Sviluppatosi intorno agli anni 50, gli anni del "Boom"
economico, come Porto Industriale, grazie
all'impareggiabile opera di Luciano Cavalcoli, allora
Presidente della Camera di Commercio di Ravenna, dell'On.
Benigno Zaccagnini, allora Ministro dei Lavori Pubblici,
del Sen. Medici, Ministro del Tesoro, di Enrico Mattei,
allora presidente dell'E.N.I., il porto Romagnolo solo ora
sta conoscendo i momenti di splendore che ha inseguito con
più o meno consapevolezza nel corso della storia;
nonostante non sia adeguatamente avvantaggiato dal punto di
vista delle comunicazioni, specialmente quelle ferroviarie.
Ultimamente c'è chi si auspica che Ravenna possa
diventare in un prossimo futuro, anche Porto Turistico,
potendo facilmente essere collegato ad esempio con i porti
della Jugoslavia, servizio peraltro molto richiesto,
andando ad accrescere d'importanza una città piena di
storia e di arti, ed in posizione strategica dal punto di
vista potenziale delle comunicazioni.
CAPITOLO I
CENNI SUL PORTO E LE SUE ORIGINI
Identificare le origini dell'attuale Porto
Industriale-Commerciale di Ravenna nell'antico Porto Romano
di Classe fondato da Ottaviano Augusto (63 a.C. - 14 d.C.),
sarebbe un grave errore storico, geografico e logistico.
Errore storico, perchè non è storicamente
riconducibile la remota scomparsa del Porto Romano avvenuta
in primo medioevo (VIII sec.) (1) e la seppur relativa
recente fondazione del Porto Canale attuale, avvenuta nel
1737 ad opera del Cardinale Alberoni.
Errore geografico, perchè‚ situata in altra zona
geografica del territorio e perchè‚ nell'attuale struttura
morfologica del territorio diversificatosi ed evolutosi nel
corso dei secoli, il mare dista dall'antico porto Romano
alcuni chilometri, causa i detriti portati a valle dai
fiumi.
Errore logistico perchè‚ l'attuale conformazione di
Porto Corsini, si discosta notevolmente della struttura del
porto militare romano, che presenta tuttavia qualche
apparente analogia.
La struttura attuale è semmai riconducibile a quella
del Porto Canale Pamphilio (Candiano), i cui lavori di
scavo furono iniziati nel 1651. Il Canale Pamphilio può
essere considerato l'anello di congiunzione storico e
geografico, che lega il porto Augusteo con Porto Corsini,
l'attuale porto.
La conformazione di Porto-Canale, che collega Ravenna
al mare, rende questo porto di notevole importanza e
ricettività dal punto di vista del traffico nazionale,
essendo tra i primissimi posti (3°) in Italia; senza
dimenticare che per capienza e grandezza del suo bacino, il
porto romagnolo è tra i primissimi posti anche in Europa.
Purtroppo per motivi di incomprensioni politiche, il
Porto ravennate non è ancora riuscito ad occupare il posto
che merita nell'economia nazionale.
Molta rilevanza ha il fattore collegamento stradale e
ferroviario, dal quale Ravenna è sempre stata carente,
specie per quanto riguarda il collegamento ferroviario ed
il collegamento autostradale costiero con Rimini e Venezia.
Dal punto di vista della concorrenza, spesso Ravenna
viene "anticipata" dai porti vicini, molto agguerriti in
questo senso, specie per quello che riguarda le tariffe.
Ovviamente l'economia ne risente alquanto, poichè la
città, fortemente industrializzata, poggia molte delle sue
risorse sul traffico marittimo.
Una certa parte d'indifferenza dei ravennati nei
confronti del Porto, viene imputata al fatto che per secoli
l'economia portuale è sempre stata all'ombra dell'economia
agricola, considerata preminente e più sicura, e non si è
mai riusciti ad associare favorevolmente i due fattori,
permettendo così lo sviluppo del traffico marittimo.
In senso allegorico, Ravenna, solo da pochi anni si è
"accorta" di avere un porto, in quanto la sua presenza non
è mai stata considerata determinante per l'economia locale,
come invece è avvenuto nelle altre città marinare.
