VIII
sensoriale, da considerarsi come variabile-stimolo che il retailer ha a
disposizione non solo per influenzare la risposta emozionale relativa al
punto vendita e la soddisfazione ad esso correlata, ma anche i
comportamenti all’interno dello stesso, i livelli di spesa, il tempo speso in-
store, la volontà di ritornare e soprattutto gli acquisti di impulso.
Il retailer deve quindi saper gestire in modo consapevole e coerente la
musica, gli odori, i colori, i livelli di luce, e tutti gli elementi ambientali da
manipolare per indurre emozioni e per fare in modo che il cliente sia
soddisfatto, ritorni e acquisti di più senza pensarci troppo (acquisto
impulsivo). E’ inoltre utile sottolineare che, al fine di massimizzare gli
effetti dei differenti stimoli presenti nello store environment, è necessario
che essi siano tra loro congruenti, in quanto, secondo i ben noti postulati
della teoria degli psicologi della Gestalt, la percezione è un processo
olistico, per cui i differenti imput sensoriali sono da considerarsi come una
totalità, superiore della somma dei singoli componenti.
Dopo aver privilegiato a lungo il colore, il suono e il gusto, gli studiosi
prestano oggi più attenzione all’olfatto, considerandolo il nuovo senso
guida capace di emozionare e attivare moti profondi dell’animo del
consumatore. L’olfatto tenue, etereo, impalpabile, distante da una società
fatta di parole e di immagini è stato per lungo tempo lasciato in disparte a
favore degli altri sensi che si impongono all’attenzione perché corporei,
tangibili e misurabili.
Questa riscoperta dell’olfatto è dovuta al fatto che in ogni contesto l’odore
trasmette il vissuto di un oggetto, ne veicola l’identità profonda, svela ciò
che la vista, il tatto e l’udito spesso non possono avvertire; colpisce
direttamente l’animo, ha qualcosa di primitivo ed emozionale che la
razionalità non può domare e rimanda in un istante a sensazioni già provate
e a situazioni già vissute.
IX
Tutto ciò non è sorprendente, poiché fisiologicamente il sistema olfattivo è
collegato a quello limbico, ovvero al centro della nostra vita emozionale e
umorale, a differenza dei sistemi sensoriali acustico e visivo, più
largamente cognitivi. Per queste sue caratteristiche rievocative e
emozionali, l’olfatto sembra, pertanto, possedere interessanti potenzialità di
applicazione nell’area marketing.
L’analisi riguarderà non tanto quei prodotti per i quali la funzione
profumante è essenziale (ad esempio, profumi, deodoranti, detersivi per
l’igiene della casa) ma soprattutto, quei beni e servizi che generalmente
trascurano tale dimensione ritenendola estranea alla loro offerta. Si
concentrerà l’attenzione sul profumo come mezzo di comunicazione da
utilizzare quale nuova leva di marketing capace di spingere il consumatore
all’acquisto, lavorando su un canale di comunicazione non saturato da
messaggi ridondanti .
Saranno analizzate le numerose potenzialità degli odori capaci di veicolare
valori di marca, come nel caso di loghi olfattivi, di creare atmosfere
coinvolgenti nei punti vendita o di modificare la percezione di un luogo e
dell’ attività che vi si svolge, al pari di un arredo, di una scenografia
cromatica o di una colonna sonora.
Verrà poi dedicata un’ approfondita analisi dell’aspetto relativo alla
diffusione delle essenze nei punti vendita (il Fila store e il punto vendita
Stefanel di Milano), considerando implicate in questo ambito anche tutte le
altre attività pubbliche (la Banca multisensoriale di Vicenza) e culturali (la
mostra di Nuvolari a Mantova e quella sui “Simboli e misteri del prezioso
Tibet” a Vicenza) che utilizzano il marketing olfattivo all’interno dei propri
spazi di contatto con il pubblico.
Saranno esaminati, in ultima istanza, i problemi e i limiti posti dall’utilizzo
del marketing olfattivo. Tra questi saranno oggetto di indagine sia gli
aspetti di tipo fisiologico, come la sensibilità verso le profumazioni e la
X
naturale assuefazione agli odori, sia quelli di carattere individuale, legati
alla soggettività delle esperienze fatte da ogni individuo e ad altri fattori
come l’età, il genere e la cultura d’appartenenza.
