7
In questo contesto di estrema competitività, la mia esperienza di
stage ha rappresentato per me un’esperienza unica e difficile della
quale sono fiero e spero ce ne possano essere altre da affrontare con
serenità
…Per me è importante e doveroso, dunque, ringraziare tutti quanti
mi hanno aiutato in quest’esperienza
e soprattutto la mia famiglia che me ne ha dato l’opportunità.
Un ringraziamento di cuore in particolare a Mr. Giddings per
avermi sopportato ed aiutato durante la permanenza.
8
Capitolo I
1. OVERVIEW DEL SISTEMA INDIA
1.1. PREMESSA
L’Unione Indiana è nel contesto globale un paese di grandi
potenzialità, soprattutto per le sue dimensioni geografiche e
demografiche. La nazione ha un'estensione pari a circa dieci volte
quella dell'Italia ed è popolata, secondo le ultimissime stime, da
oltre un miliardo di persone.
1
Come esempio della sua potenzialità, basti pensare che è
attualmente la tredicesima economia mondiale in termini assoluti,
ma potrebbe essere considerata già attualmente la sesta se il
prodotto interno lordo fosse calcolato con il metodo delle parità dei
poteri d'acquisto.
L’India si presenta sotto la forma politica di Repubblica Federale e
racchiude al suo interno 25 stati ed 8 territori con diverso grado di
autonomia, il potere legislativo è applicato nelle due camere (Alta e
Bassa) nella capitale, Delhi.
1
Tutti i dati di relativi demografia, popolazione e società (non economici), anche se
provenienti da testi diversi, hanno come base comune il censimento 1991, eccezion fatta per il
totale popolazione, pubblicato a settembre e relativo al censimento 2001.
9
1.1.1. Politiche di sviluppo contemporanee
La strategia di sviluppo intrapresa dall’Unione Indiana all'indomani
dell'indipendenza (1947) era basata dalla relativa chiusura degli
scambi internazionali e dal forte intervento dello stato nell'attività
economica. Il lento ma costante aumento del reddito pro capite e
l'espansione del settore industriale permisero però al paese di
ridurre il ruolo dello stato e aprire la propria economia al resto del
mondo. Dopo il fallito tentativo di Rajiv Gandhi nella seconda metà
degli anni ottanta, la politica di liberalizzazione dell'economia
riprese vigore dal giugno 1991, quando l'India ha dovuto affrontare
una crisi finanziaria di particolare gravità. Questa nuova fase della
politica economica indiana fu lenta ma irreversibile. Anche se le
resistenze all'interno del paese da parte di vari gruppi sociali sono si
dimostrarono sostenute, tutte le forze politiche concordarono
comunque sulla necessità che fosse opportuno continuare ad
operare riforme e economiche in tale senso.
Gli effetti delle politiche di liberalizzazione sulla crescita
economica del paese rischiarono però di essere pesantemente
influenzati dal relativo isolamento internazionale dell'India.
Nella fattispecie il paese di dimostrava restio a partecipare a tutti i
processi di integrazione presenti nell’area dell'Asia orientale e
sudorientale.
Per rendere stabile la propria posizione in campo internazionale, il
paese si è reso promotore nel 1983 della South Asia Association for
Regional Cooperation (Saarc), un'associazione che raggruppava sei
paesi dell'Asia meridionale (India, Nepal, Bhutan, Maldive,
Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka). Questa struttura sovranazionale,
10
seppur ancora allo stato embrionale, si proponeva di aggregare parte
delle nazioni dell'Africa orientale e di alcuni territori ex sovietici
dell'Asia centrale, prefiggendosi come obiettivo quello di fungere
da garante della stabilità di tutta l’area. I tempi non si mostrarono
maturi ed il progetto fu quindi ostacolato dal persistere di attriti fra i
paesi di questa parte del globo. Mai questo tentativo avesse preso
corpo, l'India avrebbe potrebbe prendere il ruolo di leader e garante
della stabilità dell'area.
Dal 1 gennaio 1995 l’Unione Indiana ha aderito alla WTO insieme
con un folto gruppo di rappresentanze di paesi sud asiatici.
I nuovi principi dei governi regolamentati dalla WTO sono semplici
e fondamentali e rappresentano la base per la costituzione di un
sistema di commerci multilaterale.
Fra questi posso annoverare: non discriminazione (diritto al pari
trattamento), politiche in favore di un commercio più libero,
incoraggiamento del sistema competitivo dei commerci ed un fondi
extra per i paesi meno sviluppati.