Determinante a questo riguardo è stata proprio in età
marinara, la dominazione di Venezia su Ravenna (XV sec.).
Il grande sviluppo marinaro di Venezia, "soffocava"
lo sviluppo e le prospettive portuali di Ravenna, tenuta
ovviamente a livello di sudditanza e/o di semplice
"colonia".
Altri due fattori hanno per contribuito al ritardato
sviluppo della portualità: la mancanza a Ravenna di un
porto naturale e la conseguente continua necessità di
lavori di manutenzione e di dragaggio dei fondali del
porto-canale.
Questi fattori vanno associati al problema dei
collegamenti stradali (autostradali) e ferroviari, citati
poc'anzi, e del quale si fa carico il "Protocollo Ravenna",
recentemente istituito. Questo lavoro porr… in risalto la
costante opera della Camera di Commercio di Ravenna e dei
politici emiliano- romagnoli nel dare avvio ad una
struttura giunta oggi ai vertici della portualità italiana.
Sarà dedicato anche ampio spazio a coloro i quali
quotidianamente, con il lavoro di centinaia di braccia, ora
dopo ora, giorno dopo giorno, hanno scritto la storia del
"vissuto quotidiano" del Porto di Ravenna: Mi riferisco ai
lavoratori della Compagnia Portuale di Ravenna, le cui
origini risalgono al 1910, quando per la prima volta i
lavoratori portuali, sentirono il bisogno di organizzarsi
per far fronte alla loro sopravvivenza individuale e
collettiva, e cercare di rendere uniforme il fronte del
lavoro portuale.
Purtroppo, non sempre si è riusciti a coordinare gli
intenti della Compagnia Portuale con quelli della
S.A.P.I.R., la società preposta per i lavori di costruzione
e manutenzione del bacino portuale, e l'A.N.I.C., industria
ravennate del gruppo E.N.I., all'inizio azionista di
maggioranza della S.A.P.I.R. La S.A.P.I.R. (Società
Azionaria Porto Intermodale Ravenna) fu infatti costituita
alla stessa stregua delle imprese a partecipazione statale,
ed in questo caso, l'ente garante era rappresentato proprio
dall'A.N.I.C. . Ora la S.A.P.I.R. vede una più massiccia
partecipazione degli enti locali, degli Istituti di Credito
e degli azionisti privati, a dimostrazione che forse "le
genti ravennati"stanno ritrovando la cultura marinara che
sta alla base delle loro remote origini.
NOTE
(1) GIOVANNI MESINI, "Il Porto di Ravenna dalle origini
ai giorni nostri", Ravenna, Dante, 1965.
CAPITOLO II
ANTEFATTI STORICI
Dalla nascita del Porto Romano alla dominazione Veneziana
Dunque Ravenna deve ad Ottaviano Augusto la
costruzione del suo primo porto di un certo rilievo
documentato dalla storia (49 a.C.), anche se si trattava di
un porto militare romano, un porto il cui splendore durò
per circa 350 anni.
"E' quasi certo che Augusto non riuscì a vedere la
fine dei lavori nonostante il suo lungo regno". (1).
Non c'è notizia dell'esistenza di un porto prima di
Augusto, ma una serie di fatti conducono in quella
direzione, in quanto si è certi che Ravenna sorgesse sulle
rive di un fiume presso la sua foce; quindi un porto
naturale c'era.
E' noto poi che lo sbarco di Metello (80 a.C.),
condottiero dell'esercito di Silla, quando era in atto la
repressione dei seguaci di Mario, rifugiati nell'amica
Ravenna. (2)
Più tardi nel 70 a.C., Pompeo provvide alla
costruzione di 300 navi per debellare i pirati illirici.
Inoltre, all'inizio dell'Impero Romano, Ravenna, era
già base navale di notevole importanza e capacit…, da
servire da stazione a quella delle due grandi flotte di
Roma, che avevano il compito di vigilare l'Epiro, la
Macedonia, l'Acaja, la Propontide, il Ponto, l'Oriente,
Creta e Cipro; è lecito quindi ritenere che il porto
esistesse negli ultimi tempi almeno della Repubblica. (3).
