II
Il vero problema stava nel capire se la Germania sarebbe riuscita
veramente a sopportare le pressioni del Generale, che avrebbe messo sul
piatto della bilancia tutti i temi più delicati per i tedeschi. Gianfranco Rossi,
corrispondente del giornale da Bonn, sottolineò, in più occasioni, la volontà
tedesca: “Il governo federale è certamente disposto ad ogni discussione ed
è senza dubbio orientato nel senso di andare incontro ai desideri di Parigi,
ma non per questo è rassegnato ad accettare imposizioni”
4
.
Su questo importante aspetto vennero riportate in un articolo de “Il
Popolo”, le conclusioni di un dibattito sul tema “La Germania e l’ Europa”,
organizzato dalla Biblioteca Germanica, in cui parteciparono i deputati al
Bundestag Gorge Khan – Ackersman e Hans Joachim von Merkatz, l’
ambasciatore italiano Quaroni, l’onorevole Edoardo Martino e Altiero
Spinelli, presidente dell’ Istituto affari internazionali. Si discusse del ruolo
tedesco nello sviluppo delle politiche comunitarie, dando particolare
attenzione al desiderio dell’opinione pubblica tedesca, in linea con gli altri
popoli degli Stati comunitari, che il governo nazionale si proponesse con
una azione più dinamica e decisa, necessaria per continuare il processo di
integrazione europea, sulla quale poca voce in capitolo avevano sempre
avuto i popoli dei Paesi membri della CEE. Inoltre, vennero sottolineate le
altre cause della mancata integrazione politica, quali l’ attenzione data solo
allo sviluppo economico della CEE e le nebulosità dello stesso Trattato di
Roma che non si esprimeva mai su una unione, ma si indirizzava soltanto
ad un semplice coordinamento.
Punto focale del dibattito fu il rapporto tra la Francia e la Germania in
merito alle rispettive posizioni all’ interno del discorso comunitario.
Nuovamente la Francia veniva presentata quale grave responsabile del
mancato sviluppo di una Europa federale, a causa del suo progetto di una
Europa delle Patrie. In questa parte del dibattito, Spinelli interrogò i
presenti su un suo personale dubbio, ossia se la Germania avesse fatto tutto
ciò che le era possibile per osteggiare la politica francese, in particolar
modo sostenendo la candidatura britannica in modo vigoroso, o se invece
fosse rimasta a guardare scegliendo una posizione di comodo. La difesa, da
parte dei deputati tedeschi, dell’ impegno politico del loro governo sui
problemi comunitari venne così riassunta dal giornalista nel tentativo
ennesimo di screditare la Francia gollista e di evidenziare il distacco
politico tra le due nazioni prese in esame:
L’ abbandono, da parte della Francia della politica europeista prima e
la sua uscita dalla NATO poi, hanno costretto la Germania a cercare altre
vie, come ad esempio l’ approccio commerciale con i Paesi dell’ Est
europeo, ma anche tutto questo è da vedere come conseguenza del ruolo
sempre più importante che in Europa hanno ripreso gli interessi nazionali,
cosa che del resto viene confermata anche dal dibattito in corso sulla
4
Cfr.“Il Popolo” “Kiesinger si consulta per la visita a Parigi” 10/1/1967 pag. 7
III
proliferazione delle armi atomiche, dove è fin troppo chiaro che la
valutazione vien fatta in termini nazionali anzi che europe”
5
.
Grande attenzione venne rivolta agli incontri periodici che si
svolgevano nell’ ambito del Trattato dell’ Eliseo, durante i quali si intesseva
il dialogo tra i due governi. La tendenza era quella di sminuire il valore di
questi incontri, affermando che non andavano al di là di semplici confronti,
e di constatare i pochi risultati che portavano, e di come l’ atteggiamento di
Parigi verso l’ adesione della Gran Bretagna alla CEE preoccupasse il
governo tedesco per le divergenze esistenti, fino a definirlo, riportando le
parole di Kiesinger nel confronto con l’ ambasciatore d’ Italia a Bonn
Mario Luciolli,come “il più serio ostacolo ad un completo riavvicinamento
franco-tedesco”
6
.
