1
INTRODUZIONE
Il presente lavoro si incentra sul Covenant of Mayor, ovvero sul Patto dei Sindaci,
un’iniziativa, promossa e sostenuta dall’Unione Europea, che mira a rendere gli Enti locali
parte attiva nella lotta ai cambiamenti climatici.
Come primo passo (v. capitolo I) prenderò in esame le principali tappe che hanno
portato l’Unione Europea ad assumere una posizione di rilievo in tale contesto a livello
internazionale. A questo scopo l’U.E. ha intrapreso specifiche politiche per coinvolgere gli
Enti locali, ovvero i soggetti politici più vicini alla cittadinanza. Tra queste iniziative, una
delle più importanti (v. capitolo II) è il “Patto dei Sindaci”, un accordo volontario che
impegna i firmatari ad individuare, previo un attento esame del proprio territorio, le
modalità più idonee per incoraggiare il risparmio energetico, l’efficienza dei consumi e la
produzione di energia da fonti alternative.
Una problematica cruciale è la copertura finanziaria di un’eventuale adesione al
“Patto dei Sindaci” per la quale l’U.E. ha istituito diversi strumenti che verranno passati in
rassegna nel capitolo III.
Lo strumento operativo utilizzato per raggiungere gli scopi indicati è il Piano
d’Azione per l’Energia Sostenibile (P.A.E.S.), che è il documento attuativo del Patto dei
Sindaci. Il P.A.E.S. (v. capitolo IV) conterrà una sorta di fotografia della situazione effettiva
del territorio, ovvero i consumi del territorio suddivisi per macroclassi tematiche (il c.d.
Baseline Emission Inventory, B.E.I.), da cui si parte per individuare le criticità e le
potenzialità su cui far leva e le azioni da intraprendere.
Il lavoro si sposterà poi su un piano concreto e locale in modo da poter dare
concretezza a quanto fino a questo punto ho trattalo solo in maniera teorica. In seguito ad
una breve introduzione (v. capitolo V) che ho utilizzato per presentare brevemente il
territorio spezzino, il capitolo VI sarà dedicato al P.A.E.S. del Comune Santo Stefano di
Magra, con particolare attenzione alle macroclassi residenziale e dei trasporti, quelle
quantitativamente più significative. Per completezza ho anche approfondito la struttura e
l’evoluzione della popolazione di Santo Stefano di Magra riconoscendola elemento critico
e rilevante per una migliore sostenibilità del territorio.
Infine il capitolo VII affronterà il tema dell’illuminazione pubblica e del riscatto
delle reti all’interno della Provincia della Spezia, che costituisce un elemento di estremo
2
interesse all’interno dei P.A.E.S. e che è stato anche oggetto di approfonditi studi da parte
dell’ENEA (progetto Lumiere) in quanto può diventare elemento trainante per un reale
miglioramento delle condizioni di vita dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
3
CAPITOLO PRIMO - LE PREMESSE AL PATTO DEI SINDACI
1.1 Verso la consapevolezza dei problemi ambientali
L’atteggiamento verso i problemi ambientali causati dall’inquinamento è stato per
lungo tempo di mera accettazione come inevitabile costo della Rivoluzione Industriale e
del conseguente sviluppo di una società in crescita economica. Le città interessate da tale
fenomeno subirono, a partire dalla fine del diciottesimo secolo, profonde alterazioni nella
loro struttura e nelle condizioni di vita della loro popolazione. Questa impostazione risulta
in modo chiaro dalle opere degli scrittori dell’epoca, quali C. Dickens e W. Blake che
descrissero nelle loro opere la difficile realtà del tempo, e la accettarono come il costo
sociale ed ambientale dello sviluppo (v. De Luca ed altri, 1997).
Solo nel ventesimo secolo l’atteggiamento verso i problemi ambientali che
influiscono in modo diretto sulla vita dell’uomo si modificò in maniera profonda. Un
esempio è la pubblicazione nel 1962 del libro “Primavera Silenziosa” di R. Carson
1
(v.
Carson 1999) in cui l’autrice, biologa e zoologa statunitense, esprime la preoccupazione
per l'uso dei nuovi pesticidi ed in particolare il DDT, il cui uso sconsiderato danneggia la
vita di molte specie animali. Il titolo dell’opera, infatti, fa riferimento all’ipotetico silenzio
di una primavera senza uccelli a causa dei danni arrecati alle loro uova dal DDT che ne
rende molto difficoltosa la schiusa. Il grande merito della Carson è stato quello di aver
permesso ai cittadini americani e del mondo intero di venire a conoscenza dei problemi
ambientali e di acquisire la consapevolezza che l’ambiente è un fragile ecosistema da
tutelare e proteggere. Pertanto l’inquinamento e le sue conseguenze sull’ambiente hanno
cominciato a non venire accettate come costo dello sviluppo.