Appare anche probabile l'opinione del Parroco Berti,
che Pompeo Magno, già avesse scelto Ravenna per allogiarvi
una delle potenti flotte, con le quali egli, come asserisce
Cicerone nella orazione "pro lege Manila", fortemente
presidiò i due mari. (4)
Infine la scelta di Cesare, il quale stabilì a Ravenna
i quartieri invernali delle regioni che dominavano la
Gallia. Tutto ciò lascia intuire l'esistenza di un porto
funzionale. (5)
Quando Ottaviano Augusto, salì al potere, decise di
costruire a Ravenna un nuovo porto che potesse ospitare ben
metà della flotta imperiale.
Sulla costa adriatica erano sorte la citta-porto di
Adria e di Spina che dopo un periodo di floridezza
scomparvero, causa i movimenti del Po, che spostavano la
sua foce verso est. Tutto ciò contribuì alla fortuna di
altri porti adriatici, fra i quali Ravenna, che era
collegata al Po per mezzo del Canale Padenna. Strabone, il
primo storico che ci dà notizie sulla città, colloca
Ravenna tra le maggiori città lagunari delle paludi del Po.
(6)
Con il dominio romano e con l'importanza militare,
crebbe anche l'importanza marinara, così poterono
svilupparsi i commerci.
Ottaviano Augusto previde di collocare nel costruendo
porto, una flotta di 250 triremi per la difesa
dell'Adriatico. E fu proprio questa flotta (in latino
Classis), che diede il nome a questo porto (Classe), che
prevedeva la residenza dei militi, un cantiere navale,
abitazioni, templi.
Per ragioni idrauliche fu creata la Fossa Augustea che
aveva l'aspetto di una laguna o golfo detto Padusa. La
Padusa è stata oggi localizzata in un'area compresa tra
Mezzano, Savarna, S.Alberto e Cà Bosco. Quando poi, per gli
spostamenti del Po, le guerre, le distruzioni e
l'abbandono, la Fossa non servì più al suo scopo i fiumi
insabbiarono il Porto Classense, quindi essa decadde e
scomparve.
Già in precedenza, il Porto di Classe aveva visto
perdere la sua importanza in favore di Costantinopoli, a
causa anche delle vicende imperiali (caduta dell'Impero
Romano d'Occidente, nel 476 d.C.).
A metà del VI secolo il porto era già interrato e
nell'VIII secolo i Longobardi compirono le ultime
distruzioni di Classe.
Con la decadenza e la scomparsa del Porto Romano di
Classe, iniziò l'epoca delle peregrinazioni dei porti
ravennati che durarono mille anni. Rimanevano ora solo
piccoli porti o approdi che servivano per il commercio,
situati probabilmente alle foci dei fiumi o nelle
insenature della costa.
Un porto, esisetente prima di Augusto, il più
ricordato e importante, è il Porto Coriandro, presso il
Mausoleo di Teodorico. (7)
Poi sorse nella stessa zona, il porto sul Canale
Badareno o Padareno o Eridano che congiungeva Ravenna al
Po. Era un canale navigabile, costruito quasi certamente
dai Goti in sostituzione della Fossa Augustea, il quale,
secondo Roncuzzi sfociava a pochi metri dal Mausoleo di
Teodorico (8), mentre secondo Mesini, arrivava forse fino a
Classe. (9) Esso servì da porto commerciale ed accolse navi
e flotte Bizantine come quella mandata nel 711 da
Costantinopoli per fronteggiare i ravennati insorti contro
il dominio dell'Esarcato (Bizantini).
Nella metà del IX secolo, lo storico Agnello, ci
riferisce che altri porti o approdi, oltre a quelli già
citati sono (10):
1) il Bedeso di Plino alla foce del Bidente (attuale
Ronco);
2) il porto Blancherno o Lacherno, ad oriente della
città, ormai inutilizzabile;
3) il porto Lione o Portilio o Portillone, a sei
miglia a nord di Ravenna, in seguito designata come
Pirotolo e Pirotolazzo, quando si interrò del tutto.
Nel Medioevo sorse un porto con il nome di Caio
Cesare, forse perchè situato sul punto ove sorgeva il porto
di Classe.
