16
Introduzione
1. L’intreccio del Poenulus
9
I atto: il giovane Agorastocle confida al proprio servo Milfione di essersi innamorato
di Adelfasio, una delle due sorelle che si trovano in casa del lenone Lico e che
presto, nel giorno degli Afrodisia, diventeranno etere. Agorastocle lamenta di non
poter amare liberamente la ragazza poiché viene ostacolato continuamente dal lenone
che non accetta dal giovane il denaro per riscattarla. Milfione propone ad
Agorastocle un piano che possa far andare in rovina il lenone e contemporaneamente
liberare la ragazza: Collibisco, fattore di Agorastocle giunto da poco in città,
fingendosi uno straniero, verrà ospitato dal lenone in cambio di trecento filippi d‟oro
che in realtà sono di proprietà di Agorastocle. Solo dopo che Lico avrà accettato il
denaro, interverrà Agorastocle che, accompagnato da testimoni (advocati),
rivendicherà il possesso dell‟uomo in quanto suo schiavo e dei trecento filippi
accusando il lenone di furtum; in questo modo Lico verrà sottoposto ad un processo
ed il giovane potrà liberare Adelfasio senza cedere alcuna somma di denaro (vv. 170-
187). Agorastocle accetta di seguire il piano escogitato da Milfione e su esortazione
del servo rientra in casa per istruire Collibisco; Milfione, rimasto solo in scena,
pronuncia un breve monologo mentre entrano Adelfasio e la sorella Anterastile. Il
servo richiama in scena Agorastocle affinché osservi le due ragazze mentre si
adornano per partecipare alla festa in onore di Venere, gli Afrodisia (I 2).
II atto: entra in scena Lico adirato per non essere riuscito a propiziarsi, neppure con
generosi sacrifici, la dea Venere; infatti un auruspice gli aveva profetizzato numerose
sciagure imminenti. Improvvisamente compare un soldato, Antamenide, che chiede
al lenone Anterastile come concubina in cambio di una mina d‟argento; il lenone
accetta la proposta ed entrambi si recano in casa di Lico.
9
Una dettagliata descrizione dell‟intreccio è stata presentata da Zehnacker (2000, pp. 418-424).
E‟ necessario precisare che la divisione in atti non risale a Plauto ed era ignota ai mss. medievali (cfr.
Paratore, 1957, p. 42). Tradizionalmente la divisione in atti era attribuita all‟edizione curata da G. B.
Pio (Mediolani, 1500). C. Questa (1962, pp. 209-230) tuttavia ha riscontrato una divisione in atti in
due mss. della Biblioteca Vaticana (Vat. Lat. 3304 e 2711) risalenti al 1449/1450.
17
III atto: Agorastocle chiama gli advocati come testimoni del furtum compiuto da
Lico (III 1), mentre Milfione dà gli ultimi ragguagli a Collibisco per la riuscita
dell‟inganno (III 2); Lico avanza sul palcoscenico imbattendosi negli advocati che lo
esortano a dare alloggio allo straniero (Collibisco) conosciuto poco prima nel porto.
Gli advocati fanno credere al lenone che il pellegrino abbia con sé del denaro poiché
era stato un mercenario a Sparta durante il regno di Attalo; il lenone allettato dai
trecento filippi d‟oro accetta di dare ospitalità al pellegrino (III 3). Non appena
Collibisco cede la somma di denaro a Lico, Agorastocle incitato dagli advocati si
appresta a sorprendere il lenone con il bottino per accusarlo e condurlo dal pretore
(III 4-III 5). Il lenone, caduto nell‟inganno, riesce a fuggire prima di essere condotto
dal pretore per il processo (III 6).
IV atto: Milfione, rientrato in scena, pronuncia un breve monologo in attesa di
conoscere l‟esito dell‟inganno (IV 1). Subito dopo, Sincerasto schiavo del lenone
appare in scena e rivela a Milfione la vera identità delle due sorelle: da piccole
furono portate vie da Cartagine con la nutrice Giddenis e vendute al lenone che ha
l‟obiettivo di farle diventare etere. Dopo aver appreso la reale condizione delle
ragazze, Milfione si reca in casa per raccontare la verità al padrone Agorastocle,
anch‟egli rapito a Cartagine quando aveva poco più di sei anni e successivamente
adottato da un ricco senex.
