era basata sulla separazione tra la qualità di socio e la
qualità di amministratore, ma spesso nella pratica la funzione amministrativa veniva
ricondotta ai soci attraverso clausole che riservavano competenze gestorie alla loro
assemblea o attraverso l’impegno di fatto di essi nell’organo amministrativo. Questa
circostanza sembrerebbe addirittura testimoniare una prassi più vicina al modello legale
delle società di persone che a quello della società per azioni.
Negli ultimi anni, all’inerzia del legislatore si era sostituita anche la
giurisprudenza, che aveva proceduto ad una particolare qualificazione della società a
responsabilità limitata.
15
Come la clausola statutaria che prevedesse il consenso unanime dei soci per le deliberazioni
assembleari (App. Roma, 27 febbraio 1997, in Giuris . It. 1997, I, 2, p.568), o delegasse poteri
assembleari agli amministratori(App. Trieste, 16 luglio 1994, in Riv . not. 1995, p.1072), o amministrativi
all’assemblea (App. Roma, 27 settembre 1999, in Società, 2000, p.585.), o autorizzasse
l’amministrazione disgiunta (Trib. Foggia, 27 aprile 1999, in Giur. comm., 2000, II, p.32.), o legittimasse
all’intervento in assemblea i soli soggetti iscritti da almeno un certo tempo nel libro dei soci (Trib.
Napoli, 20 dicembre 1999, in Foro nap., 2000, p.124.). Si trattava di un orientamento, fortemente
contestato in dottrina, dal quale sembrava infatti scaturire l’appiattimento di un tipo sostanzialmente a
compagine ristretta come la s.r.l. su un modello caratterizzato invece da una potenziale apertura della
predetta compagine come quello della s.p.a. V. per tutti, G. ZANARONE, op. cit. , p. 65 ss.
16
In tal senso cfr. (Relazione Mirone, art. 1, n. 1 ), secondo la quale il rinvio alla disciplina della s.p.a ha
trasferito alla s.r.l. “rigidità e oneri eccessivi rispetto al modello economico di riferimento” .
17
E’ questo il caso, ad esempio, del complesso procedimento previsto per il trasferimento della quota,
laddove alla semplicità che caratterizzava questo evento nella originaria disciplina si è sostituita una
macchinosa procedura. In tal senso cfr. F. DI SABATO, La società a responsabilità limitata come tipo
intermedio fra società di persone e società di capitali, in “Progetto Mirone” e modelli organizzativi per
la piccola e media impresa, a cura di V. Afferni, Milano, Giouffrè 2001, p. 3ss.
10
Il principale assetto sul quale si è incentrato l’esame giurisprudenziale, specie in
sede onoraria, ha riguardato la conformazione dello statuto sociale e, in questo ambito,
si è affermato il principio secondo il quale la snellezza e personalizzazione della s.r.l.
consentirebbero una configurazione degli assetti sociali assai libera, sfociando in
soluzioni “aperte” quanto quelle previste per le società di persone. La giurisprudenza ha
ricondotto tali soluzioni, al maggior rilievo che le persone dei soci hanno nella s.r.l. e
all’accettazione contrattuale delle clausole da parte dei soci.
La riforma ha portato alle conseguenze ultime tale processo di “de-
strutturazione” del concetto di personalità giuridica della società di capitali
18
.
La riforma del diritto societario si era posta poi l’obiettivo di fronteggiare la c.d.
“concorrenza tra ordinamenti”, resa più effettiva dalle recenti della Corte di Giustizia
U.E. che consentono a società con sede in uno stato membro di operare, anche in via
esclusiva, in un diverso stato dell’Unione.
18
Dalla legge delega emerge come il riconoscimento legale della personalità giuridica possa coniugarsi
ormai con strutture organizzative interne assolutamente flessibili), senza la necessità di una distinzione o,
addirittura, della stessa presenza di organi decisionali o esecutivi. Veniva, infatti, indicato quale
imperativo della riforma della s.r.l. “prevedere la libertà di forme organizzative” (art. 3, comma 1°, lett.
