4
1. Carlo Rosselli: la vita, l'azione
politica e il quadro storico
1.1 La tradizione familiare e l'ambiente fiorentino
A short memorable life
1
, una vita breve e memorabile:
questi sono gli aggettivi emblematici che utilizza Nadia
Urbinati per definire l'esistenza di Carlo Rosselli.
Carlo Rosselli nacque a Roma il 16 novembre 1899,
fratello del primogenito Aldo, classe '95, e di Nello, nato a
distanza di un solo anno, nel 1900.
L'ambiente familiare altoborghese era fortemente
intriso dei valori patriottici del Risorgimento. Per quanto
riguarda il ramo paterno, i Rosselli appartenevano alla
nobiltà sefardita della comunità ebraica livornese, una
delle più numerose d'Europa; il padre di Carlo, Giuseppe,
detto Joe, tra i suoi antenati poteva vantare numerosi
personaggi vicini all'ambiente mazziniano, a cominciare
da sua nonna Sara Nathan Levi, amica di Mazzini al
tempo dell'esilio londinese del patriota.
2
Oltre a lei,
personaggi degni di nota erano stati Ernesto Nathan, uno
degli undici figli di Sara, a cui Mazzini aveva affidato la
1 Nadia Urbinati, Introduction: another socialism, in Liberalsocialism,
edited by Nadia Urbinati, translated by William McCuaig, Princeton,
Princeton University Press, 1994, p. XIII.
2 Giuseppe Fiori, Casa Rosselli, Einaudi, Torino 1999, p. 3.
5
fondazione a Roma del giornale Roma del Popolo
3
, e
Pellegrino Rosselli, fratello del padre di Joe, nella cui
casa pisana aveva trovato rifugio lo stesso Mazzini a
partire dal 1871 e dove si era spento il 10 febbraio 1872.
4
Anche la madre di Carlo, Amelia Pincherle, discendeva
da una famiglia di patrioti, attivi soprattutto nella lotta di
liberazione dalla dominazione austriaca: Leone Pincherle,
prozio di Amelia, era stato ministro del Governo
provvisorio della Repubblica di San Marco di Daniele
Manin (1848-49) e Giacomo, il padre di Amelia, aveva
preso anch'esso le armi per difendere la causa nazionale.
5
La partecipazione al Risorgimento rafforzava i vincoli
familiari dandogli altresì una dimensione ideale, tanto da
spingere il Garosci ad usare l'espressione “religione
mazziniana”
6
per descrivere quell'impronta valoriale che
caratterizzava i discendenti della famiglia Rosselli
Pincherle. Amelia stessa, in un suo Memoriale custodito
nell'Archivio Rosselli e pubblicato solo di recente,
descriveva i suoi sentimenti nazionalisti con l'efficace
formula “ebrei sì, ma prima di tutto italiani”: un'italianità
che “non ammetteva due patrie”.
7
La relazione tra Amelia e Giuseppe fu problematica.
Pochi anni dopo il matrimonio andarono a vivere a
Vienna per assecondare le esigenze di lui, musicista.
Dopo la nascita di Aldo si trasferirono a Roma, città
3 Aldo Garosci, Vita di Carlo Rosselli, Firenze, Vallecchi, 1973, vol. I, p. 4.
4 G.Fiori, Casa Rosselli, p. 4.
5 Ibidem.
6 A.Garosci, Vita di Carlo Rosselli, vol. I, cit. p. 4.
7 Amelia Pincherle Rosselli, Memorie, a cura di Marina Calloni, Bologna,
Il Mulino, 2001, cit. p. 128.