A questo punto la storia si fa un po' frammentaria,
poichè i documenti diventavano vaghi, imprecisi e forse
contraddittori. Tuttavia, fra questi piccoli porti quello
di maggiore durata (fino al sec. XV) è il Porto Candiano o
Candidiano (sec. XV). Esso era forse formato da una parte
dell'antico bacino del porto di Classe e distava circa
sette chilometri dalla città.
Fu l'ultimo a scomparire, tanto da entrare nelle menti
dei ravennati come una leggenda. Infatti ancor'oggi,
l'attuale porto - Canale Corsini, iniziato nel 1737, ed
oggi porto di grosso rilievo nazionale, porta ancora la
nomea popolare di "Candiano".
Un approdo pare esistesse presso la Chiesa di S. Maria
in Porto, tra Badareno e Bidente (Ronco).
Tra le valli, era anche molto praticata la pesca. A
questo riguardo va ricordata la Schola Piscatorum, che poi
divenne Casa Matha, la più antica corporazione di pescatori
d'Europa e forse del mondo, ancora esistente a Ravenna.
La situazione di decadenza e di inferiorità marinara
di Ravenna rispetto i centri "concorrenti", era derivata
dal fatto che i fiumi ed i canali non seguivano una
regolare manutenzione e quindi, le "colmate" di detriti,
facevano sempre più allontanare il mare dal porto.
Questa decadenza economica si trascina almeno sin
all'entrata in funzione del Canale Pamphilo (1651).
Attorno all'anno 1000, Venezia prese il sopravvento
dei mari, e godeva dello stato di Regina incontrastata
dell'Adriatico, tanto che si sostitui a Ravenna nelle
relazioni con l'Oriente e quindi con Bisanzio.
Ravenna fu dominata da Venezia, prima economicamente
(sec. XIII), poi politicamente, quando nel 1441, esautorato
Ostasio, l'ultimo della famiglia Da Polenta, la città fu
sottratta dal dominio pontificio. Ed è proprio nella
seconda metà del '400 che inizia la ruralizzazione del
ravennate, paradossalmente stimolata da una potenza
marinara fino ad allora estranea ai problemi di questo
territorio.
Venezia, aveva tutto l'interesse da un lato a
cancellare definitivamente le ormai sopite velleità
marinare e adattare l'approdo esclusivamente ai propri
fini, dall'altro a utilizzare il territorio verso le
pratiche agricole, previa esecuzione di sistematiche opere
idrauliche, allo scopo di introdurvi nuove culture: fra
queste, il lino e soprattutto la canapa, fondamentale
materia prima per gli arsenali della Serenissima, che negli
stagni ravennati poteva trovare idonei maceri naturali.
Con l'arrivo dei Veneziani, l'inasprimento fiscale
sugli abitanti di città e la maggiore facilità nel
rifornimento dei generi alimentari, incoraggiano
un'emigrazione verso le campagne che, a sua volta, accentua
il processo di ruralizzazione del territorio. (11) A
Ravenna oltretutto abbondavano i prodotti agricoli, ed è in
questo senso che la città fu valorizzata dai Veneziani che
vi costruirono una decina di mulini nuovi (sec. XV).
Dal punto di vista portuale, quindi, Ravenna trasse
poco vantaggio dal dominio Veneziano; soprattutto perchè‚
quest'ultimi si preoccupavano molto di non danneggiare i
propri traffici.
Durante il dominio Veneziano, del Porto di S. Maria
che cessava di funzionare alla fine del XIII sec. in
seguito alla dismissione del Badareno, non si parla più.
Rimaneva solo un porto, che sebbene in disastrose
condizioni, meritasse qualche considerazione: era il Porto
Candiano, cosicchè nel 1470 la comunità ravennate fece
richiesta al Doge Cristoforo Moro che il porto fosse
riparato. Venezia comprese l'importanza e l'utilità del
porto a Ravenna, quindi i lavori furono iniziati nel 1473 e
portati a termine nel 1477. (12)
Il Porto Pamphilio
Dopo la fine del dominio Veneto, avvenuta nel 1509,
Ravenna tornò sotto il dominio pontificio con l'allora Papa
Giulio II.
Ciò non giovò affatto al Porto Candiano, le cui opere
vennero abbandonate, tanto da divenire inservibili.