Su questo profilo bisogna inserire la critica costante che si fece della
riuscita concreta del Trattato dell’ Eliseo, che in più di una occasione venne
considerato molto labile e poco fruttuoso per entrambi le parti
7
, soprattutto
per i temi di interesse comunitario, sui quali De Gaulle era deciso a seguire
la propria rotta senza preoccuparsi minimamente del “Ruecksicht”, ossia,
come dicono i tedeschi, dei desideri e delle necessità altrui. Alla base di
questa scarsa considerazione degli incontri istituiti con il Trattato dell’
Eliseo, c’era la convinzione di una diversità di forza politica tra i due
governi:
Le cose andranno come andranno, osserva qualche commentatore:
ufficialmente ci si compiace, si parla di schiarita, mentre in pratica Parigi e
Bonn hanno obiettivi che non sono gli stessi. Anche se al momento attuale
la diplomazia della Francia non sembra aver raccolto molti successi (specie
sul piano cui De Gaulle tiene molto, quello del prestigio) e anche se i
recenti rovesci rischiano di renderla meno “credibile” in altri settori, è
altrettanto vero che, almeno rispetto alla Repubblica Federale, la Francia
detiene alcune carte importanti. I tedeschi sanno di non essere in una
posizione altrettanto forte: ciò spiega da una parte la ragione la quale, non
trovandosi i due interlocutori su un piano di eguaglianza, la
giustapposizione dei punti di vista non sbocchi in un vero dialogo
8
.
La considerazione del Generale verso la Germania di Kiesinger era
quella del ritorno del “figliol prodigo”, a detta di Paoluzi, corrispondente da
Parigi per “Il Popolo”, che sul primo incontro tra De Gaulle e Kiesinger,
così concludeva nel suo articolo di commento sull’ intesa delle due parti
riguardo la questione dell’ adesione inglese e l’ importanza data allo stesso
Trattato dell’ Eliseo:
La giustapposizione di queste due note evidentemente ispirate
permette di giungere alla conclusione che un vero accordo è stato trovato
soltanto in merito ai rapporti est-ovest e, con qualche cautela, sul vertice dei
5
Il Popolo” “La Germania e l’ Europa” 11/3/1967 pag. 10
6
Cfr.Il Popolo” “Preoccupazioni a Bonn per l’atteggiamento di Parigi verso Londra” 21/1/1967 pag. 8
7
Cfr.Il Popolo” “Kiesinger e Brandt in visita oggi a Parigi” 13/1/1967 pag. 7
8
Cfr.Il Popolo” “De Gaulle ha riproposto il suo “grande disegno”” 14/7/1967 pag. 10
IV
Sei a Roma. Per il resto si tratta di argomenti destinati a fare il buon peso.
L’ entrata inglese nel MEC resta un soggetto sul quale i disaccordi
traspaiono, anche per il momento ( per ragioni elettorali a Parigi, per
questioni di prestigio a Bonn ) non li si vuol mettere in evidenza. Il fatto
che non esista la più lontana allusione a problemi monetari internazionali,
alla NATO, alle posizioni rispettive circa il Vietnam, alle relazioni tedesco
americane, fornisce la dimostrazione di una precisa volontà dei due
interlocutori di non impegnare una corsa su un terreno troppo irto di
ostacoli. Positivo, certamente, l’ incontro, ma anche dilatorio. Quello che
può sembrare importante – ai fini della interpretazione di una filosofia
politica – è l’ insistenza, specie da parte francese, nel parlare di
cooperazione. Nella ritrovata cordialità si tratta di un passo indietro, senza
dubbio, rispetto alla “politica comune” della quale il patto fra De Gaulle
eAdenauer voleva essere nel 1963, la “magna charta
9
.
Il governo di Bonn voleva in ogni modo evitare che la Germania
rimanesse isolata nel contesto atlantico. Con l’ obiettivo della riunificazione
sempre al primo posto della politica estera tedesca, alla Germania federale
rimaneva soltanto la strada della riconciliazione con la Francia, dal
momento che la Gran Bretagna non era più una potenza mondiale su cui
fare riferimento; gli USA avevano invece in quel periodo spostato la
direzione della loro politica in Asia, per la questione della guerra del
Vietnam, disinteressandosi dell’ Europa, situazione che ritenevano
stabilizzata. Il governo tedesco sperava nella mediazione della Francia a
Mosca, per garantire sulla buona condotta della Germania al fine di trovare
una soluzione per la delicata questione orientale. Pietro Quaroni prese una
posizione molto scettica sulle possibilità di riuscita di questa strategia
politica:
Quanto tempo ci vorrà, ancora, perché in Germania ci si renda conto
che la Francia a Mosca conta soltanto in quanto guastatore zelante dell’
alleanza atlantica e dell’ integrazione europea, ma che, per il resto, non
conta assolutamente niente?
10
.
Inoltre in Germania si erano create delle divisioni all’ interno sia delle
istituzioni sia dell’ opinione pubblica sulla questione dei rapporti con la
Francia, ma non si poteva mettere a repentaglio, da parte tedesca, l’ unica
strada esistente per la risoluzione del problema della riunificazione, pur
improbabile che fosse. Il disorientamento della Germania non sarebbe stato
risolvibile, a detta di Quaroni, nel breve periodo, sconfessando lo stesso
governo tedesco in carica :
Un uomo del calibro di Adenauer potrebbe trovare una via di uscita; e
forse nemmeno lui: comunque quest’ uomo non c’è. Una vera decisione
ferma non la avremo noi, ma non uscirà nemmeno dai prossimi colloqui di
Parigi
11
.