“Primavera Silenziosa”
2
(Silent Spring) venne fortemente osteggiato da parte
dell’industria chimica, del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, e anche da gran
parte dei mass media, ma nello stesso tempo, ottenne molte recensioni positive generando
il primo grande dibattito su tali tematiche. In quegli anni si sviluppò un forte movimento
ambientalista che consacrò il testo della Carson come suo manifesto e che da allora
1
Rachel Louise Carson nasce nel 1907 a Springdalee e muore di cancro al seno a soli 56 anni, senza la
soddisfazione di assistere alla messa al bando del DDT negli USA. Nel 1980 venne premiata alla memoria
con la Medaglia Presidenziale della Libertà, il più alto grado di onore civile negli Stati Uniti. nel 1964. Per
approfondimenti vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Rachel_Carson
2
http://it.wikipedia.org/wiki/Primavera_silenziosa
4
sostiene la necessità di emancipare l’ambiente dalla subordinazione rispetto all’economia,
ponendo le due sfere almeno sullo stesso piano. Il “Rapporto sui limiti dello sviluppo”
commissionato dal Club di Roma e pubblicato nel 1972 costituisce un ulteriore testo
significativo nel cammino verso la consapevolezza dei problemi ambientali. Questo
rapporto utilizza una simulazione al computer per prevedere le conseguenze
sull'ecosistema terrestre della crescita della popolazione. Infatti, esso sostiene che,
nell’ipotesi in cui rimangano inalterati gli attuali tassi di crescita della popolazione,
dell'industrializzazione, dell'inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento
delle risorse, si raggiungeranno entro i prossimi cento anni i limiti dello sviluppo della vita
sul pianeta Terra. Da tale studio emerge anche la possibilità di intraprendere iniziative per
modificare tali attuali tassi di sviluppo al fine di giungere ad una condizione di
sostenibilità ambientale accettabile anche dal punto di vista economico.
Pertanto, a partire dagli anni ’70 si assiste ad un progressivo accoglimento a livello
di opinione pubblica generale e a livello di istituzioni nazionali ed internazionali delle
istanze del movimento ambientalista. Si comincia a comprendere, ovvero, l’importanza di
un uso oculato delle risorse naturali e di un buono stato di salute dell’ambiente naturale.
In quest’ottica l’acquisita consapevolezza dei problemi ambientali ha indotto molti Paesi
industrializzati ad intraprendere un percorso di incontri e seminari, che iniziano
ufficialmente nel 1972 con la prima Conferenza Mondiale sull’Ambiente Umano tenutasi
nella città di Stoccolma. In tale sede e per la prima volta emerse, a livello mondiale, la
consapevolezza che le azioni umane hanno conseguenze ambientali devastanti e da allora
si pose maggiore attenzione alla difesa dell’ambiente. I frutti di queste riflessioni si
concretizzarono quindici anni dopo nel Rapporto Brundtland (WCED, 1987) in cui, come è
noto, venne espresso per la prima volta il concetto di Sviluppo Sostenibile, «uno sviluppo
che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di
soddisfare i propri bisogni». Tale definizione è molto ampia ed evidenzia vari concetti, tra i
quali l’idea di ambiente inteso come bene di tutti gli esseri umani inclusi quelli che devono
ancora nascere (concetto di equità intergenerazionale). Pertanto occorre agire con
intelligenza e generosità verso i nostri figli e nipoti per lasciare loro un mondo ancora ricco
di risorse di cui godere e non soltanto di danni a cui porre rimedio.
5
1.2 “Salvare la Terra. Manifesto dei doveri e diritti dell’uomo per la tutela
dell’ambiente e dei valori sociali della civiltà contemporanea
“Salvare la Terra. Manifesto dei doveri e diritti dell’uomo per la tutela
dell’ambiente e dei valori sociali della civiltà contemporanea” è una raccolta, ad opera di
N. Panepinto, di numerose testimonianze di esponenti del mondo politico internazionale
circa la questione ambientale e le problematiche da essa derivanti. Esso venne scritto e
pubblicato nel 1991 sulla scia del Rapporto Brundtland e i suoi contenuti molto
all’avanguardia per quegl’anni evidenziano problematiche ancora oggi attuali e che, in
alcuni casi, indicano la necessità di iniziative a carattere locale che troveranno la loro
concretizzazione solo nel 2007 con l’iniziativa del Patto dei Sindaci.
