II
Sviluppare, tramite interventi mirati di people building e di valorizzazione delle risorse umane,
competenze/capacità/specializzazioni che portino ad attuare, nella realtà della prassi operativa, efficaci forme di
delega di responsabilità ed autorità, estese anche ai dipendenti che occupano posizioni esecutive e/o periferiche.
Questi interventi devono essere indirizzati a stimolare il commitment, attraverso una guida improntata alla
leadership, alla creazione di vision ed alla condivisione di valore, e devono privilegiare l’orientamento al target
market piuttosto che alle operation dell’impresa di servizi. Ciò implica l’adozione di paradigmi gestionali dinamici
ed aperti verso l’esterno, focalizzati sulla rilevazione delle aspettative (attuali e future) e delle percezioni
qualitative dei clienti, che spingano a superare quelli orizzontali, incentrati sulla conformità agli standard ed alla
regulation.
Annullare l’attuale divario tra qualità dei business e consumer service applicando, ai secondi, gli stessi criteri di
progettazione “su commessa” e di management personalizzato che caratterizzano i primi.
Identificare ed eliminare, intervenendo già in fase progettuale, i punti deboli del sistema produzione/erogazione del
servizio e le prassi operative improprie che sono causa di inefficienze e disservizi, perfezionando le metodologie
controllo e valutazione del servizio e di analisi benchmarking.
Individuare le cause (anche potenziali) di non-conformità e le componenti o subprocessi critici, definendo
appropriate azioni correttive al fine di prevenire l’insorgenza ed il ripetersi dei problemi, attuandole, verificandone
e valutandone i risultati e migliorando questi ultimi secondo la logica del PDCA (plan/pianificazione –
do/attuazione – check/controllo e misurazione – act/azioni di miglioramento continuo e standardizzazione).
Puntare a conquistare la fiducia e fedeltà dei clienti e a sfruttare i vantaggi offerti dalla pubblicità del passa-parola
positivo, instaurando con essi rapporti di lungo periodo da coltivarsi secondo i più avanzati modelli di marketing
relazionale. È infatti ben noto che mantenere nel tempo o propri clienti (aumentando la loro propensione a ripetere
l’acquisto del servizio ed a rivolgersi allo stesso fornitore anche per servizi diversi da quelli comunemente
acquistati) è molto più redditizio del doverne cercare continuamente di nuovi.
Gestire la qualità e l’innovazione in base a logiche di partnership, conferendo sempre nuova efficacia ed efficienza
al continuous improvement (miglioramento continuo).
È stato rilevato come, le più significative prospettive del management della qualità del servizio, riguardano quella che
viene definita “tecnologia dell’ovvio”, attribuendo a “tecnologia” il significato di trattamento sistematico delle regole
(politiche, strategie, metodologie, tecniche e strumenti) che governano un processo.
L’impegno principale, oltre al cambiamento innovativo, deve essere pertanto dedicato alla sistematizzazione ed alla
procedurizzazione/standardizzazione della conoscenza e del know-how, tenendo nella dovuta considerazione i preziosi
contributi propositivi che possono essere offerti dall’operatività improntata alle regole della “buona pratica” e della
stratificazione delle esperienze che compongono il comune “buon senso”.
La piena soddisfazione delle sempre crescenti aspettative ed esigenze dei clienti, è un compito estremamente difficile e
complesso, ma ciò può diventare più agevole passando da una logica retrospettiva interessata a ridurre/eliminare la
“qualità negativa” ad una che s’impegna a migliorare ed innovare la cultura della qualità del servizio, trasmettendola in
modo capillare e pervasivo all’organizzazione nella sua integrità: il principio del “service with a smile” (servizio con un
sorriso) richiede, infatti, una sostanziale e profonda trasformazione degli assunti e dei modelli
culturali/comportamentali, il cui compimento è facilitato dalla comprensione e dall’applicazione operativa dei seguenti
principi, desunti dalla “buona pratica” e dal “buon senso” comune:
Il cliente, nei suoi molteplici ruoli di co-ideatore, co-produttore ed utilizzatore finale, è l’unico in grado di definire
e, conseguentemente, valutare la qualità del servizio;
tutti sono (siamo) clienti di servizi;
tutti sono (siamo) fornitori di servizi;
la service quality dipende, prioritariamente, dalla qualità del “momento della verità” (moment of true), ovvero
dall’interrelazione, dialettica, dialogica ed empatica, tra fornitore e cliente.
È ormai appurato che solo l’impegno alla qualità garantisce l’affermazione dell’impresa come agente dello sviluppo
economico e sociale e che, dall’inizio degli anni Novanta, si è consolidata una cultura d’impresa maggiormente rivolta
verso la qualità e la soddisfazione del cliente.
Fonte d’ispirazione per questo cambiamento innovativo è stato il modello giapponese che focalizza l’attenzione non
sull’applicazione di regole scientifiche o funzioni derivate dalla statistica, ma sulla capacità di mobilitare tutte le risorse
disponibili verso un unico obiettivo condiviso da ogni membro dell’organizzazione, dalla capacità di riuscire a
trasformare in un “impegno globale” il recupero delle debolezze e delle criticità degli assetti organizzativi e decisionali,
di amalgamare le diverse componenti della struttura produttiva e di “liberare” la forza potenziale delle risorse umane. Si
sviluppano i “circoli della qualità” ed i concetti di “lavorare per processi”, di “struttura a rete”, che hanno permesso una
maggiore autonomia operativa e decisionale, attraverso anche il “principio della delega” e la decentralizzazione del
sistema.
In Giappone la qualità è diventata un “modo di pensare”, una “forma mentis” che ha pervaso ogni aspetto dell’azienda,
credo anche grazie ad una mentalità già presente in quel paese che, per motivi religiosi e per antichissime tradizioni,
dava enorme importanza all’attenzione verso i dettagli, alla forma ma anche alla sostanza di ogni minimo gesto (che si
rifletteva in rigidi rituali e regole “di cortesia” da rispettare nelle relazioni interpersonali), ad un rispetto reverenziale
III
verso il prossimo ed alla vitale (nel vero senso della parola) importanza che nella società giapponese rivestivano
concetti quali l’onore, l’integrità morale, l’onestà e la fedeltà alla parola data.
Il concetto di “servire” era già profondamente conosciuto e radicato, tanto che il termine “samurai” significava proprio
“servitore”: credo che anche questi motivi hanno fatto in modo che, quando dall’occidente (in particolare dagli Stati
Uniti dopo la seconda guerra mondiale) le aziende giapponesi hanno appreso il nuovo modello di gestione aziendale
fondato sulla qualità del prodotto, hanno riportato alla luce dei concetti e una mentalità che era già profondamente
presente in quella nazione. Mentre in occidente il principio della qualità era applicato solamente al prodotto finito, in
Giappone ha permeato tutta l’azienda, comprendendo la qualità dei processi, la qualità della strutture aziendale, la
qualità delle persone che formano l’organizzazione, la qualità dei rapporti con i clienti: insomma la qualità si è allargato
fino a comprendere ogni aspetto dell’azienda, ma anche della società diventando “qualità della vita”. Parallelamente a
questo cambiamento nel modo di pensare e gestire l’azienda, ha assunto un ruolo centrale il cliente che è diventato il
fulcro attorno al quale ruota ogni attività aziendale, l’unico “giudice” della qualità, il punto di riferimento verso il quale
vengono diretti tutti gli sforzi dell’organizzazione. Si è passati quindi da un concetto di qualità riferito al prodotto, al
Total Quality Management che include ogni aspetto dell’azienda (prodotto e processi) e si basa sulla customer care and
satisfaction.