6
natale di Carlo e Nello. Nel frattempo venne la
consacrazione per Amelia, scrittrice: la rappresentazione
in scena a Torino del suo primo dramma Anima
8
fu
accompagnata da un discreto successo di critica e di
pubblico; ma ben presto la situazione finanziaria familiare
peggiorò e, dopo la separazione dal marito avvenuta
l'anno prima, nel 1903 Amelia decise di trasferirsi a
Firenze dove, con l'aiuto di alcuni parenti, avrebbe
cresciuto i tre figli. Senza più un padre, la figura di
riferimento per i tre fratelli divenne proprio Amelia, che
assunse da subito un ruolo centrale nell'infanzia dei
Rosselli, assieme allo zio Gabriele Pincherle, noto giurista
e collaboratore di Giuseppe Zanardelli, il quale, pur
risiedendo a Roma, si prese cura della famiglia della
sorella. Proprio lo zio Gabriele, “figura indimenticabile di
purezza morale, di condotta integerrima”
9
, sarebbe stato
per il giovane Carlo un esempio di rara integrità morale.
Oltre alla tradizione familiare, fu l'ambiente fiorentino
ad esercitare su Amelia e sui suoi figli un'influenza
determinante. Firenze, già capitale del Regno dal 1865 al
1870, in quel periodo era poco più che un centro
provinciale nel quale, però, confluirono numerose correnti
culturali che si sarebbero trasformate altrove in vere e
proprie correnti politiche. Come rileva il Garosci:
la vita fiorentina è come al punto d'incontro delle varie
8 La prima rappresentazione è datata 1898. Il suo secondo dramma,
Illusione, venne rappresentato per la prima volta nel gennaio 1901, mentre
le sue due commedie in dialetto veneziano, El rèfolo e El socio del papà,
vennero rappresentate rispettivamente nel 1909 e nel 1911.
9 A. Pincherle Rosselli, Memorie, cit. p. 111.
7
correnti spirituali dell'Italia moderna, raramente vi si
immerge per intero; e tempera di buon senso toscano e
di discreto classicismo, di buon gusto moderno e di
influenze internazionali, quel che spesso vi è di
incondito in quelle altre correnti.
10
Tali correnti culturali e spirituali trovarono a Firenze
terreno fertile grazie anche alla diffusione di numerose
riviste: “La Voce” di Giuseppe Prezzolini e “L'Unità” di
Gaetano Salvemini (nata quest'ultima in seguito alla
rottura dello storico meridionalista proprio con “La
Vo c e ”
11
),
grazie alle quali si diffuse nella penisola
l'idealismo crociano e la voglia di rivolta contro il
positivismo; “Lacerba” di Giovanni Papini, aderente ad
un futurismo radicale e anarchicheggiante
12
; “Il Regno” di
Enrico Corradini, che poteva vantare tra i suoi
collaboratori il teorico delle élites Vilfredo Pareto, fu il
settimanale del nascente nazionalismo e veicolo
dell'irredentismo. Tutte riviste molto diverse, ma che in
comune ebbero, oltre all'epicentro di diffusione, un'ansia
di rinnovamento della società italiana. Un rinnovamento
che, nel loro intento, doveva essere costruito in primo
luogo sul piano culturale, attraverso “il proposito di
inserire direttamente l'intellettuale nelle vicende della
storia, di trasformarlo in interprete delle necessità
10 A. Garosci, Vita di Carlo Rosselli, vol. I, cit. p. 7.
11 La rottura tra Salvemini e Prezzolini si consumò nel 1911, ai tempi della
guerra in Libia, in seguito al rifiuto da parte del direttore de “La V oce” di
occuparsi degli avvenimenti di Tripoli.
12 “Tutto è nulla, nel mondo, tranne il genio. […] Sarà questo un foglio
stonato, urtante, spiacevole e personale.
Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto
rimbecilliti dagli odierni idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi
e moralismi." (da Tesi assiomatica de “Lacerba”).
8
politiche del tempo”
13
.
Sullo sfondo di questo grande fermento ideale e
culturale, Amelia strinse amicizia con numerosi filologi,
esteti, critici letterari, oltre che con i nazionalisti della
prima ora, vicini all'ambiente de “Il Regno” di Corradini.
