5
Sembra opportuno, quindi, soffermarci su quest’ultimo aspetto, evidenziando
l’andamento dell’occupazione e della disoccupazione, confrontando tali dati con quelli
relativi all’Italia e al Mezzogiorno ed effettuando un analisi per classi d’età e per settore
di attività, considerando anche il fenomeno del lavoro stagionale, particolarmente
diffuso nell’area in questione.
Nel presente lavoro, occupandoci dell’area del Vulture – Alto Bradano, non
potevamo non considerare l’insediamento Fiat e il relativo indotto con tutte le
conseguenze, positive e negative, derivanti.
In particolare, prenderemo in considerazione i problemi relativi al
pendolarismo, che spinge i dipendenti a stabilirsi nelle aree contigue al “Comune Fiat”,
allo stress psicologico, con conseguente analisi delle cause relative all’abbandono, ed al
peso che l’insediamento ha nell’area del Vulture, in termini di occupazione e di rischi
relativi alla sopravvivenza delle attività originarie del territorio.
Occupandoci di una Regione, ed in particolare di un area prettamente agricola,
ci è parso doveroso trattare il cambiamento intervenuto nel modo di interpretare
l’agricoltura, vista non più solo come mero strumento destinato a soddisfare l’esigenze
delle popolazioni residenti, ma come “prima guardiana dell’ambiente”.
Nel capitolo 4 ci occuperemo, oltre al ruolo multifunzionale dell’agricoltura,
anche delle risorse ambientali e locali ed in particolare dei processi di sviluppo rurale,
che mirano alla valorizzazione delle risorse endogene e al consolidamento degli
equilibri di natura culturale, sociale ed economica per garantire fenomeni di sviluppo
sostenibile e duraturo.
Un altro aspetto che verrà trattato, sempre in riferimento allo sviluppo rurale,
che trova nel Vulture – Alto Bradano la giusta combinazione di cultura, tradizione e
prodotti tipici, è il “turismo rurale”, il quale potrebbe rappresentare un importante
fattore di riequilibrio economico in grado di garantire reddito ed occupazione senza
alterare, anzi migliorando, la particolare vocazione del territorio. Accanto a questa
nuova forma di turismo, tratteremo un altro elemento fondamentale per lo sviluppo
rurale, l’agriturismo, inteso non come antagonista del turismo tradizionale, ma come
elemento elemento di diversificazione e originarietà indispensabile al turismo rurale.
Infine, nell’ultima parte del presente lavoro, prenderemo in considerazione le
iniziative di sviluppo soffermandoci, in particolare, sul Programma di Iniziativa
6
Comunitaria “Leader Plus”, sul Patto Territoriale Basilicata Nord – Occidentale e sul
Patto “Sapori Lucani; in riferimento a quest’ultimo, prenderemo in considerazione
alcuni indicatori relativi alle caratteristiche economiche nonché gli investimenti
imprenditoriali ed infrastrutturali generati dal Patto e le conseguenze sull’occupazione e
sulle imprese operanti nell’area.
7
CAPITOLO 1
ANALISI DEL SISTEMA AGRICOLO
PRODUTTIVO
1.1 LO SCENARIO ITALIANO: DALLA PRODUZIONE AGRICOLA AI
DISTRETTI AGRO - ALIMENTARI
Lo sviluppo del sistema agro – alimentare italiano nel secondo dopoguerra è
stato caratterizzato da profonde trasformazioni strutturali, che hanno visto l’affermarsi
di una integrazione sempre più profonda tra le sue diverse componenti.
Le strette connessioni esistenti tra agricoltura, industria di trasformazione,
sistema logistico e distributivo, impongono oggi una visione più complessiva dei
processi di sviluppo. È necessario quindi analizzare congiuntamente l’evoluzione del
complesso di queste attività attraverso lo studio dell’intero sistema agro – alimentare.
Le attività che possono essere direttamente e indirettamente comprese nel
sistema agro – alimentare, sono numerose e vanno dall’agricoltura all’industria
produttrice di mezzi tecnici, dall’industria della trasformazione alimentare alla logistica
e alla distribuzione, per non parlare del ruolo sempre maggiore della ristorazione.
