4
Sempre più la scuola si confronta con esigenze di conoscenza di altri mondi e di altre
infanzie di tipo “diverso”, di matrice “altra” caratterizzati da differenze implicite ed
esplicite con storie di vita di povertà e di immigrazione con dinamiche socio
comunitarie dove risulta necessaria l'educazione alla pace. L’irruzione dell’altro,
inteso come diverso e differente da un’identità già prestabilita, in un vissuto
psicologico, rappresenta momenti, circostanze, condizioni che pongono prove
collettive nelle varie modalità in cui si palesa l’immigrazione ed i fenomeni ad essa
correlati, quali atteggiamenti diversi di fronte alla differente natura etnica
dell’alterità. Nel fenomeno immigrazione scaturiscono molteplici fattori cognitivi
quali pregiudizi relativi all’ambito della mentalità, dell’intelligenza, delle modalità
affettive, le difese di tipo territoriale, come le minacce per l’ecosistema, per i nostri
privilegi acquisiti come gruppo umano. Lo straniero è fonte di paura per la perdita dei
nostri valori e rappresenta uno dei più grandi inviti all’autoeducazione, tramite la
pedagogia interculturale che non esige solo integrazione assimilativa, ma il rispetto
del principio di vita nelle diversità, nell’interazione che significa e comporta un
riempirsi, rimescolandosi. I principi della pedagogia interculturale sono basati
sull’incontro di tre soggettività, noi, loro e i loro figli. L’educatore autoctono è
chiamato ad integrare l’arricchimento dei propri saperi e fonderli con l’alterità.
L’obiettivo prioritario consiste nel costruire nella scuola e nella società le premesse
psicologiche per l’affermazione di tendenze interculturali. La pedagogia esplora
l’identità complessa dell’uomo moderno e proprio questo è l’atteggiamento
interculturale, in cui il tempo è vissuto come contemporaneità di esperienze
interagenti in una produzione interiore e casuale, in una concezione del tempo
differente da quella canonica ossia comulativa, irreversibile e finalistica, in un
contrapposto atteggiamento monoculturale. Lo spazio è un dato psicologico alla
propria autonomia, rispetto a un punto di riferimento unico e immodificabile.
L’identità è un processo in divenire dove continuità e discontinuità sono alternanti e
aperti al cambiamento, in cui l’educazione è una dialettica tra vecchio e nuovo da cui
si ingenerano mentalità interculturali fondate sulla realizzazione di esperienze, quali
forme di convivenza e reciprocità al fine di superare il provincialismo, vale a dire il
far finta di non vedere e affermare che tutti sono uguali. Occorre il riconoscimento
del diritto alla differenza nel dare risposte efficaci alle esigenze di integrazione. Per
attivare l’interazione con lo straniero occorre manifestare interesse nei suoi confronti,
per la sua storia e per i suoi punti di vista, assumendo atteggiamenti di ascolto. Il
docente davanti all’immigrato può agire secondo tre modalità:
Modalità esplorativa che consiste nell’osservazione di episodi della vita relazionale.
Modalità facilitativa che consiste nel creare situazioni più favorevoli perché gli
immigrati si sentano accettati.
Modalità interculturale per cui l’immigrato è considerato portatore di saperi offrendo
spunto per riflessioni.
Le politiche sociali rivolte alla formazione degli immigrati prevedono la prevenzione
dei conflitti e degli antagonismi sul territorio, costruendo modelli locali di
integrazione. La pedagogia dell’interazione suscita appunto l’interrelazione e
5
l’interscambio con il riconoscimento dei diritti del diverso tramite l’educazione alla
democrazia culturale. Il docente deve esplicare diversi compiti:
Modalità conoscitiva tramite la conoscenza del mondo di provenienza
dell’immigrato.
Modello esplicativo tramite la spiegazione ai genitori che la scuola ha il dovere civile
e sociale di occuparsi delle diversità.
Tipologie promozionali attraverso attività di formazione che facilitino i successi
scolastici dello svantaggiato.
