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INTRODUZIONE
Perché occuparsi di Mosca
Chi possiede la conoscenza si dia da fare per trasformare la realtà che lo circonda e il filosofo abbia
il coraggio di assumere le responsabilità del governante.
Gaetano Mosca
Due questioni mi paiono essere al centro dell‟attuale dibattito sui problemi della nostra
democrazia e, più in generale, sulla riuscita degli odierni regimi politici. Innanzitutto il
problema, politico e culturale, legato alla rappresentanza: come tutelare l‟interesse generale,
tra le forti pressioni lobbistiche, le istanze populiste e demagogiche e le derive plebiscitarie e
cesariste? Il secondo interrogativo è strettamente legato al primo: il concetto di classe politica,
comunemente utilizzato, è ricco di accezioni e peculiarità; ma chi costituisce davvero la classe
governante, com‟è strutturata al suo interno e che dinamiche instaura nei rapporti con i
governati?
Nel ricercare le origini della nozione di classe dirigente, ho rinvenuto, nel pensiero di Gaetano
Mosca (Palermo 1858 – Roma 1941), non soltanto una completa esposizione sociologica, ma
anche una complessa teorizzazione politica, corroborata da alcune tesi economiche. In
particolare, lo studioso palermitano, per analizzare la politica, ha saputo coniugare tre
discipline che sono, a mio modo di vedere, complementari: la sociologia, la storia e
l‟economia. In lui ho trovato una chiave di lettura innovativa per la comprensione dei processi
sociali e politici, grazie all‟uso sinergico di strumenti diversi e di un metodo, che, con tutti i
suoi limiti e manchevolezze, è empirico e, complessivamente, può definirsi scientifico.
La teoria della minoranza formulata dal siciliano, in antitesi alle spinte democratiche
emergenti che, a partire dalla Rivoluzione Francese, stavano diffondendosi in larga parte del
mondo, mi ha colpito per il suo doppio profilo, nazionale e universale. Da un lato infatti, fu
un‟intuizione senz‟altro acuta e illuminante, guardare alle classi dirigenti di un popolo come
specchio della nazione stessa, ma anche individuare in esse la causa prima dello sviluppo
morale e materiale di uno Stato. Parallelamente però, la capacità di questa teoria di adattarsi,
nel tempo e nello spazio, l‟ha resa un utile strumento per l‟interpretazione della politica del
passato, di quella presente, nonché fonte per formulare ipotesi sul futuro.
Facendo mio l‟auspicio di Mosca, di poter contribuire con lo studio alla comprensione
della realtà e quindi al miglioramento della civiltà, ho ricercato i principi primi, sui quali
l‟autore palermitano costruì il suo “Stato ideale”. Proprio in quei fondamenti, ho ritrovato
6
alcune delle mie idealità più alte: una classe dirigente intellettualmente colta e tecnicamente
preparata, la libertà come principio inalienabile e discrimine della civiltà, il fondamento etico
dell‟agire politico. Quest‟ultimo concetto ha offerto lo spunto maggiore: l‟intera opera
moschiana pone l‟interrogativo: «può la scienza costituire un potere, minoritario sì ma
eticizzato e tale da eticizzare radicalmente la vita politica?»
1
.
Oggi più che mai, questo tema sembra vivo: se infatti è stata dimostrata l‟impossibilità pratica
di una democrazia diretta su ampia scala, il secolo scorso ha altresì rivelato la pericolosità e la
drammaticità degli Stati autoritari e fondati sul culto del capo. La democrazia, come modello
politico, ha vinto, ma non per questo ha risolto la contraddittorietà intrinseca che la
caratterizza: la ricerca di un equilibrio tra la sovranità popolare e la rappresentazione politica
per la gestione del potere. In questo senso l‟approccio del siciliano, liberale ma non
democratico, elitista ma non autocratico, ha rappresentato, e costituisce ancor‟oggi,
un‟interessante fonte di studio. In particolare, l‟analisi del Meridione, del fenomeno mafioso e
dei processi socio-economici italiani, nonché la critica alla classe politica nazionale, sono stati
argomenti di grande interesse, utili per la comprensione del nostro paese e della sua storia.
Partendo dall‟assunto che un numero ridotto governi sempre sulla maggioranza, anche
laddove esistono istituti democratici, il governo ottimale, nella teorizzazione moschiana, era
quello costituito dagli elementi migliori della società. Tuttavia, il concetto di “bontà” non era
da intendere in termini etici, quanto piuttosto secondo parametri storici e politici: fine ultimo
dell‟azione del governo era infatti assicurare lo sviluppo economico e intellettuale della
nazione, preservando dal potere arbitrario i diritti e le libertà dei singoli cittadini. Tutta
l‟opera di Mosca ruota quindi intorno alla questione di come selezionare la classe dirigente e
di come permettere un continuo afflusso di nuove istanze, di diverse forze sociali e di
personalità eccellenti al potere.
Potrebbe pertanto sembrare abbastanza pleonastico ritornare a riflettere sul pensiero di questo
Maestro, cosi analizzato, esaltato e anche criticato, ormai da più di un secolo, da una vasta
pubblicistica. E tuttavia le sfide che la modernità propone a chi si cimenta nello studio dei processi
politici, dalla crisi dello Stato nazionale alle molteplici problematiche che i sistemi democratici sono
chiamati ad affrontare sul piano della rappresentanza politica, del rapporto tra pluralismo e decisione,
della genuinità del consenso, fino ai cambiamenti conseguenti alle nuove tecnologie, possono forse
1
G. Zarone, Classe politica e ragione scientifica. Mosca, Croce, Gramsci: problemi della scienza
politica in Italia tra Otto e Novecento, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1990, p. 7.