Per concludere sono stati descritti i problemi di tipo etico che possono
nascere nel caso in cui il profumo venga utilizzato come strumento di
manipolazione subliminale, problematiche che possono sorgere allorquando
la strategia di marketing sensoriale non sia implementata sulla base di una
pianificazione fatta con la collaborazione di esperti e senza il controllo
degli effetti e delle preferenze sui consumatori e sul personale di vendita.
1
CAPITOLO I
I FONDAMENTI TEORICI
1.1. Il processo di comunicazione del marketing estetico
Scopo di questo primo capitolo è quello di fornire una panoramica delle
attuali tendenze del mercato, in modo da mettere in evidenza le modalità
con cui il marketing e i suoi studiosi reagiscano e si adoperino per
contrastare i repentini cambiamenti che investono l'identità del mercato e
dei consumatori.
In questa sede si intende parlare di alcuni aspetti della comunicazione ai
quali le più innovative branche del marketing prestano oggi molta più
attenzione che in passato. Il panorama attuale diventa sempre più
complesso e il marketing si deve inevitabilmente adattare; è così che spesso
capita di vedere il termine marketing affiancato da aggettivi come estetico,
esperienziale, oppure visivo, olfattivo, polisensoriale ecc. per scendere più
in dettaglio. E' quasi come se questi aggettivi volessero dire che il
marketing “vecchia maniera” non è più sufficiente. Il marketing estetico e il
marketing esperienziale non sono più avanguardie per differenziarsi, ma si
stanno trasformando sempre più in strumenti necessari alle imprese per
sopravvivere.
“Il marketing estetico tratta gli elementi in modo che le singole parti siano
fruttuosamente mescolate e interrelate con tutte le altre, e in modo che in
ogni singola parte si rispecchi il risultato finale. Tale risultato possiede una
forza e una resistenza superiore alla semplice somma delle parti. Ecco
perché, in comunicazione, sbagliare anche un solo aspetto significa
indebolire moltissimo l'insieme mentre se ogni elemento è corretto, si ha
2
come risultato una comunicazione dotata di maggiore impatto, in grado di
suscitare interesse, di fornire informazione e possibilità di identificazione.
A tali fenomeni può seguire un maggiore livello di comprensione, una più
alta credibilità, frutto di una forte coerenza, e una convinzione superiore.”
3
La definizione di marketing estetico appare oggi fuorviante, in quanto nel
corso dei secoli il termine estetica è diventato sinonimo di studio e
comprensione del fenomeno del bello. Per dare una definizione corretta di
marketing estetico bisogna invece ritornare alla radice etimologica del
termine. L'estetica è una disciplina antica e precisa che nasce occupandosi
della “teoria della conoscenza sensibile”, e cioè della capacità da parte dei
cinque sensi di apprendere e di conoscere .
4
“Abbinare il marketing all'estetica significa portare la sensibilità e
l'attenzione del marketing a prendere in considerazione ogni singolo
elemento percettivo”.
5
Sono proprio gli elementi percettivi a dare forma e sostanza all'esperienza
di consumo, che si sta sempre più “sensibilizzando”. La “sensibilizzazione”
è una caratteristica emergente dello studio dell'identità delle marche, le
quali possono essere guardate, sentite, annusate, ascoltate, ecc.
Nel panorama attuale, utilizzando coerentemente i canali complementari
della comunicazione, cioè quelli non verbali (sintetici e sinestetici), si può
ottenere un vero e proprio vantaggio competitivo.
Il marketing estetico si esplicita in tutto quello che può passare sotto i
cinque sensi, e consiste nella focalizzazione sull'estetica, intesa nel senso di
comprensione attraverso i cinque sensi. Si tratta di un tipo di comprensione
che non conduce al concetto ma all'esperienza.
3
M. Ferraresi, Pubblicità e comunicazione, Roma, Carocci editore, 2002, pp. 179-180.
4
Fu Kant a riprendere l'accezione etimologica del termine dando il titolo di Estetica trascendentale
alla prima parte della Critica della ragion pura.