L’ipotesi interculturale sottolinea il riconoscimento e l’accettazione di ogni cultura
che costituisce il principio di educazione degli immigrati. L’apprendimento
interculturale poggia su forme di apprendimento transcognitive, per esempio la
maggiore o minore capacità di locomozione da un atto cognitivo a un altro, da una
forma mentis ad un’altra e costituisce le basi della pedagogia interculturale che educa
non solo alla conoscenza delle differenze, ma alla transitività e mobilità cognitiva.
I metodi e i valori dell’intercultura consistono nella permeabilità nei confronti dei
punti di vista delle forme di pensiero altrui; nella sintonizzazione con le origini di
pensiero formatosi in altri diversi contesti. L’interazione strategica prevede il fare in
modo che il confronto tra le mentalità differenti dia luogo a un innalzamento non solo
della conoscenza reciproca, ma anche del consociarsi per individuare forme superiori
di comprensione del mondo, tramite uno stile cognitivo che accetti l’incontro tra le
culture come una complessa abitudine dell’intelligenza. Secondo Gardner il primo
potere riguarda le intelligenze fondamentali, il secondo potere è inerente alle
specializzazioni etniche assunte da diverse manifestazioni cognitive e il terzo potere
concerne l’intelligenza relazionale. La matrice del pensiero relazionale è un metodo
per scoprire le diversità nella gamma infinita del secondo potere che è un modo per
far funzionare il terzo potere. Il pensiero relazionale è un pensiero non rigido, ma
flessibile, in movimento nell’ambito di una cultura polidimensionale aperta al
cambiamento e alle differenze. Il campo d’azione della pedagogia interculturale è
costituito dalla scuola, dal lavoro, dalle relazioni sociali, dalla vita civile. La legge
Martelli del 20 febbraio 1990 stabilisce che l’immigrato diventa cittadino a tutti gli
effetti perché gli si chiede di rinunciare alla temporaneità, gli si propone di rinunciare
ad essere solo lavoratore immigrato. Si diventa neocittadini quando si è soggetti al
diritto e quando il luogo diventa una risorsa per progettare un percorso di vita.
6
LA SCUOLA CON GLI STRANIERI.
Gli stranieri devono essere considerati “soggetti umani” dalle strutture educative in
quanto cercano un luogo ricco per crescere dal punto di vista psicologico e
sociorelazionale. La scuola facilita l’integrazione quando viene incontro ai diritti
universali di un equilibrato sviluppo della personalità. La scuola deve trattare la
diversità etnica come invisibile per concedere e assegnare uguale opportunità. La
pedagogia interculturale favorisce l’incontro tra diverse etnie e permette la
conoscenza dei valori di altre identità etnolinguistiche. La pedagogia interculturale
risulta attenta alla riuscita scolastica di chi è a rischio e alla promozione del processo
più complesso di integrazione culturale. Il risultato consiste in un’ibridazione perché
non si compierà per un immigrato l’assimilazione totale, ma l’integrazione risulta
effettuata quando il soggetto ha la consapevolezza che la propria biculturalità non lo
penalizza, ma lo difende e lo accresce. La pedagogia interculturale opera per la
creazione di identità culturali polivalenti e transetniche, organizza condizioni più
favorevoli di integrazione, facilita la conoscenza reciproca e la disponibilità al
confronto e al cambiamento e fa in modo che le culture differenti convivano senza
ignorarsi, in quanto la pedagogia interculturale è promotrice di strategie di
comunicazione per stimolare gli immigrati e si presenta come occasione per
incentivare le loro attenzioni. La pedagogia interculturale deve tener conto di un
assetto metodologico e didattico, eliminando in ambito educativo l’idea che
l’immigrato sia associato al concetto di povertà, sviluppando le argomentazioni che
richiamino l’attenzione al prestigio delle culture asiatiche, tramite la valorizzazione
della lingua dei paesi d’origine attraverso prodotti letterari e poetici, nella
consapevolezza che l’esistenza di diversità è un fattore positivo.
