6
referendum costituzionale, indetto per il 25 e il 26 giugno, di
significati che andavano di gran lunga oltre la consultazione
popolare sul quel particolare tema. Il clima era di grande attesa
e il giorno seguente la chiusura dei seggi, dalle pagine dei
maggiori giornali, esperti e direttori s’interrogavano sui
risultati. Sia nei titoli che nei commenti si è parlato di “spallata
mancata” a causa della “valanga di no”
4
, mentre le cronache
erano piene di reazioni dei vincitori e degli sconfitti, contornati
dai risvolti sulla politica nazionale.
Può un referendum delegittimare un governo
liberamente scelto e spingere a riconfigurarne i confini e gli
equilibri? Davvero lo strumento politico del referendum ha
questo “potere”, seppur nel contesto di una democrazia
rappresentativa, dove il governo del popolo si attua attraverso
la mediazione, la rappresentanza? E qual è il rovescio della
medaglia di un sistema politico incalzato dalla democrazia
diretta? Di questi interrogativi è fatta la prospettiva alla base di
questo lavoro di tesi.
4
Si vedano a questo proposito gli editoriali di: Massimo Giannini, La rivincita
mancata, in “la Repubblica” del 30 maggio 2006 e Ezio Mauro, La sconfitta del
progetto populista, in “la Repubblica” del 27 giugno 2006.
7
Il primo referendum abrogativo della storia della
Repubblica italiana, datato 1974, era posto sul tema del
divorzio, nel tentativo di abrogarlo dopo l’approvazione
5
. Si
trattava del banco di prova dell’istituto referendario,
accantonato per «ben ventidue anni e cinque legislature»
6
. E già
in quell’occasione, «l’istituto del referendum fuoriusciva dal
solco lineare, ma evidentemente non sufficientemente
profondo, al cui interno era stato collocato dalla dottrina
costituzionalista»
7
.
Da quel momento in poi, la crescita anche solo nel
numero delle tornate referendarie è stata incessante e agli
elettori sono stati proposti anche “pacchetti” da 8 e 12
8
quesiti.
Il ricorso sempre più frequente allo strumento politico del
referendum, trova riscontro nella definizione di Marcello
Fedele: democrazia referendaria.
5
Il fronte antidivorzista guidato dalla Dc voleva servirsi del referendum
abrogativo per eliminare, dopo averlo approvato, l’odiato divorzio.
6
Marcello Fedele, Democrazia referendaria, L'Italia dal primato dei partiti al trionfo
dell'opinione pubblica, Donzelli, Roma, 1994.
7
Ibidem.
8
Il 18 e 19 aprile 1993 il pacchetto di referendum riguardava: controlli ambientali,
stupefacenti, finanziamento ai partiti, casse di risparmio, partecipazioni statali,
leggi elettorali al senato, ministero dell’agricoltura, ministero del turismo e
spettacolo.
L’11 giugno 1995 si è votato sul pacchetto di referendum: rappresentanze sindacali,
pubblico impiego, soggiorno cautelare, privatizzazione Rai, autorizzazione
commercio, orario degli esercizi commerciali, contributi sindacali, legge elettorale
per piccoli comuni, concessioni per la radiodiffusione televisiva, interruzioni
pubblicitarie, modifica del tetto massimo di raccolta pubblicitaria delle televisioni
private.
8
Come se con quel primo referendum si fosse
“disinnescata la sicura” di una forza anti-sistema imponente,
dati i delicati equilibri, tra partiti e società civile e tra
democrazia rappresentativa e democrazia diretta; e questa
avesse cominciato a seguire un percorso suo intrecciato con
quello del sistema, volto a influenzarlo.
L’eco delle perplessità e dei dubbi, se non anche delle
paure per le “derive plebiscitarie” dell’utilizzo dello strumento
politico del referendum a partire dall’Assemblea costituente, fa
da sfondo alla prima parte dell’analisi, la quale si dirama verso
gli aspetti normativi entro cui, per i motivi sopraindicati, il
referendum è stato racchiuso. Gli articoli che disciplinano il
referendum non sono esenti da imperfezioni, quindi è d’obbligo
tracciarle e soffermarsi sul soggetto dell’iter referendario che
più ha svolto un’azione di supplenza: la Corte costituzionale.
