portare l’azienda alla crisi o, addirittura, alla sua sua 
cessazione.  
Il presente lavoro si pone, pertanto, l’obiettivo di 
analizzare le strategie e gli strumenti che consentono di 
garantire il successo del ricambio generazionale, andando 
a definire tutti quegli aspetti che altrimenti sarebbero 
lasciati al caso: dalla divisione delle quote societarie, al 
percorso di studio e carriera dei figli, dal "chi" far entrare 
in azienda, alle competenze richieste per una sua gestione.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 4 
Capitolo 1 – Dall’impresa di famiglia al 
family business 
 
1.1 – Premessa 
 
Il punto di partenza dell’analisi dell’impresa di 
famiglia non può che essere l’identificazione dei 
mutamenti avvenuti nel contesto esterno, i cosiddetti 
“shock esogeni”, che hanno condizionato il percorso 
recente dell’economia italiana, come delle altre economie 
avanzate: il cambiamento del paradigma tecnologico, 
portato dalle nuove tecnologie dell’informazione e della 
comunicazione; la “globalizzazione”, ovvero 
l’integrazione mondiale dei mercati reali e finanziari; il 
processo di integrazione europea, culminato con 
l’introduzione della moneta unica. Questi tre cambiamenti 
hanno avuto una conseguenza comune: un forte e 
repentino aumento della pressione concorrenziale. Ciò è 
disceso sia dall’entrata massiccia sui mercati mondiali di 
beni e servizi a più basso costo provenienti dai paesi 
emergenti, che ha riguardato soprattutto le imprese dei 
settori tradizionali a più alta intensità di lavoro non 
qualificato, sia dalla necessità di tenere il passo delle 
imprese più pronte a sfruttare i guadagni di efficienza 
consentiti dalla rivoluzione tecnologica, sia, infine, 
dall’allargamento del mercato unico europeo e 
dall’impossibilità di recuperare competitività di prezzo 
attraverso deprezzamenti del cambio nominale. 
 5
Sebbene qualitativamente simili, le conseguenze di 
questi shock variano tra i paesi avanzati per la dimensione 
dell’impatto, che è dipeso dalle specifiche caratteristiche 
strutturali dell’economia: per l’Italia esso è stato 
complessivamente più pesante. I dati aggregati mostrano 
una situazione di preoccupante ritardo di crescita, evidente 
nei difetti di efficienza del sistema produttivo e di 
competitività dei prodotti italiani. I deboli segnali di 
miglioramento intravisti nel biennio 2006-07 sono ora resi 
più incerti dalla crisi economica e finanziaria che in questi 
ultimi due anni sta attraversando le economie di tutto il 
mondo. 
Considerando le informazioni microeconomiche, il 
quadro statistico risulta più variegato e meno negativo: nei 
dati sulla demografia di impresa, nell’analisi della 
distribuzione della performance tra imprese, nell’evidenza 
raccolta con le interviste agli imprenditori si colgono 
segnali di ristrutturazione di parte delle imprese italiane. 
Vi sono fattori interni alle imprese italiane che, pur 
avendo origini lontane, le rendono più vulnerabili ai 
cambiamenti del contesto internazionale. In primo luogo, 
sono carenti lo sforzo innovativo e l’adozione di nuove 
tecnologie, motore degli incrementi di produttività.  
Nelle imprese italiane risultano contenuti sia 
l’investimento in ricerca e sviluppo sia l’output 
innovativo, per effetto di una specializzazione settoriale 
sbilanciata verso produzioni tradizionali a basso contenuto 
tecnologico, di un’elevata frammentazione produttiva, che 
rende difficile sfruttare le economie di scala insite 
nell’attività di ricerca, e di una carenza di lavoratori 
 6 
qualificati. In secondo luogo, le imprese italiane non sono 
state pienamente partecipi del processo di 
internazionalizzazione: vi è una stretta correlazione tra 