5
B. H. Schmitt, A. Simonson, Marketing Aesthetics. The Strategic Management of Brands Identity,
and Image, New York, The Free Press, 1997
3
“L'estetica è in grado di produrre nuove opportunità e, come conseguenza
della maggiore attenzione che il marketing manifesta verso agli aspetti
estetici, produce in noi una più approfondita esperienza del consumo.
Questo è il passaggio dall'estetica all'esperienza. In altri termini, costruire
una situazione di consumo che risponda ai dettami del marketing estetico
significa far sì che il consumatore si avvii verso un consumo
esperienziale”.
6
Scopo del marketing esperienziale è quello di confondere i
confini tra denotazione e connotazione: la situazione esperienziale del
consumo si deve confondere con ciò che viene consumato, e quindi con
l'aspetto denotativo e concreto della situazione di consumo. La sfida del
futuro per le aziende è quella di costruire esperienze memorabili, e quindi
diventa necessario aumentare il livello di marketing estetico nell'atto di
acquisto/consumo. La comunicazione diventa sensibile, e non coinvolge
solo gli esseri umani, ma anche le cose, i beni, i servizi, i packaging e le
marche.
1.2. Il nuovo consumatore
In un nuovo contesto di mercato , sempre più dinamico e globale, la figura
del consumatore, immersa nel grande flusso del mutamento sociale,
tecnologico e economico, è in continua evoluzione.
Da un mercato “product oriented” in cui dominavano i produttori e
distributori, siamo passati ad una logica fortemente “customer oriented” in
cui il consumatore finale ha raggiunto finalmente il ruolo di attore
principale dell’atto di consumo.
6
M. Ferraresi, Pubblicità e comunicazione, Roma, Carocci editore, 2002, p. 185
4
Esauritasi la fase di crescita esponenziale dei mercati, il rapporto tra
impresa e consumatore si sta convertendo sempre più in un dialogo
costruttivo, orientato prevalentemente ai desideri del cliente.
Gli obiettivi sono puntati, dunque, sul consumatore, ma su un consumatore
che ha cambiato pelle, gusti e modo di consumo.
Un consumatore “nuovo”, come lo definisce Fabris, più informato, più
esigente, un individuo che sa cosa vuole e sa dove trovarlo.
Naturalmente il mutamento della società ha influito in maniera
determinante sulla formazione di questo uomo-consumatore
7
, che si
allontana, ormai dalle semplici esigenze di sopravvivenza per andare a
soddisfare le crescenti necessità di sviluppo della propria personalità.
Il consumatore sembra risvegliarsi da un letargo, riscopre i sensi, tutti, la
sua fisicità, il suo individualismo e il piacere del gioco unito all’atto di
consumo. Si sta assistendo alla nascita dell’homo aesteticus
8
che inventa
nuove forme di socialità coerenti con l’epicureismo quotidiano, animato
dalle emozioni, proteso a “epifanizzare” il reale, a indulgere in quei tanti
piaceri il cui loro sommarsi somiglia a qualcosa che potrebbe anche
chiamarsi felicità.
I bisogni, come induttori e antecedenti al consumo, vanno cedendo
rapidamente il passo ai desideri, spesso agli stati d’animo che, rispetto ai
bisogni sono meno prevedibili, più duttili, più facilmente fungibili. Nella
società attuale i bisogni sono ormai ampiamente saturati ed i desideri si
ravvisano alla base di gran parte delle scelte di consumo. Se il consumo
parla anche al cuore, nella sua accezione letteraria non di muscolo ma di
centro della vita affettiva, contemporaneamente investe ed è valutato dalla
globalità dei sensi.
7
Katona,G., L’uomo consumatore, Milano, Etas-Kompass, 1964
8
Maffesoli,M., “Le paradigme estetique”, «Sociologia et Sociètès», vol 17, 1985
5
Il consumatore diventa così “sensation seekers” e si rapporta ai beni di
mercato in termini polisensuali.
E’ in questa logica che nasce il marketing esperienziale, un approccio molto
più complesso rispetto a quello classico, in cui l’impresa non si concentra
più sui soli attributi fisici del prodotto e sul loro valore d’ uso, divenuto
soltanto un prerequisito, ma sull’ esperienza multisensoriale che essi sono
in grado di fare vivere al consumatore.