Sono ora le imprese occidentali ad apprendere dal Giappone il nuovo modo d’intendere la qualità.
Qualità è attenzione al particolare, attaccamento al proprio lavoro, “amore di artigiano” per il lavoro ben fatto.
I principi della qualità e dell’orientamento al cliente sono chiamati a dare risposte a mission sempre più specialistiche,
ad esigenze sempre maggiori dei clienti, orientandosi sempre più verso:
l’integrazione “simbiotica” tra prodotto e servizio;
una risposta “empatica” ai sempre più complessi “requirement” umani, relazionali e sociali;
una soluzione efficace dei problemi indotti dall’accelerazione del cambiamento e dalle rinnovate esigenze
qualitative che vanno diffondendosi su scala internazionale.
La Cultura della Qualità enfatizza “l’aspetto umano” (human side of quality) dell’impresa, tenta di costruire
l’organizzazione “intorno” alle persone, individuandone i principali fattori motivanti e di valorizzazione, ridisegna i
rapporti azienda-cliente e rimodella le strategie di “generazione del valore” (creazione di “valore aggiunto” attraverso la
personalizzazione del servizio e logiche “full service”), di “struttura del business” (decentralizzazione, specializzazione,
flessibilità), di “approccio gestionale” (gestione aziendale guidata da vision, mission e priorità) e di gestione della
qualità” e dei rapporti con i clienti (concetto di prosumership, cliente-proattivo, di customer orientation, di customer
care and satisfaction, di Qualità Totale), utilizza il marketing relazionale (orientato ai rapporti di lungo periodo con i
clienti ed ispirato dal concetto di “coltivare” la relazione, “gardening”), invece del marketing transazionale, più
focalizzato sui risultati a breve termine di tipo economico.
Normalmente quando “si fa” qualità, si concentra l’attenzione sulle caratteristiche obiettive e su parametri facilmente
misurabili come ad esempio affidabilità, prestazioni e facilità d’impiego; questo si può raggiungere attraverso un valido
sistema di qualità, ma ciò che veramente fa la differenza è la qualità percepita dal cliente durante la fruizione del
servizio.
La qualità si costruisce, allora, attraverso una profonda relazione tra produttore e consumatore, la fiducia e la
soddisfazione reciproca.
Si può affermare che la qualità si basa su una relazione “uno ad uno” (one-to-one marketing). Ciò implica una forte
capacità intuitiva ed empatica, significa saper far sentire “unico” ed importante il cliente.
Gran parte delle indagini sulla customer satisfaction misurano solo l’aspetto superficiale dell’esperienza fatta dai clienti
(numeri e dati statistici, utili ma non sufficienti ad evidenziare la complessità dell’esperienza stessa: il rapporto che
dovrebbe essere instaurato tra fornitore e cliente dovrebbe essere più “intimo” (customer intimacy).
È importante quindi costruire un sistema veramente orientato al cliente (customer driven), in grado di gestire non solo le
prestazioni dell’azienda, ma di ogni singolo “anello” che costituisce la cosiddetta “catena del valore”, a partire dal
fornitore fino ad arrivare al punto di erogazione del servizio.
Non deve mai essere dimenticato che è necessaria una perfetta integrazione tra fare ed essere: prima di “fare” qualità,
l’organizzazione deve “essere” qualità.
Il “fare” si basa su conoscenze ed abilità specifiche, “l’essere” su valori profondamente condivisi a sui giusti
atteggiamenti mentali. Pochi sono consapevoli che la qualità è uno “stato mentale”. La qualità necessita di una cultura
specifica: la cultura “si costruisce”. Per raggiungere la qualità e l’eccellenza, l’organizzazione deve essere guidata da
“valori” piuttosto che da procedure. Affinché la qualità non rimanga teoria, ma diventi realtà, è indispensabile che tale
cultura permei ogni settore dell’azienda, che la “forma mentis” della cultura sia interiorizzata da ogni membro,
indipendentemente dal ruolo e dal livello gerarchico occupato, che il concetto di qualità sia applicato ad ogni dettaglio
dell’azienda e in ogni attività o processo.
Ogni membro dell’organizzazione deve essere messo al corrente delle scelte della direzione, per quanto riguarda le
politiche e gli obiettivi aziendali: sono così ogni individuo è messo nelle condizioni di condividere ed allinearsi alla
vision ed alla mission stabilite. I dirigenti devono imparare a guidare l’impresa valorizzando opportunamente le risorse
umane, guadagnandosi la fiducia ed il supporto del personale: la cultura aziendale deve essere condivisa in modo da
ottenere una progressiva convergenza tra il progetto aziendale (vision) e il progetto di vita di ogni individuo,
consentendo in tal modo di trasformare la visione stessa in realtà.
IV
Le logiche dei prodotti/servizi personalizzati e “realizzati su misura” si estendono progressivamente dalle aree dei beni
durevoli sino ai prodotti di largo consumo. Si possono rilevare delle evoluzioni in atto nello scenario dei mercati
internazionali secondo i seguenti trend:
il tradizionale ruolo del cliente, una volta individuato come consumer, sta diventando molto più “proattivo”,
connotandosi come “prosumer”;
l’importanza del servizio sta prevalendo rispetto a quella del prodotto;
si vanno affermando strategie aziendali orientate prioritariamente alla creazione del valore per il cliente.
Il cliente vuole sempre più svolgere un ruolo di pro-attività (pro-sumership appunto) nei confronti della catena di
produzione/erogazione del servizio: pretenderà sempre più un servizio personalizzato, come quello che poteva avere in
passato dall’artigiano che confezionava “su misura” ciò che gli richiedeva.
Tale logica di “configurazione personalizzata”, unita alla realtà di scenario globale del business, darà forma al concetto
di multilocalità e quindi del tanto citato “villaggio globale”, in cui tutto accadrà in modo altamente interattivo ma
contemporaneamente su base molto locale: la decentralizzazione sarà la regola fondamentale per ogni azienda che vorrà
raggiungere il successo.
Le strategie di marketing si stanno modificando velocemente (spinte dal forte cambiamento del contesto sociale,
economico e politico):
il “mass marketing” è destinato a perdere progressivamente importanza;
si passa dal marketing transazionale a quello relazionale;
aumenta l’importanza del “commercio elettronico”, poiché le nuove tecnologie permetteranno di “by-passare” i
punti vendita;
le aziende cercano sempre più di presidiare/gestire il rapporto continuo con il cliente;
la “dimensione servizio” diventa protagonista rispetto a quella del prodotto tangibile.
Questa nuova modalità di “fare business” avverrà attraverso strutture economiche del tipo “a rete evoluta” (i cosiddetti
sistemi olonico-virtuali), costituite da sistemi molto aperti ed interattivi dove si formeranno “aziende virtuali” mediante
la combinazione di unità operative appartenenti ad organizzazioni diverse e/o aziende di piccole dimensioni (addirittura
di singoli professionisti).