esportazioni e disponibilità di impianti produttivi 
all’estero, da un lato, e propensione all’innovazione, 
qualificazione della forza lavoro e attitudine a realizzare 
cambiamenti organizzativi, dall’altro. L’integrazione dei 
mercati globali offre nuove opportunità alle imprese 
internazionalizzate, che in Italia tendono a diventare più 
produttive sia perché esposte a pressioni concorrenziali 
maggiori sia per la possibilità di acquisire dai concorrenti 
esteri tecnologie migliori e dai clienti esteri suggerimenti 
utili al rinnovamento della gamma dei loro prodotti. Sulla 
performance dell’economia italiana incide la struttura 
proprietaria delle imprese, largamente dominata dalle 
imprese familiari.  
Nonostante i significativi mutamenti nel quadro 
normativo e istituzionale, ormai non dissimile da quello 
dei principali paesi sviluppati, gli assetti proprietari e di 
controllo del sistema produttivo italiano sono cambiati 
poco nell’ultimo quindicennio, specie per quanto concerne 
le società non quotate. Gli elevati benefici privati del 
controllo potrebbero aver spinto i proprietari delle imprese 
familiari a privilegiarne il mantenimento nel lungo 
periodo rispetto al rafforzamento della profittabilità e 
della crescita. Queste scelte fondamentali – quanto 
innovare, se e come andare all’estero, quale struttura 
proprietaria – sono di stretta pertinenza delle imprese, ma 
riflettono largamente le politiche pubbliche. 
 7
Tra le molte ragioni che possono spiegare la 
persistenza di un modello produttivo basato su piccole 
imprese vi è la carenza di risorse manageriali e 
organizzative, segnalata dal 28% delle imprese industriali 
che giudicano piccola la propria dimensione. Questo 
rimanda alle caratteristiche degli imprenditori e dei 
manager e alla natura prevalentemente familiare delle 
imprese italiane.  
Le aziende a controllo familiare costituiscono uno 
dei fattori fondamentali di sviluppo dell’economia italiana 
del secondo dopoguerra. Il mutato contesto economico 
richiede tuttavia che si rafforzino anche altre forme di 
controllo. Le imprese familiari infatti tendono a 
caratterizzarsi per una forte prudenza nelle decisioni 
strategiche che consegue dalla sostanziale coincidenza tra 
patrimonio familiare e di impresa; allo stesso modo, esse 
hanno una bassa propensione a ricorrere a management 
esterno, anche quando scarseggino le risorse manageriali 
all’interno della famiglia proprietaria. Queste 
caratteristiche, poco penalizzanti in periodi di crescita 
stabile e regolare, possono costituire uno svantaggio più 
rilevante quando il sistema economico è soggetto a shock 
del tipo di quelli discussi in precedenza.  
Appare evidente dunque, il bisogno di delineare 
misure che sollecitino le imprese ad accrescere la loro 
dimensione, superando una visione restrittiva del controllo 
familiare. Non è compito facile perché investe attitudini 
radicate e la stessa cultura imprenditoriale prevalente nel 
Paese, ma la diffusione di forme di controllo diverse da 
quello familiare e il sostanziale ispessimento della 
 8 
componente medio - grande della struttura dimensionale 
delle imprese appaiono condizioni cruciali per la 
sopravvivenza del sistema produttivo italiano. Questo 
obiettivo può essere perseguito nel disegno dei 
meccanismi di incentivo, creando le risorse manageriali e 
organizzative di cui le imprese talora denunciano la 
carenza, facilitando lo sviluppo sia di strumenti come il 
private equity  che di operazioni di leverage, per il ruolo 
positivo che possono giocare nelle fasi di transizione, 
come ristrutturazioni e ricambi generazionali, oltre che 
nell’accompagnare l’attività innovativa e 
l’internazionalizzazione
1
.  
 