7
caricare di senso il tentativo di rileggere quel‟impianto teorico, sia per verificarne l‟attuale solidità che
per misurarne l‟eventuale utilità proprio per meglio comprendere ed affrontare queste sfide
2
.
Per queste ragioni, ho voluto approfondire la vita e le opere di Gaetano Mosca,
intendendo però soffermarmi particolarmente sui suoi lavori minori, dando maggior spazio e
rilievo all‟attività giornalistica, politica e saggistica. La tesi si strutturerà quindi in quattro
capitoli che ripercorrano la vicenda biografica moschiana, secondo le cesure rispecchianti
quelli che sono, a mio avviso, i tre grandi cambiamenti intervenuti nella sua vita. Innanzitutto
l‟arrivo a Torino, uno dei maggiori centri economici e intellettuali dell‟Italia post-unitaria;
quindi l‟elezione parlamentare, in cui Mosca ebbe l‟occasione di passare dalla teoria ai fatti,
cercando conferme ai propri studi, ma scontrandosi altresì con la realtà politica romana e i
compromessi politici; infine il definitivo trasferimento a Roma, coincidente con
l‟instaurazione della dittatura fascista.
2
C. Martinelli, L’organizzazione del potere nel pensiero di Gaetano Mosca, «Giornale di storia
costituzionale», n. 17, I semestre 2009, pp. 177-205 (p. 2).
8
CAPITOLO I
Dalla nascita (1858) agli Elementi (1896)
Io posso certamente dirmi un antidemocratico, ma non sono un antiliberale; anzi sono contrario alla
democrazia pura, perché sono liberale.
Gaetano Mosca
1 Il contesto, gli esordi e la Teorica
Il pensiero politico di Gaetano Mosca fu profondamente intrecciato non solo alla sua
vicenda biografica, ma anche alla complessa condizione sociale dell‟Italia, successiva
all‟Unità. Per questo motivo è necessario, ai fini dello sviluppo del nostro discorso sulla sua
teorizzazione scientifica, fare continuo riferimento alla sua vita, alle sue opere e al contesto
storico e geografico da cui emerse tale riflessione. Proprio tra il 1881 e il 1895, egli sviluppò
quei concetti che divennero poi essenziali per tutto il resto della sua vita e furono frutto di una
continua elaborazione. In quel periodo egli adottò un metodo di studio e un modello politico
di riferimento che furono per lui guida nei diversi campi d‟indagine ch‟egli affrontò negli anni
successivi.
Gaetano Mosca nacque a Palermo il 1° aprile del 1858 da
famiglia medio-borghese, secondo di sette figli. Compì i suoi
studi scolastici ed accademici nel capoluogo siciliano, dove
conobbe Vittorio Emanuele Orlando, a cui fu legato da una
profonda amicizia per tutta la vita. Si laureò in Giurisprudenza
all‟ateneo della sua città nel 1881, con la tesi I fattori della
nazionalità.
L‟anno successivo frequentò il Corso complementare di
Scienze politiche e amministrative presso la Facoltà giuridica
dell‟Università di Roma, trattenendosi in questa città meno di
un anno
3
. Ritornato in Sicilia, nel 1883 iniziò a comporre la sua prima opera: Sulla teorica dei
governi e sul governo parlamentare, edita l‟anno successivo. Grazie a queste sue prime opere,
ottenne la libera docenza in diritto costituzionale e nel 1886 gli venne conferito
l‟insegnamento di questa materia presso l‟ateneo palermitano. In quel periodo, si presentò ad
3
I docenti con cui venne a contatto furono Francesco Protonotari, Luigi Palma, Antonio Salandra e
Angelo Messedaglia; questi uomini e i loro insegnamenti ne influenzarono gli interessi giuridici,
storici e politici.
9
una serie di concorsi per varie cattedre accademiche, a Modena, Pavia, Catania e Messina,
con esito però negativo
4
.
È inoltre da segnalare come il contesto sociale, storico ed economico italiano e della Sicilia in
particolare, contribuirono al formarsi di quelle tendenze sociologiche e politiche che in
seguito influenzarono il pensiero di Gaetano Mosca. La seconda metà del XIX secolo
conobbe, a livello europeo, un grande sviluppo scientifico, tecnologico ed intellettuale: a
nuove teorie matematiche ed economiche si accompagnarono dottrine sociali rivoluzionarie e
un pensiero scientifico innovativo. Il retroterra culturale italiano era condizionato da un lato
dal realismo politico, avente come riferimento Machiavelli e Guicciardini, dall‟altro lato
subiva influssi europei, con radici nei pensatori liberali inglesi, quali Hobbes e Locke, e
nell‟Illuminismo francese, fra gli altri, Rousseau e Montesquieu. In questo quadro generale, la
Sicilia dell‟800, era caratterizzata da una certa arretratezza economica e sociale, che aveva il
suo riflesso anche sul piano culturale ed intellettuale. I Borbone infatti avevano impresso un
marchio anti-illuminista, e la Sicilia era governata, economicamente e politicamente, dai
latifondisti, grandi proprietari terrieri appartenenti prevalentemente alla vecchia aristocrazia
nobiliare e al clero.