In parallelo all’enfasi sul servizio si vanno affermando logiche full-service che prevedono la fornitura d’interi “pacchetti
di servizi” a “valore aggiunto” per il cliente. Il valore aggiunto costituito dall’integrazione dei componenti
prodotto/servizio costituisce di fatto il nuovo “valore competitivo” su cui focalizzarsi.
Visto dal punto di vista della concorrenza, l’aumento della complessità dello scenario rispecchia quello del rapporto
azienda-cliente: i confini settoriali si vanno sfumando sempre più (anche perché, come detto, si integrano sempre più i
prodotti/servizi); il ruolo dei players di un settore può essere diverso (concorrente, fornitore, cliente, alleato) in funzione
del prodotto/mercato (perché il business sta diventando globale e viene affrontato con strutture a rete); il numero e la
tipologia dei concorrenti sta aumentando e diversificandosi sempre più (perché lo stesso servizio può essere venduto in
“aggregazioni” sempre diverse).
In funzione delle evoluzioni dello scenario di business, stanno modificandosi anche le modalità organizzativo-strutturali
con cui tale business viene realizzato: la generazione del valore non avviene più azienda per azienda, ma attraverso
“catene di valore” in strutture “oloniche a rete”; la struttura del business è costituita sempre più da aggregazioni e/o
concentrazioni strategico-operative; l’organizzazione aziendale si basa su processi, non più su funzioni; viene
abbandonato il sistema di management “tayloristico”, preferendo quello interfunzionale per processi (basato sulla vision
e sulle priorità); l’approccio alla qualità non segue più il principio della “conformità” a norme, ma quello della Total
Quality, della customer satisfaction e della prosumership.
Sono proprio le nuove architetture produttive, con le loro esigenze di controllo rigoroso dei processi e dei risultati, a
determinare la nascita di quegli approcci organizzativo-gestionali da cui derivano gli attuali sistemi di quality
management.
La quality idea e la cascata di concetti che da essa scaturiscono si vanno diffondendo in maniera epidemica, pervadendo
ogni settore ed attività della vita quotidiana: una concorrenza sempre più aggressiva impone alle aziende di rinnovare
continuamente gli obiettivi di eccellenza, adeguandoli alle aspettative sempre più esigenti della domanda.
La visione “clientocentrica” della Qualità Totale induce una rivisitazione delle prassi operative che avviene attraverso il
reengineering ed il rethinking dei processi che finiscono col ridisegnare la struttura e l’organizzazione dell’azienda.
I futuri vantaggi competitivi dipenderanno, principalmente, dalla capacità d’integrazione nell’ambito del “sistema a
rete” e dalla capacità di interagire mediante standard stabiliti: l’Information Technology, a tal fine, gioca un ruolo
decisivo, offrendo eccezionali opportunità per integrare i processi dell’organizzazione tra loro e, mediante
un’interfaccia, con l’esterno.
L’uso di strumenti basati sulla tecnologia informatica e la corretta “gestione della conoscenza” per supportare i processi
decisionali ed operativi, permettono allo stesso tempo di abbreviare i tempi aumentando l’efficacia/efficienza.
La “creazione del valore” si propone come uno dei principali fattori di successo, in un mercato che privilegia sempre
più il “valore aggiunto” del prodotto/servizio e le componenti relazionali ed “umane” dell’offerta. Un’adeguata e
sistematica rilevazione ed analisi dei “costi della qualità”, permette di “monetizzare” le eventuali inefficienze ed i
possibili disservizi, ma anche di dare la giusta importanza ai costi che la qualità permette di evitare (grazie a
approfonditi controlli ed azioni preventive/correttive) ed ai corrispondenti maggiori ricavi (dovuti anche a riflessi
positivi sull’immagine aziendale ed all’eliminazione degli sprechi): tutto ciò si traduce in maggiore competitività ed in
aumento del profitto.
V
Lo scenario delineato evidenzia come, in proiezione futura, il valore del servizio tenderà sempre più a coincidere con la
capacità dello stesso di risolvere efficacemente e rapidamente i “problemi” del cliente e di conferire vantaggi
competitivi addizionali ai processi di produzione/erogazione.
Le aziende vincenti saranno, pertanto, quelle che sapranno contribuire ad accrescere il valore di tutte le catene di cui
fanno parte e del sistema complessivo, assicurandone una crescita ed un miglioramento continuo.
Si è parlato di visione “clientocentrica” e di “soddisfazione del cliente”: ma che significato hanno realmente questi
termini e quali sono le ripercussioni sulla gestione dell’organizzazione?
È ormai dato per scontato che offrire un buon prodotto/servizio ad un prezzo concorrenziale consente all’azienda di
acquisire un vantaggio competitivo solo temporaneo. Il servizio al cliente rappresenta una componente intangibile
dell’offerta globale, che però può garantire all’azienda, se erogato secondo i criteri della qualità, il raggiungimento del
successo.
Nel settore dei servizi, l’erogazione e la produzione dei servizi coinvolgono una serie d’interazioni tra l’organizzazione
ed i suoi clienti; il personale costituisce, poi, una risorsa strumentale per la realizzazione e la fornitura della qualità del
servizio e, pertanto, necessario che tutti i dipendenti, nell’espletamento delle proprie funzioni abbiano “cura” del
cliente.
La consapevolezza dei costi e dei benefici derivanti dal mantenimento dei clienti ed il confronto con quelli necessari ad
attrarne di nuovi, inducono gli operatori ad occuparsi della clientela acquisita, rispondendo ai suoi bisogni ed ai suoi
problemi, costruendo rapporti di lungo periodo: la cura e la soddisfazione del cliente sono anche importanti fattori di
differenziazione.
Le aziende hanno la consapevolezza che maggior cura del cliente corrisponde a maggior profitto (che rimane comunque
l’obiettivo primario per ogni impresa). Ma anche la “cura” dei dipendenti rappresenta un’opportunità, soprattutto
nell’ambito dei servizi in cui la qualità è fortemente collegata ai “fattori umani”.
Una maggior soddisfazione dei dipendenti comporta un minor numero di errori (poiché aumenta l’attenzione e la
motivazione a fare del proprio meglio) e un atteggiamento più favorevole e disponibile verso i clienti.
Investire sulle persone è divenuto un aspetto integrante della catena servizio-profitto. Gran parte dell’attenzione
dedicata al personale si riferisce al concetto di “marketing interno” che considera i dipendenti come “clienti interni” ed
i posti di lavoro come “prodotti interni”, affermando anche che un’azienda deve prima “vendere” ilo lavoro ai propri
dipendenti e poi i suoi servizi ai clienti esterni: in sintesi, soddisfare i clienti interni migliora la capacità di soddisfare le
esigenze dei clienti esterni. Il successo del marketing interno dipende dallo sviluppo di adeguate politiche del personale
(quali l’empowerment) e dalle diverse fasi di selezione, formazione, incentivazione e valutazione (particolarmente nel
settore dei servizi è fondamentale selezionare le “persone giuste”, sia dal punto di vista delle conoscenze e competenze
tecniche, che da quello delle doti umani quali la capacità comunicativa ed empatica).