9
Cfr.“Il Popolo” “Positivi ma dilatori i colloqui di Parigi” 15/1/1967 pag. 1
10
Cfr. “La Discussione” “L’ Europa della discordia nelle mani del Generale” n. 1del 13/1/1968
11
Cfr. “La Discussione” “Il pericolo dell’ isolamento” n. 5 del 10/2/1968
V
Si auspicava che la Germania federale potesse, il prima possibile,
dimostrare di essere “pronta ad opporsi decisamente a De Gaulle qualora il
capo dello Stato francese ponga il problema di una scelta fra la leadership
francese e quella britannica in un’ Europa politicamente unita”
12
.Il ruolo
della Germania venne successivamente definito all’ indomani dell’ incontro
del febbraio 1967, tra Wilson e Kiesinger. L’incontro venne considerato
elusivo, in quanto il governo tedesco era si favorevole all’ adesione
britannica, ma non intendeva mettere a repentaglio il rapporto con la
Francia, evitando di formare un “fronte comune”, insieme agli altri partners
europei, al fine di convincere il Generale di una decisione finale favorevole
all’ ammissione inglese.
Così venne commentato questo evento:
Ciò significa, appunto, ridare tutele carte in mano a Parigi. Significa
che Bonn attribuisce alla ripresa di una certa evoluzione nei rapporti con la
Francia, maggiore importanza che non all’ ingresso della Gran Bretagna
nella CEE, e che comunque il giudizio politico finale sulla opportunità
politica e storica dell’ operazione è rimesso al “generale.
Nella opinione de “Il Popolo”, il governo federale non volle
evidentemente esporsi a un insuccesso e si mantenne in posizione di
distacco e di attesa, pur riconoscendo che, per molteplici ragioni, l’
adesione britannica alla CEE avrebbe offerto dimensioni nuove allo
sviluppo economico e al peso politico del continente, tali da garantirgli un
equilibrato e autonomo sviluppo fra i due “supergrandi”. La prova di questa
linea di condotta fu il primo incontro con Wilson, nel quale il governo
tedesco si mantenne in posizione di cortese ma distaccata attesa degli
eventi, senza prendere alcuna posizione ufficiale di pieno appoggio all’
iniziativa inglese, come aveva sperato il governo Wilson e tutta la stampa
inglese. Si esprimeva chiaramente il timore che l’ esito finale dell’ adesione
inglese sarebbe stato ancora una volta decretato dalla volontà di De Gaulle:
Significa che Bonn attribuisce alla ripresa di uan certa evoluzione nei
rapporti con la Francia, maggiore importanza che non all’ ingresso della
Gran Bretagna nella CEE, e che comunque il giudizio finale
sull’opportunità politica e storica dell’ operazione è rimesso al “generale”
13
.
Parallelamente agli sviluppi del rapporto di amicizia franco - tedesco,
Marcello Gilmozzi, in un suo articolo apparso sulle pagine de “La
Discussione”, dedicò particolare attenzione al grande desiderio tedesco di
riuscire ad ottenere una maggiore importanza nelle questioni di politica di
sicurezza europea; secondo Gilmozzi, la Repubblica Federale Tedesca
ambiva a collocare in maniera più precisa e autonoma nel contesto europeo,
sfruttando politicamente il dissidio, sempre più in espansione, tra gli USA e
12
Cfr.“Il Popolo” “Il Belgio appoggerà Londra per l’ingresso nella CEE” 2/2/1967 pag. 7
13
Cfr.“Il Popolo” “A Bonn un incontro elusivo” 17/2/1967 pag. 8
VI
De Gaulle che ridava ampio campo d’ azione alle aspirazioni della
Germania federale.
14
All’ annuncio della richiesta ufficiale di Londra, agli inizi di Maggio
del 1967, il Ministro degli Esteri Brandt si limitò ad affermare che il modo
con il quale la Gran Bretagna avrebbe formulato la sua domanda sarebbe
stato importante al fine di superare le perplessità golliste
15
. Allo stesso
tempo, il giornale prese spunto Da quelle dichiarazioni per ribadire la sua
speranza di un intervento mediatore da parte tedesca nei confronti della
Francia, riportando questa notizia:
Stando alle notizie meno ufficiali, ma di fonte attendibile, il gabinetto
federale sarebbe giunto oggi alla conclusione che il governo di Bonn dovrà
adoperarsi perché la richiesta britannica sia ben accolta dai “Sei”. La qual
cosa sembra lasciar trapelare una certa disponibilità tedesca a svolgere un
prudente ruolo di mediazione nel corso dei negoziati che si renderanno
necessari e corregge – almeno in parte –la precedente posizione di Bonn in
base alla quale il desiderio britannico veniva “condiviso e approvato” ma ci
si rifiutava allo stesso tempo di compiere su Parigi un qualsiasi tipo di
pressione che oltre ad avere in sé scarse possibilità di successo, avrebbe
potuto rivelarsi controproducente agli effetti dei buoni rapporti franco –
tedeschi ai quali Kiesinger ha dimostrato di attribuire notevole
importanza
16
.