Tali frequentazioni da parte della madre, unite con
l'atmosfera di grande vivacità intellettuale del capoluogo
toscano, non passarono senza lasciar tracce nelle giovani
menti dei tre fratelli Rosselli. In particolar modo, Carlo
interiorizzò una forte impronta volontaristica e
idealistica
14
che non avrebbe perso proseguendo il proprio
percorso di vita e di impegno politico e che, anzi, sarebbe
stato uno dei tratti più caratteristici del suo pensiero.
Questo sentire ideale venne in parte temperato da un
percorso scolastico insolito per un ragazzo di famiglia
borghese. Dal Memoriale di Amelia:
Impossibile fargli digerire il latino. […] Ma neanche le
ripetizioni servivano. Disperazioni quotidiane, pianti,
proteste, classificazioni pessime a scuola; per quanto
l'insegnante fosse ottimo: Gargano. […] Viceversa,
riusciva benissimo, con grande facilità, nella
matematica. Fu allora, e dopo aver constatato in lui
questa marcata attitudine per tutto ciò che si riferiva a
scienze esatte, che presi la grande decisione di fargli
smettere - a metà anno – il Ginnasio, e chiedere per lui
l'ammissione alla Scuola Tecnica.
15
E ancora:
13 Delia Frigessi (a cura di), La cultura italiana del '900 attraverso le
riviste. Vol. 1 : Leonardo, Hermes, ll Regno, Torino, Einaudi, 1960. Cit. in
N. Tranfaglia, Carlo Rosselli e il sogno di una democrazia sociale
moderna, Milano, B.C. Dalai, 2010, p. 24.
14 A.Garosci, Vita di Carlo Rosselli, vol. I, p. 9.
15 A. Pincherle Rosselli, Memorie, cit. p. 126.
9
Carlo aveva studiato con ottimi risultati durante quei
due anni di Scuola Tecnica. Gli studi che vi faceva si
accordavano col tipo della sua intelligenza, più volta,
pareva, verso le scienze esatte e il lato pratico della
vita. Si destava in lui un desiderio di sapere, una
volontà nuova.
16
L'iscrizione alle tecniche comportò la separazione da
Nello, che avrebbe poi proseguito gli studi con il
ginnasio, ma gli permise di sviluppare al meglio e senza
costrizioni le proprie naturali inclinazioni. Quelle stesse
inclinazioni che, in seguito, avrebbero fatto avvicinare
Carlo Rosselli alla vita politica a partire dai problemi
pratici e che avrebbero contribuito a distinguerlo dagli
altri intellettuali della sua generazione, come Antonio
Gramsci, Piero Gobetti e Manuel Azaña Dìaz, i quali, al
contrario, si sarebbero dedicati all'attività politica
attraverso il filtro della cultura umanistica e “tutti intinti
di filosofia della storia”
17
.
1.2 Dall'interventismo al dopoguerra: tra crisi di
coscienza e avvicinamento al socialismo
Il 1914 fu l'anno della prima maturazione di una
coscienza politica in Carlo Rosselli. Durante il suo
16 Ivi, cit. p. 136.
17 A.Garosci, Vita di Carlo Rosselli, vol. I, cit. p. 11.
10
soggiorno a Viareggio, necessario per curare la flebite che
lo affliggeva, scrisse numerose lettere a sua madre nelle
quali era evidente la propria crescita intellettuale e
l'interesse verso quelle vicende che presto avrebbero
portato l'Europa allo scontro totale della Grande Guerra:
E fu lì che, fin dai primi giorni, mi cominciarono ad
arrivare lunghe interminabili lettere di Carlo, nelle quali
egli esponeva, con mia grande meraviglia, tutte le sue
idee e congetture riguardo al contegno dell'Austria, alle
problematiche probabilità della Serbia di opporsi a un
eventuale ultimatum, all'attitudine che avrebbe assunto
la Germania, agli eventuali obblighi dell'Italia quale
alleata, ecc. Quelle lettere erano per me una vera
rivelazione. Gli amici, da Viareggio, mi scrivevano di
come Carlo s'interessasse alla situazione politica
mondiale, di come prendesse parte attiva alle
conversazioni degli adulti sull'argomento, manifestando
una maturità di pensiero impressionante e larga
conoscenza geografica.