Mosca visse esclusivamente in Sicilia fino all‟età di ventiquattro anni; questo, come
sostengono vari studiosi
5
, ebbe chiaramente delle profonde ricadute non solo sulla sua
formazione intellettuale, ma anche sul suo modo di pensare e di guardare alla realtà sociale e
politica. L‟ambiente siciliano alla fine del XIX secolo
6
, sentiva poco l‟influsso dell‟idealismo
tedesco, mentre era presente una lunga tradizione giuridica, associata prima al positivismo e
poi al socialismo. Anche per queste ragioni, l‟analisi economico-giuridica dei fenomeni
umani, soprattutto in chiave storica e sociale, assunse in seguito una posizione centrale nei
lavori moschiani. Il sociologismo positivista, di cui era fortemente imbevuto un Napoleone
Colajanni, adottava metodologicamente l‟analisi dei fondamenti socio-economici dell‟azione
sociale e dei problemi politici. Sul piano economico infine, tra gli anni ‟70 e ‟80
dell‟Ottocento, si stava realizzando in Italia, così come già successo nel resto d‟Europa, una
chiara e progressiva distinzione di classe: da un lato la borghesia industriale emergente,
dall‟altro i fermenti socialisti che iniziavano a diffondersi tra le masse operaie. Tuttavia, la
4
Per una nota bio-bibliografica dell‟autore più completa, cfr. G. Sola, Il pensiero politico di Mosca,
Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 95ss.
5
Cfr.: M. Delle Piane, Gaetano Mosca: classe politica e liberalismo, Edizioni Scientifiche Italiane,
Napoli 1952, pp. 7-46; R. Salvo, Gli anni della formazione in Sicilia, in E. A. Albertoni (a cura di), La
dottrina della classe politica ed i suoi sviluppi internazionali: primo Seminario internazionale
Gaetano Mosca, Società siciliana per la storia patria, Palermo 1982, pp. 333ss.
6
Cfr. M. Ganci Il retroterra culturale e politico dell’opera di Gaetano Mosca, ivi, pp. 123ss.
10
gran parte della popolazione lavoratrice italiana era ancora costituita dal ceto contadino e il
reddito medio era decisamente basso
7
.
Nonostante Mosca fosse molto legato alla realtà siciliana, prese sempre le distanze dal
movimento meridionalista, soprattutto da coloro che lo volevano piegare in chiave
autonomista, in quanto i suoi ideali politici erano ben altri. Come modelli di riferimento
siciliani, ebbe infatti prima Francesco Crispi e poi Antonio Starabba Di Rudinì, esponenti di
quel liberalismo conservatore, filo-monarchico e, in un certo senso, elitista e antiparlamentare.
D‟altro canto, per quanto riguarda il modello di governo e amministrativo di riferimento, lo
studioso siciliano guardò sempre all‟Inghilterra sia per la sua stabilità istituzionale, sia per
l‟esempio di burocrazia decentrata (gestita dalla cosiddetta gentry). L‟ambiente siciliano
condizionò Mosca anche per il giudizio sulle masse, la vera nuova forza di fine secolo. Egli
non seppe riconoscere ad esse un valore positivo, né cogliere un‟opportunità di legittimità per
lo Stato, in quanto impaurito dalle conseguenze politiche dell‟accesso del popolo al potere,
sebbene lo preoccupasse altrettanto l‟inasprimento della questione sociale. Egli riteneva
necessario dunque, creare nuove e più solide basi al processo decisionale e politico, ma questo
significava puntare su un‟altra forza sociale, diversa dalle folle, reputate ignoranti e
facilmente manipolabili: il ceto medio. Per questo, auspicava che si dovesse provvedere
primariamente alla formazione del ceto dirigente, tratto dalla borghesia quindi, in secondo
luogo, occuparsi dell‟educazione delle masse, per poter farle accedere alla vita politica.
Perciò, per comprendere la posizione anti-parlamentarista di Mosca, occorre avere coscienza
sia della crisi che a fine secolo stava attraversando il sistema rappresentativo
8
, sia conoscere il
retroterra culturale e sociale dell‟autore: il suo approccio storico-politico, realista e
pragmatico, lo portò a ricercare nei rimedi tecnici la soluzione dei problemi di
amministrazione dello Stato. Egli riteneva che in ogni organizzazione politica fossero sempre
presenti tre forze sociali, e che queste dovessero essere ordinate in funzione della loro
importanza: in primis la cultura, quindi il capitale e per ultimo il lavoro
9
. Il siciliano partì da
questi presupposti, per elaborare una teoria e una scienza politica che dessero una risposta
concreta ai problemi sociali ed economici dell‟Italia.
Nel 1879, insieme ai compagni Francesco Scaduto e Vittorio Emanuele Orlando, il
Nostro partecipò, come collaboratore, alla «Rassegna Palermitana. Periodico quindicinale di
7
Cfr. E. A. Albertoni, Il pensiero di Gaetano Mosca e la sua collocazione negli studi politici in Italia,
ivi, pp. 75ss.
8
Cfr. R. De Mattei, Il problema della democrazia dopo l’unità, Istituto nazionale fascista di cultura,
Roma 1934, pp. 15ss.
9
Cfr. M. Fioravanti, Gaetano Mosca e Vittorio Emanuele Orlando: due itinerari paralleli 1881-1897,
in E. A. Albertoni (a cura di), La dottrina della classe politica, cit., pp. 349ss.