Dal gennaio 2001 è quindi diventato esecutivo l’ordine di aprire
l’ingresso al mercato indiano ad una serie di beni merceologici
prima pesantemente tassati oppure proibiti. Se ora sono presenti
beni la cui presenza nel mercato non infastidisce i produttori locali,
non si può affermare che lo stesso sia accaduto con la necessaria
scioltezza per beni la cui produzione è attualmente in mano ad
influenti personaggi dell’alta società indiana, molto spesso troppo
vicini alle scelte del governo.
11
1.1.2. Cenni geografici e climatici
L’India ha una superficie di 3.287.782 km
2
ed è estesa per circa
3.200 km sia nel senso dei meridiani che per quello dei paralleli; la
sua varietà a livello culturale, etnico, geografico e climatico è unica.
Da un punto di vista morfologico il paese si rappresenta come un
triangolo rovesciato, la cui base è formata dalle catene
dellaHimalaya, che coprono gran parte della superficie degli stati
del Jammu e Kashmir, dell’Himachal Pradesh, del Sikkim,
dell’Assam e lambiscono il West Bengal (la regione di Darjeeling)
e l'Uttar Pradesh. A Sud le montagne cedono il passo alla vasta
pianura gangetica, comprendente gli stati del Punjab, dell’Haryana,
dell’Uttar Pradesh, del Bihar, del West Bengal e il territorio
dell'Unione di Delhi. L’assenza dell’influenza monsonica trasforma
però molto bruscamente la parte Sud/Ovest di questa ridente
pianura fino al confine con il Pakistan in una regione arida e semi-
desertica, con in seno i grandi stati del Rajastan e del Gujarat
(quest’ultimo a sua volta vittima di violenti movimenti tellurici
durante il primo mese dell’anno 2001). A Levante invece la pianura
muta in dolci ed estese colline verdeggianti e molto forestose di
carattere morenico, fino ad arrivare al confine con la Birmania (stati
del Nagaland, Manipur, Mizoran).
A sud di queste tre regioni il triangolo si stringe e prende forma
l'altipiano del Deccan, che separa dorsalmente le due fasce costiere,
rispettivamente sul Mare Arabico e sull’Oceano Indiano, con le
relative catene montuose chiamate ghats, le quali poi si
congiungono all'estremo Sud del subcontinente.
12
Da un punto di vista climatico le stagioni sono tre, una caldo-secca,
da marzo a giugno, un’altra caldo-umida, da giugno a settembre ed
una terza freddo-secca, da ottobre a febbraio.
Le temperature variano durante la stagione caldo-secca dai 45°C nel
Rajastan ai 10°C sulle montagne del Nord, mentre nella stagione
caldo-umida sono comprese dai 38°C del Rajastan fino ai 15 °C
sulle montagne del Nord; nella stagione fredda altresì la loro
escursione scende fino sotto il livello “0” nelle aree montuose del
Nord fino ai 25 °C di quelle costiere del Sud.
L’alternarsi di periodi di relativa siccità e di piogge intense dà un
connotazione stagionale anche alle innumerevoli epidemie
malariche ed al diffondersi di malattie batteriche e virali
gastrointestinali contratte tramite l’assunzione di acqua non
depurata e di difficile gestione specie durante la stagione
monsonica.
1.1.3. Popolazione, etnie, lingue e religioni
Dal 1961 al 1991 la popolazione indiana è cresciuta con un tasso di
natalità superiore al due per cento l’anno, solo il tasso registrato in
quest’ultimo decennio si è abbassato all’1.9%, ma è bastato
affinché la popolazione la fatidica meta del miliardo, esattamente
l’ultimo censimento parla di un miliardo e ventisette milioni
persone, sparse per il territorio con una densità di 313 ab/km
2
. Tale
sostenuto incremento demografico è alla base della particolare
distribuzione per età della popolazione, che è più giovane anche se
paragonata a quella di altri paesi meno sviluppati. Un neonato
indiano ha ora un’aspettativa di vita di circa 62 anni se uomo e 63
13
se donna, dato molto confortante se paragonato alla aspettativa che
avrebbe avuto nel 1951, pari ad un età media di 32 anni, ma uno
stesso neonato nato nel povero Sri Lanka o nella popolosissima
Cina ha comunque un’aspettativa di addirittura circa 71 anni.