V atto: compare in scena il cartaginese Annone che ben presto si rivelerà zio di
Agorastocle (V 2). Milfione coglie l‟occasione per escogitare un altro inganno ai
danni del lenone: Annone avrebbe dovuto fingere di essere il padre delle due ragazze
rivendicando, nei confronti del lenone, il diritto di liberarle (vv. 1099-1104). Dopo
che Milfione ha esposto il nuovo inganno da attuare contro il lenone, Annone
sospetta che le ragazze siano davvero le sue figlie e per assicurarsi chiede a Milfione
di parlare con la nutrice Giddenis che gli conferma ogni cosa. Successivamente il
Cartaginese chiede ad Agorastocle di incontrare le due ragazze di ritorno dalla
cerimonia in onore di Venere (V 4); dopo aver ascoltato il dialogo tra Adelfasio e
Anterastile che si mostrano compiaciute di ciò che hanno visto al tempio, Annone ed
Agorastocle rivelano tutta la verità alle due ragazze che riconoscono il Cartaginese
18
come loro padre (vv. 1256-1259). La commedia si conclude con la punizione del
lenone costretto a restituire il denaro ad Agorastocle e al soldato Antamenide e con la
richiesta rivolta da Agorastocle ad Annone di poter sposare Adelfasio
10
.
2. Il prologo del Poenulus
Per analizzare il prologo del Poenulus bisogna suddividerlo preliminarmente in tre
sezioni che si presentano diverse e indipendenti l‟una dall‟altra.
1) vv. 1-45: l‟attore del prologo riprendendo l‟Achilles di Aristarco, rielaborato
nell‟omonima tragedia di Ennio, si presenta come un imperator del palcoscenico
(imperator histricus v. 4) per ordinare al pubblico di fare silenzio e di prestare
attenzione alla commedia che sta per iniziare (cfr. vv. 3-4)
11
. L‟identificazione
dell‟attore con un imperator è una trovata comica utilizzata da Plauto per divertire il
pubblico fin dall‟apertura della sezione prologica
12
. Dopo i vv. 1-16, il cui intento è
quello di parodiare lo stile della tragedia, segue un ritratto minuzioso del pubblico
presente a teatro. Tale descrizione ci permette di avere una idea del contesto,
10
Il Poenulus presenta un duplice finale (vv. 1338-1371; 1372-1422) di cui uno è sicuramente frutto
di interpolazione; sulla questione sorta riguardo l‟originalità delle due sezioni gli studiosi non hanno
trovato una soluzione definitiva: Leo (1912, p. 175, Anm. 3) ritiene più recenti i vv. 1355-1371
rispetto ai vv. 1315-1354; tuttavia egli, senza addurre motivazioni in merito, considera entrambe le
sezioni post-plautine e ritiene che il finale originario sia andato completamente perduto. Jachmann
(1911, p. 271, Anm. 1), sebbene ritenga di non poter riconoscere con sicurezza il finale originario
della commedia, individua nel secondo finale alcuni elementi - non meglio esplicitati da Jachmann -
che potrebbero essere di origine plautina. De Lorenzi (1939, pp. 10-11) sostiene che il secondo finale
(vv. 1372-1422) sia posteriore al primo, ma che comunque entrambi appartengano a Plauto: i vv.
1372-1422 dovrebbero essere considerati come indice della maturità artistica del commediografo, che
sarebbe intervenuto una seconda volta nella composizione del Poenulus per migliorarne il finale. La
proposta di De Lorenzi è debole perché non abbiamo testimonianza di commedie reduplicate dallo
stesso Plauto; per questo motivo è più prudente supporre che Plauto abbia rappresentato una sola volta
le sue commedie e che siano state riproposte solo dopo la sua morte (cfr. Mattingly, 1938, p. 249;
Abel, 1955, pp. 19, 32, 91). Infine Baier (2004, pp. 300-304) ha giustamente notato che tra i due finali
quello che si avvicina maggiormente al modo di composizione plautino è il secondo: è in settenari
trocaici, metro impiegato da Plauto per la composizione delle scene conclusive; al contrario i vv.