11
scienze lettere arti». L‟avventura editoriale fu breve (un totale di 14 fascicoli e di 16 pagine),
tuttavia interessante perché costituì il primo approccio di Mosca alla politica e alla storia e
vide l‟esposizione, in nuce, di alcune sue idee
10
.
In particolare, nella recensione L’Italia
vivente: studi sociali di Leone Carpi, Mosca emise un giudizio negativo sul libro di Carpi,
evidenziandone gli svarioni storici e la superficialità dell‟analisi; al contrario, egli sottolineò
la necessità di esattezza e di completezza nel campo sociologico, secondo l‟idealità del
metodo storico-comparativo. Tuttavia si trovò concorde con il Carpi sul ruolo che la
compagine sociale aveva nello sviluppo economico: l‟incapacità della classe dirigente era
infatti la fonte principale dei problemi italiani, perciò era necessaria una sua migliore
formazione morale e intellettuale, poiché, secondo lui, i progressi qualitativi si producevano
solamente dall‟alto. Nella recensione Saggi sull’istruzione secondaria, l‟autore confermò
questa sua visione meritocratica ma elitista: il sistema educativo doveva avere un compito
centrale, ma c‟era bisogno di una sua riorganizzazione. In particolare, il palermitano fu molto
critico sulle possibilità di educare le masse tramite l‟istruzione elementare, anzi riteneva che
non vi fosse alcuna possibilità di accrescere il livello culturale e la moralità delle plebi; a ciò
si sommava poi l‟insufficienza numerica e i limiti morali degli stessi insegnanti
11
. Gli unici
miglioramenti potevano arrivare dunque dall‟insegnamento secondario, cioè dall‟educazione
della futura classe dirigente: la nuova aristocrazia delle capacità. I programmi perciò
dovevano essere riformati: occorreva ridurre la filosofia a vantaggio dell‟economia politica e
delle lingue straniere; analogamente gli esami, i professori, e le modalità di insegnamento,
dovevano far emergere gli studenti migliori. In questo approccio vi fu senz‟altro una grande
influenza del liberismo inglese, in cui il ruolo dello Stato era quello di realizzare le condizioni
all‟interno delle quali la libertà doveva essere costruita e salvaguardata.
Infine, in occasione della conferenza Lo scetticismo della gioventù odierna, tenuta da Mosca
al circolo filologico di Palermo il 15 maggio 1884, l‟autore espresse la sua sfiducia per le
classi dirigenti post-risorgimentali e lo scontento politico e morale che caratterizzava la sua
generazione e la sua isola. Si trattava di un manifesto anti-risorgimentale e realista, a cui
opponeva un proprio programma politico: «certo è che noi con lo studio e l‟osservazione
potremo risollevando il pensiero nazionale fortificare l‟intelletto, e con la coraggiosa
franchezza e la sincerità ritemprare il carattere»
12
.
10
Cfr. R. Salvo, Il giovane Mosca e la rassegna palermitana, «Nuovi quaderni del meridione», n. 72,
ottobre-dicembre 1980, p. 38.
11
Ivi, pp. 14ss; la critica fu poi ripresa in G. Mosca, Sulla Teorica dei Governi e sul governo
parlamentare: studii storici e sociali, E. Loescher, Roma 1884, pp. 240-259.
12
Cfr. G. Mosca, in «Lo Statuto», Palermo 16 maggio 1884.
12
Nella tesi di laurea (in Giurisprudenza, discussa presso l‟Ateneo di Palermo nel 1881,
pubblicata l‟anno seguente)
13
, Mosca cercò di illustrare quali fossero i criteri su cui si fondava
il concetto di nazionalità, cioè in che modo si poteva determinare l‟identità nazionale di un
individuo o di un intero popolo. Egli voleva da un lato fare chiarezza sul piano sociologico e
giuridico, dall‟altro sconfessare le teorie razziali che si stavano diffondendo in Europa
insieme al darwinismo sociale, e coloro che intendevano studiare il corpo sociale secondo i
criteri e i metodi propri della fisiologia
14
. La finalità giuridica di questo studio risiedeva
soprattutto nella confutazione di quelle teorie che semplificano i fattori di nazionalità
riducendoli a uno solo: «è fatale il costituirsi delle nazionalità in genere, sono accidentali il
modo di nascere di ogni singola nazione, ed il valore degli elementi che contribuiscono a
formarla»
15
. Partendo dall‟assunto che l‟umanità non era un monolite, ma un crogiuolo di
razze e civiltà, in cui ognuna si esprimeva in modi e forme proprie, l‟autore volle identificare
gli elementi che davano origine alle diverse unità morali e sociali.
La prima tendenza, generale e costante, che Mosca riscontrò nel suo studio storico-
sociologico, fu la divisione in gruppi della specie umana, secondo particolari proprietà e
attitudini ed in funzione di necessità economiche, della difesa comune e dei legami di sangue.