Nella gran parte delle organizzazioni di servizio che hanno raggiunto livelli d’eccellenza, i programmi di customer care
and satisfaction, nonché di people satisfaction, rivestono un’alta priorità e le relative spese vengono considerate
investimenti a lunga scadenza,indispensabili per la crescita e per la redditività futura. Per avere successo, le strategie di
customer care and satisfaction, richiedono importanti investimenti in tempo e denaro e devono:
rilevare e comprendere le esigenze e le aspettative del cliente;
sviluppare ed attuare illuminate politiche del personale, che consentano d’individuare e comprendere le esigenze e
le aspettative dei dipendenti;
sviluppare ed erogare prodotti/servizi adeguati a rispondere alle esigenze dei clienti, nonché sistemi e procedure
incentrate sia sul dipendente che sul cliente;
creare una cultura aziendale del servizio e della qualità adeguata (ciò può richiedere un profondo cambiamento), a
partire dall’alto (poiché politica della qualità inizia dall’impegno degli alti dirigenti verso la cura e la soddisfazione
dei dipendenti e dei clienti), fino a diffondersi capillarmente in tutta l’organizzazione.
Un buon servizio e la cura per il cliente migliorano l’immagine aziendale e possono ridurre i rischi della concorrenza
basata sul solo prezzo, poiché una parte dei consumatori preferisce pagare un prezzo superiore per garantirsi un servizio
affidabile e di qualità.
La qualità del servizio deve essere continuamente monitorata e migliorata (come continuamente monitorata e misurata
deve essere la soddisfazione dei clienti) al fine di adattarsi alle sempre più esigenti aspettative e richieste del cliente;
tale miglioramento può essere perseguito mediante:
la misurazione delle aspettative di servizio dei clienti, oltre a quella delle percezioni (la sola misurazione delle
percezioni non è sufficiente);
il miglioramento della qualità deve essere considerato un processo costante e continuo, focalizzato non solo sulle
misure esterne, ma anche sui processi interni, al fine di monitorare, analizzare ed eliminare le carenze organizzative
che rendono difficoltosa l’erogazione di servizi di elevata qualità;
le aziende devono avvalersi di “approcci multipli” in modo da raccogliere informazioni rilevanti per il
miglioramento della qualità del servizio;
è indispensabile il contributo offerto dai suggerimenti ottenuti da ricerche periodicamente condotte sul personale:
essi sono “clienti interni” ed in quanto tali, le loro aspettative e percezioni devono essere considerate attentamente
dall’organizzazione. La qualità del servizio che i dipendenti ricevono dall’azienda, avrà un forte impatto sulla loro
VI
capacità e volontà di erogare ai clienti servizi esterni di qualità. Il personale diventa “parte” del prodotto/servizio
erogato.
Se l’azienda intende instaurare relazioni “forti” e durature con i clienti (cioè “fidelizzarlo”) attraverso la politica
della qualità, è indispensabile che l’erogazione del servizio sia fatta “in maniera corretta fin dalla prima volta”,
inoltre (considerato che gli errori sono difficilmente eliminabili totalmente) che sia attivato un efficace sistema di
accoglimento dei reclami e di recupero degli eventuali disservizi rilevati.
Nel complesso, un buon servizio fa diminuire i costi, aumentando nel contempo la produttività, le prestazioni aziendali
e, conseguentemente, i profitti.
Ho finora parlato di servizi, ma è importante definire le caratteristiche e la peculiarità dei servizi e le differenze che
esistono tra l’applicare il concetto di qualità al settore dei servizi piuttosto che a quello manifatturiero (settore in cui è
nato il concetto di qualità ed in cui è stato originariamente applicato).
Per capire in cosa consiste la “cultura dei servizi” è innanzitutto importante ricordare che il termine “servizio” deriva
dal verbo “servire” e dal sostantivo “servo” (latino servus). È indubbio che l’uso del termine “servo”, nelle nostre
regioni e nella nostra epoca, si è fatto molto raro. Il servo (ancor più lo schiavo) non è più un ruolo sociale: è una
condizione del passato che implicava compiti ed atteggiamenti che oggi nessuno desidera (e che non sarebbero
accettati). Rimane, al contrario, il “desiderio” ed il “piacere” di essere serviti: sembra, anzi, che il desiderio di essere
serviti aumenti con il diminuire della disponibilità a servire. Il piacere di essere serviti è connesso al sentimento di
padronanza e alla sensazione di essere sollevati da una fatica. L’obiettivo di chi presta un servizio può, quindi, essere
quello di far in modo che il cliente si senta “un signore”. La radice storica dei servizi risale quindi ad una condizione di
schiavitù, di un individuo sottoposto al potere (a volte anche alla prepotenza) altrui: ancora oggi l’interazione fornitore-
cliente evidenzia forti tensioni che devono trovare un equilibrio tra la “volontà di potere e di comando” del cliente e
l’orgoglio, le esigenze personali e la dignità dell’operatore. L’utente, ad esempio, viene considerato da chi svolge un
ruolo di servizio come prepotente e arrogante in tutti quei casi nei quali la richiesta di servizio supera alcuni limiti
(definiti “standard di servizio”): oltre questi limiti decade al “legittimità del servizio” e l’operatore può rifiutarsi di
soddisfare richieste del cliente. Questo è uno dei molti e rilevanti problemi del cosiddetto personale di front-line dei
servizi: il limite, consensualmente e culturalmente (sa volte contrattualmente) stabilito della “condizione di
subalternità”. Se il limite non è accettato ed interiorizzato in modo univoco dalla “coppia interagente”, può essere
infranto, creando conflittualità (ciò accade in special modo quando il cliente ha idee diverse rispetto all’operatore sui
“confini” del servizio e pretende più di quanto l’operatore consideri lecito dargli.
Il “paradigma del servizio” rimanda quindi al concetto di assumere su di sé una fatica (sollevandone il “signore) ed
“amplificare” la sensazione di potenza dell’individuo che riceve il servizio; i principi che all’origine sono quelli di
subalternità, di subordinazione alle esigenze altrui, di dipendenza (essere a disposizione). Ciò presuppone l’accettazione
da parte di chi fornisce il servizio di “mettere in secondo piano” (nel momento dell’interazione e dell’erogazione) le
proprie esigenze e la propria volontà: questa situazione deve essere consensualmente accettata (in modo più o meno
esplicito e consapevole). L’interazione di servizio comporta quindi una “fatica psichica ed emotiva” da parte degli
operatori di front-line che devono mantenere un equilibrio tra esigenze e volontà personali e del cliente. Dipendenza e
disponibilità possono avere confini più o meno precisi, quindi “essere al servizio” pone sempre il problema dei “limiti”
della condizione di subalternità. Anche l’interazione di servizio, come tutte le interazioni sociali, implica delle norme e
delle regole di comportamento (come le regole della cortesia e delle “buone maniere”) che servono ad attenuare le
tensioni ed evitare la conflittualità che può crearsi in queste situazioni.
Il servizio è spesso sinonimo di “aiuto”: il “padrone” ha potere, ma ha anche bisogno. Il servo può soddisfare il
bisogno-desiderio quindi ha anch’egli un suo potere. Si crea quindi una “relazione circolare, un “ciclo di servizio”, in
cui padrone e servo dipendono l’uno dall’altro: da questo concetto si sviluppò la tesi aristotelica del “vantaggio per
entrambi” che in Occidente giustificò per molto tempo la condizione di schiavitù ed il ruolo sociale del servo (tale
condizione e ruolo furono respinti e condannati con la nascita della religione cristiana).