Una recente stima dell’INEA
1
valuta l’importanza economica dell’intero agro –
alimentare italiano, nel 1999, in oltre 332.000 miliardi di vecchie lire, pari al 15,6% del
Pil Nazionale. Le principali componenti sono rappresentate da circa 54.000 miliardi di
valore aggiunto agricolo (16% del totale), da 26.000 miliardi di consumi di beni
1
Istituto Nazionale di Economia Agraria: Ente Pubblico di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero
per le Politiche Agricole, istituito dal Decreto n. 1418 del 10 maggio 1928; esegue attività di ricerca,
rilevazione, analisi e previsione nel campo strutturale e socio economico del settore agro-industriale,
forestale e della pesca. È stato compreso tra gli enti del comparto ricerca dalla Legge n.70/75 ed indicato
tra quelli di notevole rilievo. È stato designato quale organo di collegamento tra lo Stato Italiano e
l’Unione Europea per la creazione e la gestione della Rete d’Informazione Contabile Agricola (RICA).
Dal marzo 1990 è stato inserito tra gli enti del Sistema Statistico Nazionale (SISTAM) ed è coinvolto da
numerose Regioni in attività di assistenza tecnica, monitoraggio e valutazione delle politiche strutturali
(programmi FEOGA, LEADER; ecc.) e di mercato.
8
intermedi agricoli (mangimi, concimi, fertilizzanti, ecc.), da 26.000 miliardi
d’investimenti (10,1%), da circa 57.000 miliardi di valore aggiunto dell’industria
alimentare (17%), da oltre 109.000 miliardi per la commercializzazione e la
distribuzione (33%) e da circa 48.000 miliardi per servizi di ristorazione (14%).
Il valore odierno delle diverse componenti del sistema agro – alimentare è la
risultante di profondi processi di trasformazione, che hanno visto la progressiva
trasformazione dei saggi di sviluppo della produzione agricola e l’aumento continuo
della richiesta di beni alimentari sempre più trasformati e che incorporano una quantità
maggiore di servizi. Basti ricordare che nel 1951 il valore della produzione agricola era
pari ad oltre i 2/3 dei consumi alimentari delle famiglie italiane, mentre oggi e sceso a
poco più di 1/3. Inoltre, nel 1999 il valore aggiunto dell’industria alimentare ha superato
per la prima volta quello dell’agricoltura.
I cambiamenti del sistema agro – alimentare si intrecciano inoltre con le grandi
trasformazioni della società italiana, che hanno visto il passaggio da una società
agricolo – industriale a una prevalentemente terziarizzata, ma anche l’incremento e una
concentrazione fortissima delle popolazioni nelle aree urbane, senza dimenticare, infine,
il passaggio da paese a forte emigrazione a un paese con fenomeni di immigrazione
sempre più rilevanti.
La produzione agricola italiana dal secondo dopoguerra ha avuto un forte
incremento produttivo, soprattutto nel corso degli anni 60-70. Tale sviluppo non è stato
tuttavia uniforme a livello territoriale, infatti, alle vecchie differenze ambientali se ne
sono aggiunte delle nuove che hanno cambiato profondamente la geografia
dell’agricoltura italiana. Alle tradizionali differenziazioni tra Nord e Sud del paese, si
sono aggiunte quelle derivanti dalla progressiva concentrazione della produzione
agricola nelle zone pianeggianti e intensive, mentre sempre più vaste aree collinari e
montane sono state abbandonate.
La produzione dei principali prodotti agricoli si concentra oggi in aree ben
specifiche e zone limitate, che assumono una posizione dominante a livello nazionale.
In molti casi, oltre il 50% del valore aggiunto della produzione nazionale di un singolo
prodotto agricolo, si concentra in poche province (ad esempio la produzione del latte,
dei diversi tipi di carne e in particolare di quella avicola, della frutta e degli ortaggi).
9
La concentrazione territoriale della produzione agricola, è stata accompagnata
da evidenti processi di specializzazione, che hanno interessato sia le principali aree
produttive del paese, sia le aziende agricole. Esse hanno progressivamente perso le
caratteristiche di aziende promiscue, per specializzarsi in poche produzioni, in stretto
collegamento con i cambiamenti produttivi a livello zonale. Ciò ha determinato una
crescente apertura verso il mercato, inserendo sempre più direttamente le aziende
agricole nel funzionamento del sistema economico italiano.