In questo contesto, i luoghi di consumo assumono un’importanza
determinante nella soddisfazione dei desideri e nella creazione
dell’esperienza d’ acquisto, diventando veri e propri media di
comunicazione e luoghi di incontro in cui il consumatore vuole essere
riconosciuto, intrattenuto, coccolato.
1.3. Il protagonismo delle emozioni
Mentre gli economisti hanno sempre parlato del consumo in termini di
razionalità tutti gli studi più recenti parlano della continua interferenza, se
non del primato, delle emozioni nelle scelte di consumo. Del resto la
sottovalutazione delle emozioni, della componente affettiva nelle scelte del
consumatore è sempre stata una costante di tutto il pensiero occidentale e
non sono valsi i contributi recenti della psicologia a riscattare quest’area.
Le emozioni, in una cultura fortemente misogina, erano considerate
femminili e quindi qualcosa di cui diffidare in quanto segni di debolezza e
di psicolabilità. Il superamento delle differenze fra i sessi ha portato a una
maggiore accettazione sociale delle emozioni che si traduce nell’ uomo-
consumatore in una crescente consapevolezza delle stesse come parti in
causa nelle sue scelte di consumo.
6
Le emozioni rappresentano una alterazione dell’ affettività e la rapidità e
l’imprevedibilità con cui nascono e si trasmettono sono appunto una
specifica caratteristica delle stesse. Gran parte della problematica degli
acquisti di impulso è strettamente legata all’irrompere delle emozioni che
possono essere di natura estremamente diversificata ed andare dal piacere,
alla gioia, alla commozione, al dolore, all’angoscia, all’odio.
Esistono delle scale (ad es. il DES Differential Emotions Scale o il PAD
Pleasure Arousal Dominance) che consentono di rilevare natura e intensità
delle emozioni ad esempio entrando in un punto vendita.
9
E’ tautologico affermare che saranno le emozioni a coloritura positiva a
stimolare il consumo mentre l’insorgere di emozioni negative può
rappresentare qualcosa di più di una semplice resistenza al consumo.
Le relazioni fra emozioni e corpo sono continue: vengono veicolate dai
sensi e su questi possono generare una forte influenza; il batticuore,
susseguente un’emozione forte, così la sudorazione, il pianto, il riso sono
reazioni fisiologiche a moti profondi dell’animo. Le emozioni si
differenziano dai sentimenti in quanto questi ultimi hanno un carattere più
intenso e persistente nel tempo. La vista di un prodotto può suscitarne
un’intensa emozione e poi scomparire, ma il sentimento che può instaurarsi,
anche, ma non necessariamente, in funzione di quell’ emozione, è assai più
duraturo nel tempo. Le passioni, a loro volta, si distinguono dai sentimenti
per la forza e la potenza con cui si manifestano. Comunque emozioni,
desideri e passioni fanno riferimento all’ emisfero destro del cervello e si
contrappongono al lucido raziocino del consumatore che il pensiero
economico ha descritto; anche se in realtà emozione e ragione interagiscono
costantemente in tutte le decisioni umane.
9
Rihins,L.M., “Measuring Emotions in the Consumption Experience”, «Journal of Consumer
Research», vol. XXIV, september, 1997.
7
Il rilievo delle emozioni non è soltanto nominalistico; infatti, in questo
periodo storico, le marche così come i punti vendita devono essere in grado
di suscitare esperienze altamente emotive, per diventare competitive a
livello mondiale. Per ottenere una risposta forte e chiara dal consumatore,
la marca e il suo “palcoscenico” devono poter creare delle vibrazioni, un
mood positivo, adottare un linguaggio che parli alla globalità dei sensi.