 
1.2 – La rilevanza economico – sociale delle 
imprese familiari 
 
Nell’ultimo decennio l’economia italiana ha segnato 
il passo, sia in prospettiva storica sia rispetto ai principali 
paesi europei.  
Attualmente sono circa 300 mila le imprese di 
famiglia a rischio in Italia, con un forte impatto 
sull’occupazione: circa 65 mila posti in meno. Anche se 
oltre un’impresa su tre è ottimista, una su quattro prevede, 
se la crisi si aggrava, di non riuscire a completare il 
passaggio generazionale e di dover chiudere prima. In 
Italia, ogni anno, circa un giovane su 8 trova lavoro 
                                                 
1
 AA.VV. (2009), “Rapporto sulle tendenze nel sistema produttivo 
italiano”, 45, Banca d’Italia, Aprile 
 9
nell’impresa di papà, tra assunzioni, ma anche creazione 
di piccole imprese. Il posto di lavoro come successore 
nell’impresa di famiglia è diffuso soprattutto al sud -  pesa 
il 14% sui posti di lavoro del settore privato a Palermo e 
l’11% a Napoli - un po’ meno nel resto d’Italia - il 10% a 
Milano e l’8% a Roma -.   
Una realtà tutta italiana quella dell’impresa 
familiare e generazionale: sono 4 milioni sul territorio le 
imprese gestite col coinvolgimento dei parenti più stretti e 
oltre un quarto, circa 1,2 milioni, sono ancora attive grazie 
all’ingresso dei figli. Dal confronto europeo emerge come 
la tradizione familiare in Italia sia il motivo più sentito 
nella creazione d’impresa in un caso su quattro (26%), 
rispetto al dato europeo (23%). Che crea all’economia 
italiana un vantaggio competitivo di quasi 3 miliardi di 
euro ogni anno
2
.  
Da questo quadro emerge come il passaggio 
generazionale in un’impresa familiare sia un punto di 
cruciale importanza per la sopravvivenza dell’impresa, un 
momento di svolta da affrontare non come momento di 
crisi e di difficoltà, ma come un’opportunità da sfruttare 
per dare nuovo slancio e continuità all’impresa.  
Ma l’Italia non è l’unico paese al mondo in cui il 
numero delle imprese familiari è così elevato, le aziende 
familiari, infatti, sono la forma più comune di impresa a 
livello mondiale. Secondo il Family Firm Institue circa 
                                                 
2
 Ricerca effettuata per conto della Camera di Commercio di Milano 
dall'unità indagini demoscopiche di Cedcamera – Camera di 
Commercio di Milano con metodo CATI (Novembre 2008), 
disponibile su http://tuttocamera.mi.camcom.it  
 10 
l’80-90% delle imprese attive nel mondo sono aziende di 
tipo familiare (Tabella 1), alcune sono gigantesche, si 
pensi per esempio al colosso della grande distribuzione 
americana Wal-Mart, mentre la maggioranza assume 
dimensioni medio - piccole. 
In Italia circa il 90% delle imprese sono di tipo 
familiare, come risulta dalla Tabella 1. Si tratta di imprese 
in cui la famiglia è profondamente coinvolta nell’attività 
d’impresa: 
 nel 26% dei casi i familiari ricoprono ruoli 
manageriali; 
 nel 45% dei casi curano gli aspetti produttivi; 
 nel 55% dei casi si occupano degli aspetti 
commerciali; 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 11
TABELLA 1 – IL PESO DELLE IMPRESE FAMILIARI NEL 
MONDO 
 
Fonte: Singer P. (2005), “Il passaggio generazionale nell’impresa 
familiare tra continuità e cambiamento”, Giappichelli, Torino 
 
 12 
e in cui l’imprenditore: 
 si occupa prevalentemente della gestione nel 70% 
dei casi; 
 cura gli aspetti produttivi nel 27%; 
 cura gli aspetti commerciali nel 35%. 
Questi dati sono confermati anche dalla ricerca 
condotta dalla Banca d’Italia nel 2005 sui dati del 2003 
secondo cui le imprese di tipo familiare in Italia sono più 
di 5 milioni in quanto: 
 il 40% delle imprese italiane non ha più di 2 soci; 
 l’80% non ha più di 5 soci; 
 il 75% dei soci sono persone fisiche; 
 nel 64% dei casi tra i soci intercorrono legami di 
parentela; 
 nel 22% dei casi un socio ha il controllo assoluto 
dell’impresa, mentre nel 45% dei casi questo è 
riconducibile a gruppi familiari
3
. 
Tenendo presente che, secondo studi recenti, il 30% 
delle imprese familiari sopravvive al passaggio alla 
seconda generazione e solo il 15% supera la seconda 
generazione, appare evidente che la questione della 
successione costituirà, nei prossimi anni, una delle 
minacce più pericolose per la continuità delle imprese 
familiari
4
.  
 