La grande concentrazione e specializzazione degli ordinamenti colturali a
livello territoriale e aziendale, assieme alla forte intensificazione produttiva, hanno
quindi esaltato nel corso del secondo dopoguerra, il formarsi di differenze zonali e locali
sempre più marcate nell’agricoltura italiana. La divaricazione profonda nei processi di
sviluppo, ha messo in evidenza le condizioni di marginalizzazione e arretratezza in cui
si sono venute a trovare vaste aree collinari e montane del paese, dove assieme
all’attività agricola sono scomparse gran parte delle attività produttive. In queste aree, la
situazione economica si accompagna ad un tessuto sociale sempre più debole, che
determina gravi situazioni di degrado ambientale.
Il processo di trasformazione e specializzazione dell’agricoltura nel secondo
dopoguerra, è stato accompagnato da cambiamenti altrettanto rilevanti nell’industria di
trasformazione alimentare, determinando un intreccio profondo fra la produzione
agricola locale e la sua trasformazione.
Le attività di trasformazione dei prodotti agricoli sono uscite dalle aziende
agricole e hanno perso progressivamente il loro carattere artigianale per svilupparsi in
vere e proprie attività industriali. L’industria alimentare italiana è ancora oggi
caratterizzata da un’ampia diffusione su tutto il territorio nazionale, con una forte
concentrazione nel Nord del paese in termini di fatturato (65% del totale nazionale),
mentre al Sud riveste un importanza particolare all’interno del debole apparato
industriale.
Anche l’industria alimentare ha subito significativi cambiamenti strutturali, che
hanno visto da un lato la formazione di grandi gruppi industriali e l’ingresso di
multinazionali, e dall’altro l’affermarsi di veri e propri “distretti agro – alimentari”,
caratterizzati da una forte specializzazione produttiva e concentrazione territoriale di
piccole e medie imprese di trasformazione, che hanno permesso la valorizzazione delle
10
produzioni tipiche locali e la loro diffusione sul mercato nazionale ed europeo.
Nell’industria alimentare italiana, convivono quindi strutture di produzione di piccole e
medie dimensioni a fianco di grandi imprese e gruppi multinazionali.
Lo sviluppo e l’affermarsi dei distretti agro – alimentari si colloca nel
complesso e rapido processo di sviluppo economico che ha interessato l’Italia nel
secondo dopoguerra. La rapida industrializzazione del paese, già caratterizzata da un
forte e tradizionale dualismo fra Nord e Sud, è stata accompagnata dall’insorgere di
nuove e più profonde differenze territoriali.
Soprattutto nel corso degli anni ’70 è divenuta sempre più evidente la presenza
di realtà territoriali caratterizzate da un’industrializzazione diffusa, basata
principalmente su piccole e medie imprese. Queste diverse realtà, presenti soprattutto
nell’Italia Centrale e nel Nord-Est sono state analizzate e studiate facendo ricorso a
nuovi strumenti analitici, i distretti industriali.
Numerose analisi empiriche hanno permesso di comprendere a fondo le origini,
i meccanismi di funzionamento e la dinamica di queste specifiche realtà. Il forte
radicamento territoriale delle imprese, le strette relazioni tra impresa e famiglia, la
concentrazione e specializzazione territoriale della produzione (caratterizzata da elevati
livelli di tipicità e qualità), la flessibilità nel cambiamento dei prodotti e dei processi
produttivi, ma anche la fitta rete di relazioni sociali, economiche e istituzionali
caratterizzano queste realtà locali.
Le origini e le caratteristiche dei distretti agro – alimentari non possono essere
ricondotte a un fattore specifico. In molti casi derivano dai profondi processi di
specializzazione e concentrazione delle produzioni agricole, ma non meno rilevante
risultata la presenza di tradizioni artigianali nella trasformazione dei prodotti agricoli,
mentre un ruolo spesso decisivo è stato giocato dalla forte domanda di prodotti tipici,
che ha creato le condizioni per un ulteriore sviluppo del mercato di tali prodotti.
La dimensione territoriale e la struttura industriale dei distretti agro –
alimentari si presentano, molto spesso, diverse nelle numerose realtà presenti in Italia.
Dimensioni territoriali piuttosto estese si hanno nel caso del Parmiggiano Reggiano,
dove sono coinvolte 4 Province, mentre dimensioni più limitate si hanno nella
trasformazione della carne suina e avicola, dove le imprese si concentrano in pochi
Comuni localizzati in aree contigue.