Proprio la Corte, con il suo inappellabile giudizio di
ammissibilità/inammissibilità, è stata artefice del realizzarsi o
meno di una richiesta in referendum, uno sbarramento nel
percorso dalla richiesta al seggio elettorale, un argine alla
distorsione della democrazia rappresentativa.
9
In apertura si circoscrive, dunque, il terreno d’analisi alla
forma di referendum abrogativa. La seconda parte guarda agli
aspetti più politologici di questi 62 referendum abrogativi
sottoposti agli elettori nel periodo fra il 1974 e il 2005, e
concentrati nella seconda metà di questo arco di tempo.
L’Italia è uno dei paesi con il più alto tasso di
consultazioni referendarie, accompagnata da Svizzera e
California
9
. L’incremento del ricorso al referendum è una
novità, dato che «la genesi delle consultazioni referendarie in
Italia si configura come un processo frammentato e disperso,
l’istituzionalizzazione assume invece i tratti di un processo più
unitario e concentrato»
10
. Lo sguardo degli addetti ai lavori su
questa problematica, segue una tassonomia dai più critici nei
confronti della democrazia diretta e del referendum, a chi ne ha
fatto un vero e proprio vessillo della partecipazione politica
popolare. Ma, per avere un quadro chiaro sui referendum, è
necessario soffermarsi sugli attori principali di uno strumento
di democrazia diretta che è pur sempre immerso in logiche
9
Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Pier Vincenzo Uleri, Referendum e
democrazia. Una prospettiva comparata, Il Mulino, Bologna, 2003; e Butler David e
Ranney Austin Referendum A Comparative Study of Pratice and Theory,
Washington, D.C., London, American Enterprise fro Public Policy Research, 1978.
10
Ibidem.
10
rappresentative: i partiti. La sfiducia verso questi attori del
sistema politico, nella fase post-tangentopoli, ha accompagnato
l’incremento delle tornate referendarie che, dopo una grande
risposta in termini di partecipazione popolare, ha subito un
declino che ha toccato il minimo con il 25,9% dei votanti nel
2005
11
, ben lontano dall’87% di votanti raccolti dal referendum
abrogativo sul divorzio del 1974.
Il pacchetto di 12 referendum proposti nel 1995 è stato
l’ultimo a raggiungere la soglia del quorum. Ciò significa che le
consultazioni popolari degli ultimi dodici anni sono state
invalidate da una affluenza alle urne non sufficiente.
L’ultimo referendum abrogativo in ordine di tempo è
stato quello sulla procreazione medicalmente assistita del 2005. Un
tema controverso, verso cui l’opinione pubblica avrebbe dovuto
avere un interesse acceso e individuale. Anch’esso fermatosi
sotto la soglia utile all’abrogazione parziale della legge 40.
Un’affluenza decisamente scarsa, quella del 25,9%, se si
considera che la legge dal 2001 allarga la possibilità di
11
Il 12 e 13 giugno 2005 quattro quesiti sulla Procreazione medicalmente assistita:
limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni, norme sui limiti all'accesso,
norme sulle finalità, sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all'accesso, divieto
di fecondazione eterologa. Fonte Ministero dell’Interno.
11
esprimere il proprio voto anche agli italiani residenti
all’estero
12
.
Nell’ultima parte di questo lavoro, tutti i punti trattati nei
paragrafi precedenti verranno calati nello specifico di questo
referendum. Del caso empirico saranno vagliati: il quesito, i
passi che hanno portato la legge 40 ad essere oggetto di
consultazione popolare, i risultati e le implicazioni. I quattro
quesiti referendari per l’abrogazione parziale della legge 40 si
intrecciano indissolubilmente con un ampio spettro di
problematiche etico-scientifiche; non solo, con il destino dei
referendum stessi. L’interpretazione dei risultati del
referendum e il cammino dei referendum percorrono lo stesso
binario ed è inevitabile accostarli per trarre le dovute
conclusioni e spunti di riflessione.
12
Con la legge 459 del 2001 “Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini
italiani residenti all' estero” gli italiani residenti all’estero hanno la possibilità,
rivolgendosi al consolato, di esprimere il proprio voto sui referendum che si
svolgono in patria. Per ulteriori informazioni in appendice le lettere informative
del Ministero degli Interni.
12
1.
LO STRUMENTO DEL REFERENDUM IN ITALIA
«Noi non abbiamo una democrazia
diretta, abbiamo una democrazia
mediata. La sovranità è nel popolo. Su
questo non esiste discussione né
incertezza. Ritenere che, mentre esiste
un Parlamento legittimamente eletto, la
sovranità sia ancora nel popolo, vuol
dire sovvertire i concetti costituzionali.