1.4. Il marketing esperienziale
Una conseguenza dell’esplosione della sensorialità ma anche l’interesse per
l’evasione, la richiesta di intrattenimento e di una dimensione ludica, ha
generato un’insistente richiesta di ampliamento, di enfatizzazione, del
consumo all’area di esperienze globali. Un tempo era sufficiente fabbricare
buoni prodotti. Poi per rispondere alle richieste di un consumatore più
esigente, si è reso necessario dilatare le performances dei beni, inglobando
una quantità crescente di servizio. Nella società attuale anche il surplus di
servizio non appare più sufficiente per soddisfare compiutamente le nuove
attese del consumatore edonista e rendersi competitivi a livello globale. Si
sta entrando, con l’avvio del nuovo Milennio, in una fase ulteriore di
richieste al mondo della produzione, che vede affiancarsi ai servizi
l’aspettativa di un’esperienza più globale, che coinvolga i sensi, il cuore e
la mente e in cui il prodotto acquistato rappresenta solo un tassello.
In questo scenario è nato e si sta sviluppando il marketing esperienziale
10
,
segno indiscusso del definitivo disancorarsi da una visione semplicistica e
riduttiva del marketing, quella che Schmitt e Simonson definiscono come
10
Schmitt, B.H., Experential Marketing: How to Get Customers to sense, Feel, Think, Act and Relate
to your Company and Brand, New York, The Free Press, 1999.
8
F&B marketing (Features and Benefit Marketing), miopemente ancorata
alla fisicità della merce.
Oggi il consumatore desidera prodotti, comunicazioni e strategie di
marketing che abbaglino i sensi, tocchino i cuori, stimolino la mente,
permettano relazioni da incorporare ai propri stili di vita. In poche parole
desidera tutto ciò che gli procuri un’esperienza.
Pine e Gilmore sostengono che l’economia sta entrando in una quarta
grande era: quella della produzione delle esperienze.
“La nuova offerta, quella delle esperienze, si verifica ogni qualvolta
un'impresa utilizzi intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni
come supporto per coinvolgere un individuo. Se le merci sono fungibili, i
beni tangibili e i servizi intangibili, le esperienze sono memorabili”.
11
Gli acquirenti di esperienze attribuiscono valore al fatto di essere coinvolti
in qualcosa che l'impresa svela loro nel tempo. Così come i consumatori
hanno ridotto le spese per i beni a favore di quelle per i servizi, ora
risparmiano tempo e denaro che dedicano ai servizi a favore di esperienze
memorabili considerate di maggior valore.
L'impresa, che Pine e Gilmore chiamano il “regista di esperienze”, non
offre più soltanto beni e servizi, ma l'esperienza che ne deriva, ricca di
sensazioni. Le vecchie proposte economiche restavano distanti, all'esterno
dell'acquirente, mentre le esperienze sono personali, hanno luogo
all'interno dell'individuo che è coinvolto a livello emotivo, fisico,
intellettuale o anche spirituale. Ne deriva che due persone non potranno mai
avere la stessa esperienza, perché ciascuna esperienza deriva
dall'interazione fra l'evento inscenato e la precedente condizione mentale ed
esistenziale dell'individuo.
11
Pine B.J, Gilmore J.H, Oltre il servizio. L'economia delle esperienze, Milano, ETAS 2000.
9
L’esperienza può coinvolgere diverse aree esistenziali: l’intrattenimento,
l’educazione, l’evasione, l’esperienza estetica e certifica il passaggio dall’
homo oeconomicus, proteso a massimizzare l’utilità, all’homo ludens
12
,
orientato al gioco, desideroso di divertimento, emozioni e stimolazioni
sensoriali forti.
1.4.1. Esperienziare l'offerta
Dopo aver compreso il maggior valore insito nelle esperienze, non c'è da
stupirsi se, per differenziare le loro offerte, tante aziende colleghino
esperienze ai loro beni e servizi già esistenti.
Chiaramente i fornitori di servizi sono avvantaggiati a questo riguardo, in
quanto non sono legati a proposte tangibili; essi possono valorizzare
l'ambiente in cui i clienti acquistano o ricevono il servizio, intensificare le
sensazioni invitanti provate in quell'ambiente controllato dall'impresa e
anche capire il modo migliore per coinvolgere i clienti e trasformare il
servizio in un evento memorabile.
Per i produttori dell'industria manifatturiera questo risulta più difficile.