18
Allo scoppio della guerra il gabinetto guidato da
Salandra dichiarò la neutralità. Nonostante la vicinanza
politica di Amelia e di Gabriele al liberalismo di destra
dello stesso Salandra e di Sonnino, in casa Rosselli si
respirava il più acceso interventismo. “In quel fatidico
anno 1914, eravamo, noi e i nostri amici, tutti
interventisti”
19
, avrebbe scritto poi Amelia. Nel frattempo
nel Paese si scatenarono le manifestazioni contro la
neutralità e i tre fratelli, con in testa Aldo, parteciparono
attivamente alle dimostrazioni studentesche contro
l'Austria e a favore di una guerra per la liberazione di
Trento, Trieste e delle terre irredenti. Gli interventisti
18 A. Pincherle Rosselli, Memorie, cit. p. 137.
19 Ivi, cit. p. 139.
11
erano la minoranza, ma la loro propaganda si fece sempre
più martellante: nazionalisti, irredentisti, socialisti
riformisti, liberali conservatori, repubblicani e altre frange
dell'opinione pubblica, come quella rappresentata dal
“Corriere della Sera” di Albertini, erano tutti schierati
sullo stesso fronte. Il 24 maggio 1915, dopo la
stipulazione del Patto di Londra, l'Italia ruppe gli indugi
ed entrò in guerra al fianco della Triplice Intesa.
Aldo, arrivati a quel punto, non esitò: dopo mesi passati
a gridare slogan nelle piazze, decise di partire volontario e
di rifiutare il ruolo di pappino, l'aiutante della Croce
Rossa al fronte, destinazione naturale per uno studente di
medicina come lui. Nel dicembre del '15 raggiunse il suo
reggimento di stanza in Carnia. La madre accettò a
malincuore il volere del primogenito e sarebbe stata
costretta a piangerne la scomparsa soltanto qualche mese
dopo: il 27 marzo 1916, Aldo cadde in battaglia
nell'azione del Pal Piccolo. Fu un duro colpo per l'intera
famiglia, per Amelia, per gli zii e i parenti più stretti, ma
in special modo per Carlo e Nello, che cominciarono a
vedere nel fratello caduto in guerra l'eroe di cui seguire le
orme.
Nel 1917 maturò la decisione di un primo impegno
politico diretto per Carlo: assieme a Nello e ad altri
giovani interventisti dell'ambiente fiorentino, fondò il
giornale “Noi giovani”. In una lettera allo zio Gabriele del
Natale del '16, Nello illustrò brevemente l'iniziativa:
12
Dunque tre mesi fa io ebbi l'idea di fondare un giornale
per giovani che non fosse il solito giornalucolo senza
sugo, ma che fosse un giornale serio e servisse a
diffondere delle buone idee. […] Speriamo che ti
piaccia. Certo che noi non lo facciamo per fare una
chiassata.
20
Carlo scrisse per “Noi giovani” due articoli; il primo, a
firma Civis (il giornale era firmato solo da pseudonimi),
uscì il 24 marzo 1917 con il titolo Libera Russia. E'
un'appassionata difesa della Rivoluzione russa del
febbraio, una rivoluzione materiale che, con
quell'avvenimento così straordinario, pareva compiersi in
uno dei Paesi allora economicamente e socialmente più
arretrati d'Europa, nonostante il rango di grande potenza:
“La Russia che nella corsa alle Nazioni era forse rimasta
l'ultima, si è lanciata al galoppo”. Egli non si astiene
altresì dal fare un rimprovero ai rivoluzionari circa la
concessione immediata del suffragio universale, ma la sua
è una critica tutt'altro che reazionaria: “queste riforme
sono belle, alte, nobili, meravigliose. Ma datele piano, a
poco a poco. […] La scossa deve essere indubbiamente
profonda: che le radici di un male non si estirpano in un
sol colpo ma con più colpi”. L'altro articolo venne
pubblicato nel maggio '17 con il titolo Wilson. E' un
commento al discorso col quale il Presidente americano
annunciò l'entrata in guerra al fianco dell'Intesa. Per
Carlo, Woodrow Wilson era “più che un uomo”, era “il
lato vero, il lato grande, immenso della guerra” che, per
un ideale comune “irraggiungibile coi mezzi pacifici, ha
20 Lettera riportata parzialmente in G.Fiori, Casa Rosselli, pp. 21-22.
13
dato il suo popolo, ha giocato la sua popolarità”.