1338-1371 sono stranamente in senari giambici (cfr. anche Theiler, 1938, p. 296; Jocelyn, 1969b, p.
99). Inoltre i vv. 1372-1422 sembrano essere più adatti come esito della commedia poiché
rappresentano lo scioglimento legato all‟anagnorisis avvenuta tra Annone e le figlie, mentre i vv.
1338-1371 fanno inspiegabilmente riferimento al processo intentato contro il lenone che si era
concluso già in III 6 (vd. Baier, 2004, pp. 300-301).
11
Trattazioni complete sul prologo del Poenulus sono fornite dagli studi di Jocelyn (1969b, pp. 97-
123) e Zwierlein (1990, pp. 206-225).
12
Cfr. Duckworth, 1952, pp. 211-218; Chalmers, 1965, p. 29.
19
tutt‟altro che favorevole, in cui venivano messe in scena le rappresentazioni
13
: scorta
che occupano il proscenio interrompendo lo svolgimento della commedia (v. 17);
spettatori che preferiscono dormire anziché assistere alla rappresentazione (vv. 21-
22); neonati che con i loro vagiti disturbano l‟esecuzione della commedia (vv. 28-
31); matrone che chiacchierano e ridono distraendo i loro mariti (vv. 32-35)
14
. Inoltre
l‟attore che recita il prologo si rivolge ai magistrati incaricati dell‟allestimento dei
ludi affinché non attribuiscano ingiustamente il premio agli attori non meritevoli (cfr.
Amph. 64-85). La prima parte si conclude ai vv. 44-45 che riprendono circolarmente
i versi 4 e 16
15
.
Sembra opportuno attribuire a Plauto
16
piuttosto che al commediografo greco la
composizione dei vv. 1-45: è improbabile che i riferimenti alle condizioni del teatro
romano potessero essere contenuti nel Karchedonios
17
; anche ammettendo che
nell‟originale greco fossero presenti dei versi dedicati al pubblico greco, questi versi
avrebbero dovuto necessariamente essere adattati da Plauto all‟ambiente romano
18
.
2) vv. 46-58: l‟attore annuncia di voler riferire l‟argumentum della commedia, ma
ricorre ad espedienti che ne ritardano l‟esposizione e che contribuiscono ad
accrescere le aspettative da parte del pubblico: ai vv. 49-50 l‟attore si identifica con
un agrimensore e l‟argumentum è paragonato ad un terreno del quale bisogna
tracciare i confini; segue la didascalia (vv. 51-54) in cui viene specificato il titolo
della commedia greca (Karchedonios) e quello della rispettiva commedia latina
(Patruos). La mancanza del nome del commediografo greco ha generato la questione
13
Cfr. Duckworth, 1952, p. 82; Ronconi, 1972, p. 18.
14
Cfr. Beare, 1963, pp. 183-186; pp. 201-203.
15
Cfr. vv. 44-45 Haec imperata quae sunt pro imperio histrico / bonum hercle factum pro se quisque
ut meminerit con v. 4 audire iubet vos imperator histricus e v. 16 bonum factum esse edicta ut servetis
mea (cfr. Zwierlein, 1990, p. 206, Anm. 399).
16
Cfr. Hornstein, 1914, p. 115.
17
Cfr. Karsten, 1901, p. 385; Beare, 1963, p. 187; Chalmers, 1965, p. 43.
18
Per ragioni di completezza esporrò brevemente la proposta avanzata da Schueth (1883, p. 6)
riguardo alla suddivisione dei vv. 16-45: egli riteneva che gli edicta emanati dall‟attore fossero
organizzati in gruppi di quattro versi ( vv. 17-20, 23-26, 28-31, 32-35, 36-39, 40-43). Tuttavia
Schueth ottiene questa corrispondenza soltanto grazie all‟eliminazione ingiustificata dei vv. 21-22
ritenuti post-plautini sulla base della costruzione inusuale di decet con il congiuntivo (cfr. v. 21) e del
v. 27 che sarebbe decontestualizzato rispetto ai vv. 23-26. Non c‟è ragione di eliminare i vv. 21-22 e il
v. 27: sebbene in Plauto la costruzione normale di decet sia quella con con accusativo ed infinito, non
si può escludere che in questo caso abbia preferito l‟uso di decet con il congiuntivo che è tipico del
latino parlato (cfr. HS, 1965, p. 530). Inoltre per quel che riguarda il v. 27 si tratta di una
specificazione rispetto a quanto detto nei vv. 23-26 (Hornstein, 1914, p. 116).