Tra gli stati più popolosi si trovano in ordine decrescente l'Uttar
Pradesh, il Bihar e il Maharashtra, i quali hanno sempre evidenziato
un tasso di crescita superiore al due per cento nel corso del
decennio dal 1981 al 1991. Gli stati più densamente popolati, se si
prescinde dal cittadino territorio dell’Unione di Delhi, sono in
ordine decrescente il West Bengal, caratterizzato da sempre da una
sostenuta immigrazione dal Bangladesh, il Kerala e il Bihar; quelli
meno densamente popolati sono il Rajastan e il Madhya Pradesh.
Nonostante i processi di industrializzazione verificatisi negli ultimi
quarant'anni siano stati forti, non hanno fortunatamente determinato
quell’urbanizzazione massiccia tipica della maggior parte dei paesi
in via di sviluppo: tuttora la popolazione rurale supera il 66 per
cento del totale, e anche nello stato più industrializzato, il
Maharashtra, è maggiore del sessanta per cento. Non sembra
sussistere una correlazione statisticamente significativa tra livello di
sviluppo e tasso di urbanizzazione né tra livello di sviluppo e
densità di popolazione.
Tutto ciò getta qualche dubbio su due teorie abbastanza accreditate
tra gli studiosi, vale a dire quella che la crescita economica implichi
l'abbandono delle campagne e quella che la pressione della
popolazione costituisca un grave ostacolo alla crescita stessa.
14
Da un punto di vista etnico, l’India si presenta come un crogiolo di
etnie: facile, infatti, è rilevare la differenza tra i bengalesi dell'Est,
relativamente bassi di statura, le popolazioni del centro e del Nord,
alte e dalla pelle più chiara, i kashmiri dai caratteri somatici
tipicamente centro-asiatici, le popolazioni tibetane del Ladakb (est
del Kashmir) e del nord dell'Himachal Pradesh dai tratti mongolici,
i tamil e i keralesi dalla pelle abbastanza scura. Schematicamente
possiamo distinguere quattro grandi gruppi, vale a dire: le
popolazioni di stirpe mongolica, localizzate negli stati montuosi del
Nord; quelle di origine ariana, distribuite soprattutto nella vasta
pianura gangetica; quelle dravidiche, che rappresentano le antiche
popolazioni autoctone del subcontinente, concentrate nel Sud ove
furono sospinte dall'invasione ariana; le popolazione tribali, di
talune delle quali è addirittura ignota l'origine, pari a circa il sette
per cento del totale e disseminate in tutta l’Unione.
Il sistema castale è fittamente intrecciato all’origine etnica della
popolazione, ciò è anche provato dal fatto che gran parte delle
popolazioni autoctone del subcontinente, dalla pelle più scura
rispetto a quella degli ariani, fu inclusa dagli ariani nella casta più
bassa (in sanscrito si usa il termine varna, per indicare il sistema
delle caste, che significa colore): ciò implica come conseguenza che
anche nel Nord dell'India vi siano persone dalla pelle più scura
appartenenti perciò alle caste più basse, con leggi e regolamenti di
ammissione scolastica e di altro genere differenziati nei loro
confronti.
15
La molteplicità di etnie comporta una varietà linguistica abbastanza
accentuata: sedici sono le lingue ufficiali, che possono essere usate
in maniera differenziata dalle pubbliche amministrazioni degli Stati
dell’Unione ed anche come mezzo d’istruzione a livello locale,
mentre circa mille seicento sono i dialetti, che possono cambiare
anche nel raggio di un centinaio di chilometri.
A complicare la situazione è la loro origine dei tre maggiori ceppi
presenti, che rende la vita molto difficile a chi deve adattarsi a
vivere in posti diversi.
All'estremo nord, nelle aree montagnose ai confini con l’Himalaya,
si parlano lingue di ceppo tibetano.
Nelle pianure gangetiche il ceppo è di origine indoeuropea e le
lingue sono derivate dal sanscrito (come l'hindi, il punjabi, il
rajastani, il gujarati, il bengali, il marathi, l’oriya). queste citate,
oltre a essere abbastanza simili, fanno uso dello stesso sistema
alfabetico (devnagri), nello stesso contesto esistono poi altre due
lingue di origine indoeuropea (il kashmiri e l’ordu) che utilizzano
l'alfabeto arabo, l’ordu in particolare è sostanzialmente uguale
all’hindi, ed è parlato dai musulmani in tutta l'unione.