La relazione di servizio che si instaura tra fornitore e cliente, quindi, è costituita da una interazione sociale (regolata da
norme quali la cortesia e le buone maniere) con implicazioni psicologiche particolari, più o meno esplicite e
consapevoli, necessariamente condivise.
Anche le organizzazioni ed il management dei servizi sono contraddistinti da specificità e peculiarità:
Intangibilità: i servizi sono intangibili quindi, diversamente dai beni fisici, non possono essere sperimentati e
valutati utilizzando i cinque sensi; da ciò deriva l’importanza di cercare di “tangibilizzare” il servizio, di sviluppare
ed enfatizzare i “fattori umani” dell’organizzazione, di pubblicizzare e promuovere adeguatamente il servizio
fornito.
Inseparabilità: un servizio è inseparabile dalla fonte che lo genera (sia essa una persona o un’attrezzatura). Poiché
il cliente è, nella maggior parte dei casi, presente nel momento dell’erogazione, l’interazione fornitore/cliente (il
cosiddetto “momento della verità”) rappresenta un aspetto peculiare del marketing dei servizi. Sia il fornitore che il
cliente, quindi, influenzano il processo d’offerta e la qualità del servizio stesso.
Variabilità: i servizi sono estremamente variabili in quanto dipendono dal personale che lo fornisce, nonché dal
luogo e dal momento in cui sono erogati. Le aziende di servizi possono intraprendere tre tipologie di iniziative per
il controllo della qualità: 1- investire risorse adeguate nella selezione e formazione del personale (le persone
“giuste” nel posto “giusto”); 2- tentare di standardizzare il processo di produzione/erogazione del servizio (per
VII
mezzo di tecnologie hard che comportano la sostituzione dell’attività dell’uomo con strumenti o attrezzature
tecnologiche, per mezzo di tecnologie soft che consistono nel programmare razionalmente e “sistematizzare” i
processi di erogazione del servizio, oppure con sistemi “ibridi” che uniscono le due modalità hard e soft); 3- è
possibile controllare il livello di soddisfazione del cliente anche favorendo la raccolta di suggerimenti e lamentele,
mediante indagini sulla clientela.
Deperibilità: i servizi non possono essere immagazzinati;
l’azienda di servizi è un’azienda “problem-solving”;
è, per sua natura, orientata al cliente (alla sua cura e soddisfazione);
il processo generativo della redditività tende ad essere duplice: si può agire sull’asse costi-ricavi, ma si può anche
intervenire sull’asse del rapporto tra risorse interne e cliente;
il planning delle proprie risorse umane diventa prioritario nella pianificazione aziendale, così come sono
fondamentali interventi atti ad incentivare e motivare il personale (people satisfaction): anche dal benessere del
personale dipende la qualità del servizio.
Da quanto detto è evidente come, nel settore dei servizi, gli elementi intangibili ed immateriali rivestono un’importanza
fondamentale. La qualità del servizio erogato e il successo dell’azienda di servizi dipendono primariamente dalla
corretta gestione e dallo sviluppo di elementi che non possono essere né toccati né visti: la motivazione e
l’incentivazione del personale, la comunicazione, la soddisfazione dei clienti e dei dipendenti, la gestione dei processi,
il servizio stesso, etc.
Nel primo capitolo ho voluto approfondire, in particolare, gli aspetti psicologici e sociologici che sono alla base delle
interazioni di servizio: la motivazione, l’apprendimento, il comportamento, la cultura, la personalità, la leadership, etc.
L’uomo è un “animale complesso” il cui comportamento è spesso apparentemente irrazionale. La comprensione dei
bisogni dell’individuo e dei suoi desideri è un obiettivo prioritario per coloro che operano nel settore dei servizi, in
quanto fornisce un punto di riferimento per pianificare e gestire in modo ottimale le interazioni con i clienti,
guadagnando più facilmente la loro soddisfazione e fedeltà: ecco perché il marketing (più in generale il settore
economico) si rivolge alle scienze del comportamento, in particolar modo alla psicologia ed alla sociologia, avvalendosi
di concetti psicologici quali gli atteggiamenti, le motivazioni, gli stili di vita, la leadership, o sociologici come i modelli
di comportamento di un individuo all’interno di una organizzazione, di un gruppo o il rapporto tra individuo e contesto
sociale: un elemento fondamentale che determina il successo di un’organizzazione è rappresentato anche dalla capacità
della direzione (dei leaders) di coordinare, controllare e motivare tutto il personale dipendente.
Gli esseri umani sono considerati quali “esseri simbolici” in quanto elaborano e comunicano la realtà attraverso segni e
“costruiscono” la realtà stessa attraverso modelli interpretativi condivisi: la comunicazione è un elemento fondamentale
in questo processo di interpretazione e condivisione della realtà, presente in ogni ambito della vita quotidiana.
La psicologia sociale considera l’interazione comunicativa un elemento costitutivo della trama dei rapporti tra le
persone, una forma dell’azione sociale. In particolare la conversazione (particolare tipologia di interazione
comunicativa che si regge sui turni di parola,nella quale la sola sequenza verbale e sufficiente per ricostruire, nelle linee
essenziali tutto quello che avviene anche sul piano extralinguistico), costituisce un elemento fondante nell’interazione
del “momento della verità”: l’analisi della conversazione evidenzia quanto siano importanti nella comunicazione i
concetti di interazione, interpretazione e reciprocità, caratteristiche di fondamentale importanza anche nelle interazioni
fornitore-cliente.
Come nel rapporto operatore-cliente, anche nella conversazione la conflittualità della situazione comunicativa avviene
mediante processi di “negoziazione”.
La comunicazione, quindi, consiste in un complesso intreccio di attività svolte da due o più soggetti che, interagendo,
costruiscono congiuntamente il senso delle proprie azioni, sulla base di una disponibilità alla comunicazione e di un
insieme di conoscenze comuni o comunque oggetto di negoziazione: in questo consiste anche il “momento della verità”.
La comunicazione viene considerata come un “fatto relazionale irriducibile”, forma primaria di condivisione della realtà
tra gli uomini, luogo di formazione dell’intersoggetività: tale processo è reso possibile dalla “cooperazione”, frutto di
un’attività congiunta.
Il concetto di cooperazione sta alla base anche del processo di erogazione/fruizione del servizio che avviene attraverso
l’interazione tra operatore di front-office e cliente (che dato il ruolo attivo di co-produttore del servizio, da customer
diviene prosumer).
La comunicazione è un elemento fondamentale per la possibilità di instaurare relazioni interpersonali, ma è anche
fondamentale per il buon funzionamento dell’organizzazione. I “circuiti comunicazionali” spontanei costituiscono la
base per comprendere ed interpretare la cultura profonda di un’azienda, il clima e la struttura organizzativa. Un’azienda
è, infatti, innanzitutto un insieme di persone che, in quanto tali, interagiscono, comunicano e s’influenzano a vicenda,
nonostante i controlli, nonostante le procedure, nonostante le regole che ogni struttura organizzativa si è data. Capendo
questo si può comprendere perché oggi la comunicazione interna è considerata una tra le leve del management più
critiche, ma anche più efficaci. La sua corretta gestione influisce profondamente sull’efficacia e sull’efficienza
complessiva di un’impresa. La cultura aziendale (costituita da “miti”, simboli, e valori comuni) ricopre una valenza
fondamentale per gli uomini che operano all’interno di essa: per questo motivo si parla di “ruolo strategico cruciale”
della comunicazione interna, per il raggiungimento degli obiettivi di ogni organizzazione complessa. Essa non è
soltanto lo strumento indispensabile per la costruzione e la garanzia di un “clima” favorevole alla qualità ed
VIII
collaborazione, ma è anche e soprattutto la forza catalizzatrice della forza aziendale, un patrimonio comune a cui
ispirarsi, il collante per poter condividere (al di là delle differenze personali) una cultura ed i suoi contenuti.