20
sull‟identità dell‟autore del Karchedonios modello del Poenulus. A seguire, il
commediografo ritorna ad una comparazione (vv. 55-57) affine a quella dei vv. 49-
50: l‟argumentum è considerato di nuovo un luogo di cui bisogna discernere le parti.
In chiusura (v. 58) compaiono una sorta di captatio benevolentiae – in cui gli
spettatori sono apostrofati come iuratores che devono giudicare l‟esposizione
dell‟antefatto – e un ulteriore invito a prestare attenzione alla commedia.
3) vv. 59-128: questa terza parte corrisponde alla parte espositiva del prologo in cui
vengono fornite informazioni dettagliate sugli eventi anteriori alla vicenda
rappresentata sulla scena; tali informazioni sono fondamentali all‟uditorio per
comprendere gli intrighi, gli errori d‟identità e gli equivoci che si susseguono nella
commedia
19
. Molto è stato scritto a proposito dei prologhi narrativi
20
: questo tipo di
prologo è stato considerato superfluo e ripetitivo poiché molte informazioni
sarebbero presenti anche nello svolgimento della commedia
21
. Si può obiettare che la
maggior parte degli eventi narrati nel prologo non sono rappresentati effettivamente
sulla scena poiché costituiscono i prodromi di quella che è la vicenda vera e propria.
Inoltre l‟uditorio, essendo preventivamente a conoscenza della reale identità di uno o
più personaggi sconosciuta agli altri attori, può meglio comprendere e apprezzare
l‟ironia che si cela dietro gli equivoci e gli scambi d‟identità, elementi fondanti
dell‟intreccio delle commedie plautine.
Discutibile è anche l‟osservazione secondo cui a prologhi espositivi
corrisponderebbero necessariamente esiti con scene di ricognizione (anagnorisis)
22
:
il prologo espositivo compare anche nelle commedie che non terminano con il
riconoscimento finale (Mil., Merc.), mentre altre commedie che si concludono con
l‟anagnorisis sono del tutto prive di prologo (Curc., Epid.).
Nel caso specifico del Poenulus l‟argumentum è ben disposto poiché informa il
pubblico sugli antefatti relativi ad ogni personaggio della commedia
23
: i vv. 59-78
19
Cfr. Legrand, 1903, p. 359; Duckworth, 1952, p. 211.
20
Vd. a questo proposito per esempio Leo, 1912, pp. 188-247; Legrand-Loeb, 1917, p. 393; Michaut,
1920, II, p. 116.
21
Cfr. Hough, 1939a, p. 422.
22
Cfr. Duckworth, 1952, p. 212.
23
Cfr. Leo, 1912, pp. 209-211.
21
illustrano la vicenda di Agorastocle e ci mostrano anche l‟origine della sua ricchezza;
segue la situazione delle due etere ai vv. 84-103, sezione che introduce anche le
figure del lenone e del soldato. Ai vv. 104-113 viene descritto il metodo
indubbiamente bizzarro seguito da Annone per ricercare le proprie figlie; infine ai
vv. 114-121 viene preannunciata l‟anagnorisis, ma non si fa cenno al secondo
inganno escogitato contro il lenone che coinvolge anche il personaggio di Annone.