Tuttavia il primo e principale fattore di unione tra numerose persone era la forza bruta, che si
esprimeva in vari modi e a vario livello. Nel mondo antico ad esempio, si manifestava con
l‟assoggettamento e la conquista, cioè tramite le qualità militari (coraggio, furbizia e forza
fisica); nella modernità era più facile riscontrare l‟unione di gruppi umani con qualità simili
(lingua, costumi, civiltà) per la difesa contro un nemico comune
16
: «facciamo osservare come
la forza sia per se stessa un fattore così importante della nazionalità, che basta spesso la sua
mancanza, anche dopo che una nazione è formata, perché questa intisichisca e venga a
morire»
17
. Esistevano poi vari altri fattori che contribuivano in maniera più o meno rilevante,
senza essere però essenziali, alla nascita di una nazione: la lingua, la religione e i confini
geografici; questi facilitavano i rapporti e le comunicazioni tra i gruppi umani, agevolando la
fusione culturale. Mosca tuttavia si soffermò su due elementi in particolare: la convivenza e il
sangue. La prima si esprimeva nella vita sociale e politica comune, nelle stesse leggi, nella
13
G. Mosca, I fattori della nazionalità, «Rivista Europea-Rivista Internazionale», a. XIII, vol. XXVII,
febbraio 1882, pp. 703-720.
14
Tra i vari scritti che furono alla base delle teorie razziste si ricordino: i Discorsi alla nazione tedesca
di Fichte (1808), la Filosofia della storia di Hegel (1837), il Saggio sulla ineguaglianza delle razze
umane scritto da De Gobineau (1853-55), e varie opere di Gumplowicz tra cui Il diritto di nazionalità
e lingue in Austria-Ungheria (1879).
15
G. Mosca, I fattori della nazionalità, cit., p. 717.
16
Si pensi ai vari moti nazionali europei dell‟Ottocento e alle resistenze degli indigeni nelle colonie.
17
G. Mosca, I fattori della nazionalità, cit., p. 709.
13
stessa comunanza storica che, secondo l‟autore, rendeva compatti e solidali gli individui fra
loro; la tradizione e le vicende passate erano dunque un fattore importantissimo, che svolgeva
una funzione suppletiva, cementifera. L‟altro fattore invece, l‟unità di razza, cioè che i popoli
appartenenti al medesimo ramo della specie umana, aventi somiglianze fisiche e morali,
fossero facilitati nel costituirsi in nazioni, era ritenuto un elemento debole. Secondo il
palermitano infatti, il “tipo nazionale” non era né ereditario, né legato i tratti fisici
dell‟individuo o allo spirito di corpo, ma piuttosto era connesso all‟ambiente in cui si viveva.
Per queste ragioni, Mosca era contrario al plebiscito come strumento di identificazione
nazionale, sia perché agiva solo a posteriori, sia perché coinvolgeva emotivamente e non
razionalmente le masse: «Noi per un certo nostro ordine d‟idee, non crediamo che il suffragio
universale possa esser mai una vera e seria manifestazione della volontà del Paese»
18
.
Emergeva già qui, in nuce, il suo elitismo e la sua diffidenza verso le masse: era la parte colta
della società “civile” che doveva prendere coscienza di sé e proporsi come alternativa al
Governo, se ritenuto oppressore e straniero. In conclusione, l‟autore fece notare come la
nazionalità fosse un principio giuridico privo d‟importanza, che però spesso veniva utilizzato
in maniera strumentale: «Quando si deve far la guerra ci vuole una ragione (…); ebbene in
mancanza di migliori, il principio di nazionalità potrà sempre interpretarsi in maniera che
qualcheduna ne presti. Così va il mondo nel secolo decimonono»
19
. In tempi non sospetti,
lontani dai nazionalismi del Novecento, ma ancora freschi dagli echi del Romanticismo
tedesco e dai moti liberali che scossero l‟Europa nei primi decenni del diciannovesimo secolo,
Mosca studiò razionalmente l‟idea di nazionalità. Secondo un approccio realista e fondato
sulla storia, l‟autore non si fece influenzare dai facili venti di riscossa nazionale, né dalle
teorie razziste in voga, piuttosto si mostrò cauto nella formulazione di tesi e scettico rispetto a
soluzioni semplicistiche, univoche e che smuovessero emotivamente le masse.
Nel 1883 il giovane venticinquenne siciliano compose la sua prima opera organica:
Sulla Teorica dei Governi e sul Governo Parlamentare, destinata a suscitare un vivace
dibattito tra i suoi contemporanei. La Teorica fu il punto di partenza per un‟osservazione della
realtà e per un‟analisi dei fatti storici, necessari per dare scientificità alla politica. L‟autore si
discostò sia dal diritto costituzionale, sia dalla filosofia politica, privilegiando una lettura
empirica e sociologica degli individui, dei gruppi e delle classi che, nel corso tempo, si erano
succeduti nei vari luoghi e società della Terra. Le fonti a cui Mosca fece riferimento, furono
18
Ibidem.
19
Ivi, p. 720.
14
perciò sia italiane che straniere: lo storicismo di Taine
20
, l‟analisi politica di Tocqueville
21
, la
sociologia di Spencer
22
, gli studi di Fischel
23
e Gneist
24
sull‟Inghilterra, l‟approccio giuridico
di Attilio Brunialti e di Orlando
25
, le tesi economiche di Leone Carpi. Alla sua formazione
essenzialmente storico-giuridica, scevra di un apporto filosofico di rilievo
26
, si collegò il
realismo politico e una conoscenza, eclettica e universale della storia
27
. Il palermitano applicò
dunque il metodo del positivismo metodologico, che privilegiava la formulazione di tendenze
rispetto alle ricerca di leggi immobili ed eterne, e l‟utilizzo della storia come fondamento per
provare le ipotesi fatte e per formulare nuove tesi
28
.