21
Da
questi acerbi quanto entusiastici scritti si può dedurre
quanta influenza, in quel periodo, avessero ancora in
Carlo la tradizione familiare mazziniana e le posizioni
politiche dello zio Gabriele Pincherle, nonché gli scritti
dell'amico di famiglia Guglielmo Ferrero, padre di Leo,
giovane brillantissimo, che di lì a poco sarebbe divenuto
un carissimo amico dei fratelli Rosselli.
22
Il giugno del '17 fu la volta della chiamata alle armi
della classe '99. Dopo quattro mesi, nell'ottobre dello
stesso anno, Carlo si trovò a Caserta per frequentare il
corso allievi ufficiali che sarebbe durato fino al marzo
1918. In questa scuola era insegnante di morale militare
l'italianista Luigi Russo, personaggio che con le sue
lezioni, in seguito stampate col titolo Vita e morale
militare, avrebbe lasciato un segno nella vita e nella
coscienza di Carlo Rosselli. Come scrive il Tranfaglia:
due punti ci interessano particolarmente perché si
saldano all'educazione ricevuta da Rosselli fino a quel
momento. Il primo riguarda il senso morale, la
coscienza del dovere. […] Il secondo punto da
sottolineare è l'insistenza dell'insegnante sul peso della
volontà nelle vicende umane. […] E' infine da ricordare
il monito, rivolto ripetutamente da Luigi Russo ai futuri
ufficiali, a non esser dominati da una concezione
gerarchica nei rapporti con i soldati, ad attuare, per
quanto è possibile nella vita militare, un'effettiva
democrazia.
23
21 Tutte le citazioni riguardanti gli articoli su “Noi giovani” sono tratte da N.
Tranfaglia, Carlo Rosselli, pp. 27-28.
22 N. Tranfaglia, Carlo Rosselli, p. 29.
23 N. Tranfaglia, Carlo Rosselli, cit. pp. 29-30.
14
Questi aspetti dell'insegnamento di Russo colpirono in
maniera favorevole Carlo, tanto che il giovane uscì
“rafforzato nelle sue idee”
24
.
Tuttavia, più che le lezioni del corso allievi ufficiali, fu
l'esperienza militare nel suo complesso, negli anni che
vanno dal '17 al '20, a segnare un primo momento di
svolta. In particolar modo fu l'esperienza diretta della
guerra a rivelarsi fondamentale per la formazione del
giovanissimo Carlo. Una volta terminato il corso a
Caserta e divenuto ufficiale, venne aggregato ad un
reparto di stanza in Valtellina, piuttosto lontano dalla
primissima linea. Si trovò a dover presidiare il confine
svizzero assieme a soldati che provenivano, per la
grandissima parte, dagli strati sociali più umili del popolo
italiano: contadini, braccianti, proletari. Forse per la
prima volta nella sua vita, Rosselli prese contatto con i
bisogni, con le inquietudini, ma anche con le speranze dei
deboli e degli oppressi. Come rileva il Fiori, “la vita in
comune con le plebi contadine, le privazioni patite
insieme, la loro conoscenza non superficiale l'hanno tolto
[…] dall'isolamento di classe del giovane alto-
borghese”