                                                 
3
 Mazzoleni, M. (2009), “Il passaggio generazionale nelle PMI”, 
disponibile su: www.holinpart.it 
4
 Gallucci, C. Gentile, G. (2006), “La transizione generazionale nelle 
imprese familiari. Primi risultati di un’indagine sul campo”, 
Esperienze d’impresa, N°1 
 13
Per comprendere meglio i risultati a cui si è 
pervenuti, è utile esaminare la tabella di seguito riportata:  
 
TABELLA 2 – IL PESO DELLE IMPRESE FAMILIARI IN ITALIA 
Settore Totale Imprese Imprese Familiari % 
Agricoltura e 
pesca 
1.282.788 1.154.509 90 
Attività 
manifatturiere 
87.628 804.658 92 
Commercio 1.632.639 1.458.701 91 
Altre attività 
e servizi 
2.040.799 1.795.903 88 
Totale 5.830.854 5.240.771 90 
Fonte: Zocchi W. (2004), “Il family business”, Il Sole 24 Ore, Milano, 
p.14 
 
Da questi dati è facile intuire come in Italia le 
imprese familiari assumono un ruolo di primo piano nella 
creazione della ricchezza nazionale. 
È invece più sorprendente il dato di altri Paesi. 
Infatti, come accennato prima, spesso si ritiene, 
erroneamente, che la percentuale di imprese familiari, in 
Italia, sia molto più alta che altrove. In realtà, un po’ 
ovunque il dato si attesta mediamente intorno al 90%, 
persino negli Stati Uniti, considerati la patria delle Public 
Company a capitale diffuso, dove le imprese familiari 
passano per il 60% della forza lavoro e per il 40% del 
prodotto nazionale. In Italia, nella classe dimensionale 
 14 
oltre i 50 dipendenti, gli addetti delle imprese familiari 
sono addirittura il 50%. 
Tutto ciò permette di rilevare come in tutti i Paesi, 
soprattutto in quelli occidentali, l’impresa familiare sia, 
rispetto agli altri tre modelli (Public Company, Modello 
Consociativo, e Impresa a proprietà statale), la tipologia di 
gran lunga  prevalente su tutte le altre. Ecco perché il 
problema del ricambio generazionale è da considerarsi 
oggi assai importante, transnazionale e rilevante anche per 
il sostegno e lo sviluppo del prodotto interneo lordo delle 
nazioni ad economia decentrata. 
Un processo che costituisce senza dubbio un fattore 
di rischio per la continuità stessa dell’impresa a causa 
delle problematiche organizzative, manageriali, culturali e 
legali che esso comporta
5
. 
 
 
1.3 – La definizione di impresa familiare nella 
letteratura economico – aziendale  
 
Quando si parla di imprese familiari si è soliti 
pensare immediatamente a quelle realtà di piccole 
dimensioni e solitamente artigianali che si tramandano di 
padre in figlio e che spesso vengono considerate come 
“marginali”. Si tratta, tuttavia, di una concezione alquanto 
obsoleta e riduttiva per definire una realtà crescente e con 
elevate potenzialità. Al fine di fornire una corretta 
                                                 