11
1.2 IL SISTEMA AGRO – ALIMENTARE IN BASILICATA
Nonostante i recenti e numerosi processi di sviluppo che hanno riguardato il
sistema agro – alimentare Lucano, la struttura e l’economia del settore agricolo
rimangono ancora estremamente deboli.
Ai limiti fisici imposti dalla accidentata conformazione orografica del territorio
Regionale e dalle caratteristiche pedoclimatiche, si affiancano quelli determinati dalla
polverizzazione e frammentazione delle aziende agricole e agro - alimentari, nonché
quelli insiti nelle caratteristiche socio – demografiche della Regione, che evidenziano un
costante invecchiamento degli addetti ed una accentuazione della forma di
parzializzazione e despecializzazione dell’occupazione agricola.
Le diverse realtà agricole e agro – alimentari presenti in Regione, fanno
emergere condizioni operative differenti legate non solo all’ambiente e al territorio in
cui è situata l’azienda, ma anche alle caratteristiche socio – culturali e alla diffusione del
concetto di intersettorialità: l’agricoltura si cala sempre più spesso in una realtà
multiforme non solo economica, nella quale interagisce con settori e culture nuove che
spesso trascendono l’agricoltura nel senso tradizionale del termine.
Rimane, comunque, ancora molto accentuata la polverizzazione aziendale,
spesso accompagnata da frammentazione del corpo aziendale con particelle sparse sul
territorio, creando non pochi limiti all’attività dell’impresa. Quella della polverizzazione
aziendale sembra essere l’unica costante strutturale ancora saldamente in vita di un
sistema tradizionale che ha subito numerosi cambiamenti.
La conformazione orografica e il contesto socio – economico, rappresentano i
principali parametri che hanno condotto all'individuazione, da parti dell’INEA delle
differenti “agricolture Lucane” e dei sistemi di sviluppo in cui esse sono inserite.
L’analisi conduce all’individuazione dei cosiddetti “contesti produttivi
omogenei”. A tal proposito, si distingue una prima divisione in due contesti omogenei,
che corrispondono in linea di massima ai territori delle due Province: Potenza e Matera.
Il primo contesto territoriale, che comprende buona parte della Provincia di
Potenza e alcuni comuni del Materano a ridosso delle Dolomiti Lucane, è caratterizzato
12
da un paesaggio tipicamente montano, contraddistinto da un folto manto boschivo,
un’agricoltura essenzialmente legata alla zootecnia e alle coltivazioni foraggere alle
quote più alte, mentre in corrispondenza dei fondovalle irrigui l’attività, negli ultimi
anni, si è andata concentrando su colture ortofrutticole, viticole e olivicole e
sull’allevamento delle specie lattifere.
Il secondo contesto territoriale corrisponde all’area collinare e pianeggiante del
Materano. Questo, si presenta spesso con una configurazione calanchiva e un paesaggio
agricolo dominato dalle colture cerealicole, mentre man mano che l’estensione
dell’irrigazione ha risalito i fondovalle si sono sviluppati coltivazioni fruttifere e
orticole.
A queste differenze territoriali si possono aggiungere quelle di natura socio –
economica, differenziando ulteriormente il settore primario Lucano e individuando in
tal modo tre distinti sistemi agricoli:
• Sistemi ad elevata suscettività agroindustriale, dove idonee condizioni, fisiche
e sociali e la disponibilità di acqua per l’irrigazione, permettono lo sviluppo
delle produzioni agricole e la possibilità di organizzazioni in filiere di
prodotto; si tratta di un sistema afferente ad una territorializzazione che
potremmo definire di “geografia agraria”, che si concentra sulle produzioni e
sulla redditività delle pratiche agricole;
• Sistemi rurali a forte integrazione ambientale, dove l’agricoltura è strumento
di salvaguardia e valorizzazione del territorio, ossia ad una territorializzazione
di “geografia rurale” attenta alla conservazione di realtà sociali ed ambientali,
non viene tralasciato il lato economico che oggi scaturisce dalle attività legate
alla storia delle popolazioni e del territorio, storia che mira anche alla
conservazione della “fisicità” dell’ambiente naturale;
• Sistemi di transazione verso forme di sviluppo agricolo e integrato, nei quali
le potenzialità del settore primario sono molteplici, ma mancano ancora
condizioni organizzative adeguate alla trasformazione, promozione e
commercializzazione delle produzioni agricole secondo livelli di competitività
sui mercati della grande distribuzione organizzata. Ci troviamo di fronte ad
una realtà in cui, a momenti di dinamicità economica del settore agricolo si
alterna un forte legame alle tradizioni e alla ruralità, spesso determinate
13
dall’età degli attivi in agricoltura e dallo scarso ricambio generazionale. Sono
sempre presenti dinamiche di sviluppo che investono altri settori produttivi
(turismo, servizi, industria) che però non assumono, singolarmente, un ruolo
dominante.