Nel 1608 il Cardinale Legato Gaetani o Caetani, fece
riprendere gli scavi per il porto, che prese il nome di
Porto Gaetano, situato dove ancor oggi vediamo le rovine
della Torre Guardiana detta la "Turazza", a circa quattro
chilometri dalla foce dei Fiumi Uniti, a ridosso della via
Marabina. Ma si continuò a chiamarlo Candiano.
Così, in onore del benefattore della città, fu
costruita una colonna sormontata da un'aquila, ancor'oggi
situata in Piazza dell'Aquila (ora Piazza XX settembre).
Causa le alluvioni dei fiumi il Porto Gaetano durò ben
poco, senza considerare la lontananza del porto della
città.
Cosicchè, nel 1651 il cardinale Stefano Donghi, iniziò
i lavori per collegare il porto Candiano alla città. Il
nuovo canale navigabile, battezzato col nome di
"Pamphilio", in onore del Papa Innocenzo X, di Casa
Pamphili, il quale seguiva l'odierno corso dei Fiumi Uniti,
fino al ponte ferroviario, quindi, con una curva a gomito
detta Voltazza, seguiva pressappoco il tracciato
dell'attuale via Panfilia e terminava a pochi passi da
Porta Nuova. (13)
Il nuovo Porto - Canale fu inaugurato nel 1654 con
grandi feste.
Si provvide da parte del Cardinale Donghi, a
regolamentare la navigazione e soprattutto a proibire di
servirsi di altri porti minori come il Primaro, il
Pirottolo, il Fosina.
Il Pamphilio però, non ebbe vita lunga, in quanto, il
Fiume Ronco, che costeggiava la Darsena, con le sue piene,
insabbiava il Canale. Ritornò allora alla ribalta il
vecchio problema dell'allontanamento da Ravenna, dei fiumi
Ronco e Montone che circondavano la città con pericoli di
allagamenti.
Per ricongiugere questi fiumi venne in parte
utilizzato il canale Pamphilio, che divenne il nuovo letto
dei "Fiumi Uniti", dalla Voltazza fino al mare. La restante
parte del canale venne completamente coperta di terra.
Del porto Pamphilio sopravvisse solo la nomea
popolare: Candiano; che venne trasferita al nuovo porto che
doveva sorgere: Porto Corsini.
Nascita del Canale Corsini
Dopo oltre un secolo di indugi, si giunse nel 1733 ad
iniziare i lavori per la costruzione dei Fiumi Uniti. In
quel progetto fu prevista la costruzione di una chiusa sul
fiume Montone, denominata Chiusa di S. Marco, dal nome del
luogo in cui sorgeva; tale chiusa serviva per portare il
Montone al livello del Ronco, prima della congiunzione dei
due fiumi e portare acqua ai mulini della città.
I progetti erano del matematico Eustachio Manfredi di
Bologna e dell'Idraulico Ing. Bernardo Zendrini di Venezia,
sostenuti dal Pontefice Clemente XII della Famiglia Corsini
di Firenze.
Subito dopo l'inizio dei lavori, da parte del Card.
Legato Massei, il Pontefice mandò a Ravenna il Cardinale
Giulio Alberoni per sostenere l'impresa, giunta a
difficoltà notevoli.
Al progetto dei Fiumi Uniti, era associato
necessariamente il progetto di un nuovo porto, in quanto il
nuovo letto dei fiumi coincideva con il Canale Pamphilio.
Secondo il progetto Zendrini-Manfredi, il nuovo porto
canale avrebbe dovuto sfruttare l'alveo dei due fiumi
abbandonati, a Nord della città, e raggiungere il mare a
Punta Marina. Tale progetto però non teneva conto delle
importanti funzioni idrauliche della Pialassa (15), che
avrebbe consentito di mantenere costante il livello del
porto canale.
Sia per questo motivo, sia per il fatto che il
progetto era divenuto impopolare, il Cardinale Alberoni
indicò la linea della Baiona, indicata da molti altri
periti ad esempio il Guizzetti di Ferrara, che poteva
sfruttare, data la posizione, i riflussi della Pialassa,
anche per evitare l'accumulo di sabbia sui fondali ed in
particolare sulla bocca del porto.