Alla vigilia del Vertice di Roma del 30 Maggio 1967, “Il Popolo” per
la prima volta iniziò a dubitare del comportamento politico della Germania
riguardo la questione dell’ adesione inglese. Gianfranco Rossi,
corrispondente da Bonn, ricordando come in precedenza fosse sembrato che
Kiesinger avrebbe preteso, come contropartita nel caso di un nuovo veto
gollista alla Gran Bretagna, un assenso francese incondizionato ad un nuovo
impulso dei Sei a favore dell’ integrazione politica europea, commentò così
il silenzio di Kiesinger alle dichiarazioni di De Gaulle sulle questioni dell’
integrazione politica europea e dell’ ammissione della Gran Bretagna fatte
durante la conferenza stampa del 16 Maggio 1967:
Dunque un atteggiamento più che guardingo, quasi di attesa, i cui
motivi non sono un mistero per nessuno: Bonn non intende urtare la
suscettibilità francese e soprattutto non intende correre il rischio di trovarsi
un giorno di fronte ad una problematica scelta tra Parigi e Londra
17
,
e di seguito:
La posizione della Germania federale sulla richiesta britannica di
adesione al MEC si rileva intanto sempre più prudente. Il Cancelliere, i suoi
ministri e il portavoce ufficiali continuano a definire “benvenuta” l’
14
Cfr. “La Discussione” “I problemi reali e complessi della “missione” Humphrey in Europa” n. 688
– 689 del 2-9/4/1967
15
Cfr.“Il Popolo” “Bonn favorevole ad ogni allargamento del Mercato comune” 3/5/1967 pag. 10
16
Cfr.“Il Popolo” “Bonn disponibile per una mediazione?” 4/5/1967 pag. 7
17
Cfr.“Il Popolo” “Con cautela e fiducia Bonn guarda al vertice” 29/5/1967 pag. 3
VII
iniziativa di Wilson e assicurano da parte tedesca una “politica della porta
aperta”, senza trascurare però di porre un immancabile e significativo
accento sull’ esigenza che la candidatura dell’ Inghilterra implichi la
automatica accettazione “per intero” dei Trattati europei, dei loro sviluppi e
conseguenze. Questa versione codificata non ha subito verifiche neppure
ora – alla vigilia del “vertice” – eccezion fatta per il leader dei cristiano –
sociali della Baviera Franz Josef Strauss, il quale è uscito dalle file e – com’
è nel suo irruento carattere – ha parlato senza mezzi termini, definendo “una
tragedia” l’ eventuale fallimento della richiesta inglese di adesione
18
.
La questione comunque non veniva considerata ancora compromessa,
nella speranza che l’ amicizia franco – tedesca potesse subire cambiamenti
a causa di altri eventi, anche esterni alle tematiche comunitarie. Ulteriori
scricchiolii in questo rapporto di amicizia vennero ravvisati nell’ estate del
1967, relativamente alla questione della Guerra dei Sei giorni in Medio
Oriente, per la quale De Gaulle agì senza consultare prima la Germania
federale, sconfessando il Trattato dell’ Eliseo che prevedeva sempre delle
consultazioni tra i due alleati, prima di prendere qualsiasi azione in gravi
situazioni internazionali:
Negli ultimi tempi però i motivi di dissenso sono tornati a
riacutizzarsi; il cancelliere Kiesinger e il ministro degli esteri Brandt – così
si dice a Bonn – hanno finito per “disincantarsi” e per rendersi conto che le
difficoltà da superare sono ancora tante e gravi. La crisi del Medio Oriente
è stata la miccia che ha riacceso i malumori di Bonn nei confronti di Parigi.
La Germania federale si è sentita in qualche modo messa da parte e a
favorire questa impressione tedesca è stato proprio De Gaulle, il quale ha
agito in forma assolutamente isolata, “dimenticandosi” che i trattati dell’
Eliseo prescrivevano esplicitamente nel caso di gravi situazioni
internazionali, una preventiva consultazione con la Germania federale
19
.
