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OBIETTIVO DELLA TESI
La tesi riguarda un tema attuale, quale la legge di stabilità.
Attraverso un attento studio della nascita e dei motivi per cui è stata introdotta tale
legge dal 1978, abbiamo tracciato l'evoluzione della legge che studia e disciplina una
delle attività più complicate attività previste nel governo di uno Stato, quella della
raccolta delle risorse necessarie allo svolgimento dell'attività di governo, attraverso una
complessa ed attenta analisi delle necessità e delle priorità all'interno del Paese.
Dal 1978, la legge finanziaria ha assunto particolare importanza, soprattutto per i
limiti imposti dalla legge e dalla disciplina della Spesa e delle Entrate.
Abbracciando un arco di quasi 50 anni, abbiamo notato come le scelte fatte nelle
varie legislature, non hanno sempre riscosso risultati pregevoli, ed in altri momenti
alcune scelte drastiche, hanno procurato una forte impopolarità dei responsabili politici
del provvedimento, presso i cittadini, pur essendo necessarie.
Durante questi anni, l'Italia ha attraversato diverse fasi nella sua economia.
Dalla crisi petrolifera degli anni '70, alle politiche di forte Spesa Pubblica degli anni
'80, al riordino dei conti pubblici degli anni '90, alle spese militari a seguito dell'attacco
alle torri gemelle, le politiche di “austerità” a seguito della crisi, prima finanziaria e poi
economica.
Un altro fattore che ha condizionato molto le scelte in materia economica, è stato il
nuovo corso della politica italiana, che ha lasciato il vecchio e ingessato sistema
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proporzionale, per il sistema maggioritario, che assomiglia di più ai sistemi elettorali
degli altri Stati dell’Europa occidentale prima e delle nuove Repubbliche libere,
dell'Europa dell'est.
A seguito di questo cambiamento in termini di maggioranza parlamentare, i governi
dal '94 in poi hanno avuto più capacità decisionale e si sono avviate le riforme, che da
tempo l'Italia chiedeva, per adeguare il Sistema Paese alle necessità del nuovo mercato
globale ed alle diverse esigenze della società civile, più globalizzata e meno
“provinciale” di una ventina d'anni prima.
Il traguardo di un sistema politico più aderente alla volontà dei cittadini, non si è
ancora raggiunto, ma negli ultimi anni, a seguito di una forte protesta da parte
dell'opinione pubblica, e di un sentimento di “antipolitica”, maturatosi con l'elezione di
un terzo del parlamento, con voto a favore di un movimento che minacciava di azzerare
il sistema dei partiti, i due partiti principali, PD e parte dell'ex PDL, hanno deciso di
accordarsi per un governo di “larghe intese”, che ha trovato nel segretario del PD,
Matteo Renzi la giusta sintesi.
Attualmente alcune proposte, ancora solo paventate, ma mai realizzate, sono
diventate realtà, come l'abolizione delle Province, la riduzione del Senato ad organo
consultivo, sono tutti temi all'ordine del giorno di questo Governo.
Ma attualmente anche l'uscita dall'Europa, sembra essere all'ordine del giorno di
molte segreterie di partito e dello stesso Movimento Cinque Stelle, che
rappresenterebbe un terzo dell'elettorato italiano.
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Uscire dall'Europa, decidere di restare da soli in Europa e nel mondo, non ci darà ne
ricchezza immediata, ne ricchezza futura. Pensare di uscire dall'Europa significa avere
una visione ristretta della realtà economica globale, oppure significa abbracciare altre
alleanze, una prospettiva alla quale la gran parte degli italiani non ha ancora pensato, ma
per certi versi, oggi l'Italia parla più cinese e russo, che inglese o americano, forse per
qualcuno potrebbe essere una valida alternativa a questo sistema di alleanze, ma il ruolo
dell'Italia, difficilmente sarebbe migliore di quello che ha oggi in Europa e nella Nato.
Ma tornando alla legge di stabilità, non si può negare che rappresenti un momento
cruciale per la vita del Paese e soprattutto rappresenta l'esame finale, di un anno di
governo e la prospettiva di governare negli anni successivi.
Il mese di dicembre è il mese della resa dei conti, il governo presenta la legge di
stabilità e come è stato per una cattiva abitudine, da circa dieci anni, il Governo chiede
il voto di fiducia che, per i non addetti rappresenta, rappresenta una forma di ricatto, “se
non votate la legge di stabilità, andiamo tutti a casa”, un Parlamento che voti il suo
“suicidio”, non si è mai visto, soprattutto se consideriamo, che questi parlamentari non
hanno un bacino di voti personali e se sono in Parlamento, non dipende direttamente dai
cittadini, ma dalle segreterie di partito, che in caso di voto contrario alla legge,
potrebbero non ricandidare le stesse persone. Questo accade, perché la legge elettorale,
non prevede il voto diretto, ma un Parlamento nominato, che limita la democrazia, ma
favorisce la longevità dei Governi.
