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GRUPPOANALISI E TERAPIA DI GRUPPO
1. Cos’è la Gruppoanalisi?
La Gruppoanalisi si basa sulla concezione relazionale della sofferenza psichica e sulla cura della
situazione sofferente in modo multipersonale. La prospettiva gruppoanalitica propone una lettura
della sofferenza psichica come fenomeno relazionale, non riconducibile al mal funzionamento del
singolo o ad un’alterazione o “difetto” delle strutture psichiche del soggetto secondo, quindi, una
concezione individualista della malattia, bensì come un’esperienza che ha significato entro il
network di relazioni entro cui il soggetto è inserito, quali relazioni familiari, istituzionali, culturali, e
comunitarie, ed entro la storia psichica e autorappresentazionale del soggetto da parte dello stesso
network che lo ha concepito. La Gruppoanalisi si basa su dispositivi di cura e strumenti di
cambiamento che implicano la relazione molteplice e, in tal senso, la terapia mediante il gruppo
prevede che siano proprio queste relazioni molteplici, che si generano al suo interno, ad essere
terapeutiche. Il gruppo terapeutico, la cui finalità è la cura del singolo mediante le relazioni che egli
esperisce entro il setting, diviene luogo protetto e tutelato. Ad oggi, la teoria gruppoanalitica della
cura non si riduce alla sola terapia di gruppo, che rimane comunque suo strumento elettivo di
trattamento, ma si affida a strategie di cura multi-personali che prevedono una più ampia
progettualità, avvalendosi di setting di intervento multi-personali composti, non solo dai membri del
gruppo stesso, ma anche da tutte le risorse attivabili entro i contesti di vita, includendo il livello di
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analisi individuale, familiare, gruppale e comunitario i quali rispondono al bisogno di curare la
sofferenza nella sua complessità e unicità. L’obiettivo principale è ri-stabilire le connessioni tra i
soggetti che si prendono cura della persona sofferente, puntando, quindi, all’integrazione della
realtà mentale e socio-relazionale del soggetto sofferente (Lo Coco, Lo Verso, 2006). Col modello
della Gruppoanalisi Soggettuale ci si riferisce al tradizionale significato di terapia analitica di
gruppo secondo le modalità classiche della clinica-gruppoanalitica differenziandosi, però, da altre
prospettive analitico-gruppali per il suo sviluppo come modello terapeutico di lavoro con i gruppi,
per la sua attenzione al rapporto individuo-gruppo, per l’attenzione all’efficacia clinica, alla
metodologia operativa, al lavoro nei servizi clinico-sociali (Lo Verso, Federico, Lo Coco, 2000). Il
termine soggettuale implica che <<la soggettualità contraddistingue l’individualità individuata nella
sua irriducibilità ma allo stesso tempo costantemente in relazione e dentro il proprio campo
relazionale>> (Coppola, Lo Verso, 2008, p. 17).