Come scrive efficacemente l’allora sindaco di Ascoli Piceno A. Ciccanti, fino al
momento attuale l’ambiente non è stato considerato come un bene economico ma come un
qualcosa di gratuito a disposizione di tutti e a cui, pertanto, non spettano specifiche norme
di tutela. Ormai siamo consapevoli che non è più pensabile trascurare gli effetti delle
azioni umane sull’ambiente perché esse sono causa di danni irreparabili
3
.
In accordo con tale affermazione, F. De Lucia, sindaco di Bari, ribadisce come oggi
l’opinione pubblica si sia resa conto dei danni provocati all’ambiente dall’irresponsabile
comportamento umano e della conseguente necessità per tutti, ognuno in relazione al
proprio livello di responsabilità, di impegnarsi con serietà in quella che definisce la più
autentica delle battaglie civili
4
.
Anche G. Zaccarelli, sindaco di Bergamo, insiste sull’urgenza di iniziative di tutela
ambientale non definite solo a livello di governi ed organismi internazionali ma anche e
3
«uno dei motivi della lentezza con cui sono state affrontate le problematiche ambientali è stato il ritardo nel
considerare l’ambiente come un bene economico con cui si interagisce giornalmente. La legge infatti tutela
alcuni diritti molto personali del singolo e le cose che gli appartengono, ma quando le cose non sono di
nessuno restano in qualche modo fuori della tutela. Ma è ormai giunto il momento in cui non è più così facile
considerare lontani i riflessi sull’ambiente e sui fattori ambientali prodotti da particolari tecnologie, ciò che
succede a Bhopal o a Seveso o a Chernobyl pur se appartenenti alla nostra periferia di ambiente sono
drammaticamente vicini on le loro spiacevoli conseguenze» (Panepinto, 1991, pag 245)
4
« I guasti, conseguenza inevitabile di tutto ciò, non si fanno attendere, anzi crescono sempre di più e
finalmente l’opinione pubblica prende coscienza del problema, cresce l’aspirazione a condizioni ambientali
migliori, perché si migliori la qualità della vita. E’ un obiettivo al quale dobbiamo puntare tutti
impegnandoci seriamente, ad ogni livello di responsabilità e l’iniziativa della pubblicazione del Manifesto
dei doveri e diritti dell’uomo per la tutela dell’ambiente e dei valori sociali della civiltà contemporanea ne è
un ulteriore conferma ma soprattutto un utile contributo per quanti avvertono l’urgenza di impegnarsi in
questa che, a ragione, è la più autentica delle battaglie civili che vede coinvolto ognuno di noi. » (Panepinto,
1991, pag 247)
6
principalmente svolte dai cittadini e, in particolare dalle nuove generazioni che devono,
pertanto, essere informate ed educate al rispetto dell’ambiente e dei grandi valori sociali
5
.
L’importanza del coinvolgimento dei singoli è anche sottolineata da A. Stingl,
sindaco di Graz, che definisce la responsabilità del singolo per il mantenimento e il
risanamento dell’ambiente importante quanto quella dei managers industriali, degli
agricoltori e degli urbanisti
6
.
Il sindaco di Wellington, J. Belich sintetizza molto bene l’opinione sua e di molti
altri rappresentanti indicando che le soluzioni riguardo i problemi ambientali vanno
pensate a livello globale, quindi internazionale, ma la loro attuazione deve avvenire a
livello locale, coinvolgendo quindi i singoli cittadini nelle loro scelte di vita quotidiana
7
.