Per ciò che riguarda l‟autenticità del prologo del Poenulus sono sorte ipotesi
discordanti che mostrano come non sia possibile discernere con sicurezza ciò che era
già appartenuto al modello greco da ciò che invece è plautino. All‟autenticità del
prologo si collega anche la questione della contaminatio: se il Poenulus è il risultato
della fusione di due commedie greche, bisogna capire a quale dei due originali il
prologo si riferisca. A questo proposito Karsten
24
nota che la trama della seconda
commedia, non meglio conosciuta ed indicata come commedia B, che nell‟intreccio
del Poenulus si estenderebbe da I 1 fino a III 6, non viene menzionata affatto nel
prologo; al contrario l‟originale di riferimento (Karchedonios), sebbene nello
svolgimento della trama ricopra una parte minore (da IV 1 a V 7), ha largo spazio
nella sezione prologica tanto che nella vicenda vera e propria non si verrebbe a
sapere nulla di nuovo. Leo condivide l‟ipotesi di Karsten aggiungendo che il prologo
del Poenulus altro non è se non una revisione plautina del prologo del
Karchedonios
25
.
Jocelyn
26
, dopo aver analizzato i vv. 1-128, ritiene che il prologo sia stato scritto da
tre autori diversi, nessuno dei quali dovrebbe essere identificato necessariamente con
Plauto
27
; la sua interpretazione si basa sulla differenza di stile ravvisabile nelle tre
sezioni del prologo: i vv. 1-58, caratterizzati da uno stile che emula quello della
tragedia e da espressioni che riecheggiano lo stile enniano per la ripresa del
linguaggio ufficiale (vv. 3-4, v. 16, vv. 44-45)
28
, sono il risultato della commistione
24
1901, pp. 386-387.
25
Cfr. Leo, ibidem: “Aber es ist ohnedies deutlich, dass wir die plautinische Bearbeitung der Vorrede
des Karchedonios vor uns haben”.
26
1969b, pp. 122-123.
27
Cfr. Jocelyn, 1969b, pp. 122-123.
28
Cfr. Jocelyn, 1969b, pp. 114-118.
22
di due redazioni appartenenti rispettivamente ad un poeta dotato di molta fantasia e
ad un altro con buone conoscenze letterarie. Invece i vv. 59-128 sono da attribuire ad
un terzo poeta che preferisce il linguaggio quotidiano e la paratassi per esporre
l‟argumentum della commedia. E‟ possibile però che i diversi registri stilistici
riscontrati siano conseguenza dei molteplici contesti presentati nel prologo
29
(dalla
parodia della tragedia alla narrazione dell‟argumentum), piuttosto che il segno dello
stile di tre poeti diversi.
Un altro fattore da prendere in considerazione è la possibilità che il prologo sia stato
modificato da interpolatori successivi a Plauto, da identificare probabilmente con gli
impresari che riportavano sulla scena le commedie plautine
30
. La presenza di
interpolazioni è evidente nella doppia redazione del finale in cui sembra post-
plautina la sezione dei vv. 124-127 (vd. la nota ai vv. 121-127). Jachmann
31
ritenne
di poter distinguere altre sezioni del prologo frutto di retractatio, senza tuttavia
addurre motivazioni sufficienti. In tempi più recenti Zwierlein
32
, oltre a ritenere post-
plautina la sezione dei vv. 124-127, ha cercato di individuare altri versi del prologo
che potrebbero essere frutto di interpolazione: i vv. 79-82 apparirebbero come una
rielaborazione post-plautina sulla base di Men. 54-55; i vv. 90-92 non si
inserirebbero bene nel contesto poiché separano il v. 93 dal v. 90 e nel v. 92 compare
il nome del lenone, mentre nel resto del prologo non sono presenti i nomi degli altri
personaggi; i vv. 99-100 costituirebbero una ripetizione del v. 98 a cui non
aggiungono nessuna informazione; infine i vv. 119-120 apparentemente
chiarirebbero che il padre adottivo di Agorastocle aveva già ospitato Annone, ma
sostanzialmente riprendono quanto già detto ai vv. 75-76. E‟ indubbio che i versi
citati da Zwierlein presentino anomalie e discordanze con il resto del prologo ed è
possibile, ma non certo, che siano da attribuire ad un rielaboratore.
29
Cfr. Zwierlein, 1990, pp. 206-207.
30
Cfr. Beare, 1963, pp. 183-184.
31
Jachmann (1931, p. 200) individuò come versi post-plautini i seguenti versi: vv. 79-82, vv. 90-92,
vv. 106-113, vv. 115-120
32
1990, pp. 206-225.