2. Storia delle terapie di gruppo
L’indirizzo americano dell’analisi in gruppo vede il trasferimento nel gruppo dei metodi classici
dell’analisi individuale, servendosi di lapsus, libere associazioni, sogni, resistenze dei soggetti in cui
lo scopo è praticare una psicoterapia individuale a ciascun paziente, senza prendere in
considerazione i processi globali di gruppo. Tale orientamento, però, va a ridurre la specificità
psicologica del gruppo considerandolo solo un luogo “altro” per praticare la psicoanalisi di singoli
individui (Di Maria, Lo Verso, 1995). L’orientamento inglese basato sull’analisi di gruppo vede il
gruppo, invece, come entità con una dimensione specifica e diversa da quella individuale. Il gruppo
è visto come un tutto le cui caratteristiche prescindono dalle proprietà dei suoi elementi costitutivi, è
visto cioè come oggetto unitario reale o fantasmatico e il focus dell’attenzione è rivolto ai processi
del gruppo e alle interdipendenze tra i suoi membri. Parlare di analisi di gruppo significa riferirsi
principalmente al pensiero di Bion. Nei “gruppi bioniani” , il terapeuta focalizza la propria
attenzione sull’interpretazione del transfert in termini gruppali. Bion sostiene che nel gruppo un
individuo è qualcosa di più di un individuo isolato, e il gruppo è come una realtà mentale a sé. Bion
postula il concetto di mentalità di gruppo che è <<un serbatoio comune a cui affluiscono
unanimemente contributi di tutti>>, quindi è l’espressione della volontà del gruppo a cui il singolo
contribuisce in modo inconscio (Bion, 1961). La mentalità di gruppo è un meccanismo di
intercomunicazione che garantisce che la vita del gruppo sia in accordo con gli assunti di base:
questi ultimi sono le differenti risposte che il gruppo struttura di fronte a desideri primari riattivati
dalla situazione collettiva. Quelli ritenuti tipici da Bion sono dipendenza (fantasia dei membri di un
gruppo che si riunisce in attesa di protezione, conforto e difesa da un capo dal quale dipende e viene
nutrito); accoppiamento (sentimento di speranza e di attesa per l’avvento di un messia che dovrà
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nascere dal rapporto fra due componenti del gruppo ma che in realtà non deve mai realizzarsi pena
la scomparsa stessa della speranza); attacco-fuga (gruppo teso alla lotta contro o in difesa da
qualcosa e il capo viene concepito come colui che guiderà gli sforzi del gruppo verso l’attacco
contro il nemico) (Profita, Venza, 1995). La terapia attraverso il gruppo è, invece, proposta da
Foulkes che è il fondatore della terapia gruppoanalitica e il suo pensiero ha generato una totale
rivoluzione nella psichiatria, elaborando un’originale teoria della personalità e della psicopatologia
(Lo Coco, Lo Verso, 2006). Il gruppo è concepito da Foulkes come unità multipersonale e mezzo
terapeutico per i singoli e la terapia attraverso il gruppo rappresenta una nuova prospettiva di lettura
della psicopatologia del singolo e del suo contesto di riferimento (Profita, Venza, 1995) in cui il
disturbo esce dal chiuso del soggetto e acquista intelleggibilità entro un contesto più ampio ossia il
network di relazioni entro cui il soggetto vive e dal quale deriva il significato della sua sofferenza.
Per network più ampio del soggetto intendiamo non solo le rappresentazioni interne inconsce della
famiglia, ma è anche rete di persone reali e interagenti all’esterno. Queste reti sono da intendere sia
la causa, la sede della sofferenza psichica, sia sede e strumento di cura e guarigione. Il paziente è
inteso da Foulkes come un punto nodale in una rete di interazioni, la quale è la vera sede dei
processi che portano tanto alla malattia quanto alla guarigione (Foulkes, 1964). Il network o rete di
relazioni plasma il soggetto che, di conseguenza, non può essere considerato isolatamente. Tale
orientamento coglie le radici sociali della malattia psichica che diviene espressione di un equilibrio
disturbato in un campo totale di interazioni: la sofferenza è da ricercare e curare entro la rete di
relazioni del soggetto. Foulkes propone una diversa visione della psicopatologia intendendola come
multipersonale e articolata in cerchi concentrici: circonferenze che da quella minore, dove vi è il
soggetto nei suoi aspetti biologici, diventano sempre più grandi per contenere il gruppo, il network,
la famiglia, la società, mantenendo però la centralità sul soggetto e sulla sua sofferenza e tenendo
conto dei suoi gruppi di riferimento. Foulkes afferma che il setting gruppoanalitico si definisce
come spazio altro rispetto alla quotidianità dei gruppi reali, condizione necessaria per essere luogo
terapeutico. Il setting gruppoanalitico è una situazione artificiale che sta a metà, in artificialità, tra la
situazione analitica e le situazioni spontanee di vita (Foulkes, 1948). Nel setting gruppoanalitico, il
soggetto incontra estranei con i quali, però, condividerà una storia e uno spazio sociale “nuovo” da
riempire con nuovi contenuti e significati unici e irripetibili. Nel gruppo terapeutico, il soggetto si
comporta secondo le sue abitudini ripetendo inconsciamente le sue tipiche modalità di relazioni
conflittuali e attribuirà ai membri del gruppo e al terapeuta caratteristiche appartenenti a persone
reali del suo passato e presente. Il conduttore è attivo nell’organizzazione del gruppo, nella scelta
dei pazienti e nelle regole da rispettare, ma deve intervenire il meno possibile nella dinamica dei
rapporti e solo se deve favorire la comunicazione intergruppale: << (…) il conduttore lascerà
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parlare il gruppo, agendo da catalizzatore ed osservatore, agendo con discrezione da dietro le
quinte. (…) tutti gli altri componenti hanno diritto di immergersi nel gruppo pienamente, il
conduttore deve stare, invece, a parte, deve avere la testa fuori dall’acqua per guardare avanti >>
(Foulkes, 1948, p. 138). Il trattamento gruppoanalitico è quindi concepito come centrato sul
gruppo per giungere all’individuo tramite esso: l’analisi mediante il gruppo.