1.3 Le istituzioni internazionali e la tutela dell’ambiente
1.3.1 Rio de Janeiro (1992)
A Rio de Janeiro si è tenuta nel 1992 la prima conferenza internazionale sui
cambiamenti climatici nota come Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo
Vertice della Terra
8
. Essa risponde all’esigenza avvertita a livello internazionale di
progettare iniziative concrete per la riduzione delle emissioni di gas serra (anidride
carbonica ed altri cinque gas, ovvero metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi,
perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo). Durante la conferenza di Rio sono state definite
alcune convenzioni e dichiarazioni di principi tra i centottantasei Paesi partecipanti. In
5
« La tutela dell’ambiente non va più intesa come un argomento di dibattito di élite, come appannaggio di
una certa parte dell’ecologia militante con denunce, riflessioni, polemiche. Si tratta ormai di una questione
vitale che deve coinvolgere ad ogni livello la popolazione di tutto il mondo, affinché gli imminenti Anni
Duemila non vedano una serie di sconfitte irreparabili, dai buchi nell’ozono all’effetto serra, dai
disboscamenti selvaggi alla non vivibilità delle moderne metropoli. E’ una responsabilità di governi e di
organismi internazionali, ma è anche una questione di informazione e di educazione dei singoli cittadini. La
speranza, tutta la speranza del mondo, è riposta nelle nuove generazioni; contribuire alla loro formazione
nel campo del rispetto dell’ambiente, e quindi dei grandi valori sociali, è opera molto più che meritoria: è
indispensabile. » (Panepinto, 1991, pag 247)
6
«Il necessario mutamento dei provvedimenti per il mantenimento e il risanamento dell’ambiente è in
relazione col grado di coinvolgimento dell’uomo e della società. Sia chiaro che il singolo ha la stessa
responsabilità dei managers industriali, degli agricoltori o degli urbanisti. » (Panepinto, 1991, pag 272)
7
Intervento di J. Belich, Sindaco di Wellington, 1991
« I danni ambientali, continui e disastrosi, inducono sempre più i cittadini di questo Paese e di questa città,
bella e unica a “pensare globalmente, agire localmente”. La sostenibilità è la parola d’ordine, poiché gli
scienziati ci avvertono delle terribili conseguenze della deforestazione, della distruzione dello strato di
ozono e del riscaldamento globale» (Panepinto, 1991, pag 288)
8
http://www.ecoage.it/conferenza-rio-de-janeiro-1992.htm
7
particolare, di estrema importanza è stata l’elaborazione dell’Agenda 21, un Programma
d’Azione per il XXI secolo che, per la prima volta delinea azioni circoscritte ad aree
relativamente piccole con lo scopo di coinvolgere le realtà locali in modo più incisivo.
1.3.2 Conferenza di Aalborg (1994)
La conferenza tenutasi ad Aalborg nel 1994 rappresenta la risposta concreta
dell’Europa alle direttive di Rio de Janeiro e in particolare all’Agenda 21. Infatti, in tale
sede, per la prima volta l’Europa ha individuato e sottolineato il ruolo chiave assunto dalla
città nel cammino verso la sostenibilità ambientale. Per rendere concreti gli accordi di
Aalborg è stata in seguito avviata la Campagna Europea città sostenibili rivolta agli Stati
membri dell’U.E. che hanno scelto di aderire alla Carta di Aalborg. Tutto questo con
l’evidente scopo di coinvolgere i territori e gli stakeholders locali in modo più diretto ed
immediato di come era stato fatto in precedenza. Pertanto tutte le azioni programmate
sono ora circoscritte ad aree più piccole che si ritiene possano più giungere a risultati
concreti con minori difficoltà. In seguito a tali accordi gli Stati aderenti si impegnano ad
attuare l’Agenda 21 a livello locale, ad elaborare piani a lungo termine per uno sviluppo
durevole e sostenibile e ad avviare campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione
su temi ecologici. Per realizzare il progetto di Aalborg ed attuare concreti interventi sul
territorio, sono stati in seguito previsti strumenti a livello internazionale, da introdurre poi
nei contesti più specifici sia nazionali che locali. Essi vengono definiti strumenti operativi
(indicatori, sistemi di gestione ambientale, Valutazione di Impatto Ambientale,
certificazioni ambientali quali EMAS, ecc) e socio-politici (partecipazione, consenso,
cooperazione).
1.3.3 Il Protocollo di Kyoto (1997)
Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale volto a contenere le emissioni in
atmosfera dei gas prodotti da tutte le attività umane, che secondo una grande parte del
mondo scientifico potrebbero indurre significativi cambiamenti del clima del nostro
pianeta, e che potrebbero avere gravi, o addirittura catastrofiche conseguenze per gli
insediamenti umani o più in generale per la vita sul pianeta. In realtà la conferenza di
Kyoto si è configurata più che altro come un evento mediatico (vi parteciparono ben
10.000 fra delegati, osservatori e specialisti), volto a dare rilievo e solennità alla firma di un
8
protocollo di accordo fra i centosessanta paesi partecipanti, che era stato preparato in
precedenza fra le delegazioni governative stesse. Negli accordi di Kyoto i Paesi
partecipanti hanno programmato di ridurre nel periodo 2008-2012 le emissioni
complessive di gas serra di un valore globale di almeno il 5,2% rispetto ai valori che esse
assumevano nel 1990. Gli impegni di Kyoto vengono peraltro assunti solo dai Paesi più
industrializzati, in quanto essi si riconoscono storicamente responsabili dell'aumento di
gas serra finora registrato. Il protocollo non impegna infatti i Paesi in via di sviluppo,
compresi quelli molto popolosi quali India e Cina, proprio per non ostacolarne lo
sviluppo, anche se nell'accordo si auspica che anche questi Paesi partecipino in modo
volontario a iniziative volte alla riduzione delle emissioni. Il protocollo avrebbe dovuto
comunque essere ratificato in via definitiva dai singoli governi entro il 2005, e in ogni caso
sarebbe entrato in vigore solo a seguito della ratifica da parte di almeno cinquantacinque
degli stati aderenti, e con l'ulteriore condizioni che le emissioni globali degli aderenti
costituissero almeno il 55% delle emissioni totali.