Lingue dal ceppo diverso e dette dravidiche si parlano al Sud e sono
il tamil, il telogu, il kannada, il malayalam. Queste non hanno nulla
a che vedere, neanche nella scrittura, a quelle del ceppo
indoeuropeo.
Per completare il quadro, le tribù disseminate in tutta l’India
parlano dialetti loro propri, l'origine di molti dei quali è tuttora
ignota.
16
L’hindi, parlato dal 45% della popolazione (per circa il 75% come
lingua madre), è costituzionalmente la lingua ufficiale dell'unione.
E’ ancora l'inglese, però, a godere dello status particolare di lingua
nazionale, in cui devono essere tradotti tutti i documenti ufficiali.
Esso è per molti indiani istruiti comunque ancora una lingua madre
ed è abbastanza diffuso in ogni fascia sociale soprattutto al Sud,
dove il livello di alfabetizzazione è sensibilmente più alto.
La Costituzione, che prevedeva che tale disposizione avesse
carattere transitorio fino alla completa diffusione dell’hindi, trovò
come maggiore ostacolo la grande opposizione degli stati del Sud,
che preferirono l'inglese all’hindi, e presso i quali quest’ultimo è
quasi sconosciuto. Il bilinguismo attuale è destinato perciò a
rimanere tale per ancora molto tempo.
In questo contesto le lingue locali continueranno a godere di
particolari prerogative, tra le quali la possibilità di essere utilizzate
nei documenti ufficiali e come mezzo di istruzione (a esclusione di
quella universitaria, che viene impartita in inglese) nello stato in cui
sono precipuamente utilizzate, sempre accanto all’inglese.
L’aspetto religioso è uno degli spezzati più importanti nella vita
quotidiana di ogni indiano ed anche in quella sociale, considerando
che nel territorio convivono in relativa pace fedi spesso anche molto
diverse da un punto di vista filosofico e morale.
Importantissimo è notare come se una politica di gestione delle
nascite non ha potuto essere promulgata, è proprio a causa della
difficoltà di trovare una via equa per tutte le religioni a favore del
ridimensionamento del fenomeno.
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Una quantificazione attendibile attesta che circa l’82 per cento della
popolazione professa l’induismo, l’11,35 per cento l’islam, un 2% il
sickismo ed un altro 2,43 per cento il cristianesimo.
Il maggior oggetto di scontro a livello sociale è il diverso punto di
vista nella formazione della famiglia (gli hindu aborriscono in
qualunque caso relazioni di sangue), un secondo attrito è comunque
costituito dal fatto che la religione induista non è considerata una
religione rivelata al pari di quella islamica e annovera fra le sue
divinità una moltitudine di 160.000 dei diversi, che offrono il
pretesto alla comunità islamica di sentirsi più importanti e virtuosi
dal punto di vista morale.
Esistono infine diversi bacini di gruppi aderenti ad altre confessioni
religiose, tra cui i buddisti (circa cinque milioni), i jain (circa tre
milioni) ed i parsi (ottantacinquemila).
1.1.4. la popolazione e il reddito
La distribuzione del reddito, di gran lunga meno sperequata rispetto
ad altre nazioni in via di sviluppo, mostra una costante tendenza a
una maggiore perequazione: la percentuale di reddito rispetto al
totale afferente al venti per cento della popolazione più povera è
passata dal 6,7 all'8,8 per cento dal 1964-65 al 1989-90.
Ciò è anche confermato dal fatto che il paese era nel 1994 il 135°
nella graduatoria mondiale in termini dell'indice di sviluppo umano
(human development index) mentre 147° in termini del reddito pro
capite. A parte una piccola élite a Delhi e Bombay, anche i ricchi in
India sono poveri secondo gli standard internazionali: secondo il
National Council for Applied Economic Research solo il 2,3% della
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popolazione ha un reddito familiare superiore a 78.000 rupie
mensili, tale da potersi ritenere “ricca” (circa 2.500 dollari).
L’analisi degli indicatori di qualità della vita offre un quadro ricco
di profondi contrasti. In sintesi si ha l'impressione che vi sia un
lento miglioramento nelle condizioni di vita della popolazione,
finora insufficiente comunque a sradicare la povertà: infatti circa il
quaranta per cento della popolazione, e in particolare il 42% nelle
zone rurali e il 33% in quelle urbane, vive al di sotto della soglia di
povertà, vale a dire che secondo i numeri dovrebbe essere incapace
di soddisfare i suoi bisogni primari per quanto concerne l'alloggio,
il cibo ed il vestiario, anche se è molto sviluppata l’arte di riuscire
ad arrangiarsi con poco.