Immediatamente, partendo da questa grave situazione internazionale,
il quotidiano si ricollegò alla questione dell’ adesione inglese, relativamente
alla quale lo stesso Kiesinger avrebbe chiesto dei chiarimenti nell’ incontro
di Bonn del 12 Luglio 1967:
Kiesinger ha già fatto capire di essere intenzionato a chiedere
“spiegazioni”. E non solo a proposito del Medio Oriente, ma anche per
quanto riguarda l’ atteggiamento di rinnovata contrarietà con cui la Francia
ha ulteriormente reagito al desiderio della Gran Bretagna di essere ammessa
nella Comunità economica europea. Un atteggiamento – fanno rilevare i
dirigenti federali – che contrasta con la linea almeno in apparenza
accomodante, che De Gaulle aveva esternato nel corso dell’ ancora recente
“vertice” di Roma
20
.
18
Ibidem
19
Cfr.“Il Popolo” “Oggi De Gaulle a Bonn s’ incontra con Kiesinger” 12/7/1967 pag. 8
20
Ibidem
VIII
La Germania era sempre molto attenta a tutti i movimenti diplomatici
e politici della Francia, e adattava la sua linea di condotta a quella francese.
Per il quotidiano la riprova di questo atteggiamento politico tedesco fu
soprattutto la questione della convocazione di un eventuale vertice europeo
entro il 1967, che rappresentava la grande speranza tedesca per dare inizio
ad una attività politica più intensa. Invece questa eventualità, agognata
anche dal governo italiano, lentamente si tramutò in una flebile possibilità,
che infine si spense completamente a causa del sottile indugiare tedesco
dovuto all’ atteggiamento ostile della Francia gollista nei confronti dell’
adesione della Gran Bretagna e nell’ interesse germanico di evitare il
sorgere di nuove tensioni all’ interno della CEE su altre tematiche
importanti:
Bonn si sarebbe, cioè, convinta della inutilità di forzare il passo, visto
che Parigi non intende marciare con lo stesso ritmo degli altri cinque della
CEE e il governo federale avrebbe accettato di temporeggiare, senza però
che questa sosta forzata significhi anche inattività: come ha detto Schiller
alla seduta di Lussemburgo, si potrebbe invece profittare per cercare di
spingere tanto avanti il processo di sviluppo economico europeo da
consentire poi alla Gran Bretagna e agli altri futuri membri, di firmare per
le tre Comunità un unico trattato
21
.
Nell’ autunno del 1967 divenne sempre più chiaro a giudizio de “Il
Popolo” che la Germania federale fosse sì favorevole all’ adesione inglese,
ma che per Bonn le obiezioni francesi, “i legittimi argomenti”, fossero
validi nella maniera più assoluta, e premessa di un discorso comunitario
teso ad evitare una “politica dura” nei confronti della Francia. Vennero
riportate le caute dichiarazioni di Brandt e Kiesinger, dopo il dibattito al
Bundestag relativo alle questioni di politica estera, che sottolineavano la
condotta tedesca. Brandt disse a proposito della richiesta di Londra: “un’
occasione storica che non bisogna lasciarsi sfuggire… gli argomenti
francesi non sono da prendere alla leggera”
22
, mentre Kiesinger completò il
quadro affermando:
“opporsi seccamente a De Gaulle significherebbe solo compromettere
le possibilità di riuscita di una futura trattativa fra la Gran Bretagna e il
MEC”
23
.
Il malcontento di Gianfranco Rossi venne palesato nella sua risentita
considerazione finale:
Parole che non stupiscono perché era ben noto che se Bonn si augura
da una parte l’ adesione britannica alla comunità, l’ Europa si preoccupa
dall’ altra parte di non urtare la suscettibilità di De Gaulle. Fra l’ altro
Brandt deve incontrare lunedì prossimo – a Parigi – il suo omologo Couve
21
Cfr.“Il Popolo” “Difficile per Bonn un vertice europeo” 5/10/1967 pag. 1
22
Cfr.“Il Popolo” “Tra l’ Inghilterra e il MEC linea mediana della Germania” 14/10/1967 pag. 1
23
Ibidem
IX
de Murville: motivo di più per far sì che il governo curasse oggi di non
danneggiare le prospettive delle prossime conversazioni
24
.
In realtà la necessità dell’ ingresso inglese per la costruzione di una
Europa politicamente integrata, tema di importanza fondamentale per il
giornale, veniva utilizzato dalla Germania per giustificare una condotta
politica che non fosse pericolosa per i propri interessi nazionali e quelli
comunitari.