Sono considerate ad “elevata suscettività agricola”, le aree caratterizzate da un
territorio particolarmente idoneo alle attività primarie, da forme di integrazione
orizzontale e verticale con gli altri settori produttivi e con le attività politiche ed
istituzionali, da buoni livelli di infrastrutturazione, dalla presenza di servizi alle attività
e dall’integrazione tra i vari aspetti del processo economico (che tra l’altro prevede
anche un buon livello di organizzazione e propensione all’associazionismo).
14
In queste aree, l’agricoltura garantisce buoni livelli di occupazione e reddito, in
quanto i canali economici che garantiscono tali risultati non sono soltanto quelli
dell’agricoltura in senso stretto, ma quelli dell’intero sistema agro – alimentare, della
commercializzazione delle produzioni, dei mezzi tecnici e dei macchinari.
Le aree che fanno parte di questo sistema, sono il Metapontino e il “Vulture –
Alto Bradano”.
15
CAPITOLO 2
IL POSSIBILE DISTRETTO AGROALIMENTARE DEL VULTURE
– ALTO BRADANO
2.1 IL VULTURE ALTO – BRADANO
Il territorio in questione si estende su una superficie complessiva di circa
1.136,54 kmq, nella parte settentrionale è delimitato dal fiume Ofanto, che segna il
confine regionale, ad ovest con la Campania e ad est con la Puglia, e nella parte
meridionale dal fiume Bradano. L’Ofanto, con i suoi affluenti, costituisce
essenzialmente il sistema idrografico dell’area, con il bacino della fiumara di Atella
nella parte sud – ovest e della fiumara Arcidiaconata (che diventa torrente Oliveto dopo
la confluenza nella fiumara di Venosa) a nord – est.
L’area è fortemente caratterizzata dalla presenza delle formazioni geologiche
di natura vulcanica del massiccio del Vulture, con le due cime Vulture (m.1.330) e San
Michele (m.1.236) e dai due crateri, ormai spenti, occupati dai “laghi di Monticchio”,
diversi nelle dimensioni e nel colore e alimentati da una falda acquifera sotterranea. In
particolare, nel comprensorio del Vulture l’intero ecosistema è influenzato dalla
formazione vulcanica sia per quanto riguarda i fattori climatici, sia per quelli legati alla
vegetazione.
Nell’ambito dell’area vulcanica, si rilevano i principali acquiferi, che danno
origine alle sorgenti delle acque minerali localizzate nel territorio.
In generale, le caratteristiche pedoclimatiche e la disponibilità di risorsa idrica,
hanno favorito in tutto il territorio oggetto di studio, colture di tipo vitivinicolo e
olivicolo, ma anche orticolo e cerealicolo, oltre ad una significativa presenza
d'allevamenti.
16
Il territorio del Vulture – Alto Bradano, costituisce un comparto territoriale di
assoluto rilievo sotto il profilo agricolo, e rappresenta uno dei territori a maggior
valenza di sviluppo in ambito Regionale.
Nell’area P.I.T.
1
in questione, sono presenti 15.143 aziende agricole,
zootecniche e forestali, con una superficie totale pari a 142.966 ettari, di cui 121.162 di
SAU
2
. Rispetto al 1990, il numero delle aziende è aumentato di 63 unità (+0,4%) –
variazione che risulta essere in controtendenza sia rispetto al dato Provinciale (-5,3%)
che a quello Regionale (-1,7%) – a fronte di una riduzione della superficie totale di
17.208 ettari (-10,7%), dei quali 14.204 ettari di SAU (-10,5%)
3
.
15.080
15.143
160.174
142.966
135.366
121.162
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
Aziende Superficie
totale(ha)
SAU(ha)
Aziende e superficie area P.I.T.