La comunicazione organizzativa diviene allora lo strumento attraverso il quale far sentire tutti parte di uno stesso
gruppo, con credenze, interessi ed obiettivi comuni. La comunicazione serve, quindi, anche a unire e motivare il
personale. Senza partecipazione, senza condivisione, senza motivazione da parte di tutti i dipendenti, diventa difficile
per qualsiasi organizzazione sopravvivere nel nuovo scenario socio-economico.
Per comunicazione, quindi, s’intende non soltanto lo scambio comunicativo, ma anche la “comunità d’intenti e di
prospettive” che sono alla base dell’impegno delle persone rispetto agli obiettivi dell’azienda.
Creare “spirito di gruppo” in un’organizzazione significa anche scegliere ed esplicitare il proprio “progetto di sviluppo”
identificare e diffondere un “modo di essere”, rendere visibile e condiviso il significato della collaborazione tra i
membri dell’organizzazione. I contributi per le persone possono dare per il raggiungimento di una visione condivisa e
per lo sviluppo organizzativo, dipendono strettamente dall’efficacia con cui comunicano fra di loro: perché ciò possa
accadere è necessario che esista un ambiente favorevole alla comunicazione. In questa prospettiva sono state
individuate quattro funzioni fondamentali della comunicazione organizzativa:
motivazionale: permette di conseguire una maggiore partecipazione ed un più intenso coinvolgimento dei singoli
nei progetti e negli obiettivi dell’organizzazione;
organizzativa: consente un miglior coordinamento tra centri decisionali, una maggiore integrazione interfunzionale,
una più rapida implementazione di progetti complessi, una più completa valorizzazione delle competenze;
valoriale: permette di creare e diffondere un’efficace cultura ed identità aziendale (orientata alla qualità ed alla
customer care and satisfaction), una “tensione” costruttiva verso una “vision” innovativa, ispirata al miglioramento
continuo;
socio-relazionale: permette di migliorare il clima interno, quindi una migliore relazione tra i vari reparti
dell’azienda ed all’interno di questi, tra la dirigenza ed il personale, tra le funzioni che vi operano.
La comunicazione permette di aumentare la “visibilità” dell’azienda: migliora la “qualità della vita” all’interno
dell’organizzazione, la disponibilità ad instaurare un processo di dialogo tra le diverse componenti dell’azienda e,
dunque, una diminuzione del conflitto potenziale dei membri dell’organizzazione.
Sono molteplici i tipi di comunicazione che possiamo trovare in ambito organizzativo:
funzionale: comprende tutte le informazioni operative alla base dei processi interni;
informativa: comprende le informazioni atte a far conoscere l’azienda nel suo complesso;
formativa: informazioni con finalità di comprensione e condivisione della strategia, della mission e della cultura
aziendale, presenti nei contesti formativi programmati dall’azienda.
L’importanza della gestione e dello sviluppo delle risorse umane e della comunicazione organizzativa, per il buon
funzionamento ed il successo delle imprese, aumenta sempre più, poiché i clienti non chiedono più soltanto la
soddisfazione di bisogni di tipo economico, ma anche di quelli di tipo sociale, di realizzazione personale e
professionale.
Le imprese devono quindi, sempre più, da un lato soddisfare esigenze sia di tipo economico che sociale, dall’altro deve
incarnare quei valori ritenuti socialmente accettabili che ne garantiscono la sopravvivenza.
In termini di comunicazione ciò si traduce in due necessità: offrire “visibilità” e rendere “trasparente” l’attività svolta.
L’offerta di visibilità si riferisce alla proposta fatta a tutti gli interlocutori di un modello d’impresa che sia attraente per i
valori che esprime e persegue; la trasparenza consiste nel fornire agli attori sociali le informazioni necessarie per
verificare l’aderenza dell’impresa ai valori di cui essi sono portatori.
Lo scopo fondamentale di chi comunica è raggiungere un effetto sul suo interlocutore, cambiare gli “stati mentali” o
indurlo ad eseguire un’azione.
Comunicare in modo efficace implica un’efficace ed efficiente trasmissione del messaggio, in modo da consentire a chi
lo riceve di attribuirgli lo stesso significato di chi lo ha trasmesso.
La “comunicazione efficace” implica il “non fermarsi alle parole” ma cogliere attentamente i comportamenti che
esprimono atteggiamenti, intenzioni, emozioni: ciò garantisce il mantenimento di un contatto costante con
l’interlocutore ed esprime “l’intenzionalità all’ascolto” e, quindi, alla comunicazione. Comunicare efficacemente non
significa solo presentare adeguatamente la propria comunicazione, ma, soprattutto, saper ascoltare, decodificare ed
interpretare le comunicazioni di ritorno. L’ascolto è lo strumento attraverso il quale un messaggio viene immagazzinato
ed elaborato, non è un semplice “sentire”, ma implica un “ascoltare attivamente”: si tratta di acquisire informazioni non
evidenti, non immediatamente chiare neanche a colui che ha trasmesso il messaggio. Per fare ciò occorre riuscire a
“sintonizzarsi”, “mettersi nei panni” dell’altro fino a riuscire a coglierne pensieri e stati d’animo (empatia): la “capacità
empatica” è fondamentale per erogare dei servizi che possano soddisfare pienamente i clienti, in quanto permette di
coglierne le aspettative e comprenderne le esigenze fino ad anticiparne le richieste.
Nel settore dei servizi è indispensabile possedere, oltre a capacità e competenze professionali, doti umane che
permettano di instaurare rapporti positivi e costruttivi con gli altri. Ad essere empatici non si impara sui libri, ma è una
risorsa che nasce dalle esperienze quotidiane, dalla consapevolezza del proprio ruolo nel lavoro, dal desiderio di
conoscere e modificare se stessi nella relazione con gli altri per dare il massimo; l’empatia è una qualità di carattere
psicologico che si perfeziona con il tempo, con l’esperienza sia professionale sia personale, attraverso i contatti umani
quotidiani. Non è una qualità innata, ma una capacità insita in ognuno di noi. L’ascolto attivo garantisce inoltre la
circolarità del processo mediante la restituzione del messaggio di ritorno (feed-back). La comunicazione permette anche
una migliore conoscenza di sé: solo confrontando i nostri pensieri con quelli degli altri possiamo attivare uno scambio,
IX
quindi capire e crescere. Lo sviluppo di abilità relazionali è possibile con facilità solo decondizionandosi dagli
automatismi e dalle procedure troppo “irrigidite”. Sviluppare flessibilità relazionale significa non limitarsi ad utilizzare
ripetutamente solo ciò che si sa fare meglio, ma sperimentare nuove modalità di comportamento.