La sua teoria della classe politica, formulata per la prima volta in quest‟opera, ebbe come
precursori Spencer, Gumplowicz e Saint – Simon, che fecero della classe governante la chiave
interpretativa della società e della storia
29
. Tuttavia Mosca si distinse da questi per aver
costruito una teoria generale del potere: la lotta per la preminenza tra gli uomini e tra i gruppi
sociali aveva per fine il suo controllo. In Italia, nonostante fossero molti gli studiosi che si
occuparono di politica, nessuno riuscì ad emendarsi completamente, come fece lui, dalla
dimensione prettamente descrittiva o prescrittiva. Fino a quel momento infatti, i sociologi
furono incapaci di elaborare un‟impostazione epistemologica e un paradigma di analisi
relativi alla distribuzione del potere. In ciò il palermitano ebbe il merito maggiore: cogliere,
nel nucleo dirigente, la forza propulsiva di ogni cambiamento sociale e politico, guardando ad
esso, alla sua formazione ed organizzazione, come alla causa dell‟ascesa e della decadenza dei
popoli
30
. Questo approccio si distinse, almeno in parte, dal panorama sociologico
Ottocentesco: egli rifiutò infatti le analogie organicistiche ed evoluzionistiche, il darwinismo
sociale, ritenendo altresì inutilizzabile, come scienza esplicativa dei fenomeni sociali, la
fisiologia. Sul piano politico poi, per studiare la realtà a lui contemporanea, superò
20
Cfr. H. Taine, Origines de la France contemporaine, Hachette, Paris 1876-1894, p. 288; Id., Notes
sur l’Angleterre, Hachette, Paris 1871, p. 394.
21
Cfr. A. de Tocqueville, De la démocratie en Amérique, Gosselin et Coquebert, Paris 1840, p. 380.
22
Cfr. H. Spencer, The study of sociology, Williams and Norgate, London - Edinburgh 1880, p. 451.
23
Cfr. E. Fischel, Storia della Costituzione Inglese, Corona e Caimi editori, Milano 1866, p. 375.
24
Cfr. R. Gneist, Geschichte und heutige Geftalt der englischen Communalverfassung oder des
Selfgovernment, Springer, Berlin 1863; trad. franc. a cura di T. Hippert, Lacroix, Parigi 1867.
25
Per i rapporti e i legami tra Orlando e Mosca, cfr. M. Fioravanti, Gaetano Mosca e Vittorio
Emanuele Orlando, cit., pp. 349-366.
26
Proprio questo aspetto fu uno dei maggiori punti polemici che Gramsci rivolse a Mosca; cfr. A.
Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, vol. III, Einaudi, Torino 1975, pp. 1978ss.
27
In merito alle vicende cinesi e islamiche Mosca fece riferimento alla «Revue des Duex Mondes».
28
Cfr. G. Sola, Una rilettura critica dei principali testi di Gaetano Mosca, in E. A. Albertoni (a cura
di), La dottrina della classe politica, cit., pp. 163-188.
29
Cfr. D. Fisichella, Gaetano Mosca epistemologo, in C. Mongardini (a cura di), Gaetano Mosca,
scienza politica e regime rappresentativo nell’età contemporanea, Bulzoni, Roma 1995, pp. 105-128.
30
Cfr. G. Sola, Gaetano Mosca e la nascita della Scienza Politica, ivi, pp. 129ss.
15
l‟insegnamento classico, cioè la tripartizione aristotelica, affermando l‟inutilizzabilità di quei
modelli e l‟incapacità della filosofia politica, in quanto ricerca del miglior governo “formale”.
Con un accento molto polemico e critico, riprese infine molte delle istanze anti-parlamentari
presenti in quel periodo
31
, riuscendo a dargli un‟inquadratura scientifica e metodologica. Per
questa ragione non si occupò della moralità come fine della politica ma, secondo una
prospettiva più realistica, guardò ai rapporti di potere e alla “costituzione di fatto” piuttosto
che occuparsi dello studio delle istituzioni sancite dalla Costituzione. L‟autore sviluppò da un
lato un approccio prettamente sociologico e si rapportò alla realtà secondo il presupposto
positivista; dall‟altro diede scientificità al suo metodo di studio e d‟analisi politica, facendo
continuo riferimento alla realtà e ai fatti storici.
L‟intento di Mosca era dunque quello di sconfiggere il disinteresse, diffuso soprattutto tra le
giovani generazioni, verso lo Stato e il sistema liberale
32
, e costruire quindi un modello
istituzionale nuovo, partendo da una differenziazione di fondo tra liberalismo, democrazia e
parlamentarismo. La pars destruens intendeva quindi districare ogni confusione e svelare le
varie illusioni democratiche, come i concetti di “governo della maggioranza”, di “sovranità
popolare” e di “rappresentanza politica”
33
. Successivamente la pars costruens voleva
correggere il sistema parlamentare italiano, fornendo modalità utili per rendere i governi
qualitativamente migliori, ma guardando ad una classe politica reazionaria, costituente un
ordine sociale chiuso
34
. Ciò non significava modificare gli aspetti giuridici dello Stato, ma
equilibrare i rapporti di potere che le forze sociali esercitavano tramite le diverse istituzioni.