In occasione dell’ incontro tra De Murville e Brandt, il giornale diede
questa ulteriore notizia a sostegno della tesi di una Germania federale che
evitava accuratamente di “forzare la mano” all’ alleato francese:
Per quanto riguarda la questione dei “buoni uffici” che potrebbe
esplicare la Germania in merito alla candidatura britannico (di cui si era
parlato nel corso di un recente dibattito al Bundestag) viene precisato da
parte tedesca che tali buoni uffici potrebbero manifestarsi soltanto dopo che
i Sei avranno discusso tra di loro i problemi inerenti alla candidatura
britannica
25
.
In quella occasione, a corroborare la tesi di una Germania ormai in
sintonia sulle posizioni francesi, si affermava che il governo tedesco
avrebbe dato incarico ai suoi rappresentanti per la Conferenza di
Lussemburgo, che si sarebbe tenuta il 23-24 Ottobre 1967, di esporre ai
Paesi membri in “un catalogo” tutte le questioni da risolvere prima di
avviare il dialogo con la Gran Bretagna. Logicamente il contenuto di questo
“catalogo” era stato già anticipato e discusso da Brandt con Couve de
Murville nel recentissimo incontro di Parigi
26
. La notizia fu
successivamente smentita dagli stessi protagonisti, che affermarono che in
realtà il “catalogo” non era altro che un semplice ordine del giorno della
futura riunione del Consiglio dei Ministri della CEE a Lussemburgo. “Il
Popolo” trasse lo spunto, ancora una volta, per ribadire l’ opposizione
francese e la conseguente “inerzia” tedesca alla richiesta inglese:
La formulazione dell’ ordine del giorno della conferenza riflette –
secondo alcuni osservatori – le obiezioni golliste all’ ingresso della Gran
Bretagna nella Comunità economica europea. Secondo alcuni, sarebbe
implicato, nella stessa formulazione dell’ ordine del giorno, il
riconoscimento della validità delle obiezioni di coloro che sostengono che,
per avere pieno accesso alla Comunità, la Gran Bretagna deve riportare la
sua economia in perfetto equilibrio – o procedere addirittura ad una
svalutazione della sterlina
27
.
24
Ibidem
25
Cfr.“Il Popolo” “De Murville “prudente” sull’ Inghilterra nel MEC” 18/10/1967 pag. 1
26
Cfr.“Il Popolo” “Niente di decisivo per Brandt a Parigi” 19/10/1967 pag. 10
27
Cfr.“Il Popolo” “Giornata di scioperi in tutta la Francia” 20/10/1967 pag. 10
X
Era sempre più chiaro che la Germania federale, nel tentativo di
evitare una crisi istituzionale della CEE per lo scontro politico tra la Francia
e i Cinque, aveva ormai scelto l’ opzione per un ingresso inglese posticipato
in un futuro per nulla determinato:
Il futuro della richiesta inglese di adesione alla CEE resta quindi
circondato dall’ interrogativo. Stando comunque a un parere espresso oggi
dal capo gruppo parlamentare dei social democratici tedeschi, Helmut
Schmidt , gli inglesi “se avranno pazienza” potranno entrare nel Mercato
comune presumibilmente fra il 1971 e il 1973, perché sino ad allora i
francesi avranno realizzato che la potenza industriale della Germania non fa
che moltiplicarsi e saranno quindi gli stessi francesi a richiedere una
partecipazione inglese allo scopo di ristabilire l’ equilibrio all’ interno della
CEE
28
.
La Germania sarebbe stata pronta “a mettere in moto la macchina dell’
adesione inglese”, soltanto dopo essersi consultata con tutti i membri della
CEE, con particolare attenzione alla Francia, per raggiungere quella
coesione reputata fondamentale al fine di evitare qualsiasi possibile pericolo
di rottura tra i Sei, come era già accaduto nel recente passato. A detta di
Kiesinger era opportuno rendere unanimi i diversi punti di vista dei Paesi
della CEE, “perché l’adesione britannica alla CEE non potrà certo essere
ottenuta mediante pressioni, ma solo attraverso argomentazioni leali e
sincere”
29
, ponendosi in una posizione completamente avversa alla strategia
britannica.
Laconico fu il commento di Gianfranco Rossi sul gradimento dell’
azione tedesca da parte del governo inglese:
Londra non hai mai fatto mistero della sua speranza che l’appoggio
tedesco riesca a renderle più facile la manovra di agganciamento al MEC,
ma almeno per quanto si riferisce al lato essenzialmente pratico della cosa,
Bonn ha già dato più di una delusione
30
.
Il tentativo di responsabilizzare la Germania federale in questa fase,
che veniva considerata la più delicata da quando la Gran Bretagna nel
Maggio del 1967 aveva posto ufficialmente la sua candidatura al MEC,
venne portato avanti in alcuni articoli nei quali si sottolineava la fiducia
riposta dal governo inglese sull’ azione tedesca nei confronti di Parigi
31
.