L’organizzazione, il suo assetto formale, la sua capacità di elaborazione e produzione di output in una logica di
efficienza sono una delle leve per il cambiamento. È il contenitore che deve facilitare l’espressione efficace delle
competenze umane, vero capitale delle nuove imprese. L’organizzazione “per processi” è un fatto di “ingegneria” e di
ripensamento delle strutture nell’ottica del perseguimento di obiettivi predefiniti. I membri dell’organizzazione devono
imparare a “pensare per processi”. Gli elementi salienti dell’organizzazione per processi sono:
l’approccio verso l’ambiente di riferimento letto in una logica di ricorsività e reciprocità;
l’attenzione all’output (risultato) ed alla relazione cliente-fornitore;
la catena del valore in ottica di qualità;
l’attenzione alle relazioni umane ed alla qualità degli scambi;
il lavoro di gruppo e l’interfunzionalità.
L’efficienza dei processi si può valutare in rapporto agli output, cioè in termini di coerenza e di perseguimento rispetto
ai risultati attesi, agli obiettivi predefiniti. Per apprezzare l’utilità e la coerenza degli output, è necessario far riferimento
alle esigenze dei propri clienti. Si potrebbe affermare che, mentre l’obiettivo fondamentale ed il sistema di vincoli di
una determinata unità operativa forniscono utili informazioni su quali output rientrano nella sua responsabilità, sono le
esigenze dei clienti, dei destinatari degli output che forniscono indicazioni circa le modalità operative con cui gli output
stessi devono essere eseguiti.
In sintesi si tratta di una ricompattazione della frammentazione, della parcellizzazione delle attività di
produzione/erogazione del servizio verso l’esterno tenendo conto delle esigenze di flessibilità, di innovazione rese
necessarie da realtà interne ed esterne sempre più complesse.
I gruppi di lavoro diventano, in tale prospettiva, una modalità organizzativa coerente all’agire per processi ed alla
creazione di crescita, diffusione ed allargamento delle competenze necessarie all’istituzione per continuare ad essere un
sistema aperto, flessibile, capace d’innovazione.
Il gruppo è “qualcosa di più e di diverso della somma dei suoi singoli elementi” (Kurt Lewin). Da un punto di vista
psicologico, per “essere gruppo” è fondamentale “sentirsi nel gruppo”: dunque accanto al modo “oggettivo” sociologico
di descrivere il gruppo, ne esiste uno “psicologico”, secondo il quale noi percepiamo come gruppo una certa entità in
funzione anche di una qualità relazionale che si sviluppa tra i propri componenti. Il lavoro di gruppo ed i rapporti che di
creano all’interno di esso sono essenziali nel settore dei servizi in quanto, essendo il servizio costituito da elementi
intangibili e da fattori essenzialmente umani, un buon lavoro di staff è fondamentale per l’erogazione di un servizio di
qualità superiore.
Il gruppo psicologico esiste quando i suoi membri sono condizionati, nel loro agire, dal “sentimento di appartenenza”.
Il gruppo di lavoro è, però, qualcosa di diverso dal generico gruppo: mentre il gruppo è una pluralità in “interazione”, il
gruppo di lavoro è una pluralità in “integrazione” che si basa sulla coesione dei membri attraverso la condivisione di
valori ed obiettivi. Il legame con gli altri è contemporaneamente la risorsa ed il vincolo per trovare soddisfazioni alle
proprie esigenze: la rappresentazione mentale che permette di identificare il gruppo come opportunità per la
soddisfazione dei bisogni è definita membership (il “sentirsi membro”).
I bisogni di stima e di autostima possono essere soddisfatti dal sentirsi membro di un gruppo (i bisogni di stima ed
autostima sono fortemente correlati al bisogno di identità ed all’esigenza di vederla riconosciuta dagli altri.
Oltre alla membership, affinché il gruppo di lavoro possa funzionare al meglio, deve svilupparsi il sentimento di
groupship (“l’essere gruppo), cioè la rappresentazione mentale dei membri che identifica il gruppo come nuovo
soggetto con bisogni e e manifestazioni diverse e prioritarie rispetto a quelle di ognuno (es. gli obiettivi aziendali).
Membership e groupship sono importanti ma, all’interno dell’azienda, i gruppi di lavoro devono essere coordinati e
controllati: ciò è più facile se i dirigenti vengono riconosciuti dai dipendenti come veri leaders. La leadership consente
alla dirigenza di ottenere il rispetto e la fiducia dei sottoposti, la loro efficienza ed il loro impegno. È un processo
comune quello per cui le persone tendono ad identificarsi con i leaders, quindi è importante che la dirigenza si comporti
ed agisca sempre in modo esemplare.
Le funzioni dei leaders sono essenziali per la vita dei gruppi.
I leaders non soltanto ne assicurano la “direzione”, ma esercitano una notevole influenza sulla loro struttura, la loro
coesione, il loro morale, i loro obiettivi ed il coordinamento delle loro attività: essi ne condizionano ampiamente la loro
efficienza.
Il continuo estendersi delle attività umane, l’aumento incessante della loro complessità e la sempre maggiore
importanza dei loro aspetti economici e sociali, hanno reso palese l’interesse pratico che il tema della leadership in
numerosi settori. Questo spiega senza dubbio gli sforzi che sono stati fatti negli ultimi anni per tentare di risolvere, su
base scientifica, il problema della scelta dei leaders. Lo studio psicologico del leaders presenta un notevole interesse,
non soltanto in se stesso, ma anche nel quadro più generale dello studio della personalità.
Certificazione della qualità, Total Quality, strumenti per l’eccellenza, sono apparsi come affascinanti e “taumaturgiche”
soluzioni ad una serie di problemi.
Sono stati sviluppati processi e forme organizzative sempre nuove, accentuando l’importanza delle formalizzazioni e
delle standardizzazioni.
Per poter definire il “valore” di un servizio, è necessario che sia individuabile, rappresentabile, “dicibile” il prodotto che
è realizzato attraverso di processo lavorativo. L’immaterialità e l’intangibilità del prodotto-servizio rende
X
strutturalmente difficile la definizione del suo valore e della sua efficacia nel soddisfare le aspettative ed i bisogni del
cliente. Il valore di un servizio è collegato alla sua capacità di costruire soluzioni ai problemi presentati dai clienti. È
attraverso la sperimentazione di questa capacità che i clienti (o altre organizzazioni) sono messi nella condizione di
apprezzare (anche nel senso di “dare un prezzo”) al servizio e all’azienda che lo fornisce.
Dal punto di vista del fornitore, non è sempre chiaro quale siano i problemi dei clienti: la valutazione del servizio
fornito è anche strettamente connessa al riconoscimento del senso di ciò che è prodotto.
La diversa attribuzione di valore è connessa al differente senso che clienti e parti dell’organizzazione riconoscono ad un
servizio. Il senso che sviluppa valore non è necessariamente dato, affermato, né stabile, ma deve essere continuamente
costruito: ciò richiede un adeguato e specifico investimento di risorse materiali ed umane.
Ciò che i servizi producono richiede anche un riconoscimento sociale affinché gli sia attribuito un valore non solo
autoreferenziale. Non è quindi sufficiente che il servizio sia apprezzabile per il singolo, ma bensì da tutto il personale
dell’organizzazione e dal target di riferimento del servizio.
Le valutazioni si realizzano su “prefigurazioni” più che su fatto oggettivi.