Anni 1990-2000
1990
2000
Grafico 1. Fonte: ISTAT
1
P.I.T.: Progetto Integrato Territoriale: "Complesso di azioni intersettoriali, che convergono verso un
comune obiettivo di sviluppo del territorio”. La Basilicata ha recepito tale strumento nel POR
(Programma Operativo Regionale) finalizzandolo allo sviluppo locale di territori specifici, nei quali si
intende convogliare l’intera azione prevista dalla programmazione 2000-2006 con il fine di raggiungere
un obiettivo di sviluppo comunemente condiviso dagli altri attori locali.
2
SAU: superficie agricola utilizzata
3
Dati INEA
17
Il confronto con i dati della provincia di Potenza e quelli della Regione
Basilicata, sintetizzato nella tabella della pagina seguente, evidenzia, riguardo alla
superficie totale, una riduzione rispettivamente del 17% e del 15,1%; riguardo alla
SAU, del 16,8% e del 13,8%.
Nel 2000, le aziende appaiono fortemente concentrate nei Comuni di Melfi,
Venosa e Lavello, dove ricadono oltre il 32% delle complessive unità e anche il 30,2%
della complessiva SAU, mentre gli altri Comuni concentrano una quota d'aziende
relativamente modesta, rispetto alla superficie agricola utilizzata.
Le contrazioni maggiori si sono verificate nei comuni di Ruvo del Monte (-
43%), Ginestra (-31,6%) e Oppido Lucano (-28,9%). In tutti i comuni con saldo
negativo rispetto alle aziende, il calo ha riguardato anche la superficie totale e la SAU.
Al contrario, tra i Comuni con saldo positivo, spicca il dato di Barile (+29,8%),
Acerenza (+24,8%) e Melfi (+20,5%).
18
Tab. 1: Aziende e Superficie. Anno 1990 - 2000
Fonte: ISTAT
2000 1990 Variazione 2000-1990
Comuni
Aziend
.
Superf.
Tot.
SAU Aziende Superf.
Tot.
SAU Azie
nde
Sup.
tot.
SAU
Acerenza 685 5.975 4.185 549 6.416 4.828 24,8 -6,9 -13,3
Atella 398 7.395 4.763 386 7.958 4.649 3,1 -7,1 2,4
Banzi 566 7.046 6.175 496 5.746 4.975 14,1 22,6 24,1
Barile 984 1.831 1.760 758 1.795 1.675 29,8 2,0 5,1
Genzano 852 14.784 14.01 1.085 18.478 17.632 -21,5 -20,0 -20,4
Ginestra 167 631 592 244 1.066 963 -31,6 -40,8 -38,5
Lavello 1.114 10.812 10.43 1.185 14.761 14.140 -6,0 -26,8 -26,4
Maschito 418 3.289 3.099 389 3.422 3.331 7,5 -3,9 -7,0
Melfi 1.990 14.621 13.55 1.652 17.275 15.546 20,5 -15,4 -13,1
Montemil. 504 9.735 8.563 528 9.745 8.683 -4,5 -0,1 -1,4
Oppido L. 540 4.539 4.069 759 5.461 5.036 -28,9 -16,9 -19,2
Rampolla 906 2.171 2.020 852 2.354 2.049 6,3 -7,8 -1,4
Rapone 228 2.138 1.330 247 2.299 1.787 -7,7 -7,0 -25,6
Rionero V. 667 3.704 3.048 649 3.626 2.923 2,8 2,2 4,3
Ripacand. 436 1.961 1.775 577 2.260 2.008 -24,4 -13,2 -11,6
Ruvo Mont 143 1.548 994 251 1.800 1.217 -43,0 -14,0 -18,3
S.Chirico 202 2.297 1.390 199 2.094 1.152 1,5 9,7 20,7
San Fele 884 8.523 6.811 804 9.216 7.660 10,0 -7,5 -11,1
Tolve 603 9.141 7.360 688 12.139 7.764 -12,4 -24,7 -5,2
Venosa 1.800 14.092 12.64 1.572 13.784 12.352 14,5 2,2 2,2
Totale PIT 15.143 142.966 121.62 15.080 160.174 135.366 0,4 -10,7 -10,5
Prov. Pot. 54.058 458.808 319.68 57.08 552.571 384.177 -5,3 -17,0 -16,8
Basilicata 81.911 716.837 537.69 83.296 844.699 624.133 -1,7 -15,1 -13,8