Ulteriore concetto fecondo elaborato da Foulkes è quello di matrice. Egli osserva che nella vita <<
le persone sono legate molto strettamente e intimamente e la loro rete interattiva concerne la sfera
centrale della loro vita. La famiglia stessa è il prototipo di tale gruppo, ma (…) in termini
psicologici una simile rete comprende persone che non sono membri della famiglia nel senso
comune del termine >> (Foulkes, 1975). Foulkes chiama plexus tale rete nella sua parte più intima e
comprende la famiglia e le persone che hanno un significato diretto nella formazione dei conflitti
del soggetto, nella loro soluzione o nel potenziale impedimento della risoluzione (Lo Verso, 1994).
La rete intima di comunicazioni che si crea nel gruppo gradualmente diviene una matrice quasi
organica con la particolarità che i processi passano attraverso l’individuo, sebbene ciascuno li
elabori e li modifichi a suo modo: il campo mentale, quindi, include il soggetto, ma lo oltrepassa.
Tali processi sono detti transpersonali cioè che, passando attraverso l’individuo, compongono una
rete. Per matrice si intende, perciò, una rete di comunicazione che porta a concepire ogni
accadimento come transpersonale, interpersonale e intrapersonale. Il gruppo è il luogo di una
doppia storia transpersonale: quella del gruppo stesso e quella del soggetto. Il transpersonale ha
assunto un’ampia valenza nella spiegazione dei fatti psichici collettivi (gruppo, paese, famiglia,
istituzione) e i gruppi sono laboratori entro cui emergono fenomeni psichici vissuti allo stesso
modo da molte persone e, pur rispettando la singola ed irripetibile individualità e storia familiare di
ognuno, sono comunque evidenti molti aspetti basici comuni agli esseri umani. Il transpersonale,
quindi, è specie-specifico della natura umana e designa i modi in cui il passato del gruppo familiare
e culturale è inconsciamente presente nell’oggi del soggetto (Lo Verso, Federico, Lo Coco, 2000).
L’ipotesi dell’attraversamento transpersonale supera la contrapposizione tra realtà psichica interna
ed esterna, fisica o sociale superando anche quella individuo-gruppo (Lo Verso, 1994). Il gruppo è
matrice della mente individuale, rete di rapporti inconsci nel gruppo e la sua rappresentazione
affettiva da parte dei suoi membri: è uno spazio simbolico e mentale condiviso. La matrice non è
creata in modo automatico solo per il fatto di mettere insieme un gruppo di soggetti, ma è un
processo dinamico che viene costruito e che crea legami affettivi tra i membri del gruppo (Lo Coco,
Lo Verso, 2006). <<La rete di comunicazione prevalentemente inconscia che lega tutti i membri
costituisce la vera struttura connettiva del gruppo>> (Lo Verso, Vinci, 1990).
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