Inoltre venne fatto un parallelo tra la ferma azione del governo italiano e
quella tedesca, molto più titubante:
Da parte italiana, si ritiene desiderabile, sia sotto l’ aspetto politico
che economico, che i quattro paesi entrino nel Mercato Comune; si è
convinti che l’ orientamento politico della Gran Bretagna sia diretto, per
diverse ragioni, verso l’ Europa; che il parere espresso dalla Commissione
Esecutiva sia esauriente e che le difficoltà in esso indicate non siano
28
Cfr.“Il Popolo” “Niente di decisivo per Brandt a Parigi” 19/10/1967 pag. 10
29
Cfr.“Il Popolo” “Il governo di Bonn considera necessaria la coesione tra i Sei” 22/10/1967 pag. 11
30
Ibidem
31
Cfr.“Il Popolo” “Londra fida in Bonn per l’ ingresso nella CEE” 22/10/1967 pag. 11
XI
insormontabili; che l’ accesso della Gran Bretagna possa essere considerato
positivo per la dinamica della Comunità, anche perché potrebbe colmare
talune lacune attualmente esistenti, specialmente nel campo tecnologico.
Più sfumata appare invece la posizione tedesca: il governo di Bonn
mostra d condividere nel fondo questi orientamenti, ma non vuole però
esercitare pressioni su Parigi. Così come lo sono l’ Italia e i governi del
Belgio, dell’ Olanda e del Lussemburgo, esso è acquisito all’ idea di
consentire ala Francia di esporre le proprie ragioni (nelle riunioni dei Sei),
ma è egualmente convinto, però, che giunti ad un certo punto, i Sei
dovranno prendere una decisione politica
32
.
“ Il Popolo“ nell’ estremo tentativo di risolvere la questione, cercò di
rovesciare completamente il rapporto di forza intrinseco al Trattato dell’
Eliseo. La Germania federale aveva una arma molto forte da far valere nei
confronti della Francia: il Trattato dell’ Eliseo avrebbe dovuto essere il
punto di forza di Kiesinger per far scendere a patti De Gaulle sull’ adesione
inglese. La Germania era l’ unico membro della CEE che poteva farsi
valere sulla Francia, grazie alla sua futura prospettiva di grandezza
industriale ed economica in costante progressione, e avrebbe dovuto perciò
far capire a De Gaulle come l’ adesione inglese avrebbe equilibrato i poteri
all’ interno della CEE stessa. Il Cancelliere però si stava impegnando su una
via molto meno scomoda che, invece di mediare tra la Gran Bretagna e la
Francia, mediava tra questa ultima e i Cinque, che si stavano dimostrando
eccessivamente filoinglesi, in modo da evitare qualsiasi spaccatura all’
interno della CEE. Così venne commentata questa strategia politica tedesca:
“Celiando (ma non troppo…!) qualcuno ha detto che il difensore dell’
Inghilterra ha indossato i panni della parte civile”
33
.
L’ ansia tedesca di evitare una crisi per la quale potesse sfaldarsi la
“Piccola Europa” era talmente grande, che si diede importanza a qualsiasi
aspetto che potesse amplificare le divergenze esistenti tra la Francia e i
Cinque:
Una crisi - a suo parere – può facilmente derivare da un nuovo veto,
posto da uno dei Paesi membri del MEC e proprio per tale ragione il
governo federale tedesco è del parere che venga usata estrema cautela su
problemi procedurali, in modo da evitare una crisi. Per questa ragione, i
tedeschi hanno cercato di comprendere le ansietà e le obiezioni nutrite dalla
Francia e si adopereranno per far sì che i “Sei” abbiano una opinione
comune prima dell’ inizio dei negoziati con il regno Unito
34
.
32
Cfr.“Il Popolo” “Oggi a Lussemburgo i ministri della CEE” 23/10/1967 pag. 1
33
Cfr. “La Discussione” “A Londra con misurata freddezza” n. 27 del 4/11/67
34
Cfr.“Il Popolo” “Caute dichiarazioni di Kiesinger a Londra” 26/10/1967 pag. 10
XII
Inoltre era necessario per il governo di Bonn evitare una politica di
forza tesa a contrastare duramente le obiezioni del Generale, che
sicuramente non avrebbe gradito un tale atteggiamento nei suoi confronti,
ma “bisognava convincerlo che non vi sono altre alternative, compito duro
ma unico. Il solo fattore importante – ha osservato – è la prevalenza di una
opinione pubblica europea favorevole alla partecipazione inglese”
35
, per
evitare di ottenere il risultato inverso.