c)., senza la necessità di una distinzione o, addirittura, della stessa presenza di organi decisionali o
esecutivi. In tal senso P. BENAZZO, La s.r.l. nella riforma del diritto societario: società di capitali o
società di persone?, in Verso un nuovo diritto societario, a cura della Associazione Disiano Preite, Il
Mulino, Bologna, 2002, p. 107. La dottrina infatti rileva che “sul piano dogmatico il nuovo modello
organizzativo rende ancor più evanescente la nozione di persona giuridica, rompendo la tradizionale
corrispondenza tra questa e l’organizzazione corporativa” In tal senso cfr. D. U. SANTOSUOSSO, La
riforma del diritto societario, autonomia privata e norme imperative nei DD.Lgs. 17 gennaio2003, nn.5 e
6(2003), Milano, Giouffrè, 2003, p. 186ss. La personalità giuridica della società, infatti, venne sempre
intesa dalla dottrina semplicemente come lo strumento per ottenere il beneficio della responsabilità
limitata. La creazione della persona giuridica comportava, poi, una congiunzione in capo alla società,
della titolarità del potere d’impresa, articolato poi tra gli organi societari nei due momenti della gestione e
della direzione, e della sopportazione del rischio di impresa. Nel tempo questa organizzazione corporativa
ha però subito uno svuotamento, causato non solo dalla realtà economica e sociale, ma anche dal
legislatore: basti pensare alla introduzione della s.r.l. unipersonale (d. lgs. 88/1993), da un canto, ed alla
piccola società cooperativa (art. 21, l. 266/1997), dall’altro. Per la prima, infatti, dominio individuale e
beneficio della responsabilità limitata sono ex lege coniugati, anche se il legislatore conserva l’apparenza
di un’organizzazione corporativa. Per la seconda, la legge riconosce che nonostante la personalità
giuridica e la limitazione di responsabilità dei soci (art. 21, comma 6°), nella società possa mancare un
organo amministrativo o sindacale.
11
Nelle intenzioni del legislatore, il modello italiano di s.r.l. si sarebbe proposto,
quindi, come strumento alternativo a quelli analoghi previsti negli altri paesi membri
dell’Unione Europea, in grado di attirare investimenti nel nostro paese o almeno di
disincentivare gli operatori italiani dall’idea di costituire una società all’estero. Vanno in
questa direzione: la notevole autonomia e flessibilità nella scelta dei modelli
organizzativi e gestionali,la possibilità di emettere titoli di debito, la semplificazione
della disciplina dei conferimenti, la limitazione dei poteri dei creditori
19
.
19
Tuttavia è possibile che l’estensione dei poteri di controllo e di impugnativa attribuiti a ciascun socio e
del diritto di recesso possano costituire disincentivi all’adozione di questo modello. In tal senso cfr. Aa.
Vv. , Associazione Disiano Preite, Il nuovo diritto delle società – società capitali e cooperative, a cura di
G. Olivieri, G. Presti e F. Vella, Bologna, il Mulino, 2003, p. 234. Per un approfondimento della
questione v. ivi Capitolo V.
12
1.2 L’ANTITESI TRA LA NUOVA S.R.L. E LA S.P.A.
La riforma della società a responsabilità limitata ha inteso “offrire agli operatori
economici uno strumento caratterizzato da una significativa ed accentuata elasticità e
che, imperniato fondamentalmente su una considerazione delle persone dei soci e dei
loro rapporti personali, si volge a soddisfare esigenze particolarmente presenti
nell’ambito del settore delle piccole e medie imprese”( Relazione al d.lgs. 6/2003, n.11)
Il tessuto produttivo italiano è incentrato in prevalenza su imprese di piccole e
medie dimensioni. L’Italia è infatti il paese in Europa col maggior numero di piccole e
medie imprese: con quelle individuali e familiari si superano i tre milioni e mezzo di
unità. Di queste, in via approssimativa, solo 50.000 sono costituite in forma di s.r.l. e
circa 57.000 in forma di s.p.a. Tenuto conto di questo patrimonio di risorse ed
esperienze economiche, ricco ma estremamente frammentario, il legislatore della
riforma si è posto come obiettivo “ la crescita e la competitività delle imprese” (art. 2
legge delega), attraverso la loro canalizzazione verso i due archetipi organizzativi della
s.p.a. e della s.r.l.
20
.
In tale quadro, l’obiettivo primario della riforma è stata l’elaborazione di una
nuova “tipo” societario all’insegna della “semplificazione” normativa, attuata
soprattutto riducendo le norme imperative, e dell’autonomia organizzativa, nella
valorizzazione dell’autoregolamentazione e della capacità di scelta dell’imprenditore
21
.
20
Quest’ultima dovrebbe dunque costituire per le piccole e medie imprese il futuro modello di struttura
societaria per l’indubbia attrazione esercitata dal basso costo, in termini di capitale di rischio, dalla
limitazione della responsabilità e dalla “traslazione” del rischio. In questo senso cfr. F. GALGANO, Le
società per azioni. Le altre società di capitali. Le cooperative, Bologna, 1978, a cura di D. U.
Santosuosso, in La riforma delle società (confronto col codice civile vigente ), Giust. Civ. , supplemento
al n. 2-3, 2003, p. 244.
21
Il legislatore si è orientato “verso la predisposizione di modelli "flessibili", lasciando all’imprenditore
la scelta del modello più idoneo alla propria attività, ma fissando regole imperative a tutela dei terzi e,
conseguentemente, in relazione all’esistenza di determinati presupposti di fatto, rendendo obbligatoria la
scelta del tipo e/o l’applicazione di una normativa specifica”(Relaz. Mirone art. 5 ) In questo senso cfr. G.
B. BRUNI, Riflessioni sui possibili contorni della nuova s.r.l. in base alla riforma Mirone, in Le Società,
n. 3, 2003, p. 285