In questa legge le riforme sono davvero tante, riguardano il lavoro, le pensioni, la
bioedilizia, la riforma del patto di stabilità con i comuni, gli incentivi alle imprese, il
supporto alle famiglie, alleggerimento del carico fiscale per alcune categorie di
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contribuenti, sostegno al sistema produttivo ed alle imprese, rifinanziamento del fondo
per le missioni di pace. Ma la qualità di questa Legge di stabilità 2015, è un segno di
discontinuità con le leggi di stabilità precedenti, nonostante il rispetto dei parametri
europei e gli accordi per la stabilità dei conti e dei Governi, questo Governo ha investito
in una espansione dell'economia, troppo segnata dalla crisi economica, finanziaria e dal
rigore dell'Europa. Attraverso un percorso tra le leggi che la disciplinano, ed i motivi
che la determinano, abbiamo cercato di capire, conoscere e migliorare questa Legge di
Stabilità, sperando di esserci riusciti, con l'obiettivo di rendere questo tema, il più chiaro
e puntuale possibile. Ci apprestiamo quindi, a descriverne i punti salienti, dopo
un'attenta ricerca e selezione degli argomenti, a nostro parere importanti, per capire il
tema, in tutta la sua complessità.
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INTRODUZIONE
Per consentire un autentico governo del territorio risulta necessario approntare
manovre finanziarie di vasta portata. La legge finanziaria dovrebbe incidere sulla
distribuzione del carico fiscale e valorizzare al meglio il patrimonio dell’Italia,
cogliendo appieno ogni opportunità di investimento.
L’autonomia finanziaria, rappresenta il necessario complemento dell’autonomia
amministrativa.
Il bisogno che si avverte oggi è la possibilità di attuare attraverso la programmazione
di bilancio, interventi anche di medio e lungo periodo con effetti in tutti i campi, da
quello sociale a quello economico. Per far fronte a queste esigenze è necessario
individuare altre, diverse forme di finanziamento.
Il processo di riforma è stato avviato, ma è ancora presto per poter stabilire, quando
avverrà la sua completa attuazione.
Ciò ha determinato una situazione di grande incertezza e criticità cui, finora, non
sono state date risposte esaurienti. Di fatto le contemporanee esigenze di risanamento
della finanza pubblica e di rispetto dei vincoli internazionali, imposti dall’ingresso nella
moneta unica, hanno creato effetti che rischiano, se non risolti alla radice, di essere
difficilmente governabili.
Notevole è stato, in questi anni, il contributo prestato dal sistema delle autonomie, al
risanamento del bilancio dello Stato, così come lo sforzo per contribuire al rispetto dei
parametri di Maastricht. Ma complice la debolezza del Governo Europeo, l'ambigua
posizione di tutti gli Stati membri, rispetto alle alleanze commerciali, militari e
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politiche, con gli Stati fuori extraeuropei, il processo di unificazione, subisce di tanto in
tanto delle battute di arresto.
Ultimamente, si sono verificate in tutta l'Unione, sentimenti separatisti, cavalcati da
piccole entità politiche, di solito con matrici nazionaliste, a causa del calo della
produzione economica in Europa.
Ma il “cittadino medio europeo”, non si interroga di economia, non studia i
fenomeni che hanno portato a questo rallentamento economico, guarda solo alla realtà,
alle aziende che chiudono, ai servizi che diminuiscono, all' insicurezza che aumenta, al
lavoro che sembra essere solo laddove viene pagato meno, ad una globalizzazione che
sembra aver fatto solo danni, ad un'Europa che chiede sacrifici, da quando abbiamo
accettato di farne parte, e quindi, siccome siamo sempre in una democrazia ed i voti, per
i politici sono “denaro contante”, chiunque alzi la voce, chiunque sia in grado di
intercettare quei voti, sarà disposto a mentire, pur di ottenere i voti della protesta, del
diniego, della rabbia e della disinformazione.
Probabilmente alcune regole, in ambito europeo, andrebbero riviste, forse alcuni
parametri dovrebbero essere “rinegoziabili”, alcune regole dovrebbero tenere conto
delle aree sociali, geografiche, culturali, economiche e generazionali, che vanno a
colpire. Alcune scelte risentono troppo del territorio in cui vanno ad intervenire, non
possono calare dall'alto. Alcune decisioni prese in sede europea, in passato hanno
favorito alcune organizzazioni criminali. Spesso alcune scelte comunitarie producono
spreco di risorse. L'Europa non può tirarsi indietro, non può ignorare, ma non può
nemmeno aspettare che sia l'economia mondiale a decidere il suo destino. La crisi
finanziaria è un esempio.