23
3. L’originale del Poenulus
33
Nella seguente trattazione si tenterà di esporre brevemente la questione sorta
riguardo l‟identità del commediografo attico, autore del Karchedonios ripreso da
Plauto per la composizione del Poenulus. E‟ necessario premettere che
l‟impossibilità di giungere ad una soluzione definitiva è dovuta a due motivazioni
essenziali: nel prologo l‟attore annuncia il titolo della commedia greca
(Karchedonios), senza indicare tuttavia il nome dell‟autore (vv. 53-54)
34
; inoltre
dalla tradizione letteraria dei comici greci derivano due commedie intitolate
Karchedonios, appartenenti rispettivamente a Menandro
35
e ad Alessi
36
. A ciò si
aggiunge che di entrambe le commedie ci sono giunti scarsissimi frammenti, che non
permettono di risolvere definitivamente la questione. Inoltre non bisogna trascurare
la possibilità che il modello del Poenulus sia stato una commedia andata
completamente perduta. La discussione si è protratta a lungo
37
; sarà utile dare una
visione completa delle posizioni a riguardo.
33
Per la questione sull‟ originale del Poenulus fondamentali sono gli articoli di Arnott, 1959, pp. 252-
262; 2004, pp. 61-91.
34
Cfr. Poen. 53-54: Karchedonios vocatur haec comoedia / latine Plautus Patruos Pulthiphagonides.
35
Cfr. Koerte, RE XV. 707-761, s. v. Menandros; Kassel-Austin, 1991, vol. VI 2, pp. 1-431.
36
Cfr. Kaibel, RE I. 1468-1471, s. v. Alexis; Kassel-Austin, 1991, vol. II, pp. 21-195.
37
Riporto brevemente le posizioni degli studiosi che hanno proposto modelli non coincidenti né con
la commedia di Menandro né con quella di Alessi. Westaway (1917, p. 5) ritiene che l‟originale greco
fosse dovuto ad un autore sconosciuto, ma non porta motivazioni a sostegno della sua scelta. Friedrich
(1953, p. 233; 1973, pp. 146-147), paragona la struttura compositiva della Rudens, ripresa da una
commedia di Difilo (Rud. v. 32), con quella del Poenulus e conclude che anche per quest‟ultima
commedia l‟originale doveva appartenere allo stesso autore. La similarità tra le due commedie
riscontrata da Friedrich (1973, pp. 148-149) sarebbe dovuta sia alla presenza di un processo intentato
contro il lenone sia alla “duplice” liberazione delle ragazze. C‟è un evidente parallelismo con
l‟intreccio del Poenulus, ma bisogna precisare che nella Rudens il processo ha buon esito perché il
giovane ha la meglio sul lenone (vv. 1281-1287), mentre nel Poenulus il processo, conclusosi con
esito incerto per la fuga del lenone (III 6), viene rimandato al giorno successivo e ripreso nel primo
finale probabilmente spurio (vv. 1338-1371). Inoltre nella Rudens le ragazze sono liberate una prima
volta grazie alla riuscita del processo e una seconda dall‟arbitro del processo stesso che riconosce
nelle due fanciulle le proprie figlie (vv. 1173-1175). Dunque tra il Poenulus e la Rudens non c‟è uno
stretto rapporto di similarità quanto piuttosto di ricorrenze di motivi opportunamente variati che non
sono sufficienti a provare che il modello del Poenulus, come quello della Rudens, appartenga a Difilo.
A ciò si aggiunga un altro elemento, di certo non risolutivo, ma comunque da non trascurare: tra le
commedie conosciute di Difilo non compare nessuna che abbia il titolo di Karchedonios (cfr. Kaibel,
RE V. 1. 1153-1155, s. v. Diphilos). Legrand (1903, p. 372-374) per giustificare le debolezze
espositive nella trama del Poenulus sostiene che il modello greco fosse la seconda redazione di una
commedia appartenente ad un autore sconosciuto che avrebbe portato in scena il dramma per la prima
volta a Calidone nel 221 a. C.; Legrand ipotizza che nell‟originale fosse presente il nome Kleomene (o
Kleumene) in riferimento a Cleomene III sconfitto da Antigono Dosone nella battaglia della Sellasia
nel 222 a. C. (cfr. par. 5). La proposta di Legrand si basa però su congetture improbabili:
24
Numerosi sono gli studiosi che hanno considerato il Karchedonios di Menandro
come l‟originale di riferimento per il Poenulus: Wilamowitz
38
, Körte
39
, Krysiniel
40
e
Webster
41
ritengono che la struttura generale del Poenulus, cioè inganno e
riconoscimento finale, sia esattamente la stessa delle commedie menandree
42
. In
particolare Körte e Theiler
43
notano una stretta relazione tra Plauto e Menandro per
quanto riguarda lo scambio serrato di battute tra gli attori che rende il dialogo
frammentario
44
.