Essendo il valore del servizio “costruito”, è fondamentale che tale costruzione avvenga mediante il coinvolgimento dei
clienti: i clienti devono essere considerati non solo come “valutatori”, ma anche come co-costruttori dei servizi stessi,
corresponsabili nella produzione di valore del servizio. In questa logica il cliente non è più solamente consumer, ma
prosumer (elemento attivo nella produzione-erogazione del servizio). è importante sviluppare una rappresentazione di
sé come cliente in soggetti che non pensano o non sono coscienti di esserlo: spesso le difficoltà nascono dal fatto che i
clienti vengono identificati dall’organizzazione come “controparte” e non come “alleati”.
In molti casi, invece, il servizio non è chiaramente individuato e definito, non sono chiari i problemi dei clienti ai quali
bisogna dare risposta, gli stessi clienti non sono adeguatamente “conosciuti”.
Interventi per lo sviluppo di sistemi di valutazione, miglioramento e qualità, possono dunque essere occasioni per
sostenere processi di valorizzazione dei servizi, uscendo da una prospettiva burocratica e meccanicistica.
Il cliente (le sue aspettativa, la sua “cura” e soddisfazione) rappresentano quindi il vero e proprio “punto focale” verso
cui il sistema dei servizi si deve orientare in modo sempre più aperto ed interattivo: in questa ottica è fondamentale lo
sviluppo si un servizio razionale, coerente ed affidabile, in altre parole di un servizio di qualità.
Le aspettative e le richieste sempre più esigenti dei clienti, richiedono che non solo il prodotto finale sia di qualità, ma
anche i processi, il personale, le strutture fisiche, le relazioni interpersonali siano di qualità: per questo motivo si è
passati dal concetto di qualità del prodotto al principio della Qualità Totale.
La Certificazione del Sistema della Qualità dell’organizzazione è uno strumento che può garantire ed assicurare al
cliente determinati standard qualitativi: in tal senso è più facile che il cliente non rimanga deluso, in quanto egli sa cosa
si deve aspettare (è, quindi, anche uno strumento per “gestire” le aspettative dell’utenza,evitando il rischio di aspettative
troppo elevate).
In breve, la sfida della qualità e della valutazione implica un “riorientamento culturale ed organizzativo” di ampia
portata che non si esaurisce facilmente nell’offerta e utilizzazione di strumenti più o meno sofisticati di monitoraggio e
nella messa a punto di decaloghi di condotte necessarie da seguire.
Fare qualità non significa aggiungere un altro elemento al mosaico composito dei ruoli e delle funzioni presenti in
un’organizzazione:sembra invece consistere soprattutto nella possibilità di ripensare alle modalità con cui
l’organizzazione rappresenta se stessa, i suoi compiti primari e l’oggetto del lavoro. Deve essere creata e diffusa una
cultura di “lavoro per risultati ed obiettivi”, ossia centrata sulla valutazione, piuttosto che “sugli adempimenti e sulle
procedure”.
Se servizio coincide con “relazione”, il rimando è ad una dimensione di singolarità, irripetibilità e non-trasferibilità
propria della relazione stessa. A maggior ragione appare centrale per le organizzazioni di servizio la possibilità di
costruire e mantenere una rappresentazione condivisa del proprio “oggetto di lavoro”, del risultato e del senso del
funzionamento organizzativo.
Sia discipline umanistiche che economiche hanno sottolineato i rischi derivanti da una meccanica riproposizione della
cultura manifatturiera e del paradigma tayloristico per il funzionamento delle organizzazioni di servizio.
La valutazione del valore di un servizio rischia quindi di risultare “mortificata” dalla tendenza a ricercare strumenti di
misura oggettivanti a fronte delle caratteristiche d’immaterialità ed intangibilità che connotano il processo d’erogazione
ed i prodotti stessi dell’erogazione del servizio.
Le caratteristiche e le peculiarità dei servizi richiedono:
che la valutazione dei risultati sia connessa al concetto di “efficacia dell’azione”;
la centrature sulle “domande” portate dai clienti, sulla sua soddisfazione e sulle connessioni con gli “oggetti di
lavoro” che i servizi realizzano;
l’esigenza di visibilità e la “tangibilizzazione” del prodotto-servizio.
Appare evidente come,il tema della qualità (soprattutto quello della “qualità percepita” dal cliente) rimandi a contenuti,
dimensioni, costrutti di chiara natura psicologica: si fa spesso riferimento a percezioni, rappresentazioni aspettative,
atteggiamenti, giudizi.
Il processo di miglioramento di un servizio non può prescindere dal confronto con le domande e le aspettative
provenienti dagli utenti.
In concreto la qualità percepita potrebbe essere l’elemento unificante e criterio-guida degli approcci della qualità, in
quanto punto di riferimento iniziale e finale del percorso: iniziale per l’identificazione degli standard prestazionali a
XI
partire dalle attese dell’utenza; finale per verificare l’esito degli interventi, tenuto conto che “ogni sforzo di
qualificazione di una prestazione non è nulla se non viene percepito dal destinatario”.
Performance eccellenti possono svilupparsi solo in un contesto organizzativo che, nel complesso degli obiettivi definiti,
cresca collettivamente, utilizzando il coinvolgimento ed il confronto quali strumenti di miglioramento.
La condizione è che le regole e gli obiettivi siano chiari per tutti, che lo sforzo sia diffuso, scadenzato e reso visibile.
Nell’ultimo capitolo ho voluto analizzare in che modo, un albergo che da tempo ha raggiunto livelli d’eccellenza,
affronta i temi della qualità del servizio fornito e la cura e soddisfazione dei clienti.
Gli importanti cambiamenti che da alcuni anni sono in atto in tutte le organizzazioni richiedono di ripensare la struttura
aziendale, sia sotto il profilo strategico, sia sotto quello tattico.
Cambiamenti quali il processo di Qualità Totale, l’innovazione dei prodotti/servizi, l’integrazione interfunzionale, lo
sviluppo di processi al posto delle procedure, il passaggio dall’organizzazione gerarchica piramidale a quella piatta/ a
rete, la “costruzione” di una “azienda condivisa”, la catena di costruzione del valore, non possono essere realizzati se si
prescinde dall’esistenza di un buon livello di cooperazione tra il personale che deve collaborare per raggiungere
obiettivi comuni.
Per raggiungere il successo e livelli d’eccellenza, non è più sufficiente analizzare e segmentare i mercati con i consueti
criteri demografici.
L’intenzione è quella di andare oltre il tradizionale concetto di “comportamento del consumatore” per integrare gli
aspetti psicologici e sociologici dell’individuo durante l’interazione che si viene a creare nel corso
dell’erogazione/fruizione di un servizio e rilevare alcuni aspetti che possano essere utili a comprendere meglio il
concetto di “cultura del servizio”, sia dal punto di vista di chi deve fornire il servizio, che da quello dell’utente che lo
fruisce.
L’idea alla base del lavoro è la convinzione che, nel settore dei servizi più che in altri ambiti, sia l’uomo, nella sua
individualità e soggettività, il nucleo fondamentale, il motivo e lo scopo d’esistenza di tutto ciò che viene fatto e deciso
e che, conseguentemente, la psicologia sociale e le scienze umane possono dare un contributo fondamentale a tale
settore.
Il rispetto dell’uomo e della sua “unicità” deve essere il presupposto indispensabile affinché i complessi meccanismi dei
servizi possano funzionare al meglio, permettendo di raggiungere il successo a tutta l’organizzazione.