“Il Popolo” a conferma della propria tesi, che vedeva la posizione
conciliante assunta dal governo di Bonn produrre pochi e scarsi risultati,
riportò in un articolo i commenti della stampa tedesca, dopo la visita del
Cancelliere a Londra della fine di Ottobre del 1967:
La grande stampa tedesca commenta oggi largamente la visita che
Kiesinger ha compiuto a Londra, mettendo in rilievo la “corretta freddezza”
con cui il cancelliere è stato accolto in una capitale che si attendeva da lui
un appoggio più deciso e non limitato a delle parole; parole senza dubbio
convinte ma non per questo più produttive sul piano delle cose concrete.
Scrive nel suo editoriale il “Frankfurter Allgemeine” che il cancelliere ha
fatto chiaramente capire ai britannici di non essere in condizioni di
ingaggiarsi in un’ opera di mediazione “che per lui sarebbe troppo grande”.
A Londra, Kiesinger si è in sostanza rifiutato di fare della politica,
limitandosi a dire che la “pazienza e la prudenza ci porteranno avanti”. Una
frase - commenta il quotidiano di Francoforte – “in cui forse neppure lo
stesso Kiesinger crede”.
Il qualificato “Die Welt” mette in rilievo il fatto che il cancelliere
aveva da offrire agli inglesi solo la parola “pazienza”; la qual cosa suonava
certo poco bene agli orecchi di un uomo come Wilson, il quale crede
fermamente nell’ efficacia degli influssi dinamici nella politica. A sua volta
il “General Anzeìger” rileva oggi che il blocco continentale ordinato dal
presidente francese è manifestamente definitivo. Kiesinger e Wilson lo
sanno e anche se il comunicato conclusivo dei colloqui londinesi non lo
lascia certo intendere, è chiaro che sia il cancelliere tedesco, sia il premier
britannico “non credono più che il Regno Unito potrà fare il suo ingresso
nel MEC, almeno fintanto che il generale sarà in vita”
36
.
Rendendosi conto delle divergenze esistenti tra la Francia e i Cinque,
Brandt, a pochi giorni dal veto gollista e subito dopo, iniziò una lenta opera
di intesa per trovare un accordo che potesse far incontrare i due contendenti,
con la proposta di una associazione “speciale”, diversa da quella prevista
nel Trattato di Roma, con disposizioni transitorie necessarie a far sì che
divenisse un membro di pieno diritto in un lasso di tempo piuttosto breve:
“Non ci si può opporre alla storia”
37
.
35
Cfr.“Il Popolo” “Caute dichiarazioni di Kiesinger a Londra” 26/10/1967 pag. 10
36
Cfr.“Il Popolo” “Sì all’ Inghilterra ma senza provocare una crisi fra i “Sei” ” 27/10/1967 pag. 8
37
Cfr.“Il Popolo” “Brandt riafferma l’ esigenza di un’ “apertura” del MEC” ” 11/11/1967 pag. 8
XIII
“Il Popolo” non prese però in considerazione questa possibilità
proposta da Brandt, consapevole del fatto che Wilson e la Gran Bretagna
intera erano nettamente contrari a qualsiasi forma di legame differente dalla
piena adesione alla CEE. Posteriormente al veto del Generale, il giornale, in
linea con l’ azione del governo italiano, prese maggiormente in
considerazione la possibilità di un diverso approccio alla questione al fine
di non compromettere i rapporti con la Gran Bretagna e mantenere aperta la
possibilità futura di forme diverse di collaborazione con i Paesi membri
della CEE. L’ obiettivo principale della Germania federale rimaneva
comunque portare avanti l’ Ostpolitik con l’ efficace sostegno della Francia.
Accertato il fatto che nessuno sarebbe riuscito a smuovere De Gaulle dalla
sua opposizione alla Gran Bretagna nel MEC, era opportuno evitare
qualsiasi azione che potesse mettere a repentaglio l’ esistenza della
Comunità stessa. Per questi motivi, il governo di Bonn iniziò una politica
comunitaria tesa ad un rafforzamento delle istituzioni precedente precedere
qualsiasi eventuale allargamento. Gustavo Selva così delineava il futuro
della Germania in Europa:
In queste condizioni, la Germania non può che pensare ad un obiettivo
da perseguire con pazienza: migliorare la sua posizione all’ interno del
Mercato comune (ecco come si spiega l’ insistenza sul rafforzamento della
Comunità manifestata nel primo capoverso della dichiarazione franco -
tedesca) e prepararsi così a raccogliere la “supremazia” francese nell’
Europa dei sei. Ma per arrivare a questo risultato occorre che l’ Europa resti
una Europa a sei, altrimenti anche la Gran Bretagna diventerebbe un serio
candidato a questo ruolo di primo attore
38
.
38
Cfr. “La Discussione” “Se De Gaulle alza un dito” n. 10 del 16/3/1968