25
. Ma più di tutti sarebbe stato lo stesso
Rosselli a farci meglio comprendere l'importanza di
quella esperienza nella sua formazione: sette anni più
tardi, nel maggio 1924, alla vigilia del delitto Matteotti,
avrebbe scritto per il giornale della Federazione giovanile
di Milano del Partito Socialista Unitario un articolo
24 Ivi, cit. p. 30.
25 G. Fiori, Casa Rosselli, cit. pp. 28-29.
15
intitolato Inchiesta sui giovani (Guerra e fascismo), nel
quale avrebbe ricordato quanto fosse stato decisivo, per
lui e per molti altri, aver vissuto sulla propria pelle la
vicenda bellica:
Io qui non voglio accennare che a un solo fattore, la
guerra. […] Nel combattente anche più entusisasta,
nell'interventista più frenetico, un nuovo equilibrio si
andò formando per il contatto realistico col popolo
nostro. A contatto col popolo molti conobbero e
apprezzarono la «massa», questa massa su cui oggi si
sputacchia tanto volentieri. Ne compresero i dolori, le
lacune, le mirabili virtù. Io stesso ricordo con
commozione la scoperta che feci e il grande amore che
mi prese per essa. […] I giovani studenti ch'eran partiti
folli di ebrezza e fuori di ogni realtà, vennero
temprandosi e una nuova e più elevata armonia
subentrò. Partiti con un ideale astratto questo, nel farsi
concreto, ed essi coll'aderire alla vita e alla realtà, che è
sempre complicata e multiforme, furono posti in grado
di comprendere tante cose che sarebbero loro
certamente sfuggite nel loro isolamento di classe e di
professione.
26
Carlo sarebbe tornato più volte, in seguito,
sull'argomento: emblematica, in questo senso, sarebbe
stata una lettera scritta alla madre dal confino di Lipari il
16 novembre 1928, nella quale afferma che la guerra era
stata “grande scuola di vita, incubatrice, illuminatrice,
formatrice, almeno per me che partii ragazzo e tornai
uomo”
27
.
Grande crisi e rito di passaggio necessario: questo fu il
26 Inchiesta sui giovani (Guerra e fascismo), pubblicato su “Libertà” del 15
maggio 1924, contenuto in Salvo Mastellone, Carlo Rosselli e la
rivoluzione liberale del socialismo, Firenze, Leo Olschki, 1999, pp. 151-
155.
27 Lettera tratta da Zeffiro Ciuffoletti (a cura di), Epistolario familiare.
Carlo, Nello Rosselli e la madre (1914-1937), introduzione di Leo
Valiani, Milano, SugarCo Edizioni, 1979, pp. 427-429.
16
conflitto del '14-'18 per la coscienza di Carlo e della
generazione di giovani italiani chiamata alle armi in
quegli anni. Quella prima mescolanza tra borghesi e
contadini e quell'esperienza di vita che esponenti della
classe media condivisero con gli appartenenti agli strati
sociali più umili si sarebbero rivelate foriere di
conseguenze a dir poco esplosive per il Paese.
Per Carlo Rosselli, il termine delle ostilità non
corrispose con la fine del suo servizio militare: a gennaio
del '19 venne spedito ad Asiago. Dal marzo al luglio dello
stesso anno poté usufruire di un temporaneo trasferimento
presso la divisione di fanteria di Firenze: l'intento era
quello di iscriversi all'Istituto di Scienze Sociali “Cesare
Alfieri” e, contemporaneamente, conseguire la licenza
liceale per poter poi più agilmente realizzare la personale
aspirazione di laurearsi in legge, non volendosi più
accontentare della propria licenza tecnica, che riteneva
“un titolo semplicemente insulso e stupido che non serve
a nulla”