Solo nel 2005 con l’adesione della Russia (e il suo 18% di emissioni) l’accordo è
entrato in vigore in modo definitivo perché si è raggiunto il livello minimo stabilito. E’ da
sottolineare che gli Stati Uniti, che sono responsabili del 36% delle emissioni mondiali, non
hanno ratificato il Protocollo di Kyoto. Esso, oltre ad indicare la necessità di interventi per
ridurre il gas serra e a determinare gli obbiettivi di riduzione a carico di ciascun aderente,
introduce degli strumenti per conciliare le esigenze di contenimento delle emissioni con
quelle di mantenimento di una adeguata dinamica di sviluppo economico.
Complessivamente gli strumenti indicati si basano sulla consapevolezza che l'effetto serra
sia un problema globale, che i benefici di riduzione sono indipendenti dal luogo in cui essi
sono conseguiti e che quindi è vantaggioso dal punto di vista economico realizzarli nei
luoghi in cui i loro costi marginali sono minori. Tali strumenti sono di tre tipi: di
compensazione, di "basket" ed economici.
Gli strumenti di compensazione riguardano i cosiddetti carbon sink, cioè la
possibilità di compensare le sorgenti di CO2 con dei "pozzi" (sink) naturali di
assorbimento, costituiti per esempio da foreste o coltivazioni che riutilizzino il gas serra
prodotto.
9
Gli strumenti di basket prevedono che la riduzione complessiva possa essere
considerata come la somma delle singole riduzioni dei sei gas serra sopra citati,
opportunamente convertiti in CO2 equivalente.
Tra, gli strumenti economici i principali sono il Clean Development Mechanism e
l’Emission Trading. Il loro scopo è creare un mercato nel quale si comprano e si vendono
delle quote di emissione di questi gas. Si prevede di assegnare ad ogni Stato una quota
stabilita di emissioni e gli Stati più virtuosi possono cedere, dietro corrispettivo, i loro
diritti non utilizzati, a Paesi che hanno più difficoltà ad abbattere i costi di inquinamento
(v Schotter, 2001)
Il Clean Development Mechanism (CDM) consente ai paesi industrializzati di ottenere crediti
di emissioni realizzando, nei paesi in via di sviluppo, progetti che producono benefici in
termini di riduzione delle emissioni di gas serra e di sviluppo socio-economico dei paesi
ospiti.
L’Emission Trading (ET), che consente lo scambio di crediti di emissione fra Paesi
industrializzati, e più in particolare fra le imprese dei singoli Paesi. Essi (o le imprese) che
hanno conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al
proprio obbiettivo programmato, ottengono dei crediti che possono cedere ai Paesi che
non sono in grado di rispettare i propri impegni. Il meccanismo dell’Emission Trading è
entrato in vigore nel Paesi dell’Unione Europea a partire dal primo gennaio 2005 con il
recepimento della Direttiva 2003/87/CE ed in Italia è stato introdotto solo nel Febbraio del
2006. Il sistema per lo scambio delle quote di emissione si applica per il momento,
esclusivamente alle emissioni di CO2, e coinvolge solo i settori produttivi più energivori,
cioè quello termoelettrico, quello della raffinazione del petrolio e quelli della produzione
di cemento, acciaio, carta, vetro e ceramica. Le aziende inserite in questo progetto, nel
complesso responsabili di circa il 45% delle emissioni continentali di anidride carbonica,
sono soltanto 11.000 in tutta Europa e questo permette di coinvolgerle in modo abbastanza
semplice nella fase sperimentale del progetto stesso.
Nel primo triennio (2005-2007) i permessi sono stati assegnati a titolo gratuito
mentre in un secondo momento le quote sono state definite da un Piano Nazionale di
Allocazione (P.N.A.) che ogni Stato ha sottoposto all'approvazione della Commissione
Europea. Sulla base del P.N.A. ogni gestore d'impianto, alla fine di ogni anno, deve
consegnare permessi di emissione in misura uguale alle emissioni effettivamente rilasciate