Le parole chiave della pedagogia interculturale sono l’accoglienza, la stabilizzazione
e la formazione. L’accoglienza è anche cultura autoctona disponibile a confrontarsi
con l’alterità e non è dovere civile di solidarietà, ma attenzione dei bisogni e dei
diritti, quale voce delle minoranze etniche. L’accoglienza è modalità di
prontosoccorso e rende meno gravoso il primo impatto con il paese ospitante; è stile
professionale in quanto gli operatori sociali vogliono dare all’immigrato
un’immagine rassicurante; ed infine è una strategia non solo dei singoli, ma
dell’intera comunità.
La stabilizzazione consiste nella ricostruzione del tessuto bi-psicologico, bi-
linguistico, bi-etico, nell’accettazione della convivenza tra due culture, quella
d’origine e quella d’accoglienza, senza la rimozione del passato, ma tramite la
conciliazione di due opposti.
La formazione è sintesi tra accoglienza e stabilizzazione, per cui l’immigrato cerca
sicurezza nei contenuti di formazione. L’incontro fra culture diverse si rivela
un’iniziativa relazionale e comunicativa, per cui gli adulti immigrati e i loro figli
richiedono l’adozione di specifiche politiche formative.
7
Con gli adulti immigrati occorre intervenire in maniera compensatoria e relazionale,
tramite azioni di alfabetizzazione e di formazione linguistica, ossia attività didattiche
che implicano la ridefinizione della metodologia dell’insegnamento.
Per i minori, il Ministero della Pubblica Istruzione ha istituito una commissione
nazionale incentrata sull’inserimento degli stranieri nella scuola dell’obbligo.
Con un caposaldo in materia, la circolare 1980, viene sancita la necessità di realizzare
iniziative di educazione interculturale e l’obiettivo più importante è delineato nella
promozione di capacità di convivenza in un tessuto culturale e sociale multiforme.
Con il Disegno di Legge 1980 vengono precisati gli elementi di una politica
formativa e scolastica in favore degli immigrati, come il rendere più flessibile
l’ordinamento scolastico, attivare la semplificazione delle procedure per le iscrizioni,
avviare nel curricolo l’insegnamento della lingua e della cultura d’origine, incentivare
e favorire l’apertura alle società multiculturali.
8
I BAMBINI E LA SCUOLA
Il bambino migrante deve conciliare in sé una serie di conflitti che lo spostamento
nella spazio geografico introduce nell’ambito corporeo e culturale, linguistico e
familiare, un coacervo di traumi causati dal sentimento di perdita e dal sentimento di
separazione.
Nello spazio geografico, il bambino immigrato vive esperienze di sradicamento e di
perdita di legami con figure parentali di riferimento, in un adattamento forzato agli
oggetti diversi, alle persone altre, agli ambienti non conosciuti e privi di familiarità.
Questa condizione di provvisorietà spaziale e temporale comporta il vissuto di un
presente quale continua attesa che si sviluppa in un sentimento di disagio e vergogna
per le proprie origini. Nello spazio corporeo la migrazione ha sedimentato
problematiche di identità fisica, come la vergogna per il colore della pelle e le
caratteristiche dei capelli. Nello spazio linguistico sussiste il problema per il sistema
della comunicazione verbale e non verbale, presentando forme di bilinguismo.