Vuol dire mescolare malamente una
democrazia, mediata dal Parlamento,
con una democrazia diretta».
Oscar Luigi
Scalfaro
1.1 Timori e cautele dei padri costituenti
Nel Palazzo di Montecitorio, il 25 giugno 1946 si riunì
per la prima volta l’Assemblea costituente. Sulle spalle dei 75
padri fondatori presieduti dall’Onorevole Giuseppe Saragat il
compito di redigere la Carta Costituzionale di un paese segnato
da vent’anni di totalitarismo culminati nella seconda Guerra
Mondiale. Dal 21 dicembre 1946 al 22 gennaio 1947 il dibattito,
peraltro animato, riguardò il referendum, lo strumento politico
che aveva sancito la fine della Monarchia e l’inizio della
Repubblica
13
che l’Assemblea aveva il compito di strutturare.
13
Referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
13
Le scelte in merito si rivelarono difficili. Sebbene la Repubblica
fosse figlia proprio di un referendum, i padri costituenti
mostravano cautela nei confronti del coinvolgimento diretto del
popolo nelle decisioni politiche. Guardavano con timore gli
effetti destabilizzanti del referendum sulla vita politica italiana,
e dovendolo introdurre nella Costituzione repubblicana,
cercarono di limitarne il più possibile l’uso. La scelta ricadde su
quella modalità di referendum a minor tasso di rischio: il
referendum abrogativo ad iniziativa popolare.
Venne negato, a questo strumento di democrazia
diretta
14
, la qualificazione di mezzo alternativo e sostitutivo del
processo di formazione della legge proprio del sistema
rappresentativo. I legislatori decisero di introdurre un elemento
di modernità e garanzia alla nascente democrazia, ma l’azione
principale fu quella di ridimensionare le iniziative di
democrazia diretta. Il ricorso al referendum, negli intenti dei
costituenti, doveva verificarsi in via del tutto eccezionale:
«nulla era più lontano dalle loro concezioni che un sistema
incalzato continuamente da ondate intermittenti di istanze
14
Accanto al referendum il nostro ordinamento prevede altri due istituti di
democrazia diretta: l’iniziativa popolare delle leggi (articolo 71) e la petizione
popolare (articolo 50).
14
referendarie»
15
. L’azione fu essenzialmente quella di
circoscrivere la potenziale area d’azione del referendum,
rimandando alle successive elezioni e al futuro governo in
carica di legiferare in merito.
Difatti, la legge per l’attuazione del referendum venne
approvata solo il 25 maggio 1970, e fu in quell’occasione che il
referendum divenne, da ipotesi, realtà. Le lacune legislative
non furono evidenti nel breve tempo perché il referendum
rimase «in un cassetto»
16
fino al 1974, momento in cui si decise
per la consultazione popolare sul tema del divorzio. Negli anni
successivi, e nelle successive tornate referendarie sempre più
incalzanti
17
, fu la Corte costituzionale ad assumersi l’onere di
sopperire alle mancanze della legge, permettendo, o in alcuni
casi mettendo un freno, al ricorso a questo strumento. La Corte è
un organo fondamentale nel sistema di garanzie previsto dalla
nostra Costituzione
18
, con un compito particolare: è garante e
15
Anna Chimenti, Storia dei referendum dal divorzio alla riforma elettorale, Laterza,
Roma Bari, 1999, pag. 18.
16
Ibidem, pag 22.
17
Cfr Pier Vincenzo Uleri, Referendum e democrazia. Una prospettiva comparata, Il
Mulino, Bologna, 2003.
18
Tratto da: Titolo VI Garanzie Costituzionali Sezione I della Costituzione Italiana
è composta da quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della
Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle
supreme magistrature ordinaria e amministrative. I giudici della Corte
costituzionale sono scelti fra magistrati delle giurisdizioni superiori, i professori
15
supervisore del rispetto della Costituzione da parte di tutti,
Parlamento compreso
19
. La stagione che ha visto la Corte come
principale protagonista è stata quella dei referendum “a
raffica”, quella dei Radicali e delle campagne referendarie di
Marco Pannella. In quel caso, la Corte si è mossa a difesa del
sistema, sommerso da continue mobilitazioni dell’elettorato,
riscrivendo, attraverso le sentenze, la disciplina del referendum
abrogativo
20
. Un vero e proprio ruolo di supplenza rispetto alle
carenze di una legge che al cospetto delle prime richieste
referendarie del ’78
21
, «cominciò a fare acqua da tutte le parti»
22
.