Tuttavia bisogna specificare che del Karchedonios menandreo sono rimasti solo otto
frammenti che non mostrano punti di contatto con la commedia plautina
45
; inoltre la
vicenda nella commedia di Menandro si svolge ad Atene
46
, mentre quella nel
Poenulus a Calidone in Etolia.
Data l‟incongruenza tra il contenuto dei frammenti del Karchedonios menandreo e
l‟esposizione del Poenulus
47
non pochi studiosi hanno ritenuto che Alessi, non
Menandro, fosse stato l‟autore dell‟originale greco ripreso da Plauto
48
.
nell‟originale poteva non esserci alcun riferimento né ai re di Sparta né alla presa della città; inoltre il
nome Kleomene era diffuso in tutta la Grecia non solo in Etolia.
38
1899, 517 n. 1; 1925, p. 147 n. 1 (cfr. Arnott, 1959, p. 253, n. 6).
39
1919, p. 31; 1933, p. 373 (cfr. Arnott, ibidem).
40
1932, pp. 64-67.
41
1960, p. 132.
42
Gli studiosi sopra citati hanno sostenuto il modello menandreo con motivazioni che appaiono
marginali: inganno e riconoscimento finale non sono tipici soltanto delle commedie di Menandro, ma
di qualunque autore della nea nonché dello stesso Alessi come mostrano i fr. 2-6 K-A dell‟Agonis; cfr.
Arnott, 1959, pp. 253-254, n. 253).
43
1938, p. 294.
44
La teoria di Koerte e Theiler si basa sul confronto tra Poen. 428-441 e Perik. 264 ss.; inoltre Koerte
riteneva che solo in Menandro, tra i commediografi della nea, fosse attestato l‟uso dei dialoghi
interrotti. Si tratta, come ha osservato Arnott (1959, p. 254, n. 6), di una argomentazione avventata
considerato lo scarso numero di frammenti pervenutici.
45
L‟edizione di riferimento è: T. Kock, Comicorum Atticorum Fragmenta, Lipsiae, 1888, vol. III.
Tengo a precisare che, date le circostanze, non ho avuto la possibilità di consultare edizioni più recenti
rispetto a quella citata.
Il fr. 260 K ( ἐ ά ς ῷ έ ί ὀψ ά ὐ ὲ ἔ ἑψή ῆ ) riguarda
un sacrificio in onore di Borea che non trova corrispondenza nel Poenulus in cui l‟unica offerta
presente è in onore di Venere ai vv. 449-467 e ai vv. 847-848 (cfr. Gomme-Sandbach, 1973, p. 408;
Arnott, 2004, p. 62). Il fr. 265 K ( ὸ ῶς ἔ ῖ ό ἐ ὶ ό consiste in una
riflessione generale sul rapporto tra la ricchezza e la giustizia che non è presente nel Poenulus. I
restanti frammenti (261K; 262 K; 263 K; 264 K; 266 K; 267 K) contengono delle massime generali
che non trovano corrispondenza nella commedia plautina. E‟ opportuno specificare che questi ultimi
frammenti sono troppo esigui e dal contenuto generico per poter essere considerati come termine di
paragone rispetto al Poenulus.
46
Cfr. Gomme-Sandbach, 1973, p. 408.
47
Cfr. Ussing, 1972, p. 226; Friedrich, 1973, p. 147; Arnott, 1996, p. 284.
48
Cfr. Arnott, 1959, pp. 257-260; 2004, p. 61; Gratwick, 1982, p. 96.