Il bilinguismo può assumere varie caratteristiche, ad esempio può presentarsi come
fattore d’élite, promozionale, arricchente, si può elaborare in condizioni privilegiate,
anche in famiglie socialmente favorite. Il bilinguismo può manifestarsi come
popolare, con difficoltà di tipo linguistico, espressivo, sociolinguistico, socioaffettivo
e cognitivo. Il bilinguismo può essere aggiuntivo, manifestandosi nel sistema
linguistico del bambino che ha sviluppato una buona competenza nella prima lingua
ed assume valorizzazione dalla seconda lingua, palesando vantaggi dal punto di vista
cognitivo. Con il bilinguismo sottrattivi il primo idioma non è socialmente
valorizzato, nella padronanza ridotta di entrambe le lingue che si manifesta in un
semilinguismo deprivante. Al momento dell’inserimento nelle strutture educative
italofone l’interazione tra bambini stranieri e gli adulti italiani è inesistente, eccetto
l’esposizione passiva al linguaggio della televisione. Dopo i due anni i bambini
stranieri che parlano italiano a scuola, ne riportano le espressioni in famiglia, perché
l’italiano occupa lo spazio comunicativo quotidiano. Il bambino migrante presenta le
gravi difficoltà dell’adattamento e dell’apprendimento, per cui la carenza linguistica
risulta la causa principale dell’insuccesso scolastico, dopo i dispositivi di
accoglimento tendono a colmare la carenza linguistica. La classe preparatoria ha una
durata limitata nel tempo evolutivo da sei mesi a sei anni, situata fuori dal percorso
ordinario. Il sostegno linguistico consiste nell’insegnamento della seconda lingua a
minori di diverse nazionalità, integrato nel tempo scolastico normale. Le classi
bilingue sono rivolte a gruppi con uguale appartenenza nazionale e culturale, dove
l’insegnamento è impartito nella lingua del paese d’origine, contemporaneamente
all’insegnamento nella lingua del paese di residenza che diventa in modo progressivo
la lingua veicolare dell’insegnamento.
9
ADULTI E PROCESSI FORMATIVI.
L’immigrato adulto sente il bisogno di comunicare e di apprendere l’insegnamento
istituzionalizzato italiano, ma gran parte dei lavoratori stranieri non padroneggia la
seconda lingua e acquisisce un italiano di sopravvivenza segnato dall’urgenza
comunicativa. La vita si organizza attorno a dei poli sociali linguistici che prevedono
l’incontro con i connazionali, gli amici (lingua degli affetti) e il polo del lavoro con
obblighi burocratici (lingua dei doveri). Il sistema di comunicazione risulta debole
perché compreso da un limitato numero di interlocutori, permette di esprimersi
riguardo a un numero limitato di argomenti, non presenta tecniche verbali per
esprimere progetti di valutazione, causando difficoltà di ricerca e mantenimento del
lavoro provocando infortuni sul lavoro e dipendenza da connazionali che conoscono
meglio l’italiano. Tajfel è il teorico della relazione sociale tra gruppi, in cui il grado
di adattamento linguistico aumenta con la volontà dei gruppi di adattarsi ai valori
sociali e alle norme del paese straniero. Sussistono diverse fasi nel contatto tra gruppi
etnici differenti, per esempio gli immigrati accettano il ruolo di subordinazione
sociale ed economica, imparando la lingua del paese straniero per la sopravvivenza,
senza la convinzione che un maggior apprendimento possa portare a una
modificazione di stato. La mobilità sociale è il tentativo di acquisire un’identità
sociale più positiva, sforzandosi di entrare nel gruppo dominante, nella crescita di
consapevolezza che la seconda lingua, vista come mezzo per esprimere
rivendicazioni e richieste, annulla le relazioni competitive tra gruppi, come la
competizione con il gruppo dominante, dove la lingua materna diventa simbolo
pregnante di identità collettiva.
LA TERRA D’ACCOGLIENZA
Il concetto di straniero presenta un' etimologia latina da extraneum, al di fuori di,
sconosciuto, estraneo.
Nel 1350 assume il significato di crudele in alcuni documenti. Il suffisso extra indica
opposizione, da externum dove i suffissi ex e ter indicano tutti opposizione ed
esclusione.
I dati del Ministero dell’Istruzione rivelano che sono presenti nelle scuole dello Stato
più di 140000 stranieri, nel 2001, mentre 282.000 immigrati sono presenti nelle
scuole secondo i dati istat del 2003/2004.
Invece in Milano e Provincia il livello di crescita è ancora più elevato.
Il ritmo di crescita degli alunni stranieri è intorno al 18% a livello nazionale.
Dati istat recenti registrano quasi 3 milioni di immigrati in Italia, in base ai dati
ricavati dai permessi di soggiorno, di cui la maggior percentuale è costituita da
ucraini e rumeni. Secondo i dati istat del 2003/2004 in Lombardia sono presenti quasi
72.000 alunni stranieri.