Fra animati dibattiti la Corte abbandonò la linea morbida di
controllo e confronto con le leggi escluse dall’articolo 75
23
, per
l’azione di indirizzo e controllo come vero e proprio filtro delle
richieste di referendum. I Radicali parlarono di “Corte Beretta”
e considerarono i giudici costituzionali un “plotone di
ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo vent’anni di
esercizio. I giudici sono nominati per nove anni e non possono conseguire un
nuovo mandato.
19
Per ulteriori approfondimenti sull’argomento Alfonso Celotto, La Corte
Costituzionale, Il Mulino, Bologna, 2004.
20
Cfr. Stefano Rodotà, Il referendum e i poteri della Corte, in “la Repubblica”, 26
maggio 1978.
21
Abrogazione della legge Reale, della legge sul finanziamento pubblico dei partiti,
promosse dai Radicali.
22
Anna Chimenti, Storia dei referendum dal divorzio alla riforma elettorale, Op.Cit., pag
47.
23
Non possono essere oggetto di referendum le leggi tributarie e di approvazione
dei bilanci, la concessione di amnistia e indulto, le leggi di autorizzazione alla
ratifica dei trattati internazionali.
16
esecuzione” dei referendum. Davanti agli attacchi, non solo dei
Radicali, e le accuse di ingerenza, l’allora presidente Leonetto
Amadei rispose: «La colpa è della legge sul referendum, che
non dà interpretazioni precise, inequivocabili, su quali
ammettere e quali no»
24
. Un altro punto su cui la legge risultava
avere qualche crepa era la precisa definizione degli aggettivi
“parziale e totale” accanto ad “abrogativo”. I costituzionalisti e
gli stessi giudici costituzionali si sono interrogati sul significato
da attribuire a questi due aggettivi inseriti nel primo comma
dell’articolo 75 della Costituzione. I costituenti avevano escluso
a priori la forma di referendum propositiva al fine di evitare che
il popolo potesse interferire nella determinazione dell’indirizzo
politico. Il referendum parzialmente abrogativo permette però una
forma particolare di referendum propositivo. Nonostante
l’obbligo di citare per esteso tutte le parole che si intendono
abrogare, di fatto tagliando dei frammenti linguistici, si
propone una legge diversa da quella oggetto di abrogazione. E
ciò rende i questi quesiti referendari di difficile comprensione
25
.
Per scongiurare o arginare il pericolo che uno strumento di
24
Leonetto Amadei, presidente della Corte costituzionale dal 5 marzo ’79 Corte al
28 giugno 1981, dichiarazioni rilasciate a “Panorama” del 16 febbraio 1981.
25
I quattro referendum parzialmente abrogativi proposti per la Legge 40 ne sono
un esempio; si rimanda al terzo capitolo di questo elaborato.
17
democrazia diretta si trasformasse in un distorto strumento di
democrazia rappresentativa la Corte ha stabilito per i quesiti
referendari dei requisiti di ammissibilità-inammissimilità:
chiarezza, univocità e omogeneità. Ciò significa che le proposte
referendarie per arrivare alle urne devono avere pieno rispetto
delle prescrizioni della Costituzione italiana, essere
comprensibili e possedere una “matrice razionalmente
unitaria”. Probabilmente, questi tre “semplici” criteri non
riescono a dar conto dell’importanza rivestita dalla Corte
costituzionale in materia di referendum. Numerose sono state
le richieste presentate dai comitati promotori che si sono
incagliate in questa fase e non sono mai arrivate alla
consultazione popolare
26
. Un esempio in cifre sarà in tal senso
esplicativo: prendendo in considerazione il periodo fra il
referendum sul divorzio del ’74 e quello sul sistema elettorale
alla Camera dei deputati del ’99 su un totale di 96 proposte
presentate, la Corte ne ha giudicate 53 ammissibili e 43
inammissibili. Queste 43 richieste non sono mai passate alle fasi
successive per diventare vera e propria consultazione popolare:
referendum.
26
Per ulteriori approfondimenti sull’iter referendario si rimanda al 3° paragrafo di questo
capitolo.