L‟obiettivo che si proponeva era di realizzare uno Stato efficiente e tecnocratico, affinché al
potere dei saggi, fosse abbinata l‟educazione della pubblica opinione e delle masse. Questa
riforma però, non era contingente ma strutturale, si trattava di concepire il regime stesso
attraverso le teorie della classe politica e costruire nuovi equilibri politici e sociali. Tuttavia,
proprio questo passaggio, costituì il punto debole dell‟intera opera, poiché Mosca fu incapace
di riedificare o di fare proposte di riforme interne al sistema, che fossero davvero
convincenti
35
. Paradossalmente infatti, la sua critica risultò controproducente alla causa
liberale, perché assottigliò ulteriormente il favore dei cittadini verso il sistema parlamentare,
31
Cfr.: R. De Mattei, Il problema della democrazia dopo l'unità, cit., pp. 13ss; A. Maiorana, Del
Parlamentarismo. Mali, cause e rimedi, E. Loescher, Roma 1889; G. Sola, Introduzione, in G. Mosca,
Scritti politici, a cura di G. Sola, Utet, Torino 1982, pp. 9ss; L. Borsi, Classe politica e
costituzionalismo, Mosca, Arcoleo, Maranini, Giuffrè, Milano 2000, pp. 43ss.
32
Cfr. M. Delle Piane, Gaetano Mosca, cit., p. 154.
33
Cfr. E. A. Albertoni, Gaetano Mosca. Storia di una dottrina politica: formazione e interpretazione,
Giuffrè, Milano 1978, pp. 301ss.
34
Cfr. M. Delle Piane, Gaetano Mosca, cit., p. 63.
35
Ivi, p. 160.
16
orientandoli piuttosto su posizioni più reazionarie, come l‟autoritarismo di destra, o
rivoluzionarie, come l‟estremismo di sinistra. Non riuscì quindi a realizzare il suo intento
originario, cioè quello di reindirizzare la politica e la classe dirigente verso il bene comune, la
moralità pubblica e l‟interesse nazionale. Una lettura in chiave realistica del sistema
rappresentativo, ne svelava infatti le contraddizioni e le inadempienze: secondo lui, non solo
non soddisfaceva i principi per i quali era stato ideato, ma creava nuovi e più grandi problemi,
come la questione sociale, tali per cui era destinato alla degenerazione
36
.
L‟opera venne strutturata in due parti: nei primi tre capitoli, l‟autore esponeva i principi
generali della dottrina della classe politica, illustrando i fatti storico-sociali a cui applicarla;
nei capitoli successivi invece, presentava i fatti sociali che portarono alla contemporaneità,
cioè alla nascita dei governi rappresentativi, e le condizioni morali, politiche ed
amministrative dell‟Italia nel 1882
37
.
L‟originalità e la ricchezza dell‟opera consistettero nella definizione della dottrina della classe
politica, una definizione su cui si fondò tutta la teorizzazione scientifica successiva del
Mosca, che aveva per fondamento il fattore empirico ma che trascendeva le forme giuridiche
del presente. Il palermitano analizzò storicamente i vari tipi di governo e riconobbe come essi
fossero sempre costituiti da minoranze organizzate, evidenziando così la continuità temporale
e geografica della sua legge, desumendone cioè una tendenza costante
38
. I presupposti da cui
partiva questo tipo di studio della politica erano innovativi, soprattutto per l‟approccio
sistemico di materie differenti, quali la sociologia, la storia, l‟economia e il diritto. Nella
Teorica vi era l‟idea che un insieme di fattori concorressero alla formazione della struttura
sociale e che il contesto sociale fosse intessuto di rapporti umani, di organizzazioni e di
gruppi, in competizione per l‟accesso al potere. Si presentava il tentativo di una scienza
politica che fosse avalutativa, necessaria per uno studio positivo e distaccato della realtà: «Noi
crediamo che ogni scienza debba essere applicata alla vita, ma ci pare che il sociologo non
debba né possa esser mai uomo di parte»
39
. Ne veniva evidenziato quindi un carattere
empirico, cioè fattuale e storicamente definito, ma che aspirava a produrre modelli, teorie e
tendenze capaci di spiegare non solo il passato ma anche prospettare possibili sviluppi futuri.
Fu in questo senso che Mosca fondò la politica come scienza, avente per oggetto la struttura e
36
Cfr. G. Sola, Una rilettura critica dei principali testi di Gaetano Mosca, cit., pp. 163ss.
37
In quel periodo, la maggioranza al potere di Depretis era solida e la prima riforma elettorale era
appena stata validata; ciononostante, permaneva un grande divario tra le classi sociali e la gran parte
della popolazione si sentiva estranea alle istituzioni.
38
Cfr. G. Mosca, Teorica dei governi e governo parlamentare, in Id., Scritti politici, cit., p. 203.
39
G. Mosca, A proposito di una recente pubblicazione di sociologia criminale, «Il circolo giuridico»,
vol. XXI, 1890, p. 21.
17
la dinamica del potere, lette secondo la chiave di lettura della classe politica e del metodo
storico, travalicanti le categorie del tempo e dello spazio.