1.1.5. Le relazioni internazionali
Negli anni successivi all'indipendenza l'Unione Indiana, pur
mantenendo eccellenti relazioni con la Gran Bretagna e aderendo al
Commonwealth, si fece promotrice di una politica di non
allineamento, fino a divenire uno dei paesi leader nell'ambito di
quelli non allineati, insieme con la Yugoslavia di Tito e l'Egitto di
Nasser. Tuttavia gli interessi internazionali del paese lo portarono
gradualmente ad avvicinarsi all'Unione Sovietica. Innanzitutto
l'India trovò nell'Unione Sovietica un alleato anch'esso desideroso
di contenere l'espansionismo cinese nell'Asia centrale. Inoltre
l'appoggio degli Stati Uniti d'America al Pakistan, con il quale
furono combattute tre guerre, spinse l'India a intensificare le
relazioni con l'Unione Sovietica. In terzo luogo l'Unione Sovietica
appoggiò l'India nel 1960 ponendo il suo veto a una risoluzione del
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Consiglio di sicurezza dell'ONU che condannava fermamente
l'azione militare di conquista dei territori indiani controllati dal
Portogallo (Goa, Daman e Diu). Infine l'adozione di un modello di
economica semipianificata e fortemente protezionista, implicando
la non convertibilità della rupia, comportò il sorgere di una fitta rete
di relazioni economiche con l'Unione Sovietica, basate per lo più su
meccanismi di baratto.
Il processo di formazione di blocchi economico-politici a carattere
regionale, spesso comprendenti nazioni sviluppate e non, ha già da
almeno un decennio compromesso la strategia indiana di
accreditarsi come uno dei leader tra i paesi del Sud del mondo,
indipendentemente dalla collocazione geografica.
Questa crisi di identità della politica estera indiana è stata poi resa
evidente dal collasso dell'Unione Sovietica.
Di fronte a questi eventi l'India ha innanzitutto migliorato
notevolmente le sue relazioni con gli Stati Uniti d'America, fino a
permettere agli aerei statunitensi durante il conflitto conseguente
l'invasione del Kuwait di rifornirsi di carburante nelle basi poste sul
proprio territorio.
Attualmente gli Stati Uniti d'America, attraverso la loro Agenzia
per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo (USAID), sono
particolarmente impegnati in India. Notevoli sono anche le relazioni
sul piano della cooperazione scientifica e tecnologica, stimolate
anche dalla presenza nelle università statunitensi di una folta
comunità indiana. Pur tuttavia permangono dissidi tra i due paesi, a
causa della limitata tutela dei brevetti esistente in India, delle
presunte violazioni da parte delle autorità indiane dei diritti umani
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in Kashmir, del diniego indiano di aderire al trattato di non
proliferazione nucleare. Inoltre l'intensificarsi delle relazioni
economiche e politiche tra gli Stati Uniti d'America, il Messico e il
Canada, con l'entrata in vigore del North America Free Trade
Agreement (NAFTA), che chiaramente rivela l'importanza
prioritaria che gli Stati Uniti d'America annettono all'integrazione
economica tra tutti i paesi americani, è suscettibile di influire in
modo negativo sull'ulteriore intensificazione delle relazioni tra i due
paesi.
L’India ha poi sviluppato le sue relazioni con l'Unione Europea
(UE), con la quale ha stabilito relazioni diplomatiche sin dal 1962.
Attualmente tra l'Unione Indiana e l'UE esistono vari accordi di
cooperazione allo sviluppo (progetti di sviluppo finanziati dall'UE,
aiuto alimentare, aiuto di urgenza); le esportazioni indiane nei paesi
dell'UE godono poi di facilitazioni doganali (cosiddetto “sistema di
preferenze generalizzate”). Pur tuttavia l'India non è riuscita a
imprimere un sostanziale mutamento di rotta nella politica estera
dell'UE per ciò che concerne le relazioni con i paesi emergenti:
tuttora infatti essa si concentra soprattutto sui paesi africani e
caraibici firmatari della convenzione di Lomè e in subordine su
quelli dell'America Latina.
I problemi e le opportunità per l'UE derivanti dal collasso delle
economie pianificate nell'Europa centrorientale hanno infine
ulteriormente distratto l'attenzione dall'India.
Ben più sistematici sono stati i tentativi dell'India di integrarsi con
le altre nazioni asiatiche.