Il progetto fu approvato il 22 giugno 1737 dalla
Congregazione Romana, compresi Zendrini e Manfredi. (16)
Ai primi di settembre 1738 i lavori per la costruzione
del Nuovo Candiano, come lo chiamava l'Alberoni, erano a
buon punto. Il naviglio era scavato fin quasi alle mura
della città; le barche arrivavano alla Pinarella.
Il 14 dicembre 1738 si compì l'opera di
ricongiungimento dei fiumi Ronco e Montone. (17)
In seguito fu allontanata dal Porto Canale, la foce
del Fiume Lamone, per impedire l'interramento del Canale,
causa la terra, la sabbia e i detriti, portati a valle dal
fiume.
Purtroppo nel 1739, per scadenza del mandato, il
Cardinale Alberoni dovette lasciare la legazione e gli
successe il Cardinale Marini, suo avversario.
Costui, desideroso di apporre il suo nome, ad
un'impresa così grandiosa, promosse un nuovo progetto,
detto appunto Canale Marini, che rispolverava in parte il
progetto Manfredi-Zendrini, il quale prevedeva il
congiungimento della Fossina a Punta Marina. Ma neppure
questo progetto teneva conto della funzione idraulica della
Pialassa.
Nel 1744, il Perito Bertoglia, per conto della
comunità, riscontra guasti alla foce del Porto Marini e,
confortato dall'assenso del nuovo Legato, Cardinale
Aldrovandi, fece riprendere i lavori alla Baiona, ma nel
1746 essi furono interrotti per ordine della Segreteria di
Stato (18) complice l'influenza del Marini.
Solo nel 1754, calmate le opposizioni si potevano
riprendere i lavori alla Baiona ed in seguito terminare lo
scavo del nuovo Candiano e della Darsena.
Tutto ciò grazie all'intervento dell'arcivescovo
Guiccioli. Subito dopo vi fu un piccolo tentativo di
rispolverare il progetto Marini, complici le difficoltà
iniziali del nuovo porto. Tuttavia si riuscì a far
proseguire i lavori sotto la direzione del ravennate arch.
Camillo Morigia, esperto idraulico.
"Da questi tempi in poi è tutto un susseguirsi di
interventi volti al prolungamento dei moli, a esperimenti
di allargamento o restringimento della foce, a
raddrizzamenti dei tratti curvilinei del lungo canale
portuale, al suo allargamento e approfondimento, ad
interventi nelle Pialasse per vivacizzare il riflusso della
marea ..." (19)
Vi fu anche un tentativo di portare l'imperatore
Napoleone Bonaparte a Ravenna, ove era tutto pronto per una
visita al porto; ma all'ultimo momento egli venne distolto
incredibilmente a Forlì, nonostante le raccomandazioni
dell'arcivescovo Antonio Codronchi e del conte Pier
Desiderio Pasolini. Contemporaneamente i Ferraresi
cercarono di attrarre l'attenzione dei francesi (allora
dominatori della zona, territorio della Repubblica
Cispadana, divenuta in seguito Repubblica Cisalpina), sulle
spiagge di Goro e di Volano.
Nell'anno 1787 il tecnico Toscano Ferroni, incaricato
dal Granduca di individuare in Romagna uno scalo per i
collegamenti con l'Adriatico, riferiva che Ravenna era un
porto piccolo ("portuccio") e mal servito.
I fondali erano certamente insufficienti (poco più di
un metro dalla foce), ma tanto poteva bastare per un
naviglio mercantile leggero, come i trabaccoli da 50
tonnellate che già facevano il cabotaggio regolare in
Adriatico; senza contare che i fondali potevano mantenersi
profondi, con un normale servizio di dragaggio, che invece
mancava del tutto. Anche negli anni successivi, quando
l'intera rete di rotabili attorno alla città veniva
rimodernata e ne veniva iniziata una regolare manutenzione,
nessuno pensò ad un raccordo via terra con quell'avamposto
isolato che era Porto Corsini e la prima strada d'alaggio
lungo il Canale, risale solo al 1828.
Sono tutti segnali significativi del disinteresse dei
Ravennati per il loro porto, che era considerato un utile
corollario alla città e alla sua economia, ma pur sempre un
corollario.