La teoria della classe politica, secondo cui una minoranza organizzata governa sempre su una
maggioranza disorganizzata, fu, quasi certamente, la vera novità di questo approccio alla
politica
40
. La prima conseguenza di questa formulazione fu che, per lo studio della storia delle
nazioni, si spostava l‟attenzione dagli eventi e dai personaggi storici, per guardare ai processi
di formazione, elaborazione ed utilizzo del potere delle sue classi dirigenti
41
. In secondo
luogo, Mosca rifiutò la democrazia come modello teorico e procedurale: la sovranità popolare
non era in grado di selezionare la classe dirigente secondo termini di qualità o di merito,
quindi era un criterio inadatto
42
. Inoltre, secondo un approccio pragmatico e pessimista,
l‟autore siciliano imputava proprio all‟allargamento del suffragio la causa prima della
corruzione sociale e politica
43
. Il suo approccio perciò, era elitista non secondo un‟accezione
valoriale, cioè che prevalevano sempre i migliori, quanto realistico: s‟imponevano coloro che
erano, in quel momento, ritenuti i migliori e, poiché primeggiavano, erano i migliori.
Quest‟affermazione, che parrebbe tautologica, in realtà celava l‟aspetto conservatore della
teoria moschiana: la persistenza storica della superiorità di una minoranza sulla maggioranza,
disilludeva da qualsiasi possibilità di redenzione in chiave rivoluzionaria e democratica
44
.
Erano dunque, la superiorità morale dei componenti della classe politica e la loro
organizzazione, i valori discriminanti tra i governanti e i governati, ed era sul piano della
formazione della classe dirigente che occorreva agire, secondo Mosca, per riformare lo Stato.
Per questo il metodo numerico, cioè il criterio di maggioranza, era estremamente dannoso:
selezionava gli elementi più “popolari”, che significava, in un corpo elettorale illetterato, i
peggiori. L‟antitesi, posta dall‟autore palermitano, era tra democrazia e liberalismo: il
principio di sovranità popolare era inconciliabile con la ricerca di stabilità, ordine e
funzionamento del sistema politico
45
. Egli allora propose l‟idea di “aristocrazia
democratica”
46
, nel senso etimologico del termine, cioè che un ridotto numero di persone,
migliori per meriti e competenze, si ponesse alla guida delle istituzioni e le riconducesse alle
posizioni di reciproco controllo e sovranità. Per realizzare le riforme necessarie al paese, non
occorreva infatti ampliare la base elettorale, ma far prevalere la morale pubblica e la
40
Cfr. G. Mosca, Teorica, cit., pp. 206-207.
41
Ivi, pp. 195-196.
42
Ivi, p. 476.
43
Ivi, pp. 378-379.
44
Ivi, pp. 210ss.
45
Ivi, p. 514.
46
Ivi, p. 457.
18
responsabilità dei funzionari rispetto alla corruzione e ai favoritismi
47
. In questo senso, a
livello pragmatico, Mosca ritenne che organi terzi, quali il Consiglio di Stato e la Corte dei
Conti, dovessero ricevere una maggiore legittimazione e prerogative dal potere politico.
Analogamente, si appellò perché la Corona e il Senato, assurgessero a protagonisti della
vicenda politica, come garanti e tutori sia della separazione dei poteri, sia dell‟autonomia
dell‟amministrazione pubblica rispetto al potere politico
48
. Il carattere elitista di queste
istituzioni era dato sia dai criteri di selezione, sia dal numero ridotto dei loro componenti: esse
potevano dunque bilanciare le spinte democratiche della Camera dei Deputati
49
. Sempre in
questa direzione, Mosca accennò alla funzione di controllo che la stampa e gli intellettuali
dovevano costituire rispetto all‟attività statale. Tuttavia risultava prioritaria la riforma della
burocrazia: questa infatti doveva diventare indipendente dal potere politico e i suoi funzionari
essere resi inamovibili ma personalmente responsabili davanti al Consiglio di Stato, organo
terzo, che avrebbe permesso un‟autonomia di giudizi e una migliore gestione della cosa
pubblica
50
.
Un‟ulteriore elemento di originalità dell‟opera fu il concetto di formula politica, inteso come
l‟insieme di principi astratti con i quali i governanti giustificavano il proprio potere e che
costituivano il principale strumento di coesione sociale
51
. Questa formula faceva riferimento
alla concezione del mondo che ciascun popolo riteneva propria, determinava il livello di
incidenza e di diffusione delle ideologie politiche e risultava necessaria al mantenimento del
potere, poiché la forza bruta, da sola, non era mai sufficiente per governare. Era dunque la
minoranza stessa ad elaborare la formula più atta a mantenere e giustificare il proprio potere.
In questo senso, si potevano riscontrare delle analogie con il concetto di ideologia come
sovrastruttura espresso da Marx. Tuttavia, a differenza del filosofo tedesco, Mosca non
riteneva che il fattore economico sottendesse ad ogni relazione sociale e di potere, quanto
piuttosto che la supremazia della minoranza derivasse dalla concomitanza di vari elementi.
Oltre all‟aspetto organizzativo infatti, il dominio poteva realizzarsi attraverso quei valori che
erano ritenuti maggiormente validi in ogni società, quali la forza militare, la ricchezza, il
merito, il sangue
52
.
L‟ultima grande tematica affrontata nella Teorica fu la questione sociale. Mosca era
consapevole delle difficile situazione economica e delle precarie condizioni di vita delle
47
Ivi, p. 486.
48
Cfr. M. Delle Piane, Gaetano Mosca, p. 100.
49
Cfr. G. Mosca, Teorica, cit., pp. 391ss.
50
Ivi, p. 385.
51
Ivi, p. 226.
52
Cfr. M. Delle Piane, Gaetano Mosca, p. 50.