28
. Idee chiare per quel che concerneva il proprio
percorso di studi, meno chiare per quel che riguardava il
proprio orientamento politico. All'età di vent'anni Carlo
attraversò un periodo di forte disorientamento. Una
confusione che si inseriva in un quadro politico nazionale
denso di avvenimenti e contraddittorio. Il 1919 fu, infatti,
l'anno delle prime elezioni con sistema proporzionale e a
suffragio universale maschile, che videro la vittoria dei
primi grandi partiti di massa, il Partito Socialista e il
Partito Popolare, e la sconfitta dei partiti tradizionali; ma
28 La citazione della lettera è riportata in G. Fiori, Casa Rosselli, p. 27.
17
furono queste anche le prime elezioni a cui partecipò,
seppur con scarso seguito, il movimento fascista di
Mussolini. In quell'occasione Carlo appoggiò la lista
democratico-repubblicana combattente e si dimostrò
fortemente ostile sia ai giolittiani, sia alla corrente
massimalista dei socialisti guidata da Giacinto Menotti
Serrati
29
. Per il resto continuò “ad essere fiducioso nella
lezione della guerra e nelle possibilità di un movimento
di combattenti”
30
. La possibilità di unire tutti i
combattenti in un unico grande fronte, tra l'altro, era già
stata paventata dallo stesso Rosselli qualche mese prima.
Durante il soggiorno fiorentino, prima del ritorno alla vita
militare di Asiago, aveva infatti iniziato un'attiva
collaborazione con la rivista fiorentina “Vita”,
quindicinale di ispirazione salveminiana al quale
collaborarono altresì Piero Gobetti, Leo Ferrero ed altri ex
combattenti, alcuni dei quali in seguito avrebbero aderito
al fascismo. Nel suo primo articolo pubblicato nel maggio
'19 e intitolato Compito nuovo, ribadisce ancora una volta
il giudizio positivo dato alla guerra e auspica l'unione di
tutti gli studenti-soldati “in un fascio formidabile, pur non
rinunciando ai loro diversi ideali sociali”; un movimento
che, nella sua concezione, avrebbe dovuto mettere “al di
sopra di tutto e di tutti: l'Italia”
31
.
29 Da una lettera all'amico Giulio Zabban da Asiago datata 27 novembre
1919: “Io pure ho votato (per la prima volta) e ho appoggiato la lista
democratico-repubblicana combattente. […] Anche Sandro Levi è
scontento della stragrande vittoria socialista. Alla vittoria pericolosa si
aggiunge, come non bastasse, l'impresa militarista dannunziana.” (Stralcio
riportato in N. Tranfaglia, Carlo Rosselli, p. 39).
30 N. Tranfaglia, Carlo Rosselli, cit. p. 40.
31 Compito nuovo, pubblicato su “Vita” del 20 maggio 1919, contenuto in
18
Il suo interventismo e la sua fede nel fronte
combattentistico, però, nonostante le sue parole,
sembravano in parte già minati dall'esperienza della
Grande Guerra e dalle amare conclusioni della
Conferenza di Pace; e parevano vacillare ulteriormente
dinanzi alle vicende locali: nel '19 e nel '20 la Toscana
divenne teatro di una serie di scioperi agricoli promossi
da leghe bianche e rosse. Questi trovarono risposta nel
saldarsi degli interessi degli agrari toscani con il nascente
movimento fascista che andava organizzandosi soprattutto
nel capoluogo. La crescita del fascismo segnò la vittoria
del nazionalismo estremista sull'interventismo
democratico e portò ad un'insanabile frattura all'interno di
quel fronte che avrebbe dovuto rappresentare, nell'idea di
Rosselli, il futuro partito dei combattenti. Tutto questo
spinse Rosselli a guardarsi intorno e a cercare una valida
alternativa per “andare al popolo” e per “conoscere ed
essere conosciuti”
32
. Si può rintracciare proprio in questo
lasso di tempo, che va dalla fine del 1919 a tutto il 1920,
un avvicinamento, seppur molto lento e pieno di dubbi ed
esitazioni, di Carlo al socialismo. Come rileva il Garosci,
“tra il 1919 e il 1922 Rosselli fu soprattutto uno studente.
[…] Le prime tracce di una sua attività politica pratica
risalgono a dopo la Marcia su Roma”
33
. Tuttavia fu in tale
periodo che iniziò una più assidua frequentazione con
Alessandro Levi, suo parente, assistendo interessato a
Carlo Rosselli, Socialismo liberale e altri scritti 1919-1930, a cura di J.
Rosselli, Torino, Einaudi, 1973, pp. 5-9.
32 Ibidem.
33 A. Garosci, Vita di Carlo Rosselli, vol. I, cit. pp. 23-25.