Tuttavia, anche essi dovrebbero lanciarsi nel business dell'esperienza anche
se potrebbe sembrare una forzatura e soprattutto, dovrebbero concentrarsi
sull'esperienza che i clienti vivono usando i loro prodotti. La maggior parte
dei progettisti di prodotti si concentra principalmente sui meccanismi
interni del bene stesso e sulla performance che esso fornisce. L'attenzione
dei progettisti si dovrebbe focalizzare sull'utente e sull'uso che egli fa del
bene: i progettisti dovrebbero quindi concentrarsi sulle performance
dell'individuo che usa il prodotto.
12
Huizinga,J., Homo ludens, Einaudi, Torino, 1946
10
I produttori devono progettare le loro creazioni esplicitamente per
intensificare l'esperienza dell'utente; essi devono “esperienzializzare” i
beni, anche quando le attività per le quali i clienti ricercano quei beni non
sono avventurose. Infatti i beni che vengono acquistati per attività che
possono essere definite “avventurose”, come la guida o lo sport, vengono
da tempo esperienzializzati; ma ogni bene, indipendentemente dall'attività
in cui viene impiegato, include più aspetti esperienziali, che possono aprire
aree di differenziazione. “I produttori di vestiario, per esempio, potrebbero
concentrarsi sull'esperienza dell'indossare, l'esperienza del pulire, e magari
anche l'esperienza dell'appendere o dell' incassettare”.
13
Ci sono diverse modalità per costruire un’esperienza memorabile attorno a
un bene:
ξ La tecnologia informatica, per esempio, è solo uno dei tanti mezzi
per dare al bene la forma dell'esperienza. Non è una novità che
spesso la tecnologia aumenti il grado d'intensità della partecipazione
nell'utilizzatore di un bene.
ξ Incorporare le merci in una marca esperienziale. E' importante
“creare un'immagine di marca che ponga l'accento sull'esperienza
che i clienti possono vivere, perché questa è inclusa nell'acquisto,
nell'uso o nel fatto di possedere un certo bene”.
14
Una valida
attuazione di questa regola è fornita dalla Intel Inside, che ha un
marchio completo di un suono melodico di identificazione e
caratteri multimediali multicolori. Il marchio può essere anche
olfattivo. Nel passato alcune aziende si sono create
inconsapevolmente dei logo olfattivi, e alcune ricerche hanno
dimostrato la loro efficacia. Accade così che alle persone
interpellate durante queste ricerche, l’odore della vanillina non
13
B. J. Pine II - J. H. Gilmore, Oltre il servizio. L'economia delle esperienze, op.cit.
14
Ibidem
11
evoca solo il “talco per bebè” ma anche il nome “Borotalco”
dell’azienda che lo produce. In Francia, l’odore del legno di cedro
evoca per le persone interrogate “le matite colorate Crayola”.
Questo rivela come un odore comune a diversi prodotti diventi
automaticamente il logo olfattivo del marchio più venduto
nell’inconscio collettivo.
ξ Produrre beni di cui hanno bisogno i registi di esperienze.
Crescendo la domanda di esperienze, crescerà anche la domanda
dei prodotti che servono per realizzare le esperienze stesse. Essi
comprendono beni che influiscono sui sensi (per esempio, luci,
attrezzature audio, aromatizzanti e fragranze) e quelli che
sostengono l'evento (ad esempio un tipo particolare di divisa). La
categoria più grande e più importante di questa classe di beni è
rappresentata da souvenir e oggetti da collezione legati a ricordi.
Sono molti gli oggetti che servono agli ospiti per prolungare il
ricordo dell' esperienza provata: penne, cappellini, T-shirt, pelouche,
tazze, giocattoli, ecc. Non è difficile notare come molti dei beni
tradizionalmente usati come souvenir siano noiosi e ridondanti;
rispettare i dettami del marketing estetico ed esperienziale potrebbe
essere una sfida per fuggire questa ridondanza.
ξ Rendere rari i beni. Limitare la disponibilità di un articolo che fa
furore può trasformare in esperienza il semplice fatto di possedere
questo bene.
ξ Inscenare un evento per i prodotti. Molti produttori mettono in
scena le proprie esperienze (anche se in genere solo come attività
secondaria) nel momento in cui affiancano musei, parchi dei
divertimenti o altre attrazioni alla produzione della loro fabbrica.
Nel panorama italiano sono molte le aziende che hanno creato veri e
propri musei d’impresa (Barilla, Alessi, Ferrari, ecc.).