5
 Dell’Atti A. (2007), “Il passaggio generazionale nelle imprese 
familiari”, Cacucci 
 15
definizione di impresa familiare può essere utile 
esaminare i diversi contributi che sono strati proposti dalla 
dottrina aziendale. Come per molti processi di definizione, 
anche in questo caso, si intende distinguere un 
sottoinsieme di unità (le imprese familiari) all’interno di 
un insieme più vasto (le imprese). Il rifiuto o 
l’accettazione delle diverse definizioni proposte in 
letteratura si fondano sullo scopo qui perseguito, che è 
quello di far rientrare tra le imprese familiari tutte e solo 
quelle imprese dove la funzionalità duratura è strettamente 
collegata, da un lato, alla evoluzione del nucleo o dei 
nuclei familiari impegnati come portatori di capitale di 
rischio e, dall’altro, alle decisioni che vengono prese 
all’interno di tali nuclei. Si anticipa che la definizione di 
impresa familiare individua un insieme dentro il quale 
ricadono imprese differenti tra loro per vari elementi della 
struttura, quali: numero e il tipo di dipendenti, la struttura 
organizzativa, il ruolo dei membri della famiglia. In una 
parte successiva si dedicherà particolare attenzione a 
distinguere tra diversi tipi di imprese familiari. 
Una prima definizione di impresa familiare è la 
seguente: si dice familiare una impresa in cui i portatori 
di capitale di rischio e i prestatori di lavoro appartengono 
a un’unica famiglia o a poche famiglie collegate tra loro 
da vincoli di parentela o affinità. In questa definizione 
ricadono numerose imprese di dimensioni piccolissime o 
piccole: le dimensioni, infatti, in termini di numero di 
addetti, sono circoscritte dal numero di familiari che 
lavorano nell’impresa. Le attività di queste imprese sono 
in prevalenza commerciali, artigianali o di produzione di 
 16 
servizi. Nella definizione possono anche rientrare imprese 
industriali in fase di avvio. Se nell’azienda di produzione 
lavorano tutti e solo i membri della famiglia, i soggetti 
economici e gli organismi personali dell’azienda di 
consumo e patrimoniale familiare e dell’impresa familiare 
sono costituiti dalle medesime persone. Non di rado si 
verifica una cerca commistione del patrimonio delle due 
aziende e l’uso di alcuni beni componenti il patrimonio 
può essere promiscuo. La definizione qui analizzata 
restringe dunque le imprese familiari ai casi in cui esiste 
una sovrapposizione quasi completa tra gli elementi 
strutturali delle aziende di consumo e di produzione 
interessate. I due sistemi vengono quasi a coincidere. 
Questa definizione non è accettabile, in quanto le 
condizioni di esistenza e le manifestazioni di vita di 
un’impresa possono essere influenzate profondamente 
dalle famiglie proprietarie anche quando il soggetto 
economico, gli organismi personali, il patrimonio delle 
due aziende siano ben distinti e coinvolgano altre aziende 
di consumo o altre imprese
6
. 
Un’altra definizione è quella secondo cui si 
definisce familiare un’impresa in cui l’intero capitale di 
rischio è detenuto da una famiglia e tutti i membri 
prestano la loro attività. 
Invero, tale definizione, accolta in passato dalla 
dottrina, appare alquanto riduttiva in quanto non 
considera, innanzitutto, la possibilità che siano più 
                                                 
6
 Montemerlo D., Preti P. (2006), “Piccole e medie imprese. Imprese 
familiari”, Il Sole 24 Ore e Università Bocconi Editore  
 17
famiglie detentrici del potere di controllo ed, inoltre, la 
possibilità di considerare familiari anche le imprese dove i 
membri di una o più famiglie sono affiancati da managers 
professionisti
7
. 
È altrettanto vero che la citata definizione, seppur 
restrittiva, aiuta ad evidenziare due criteri, almeno uno dei 
quali è presente nelle differenti definizioni degli studiosi: 
1. il grado di controllo sul capitale di rischio 
di una o più famiglie legate fra di loro da rapporti di 
parentela o affinità; 
2. il grado di coinvolgimento dei membri 
appartenenti alla famiglia o alle famiglie nell’attività 
aziendale. 
In effetti, la precedente definizione pone in 
evidenza, da un lato, il controllo totale del capitale da 
parte di una sola famiglia e, dall’altro, il coinvolgimento 
di tutti i membri nell’attività d’impresa. Trascurando le 
semplificazioni ed accettando come rientranti nel novero 
delle imprese familiari anche altre fattispecie, è utile 
analizzare le ulteriori definizioni fornite da vari studiosi. 
Parte della dottrina, per esempio, pone l’accento su 
entrambi gli aspetti affermando che “una impresa 
familiare è un’organizzazione nella quale le decisioni 
riguardanti la proprietà e il management sono influenzate 
dalle relazioni con una famiglia o poche famiglie”
8
. 
                                                 
7
 Dell’Atti A. (2007), “Il passaggio generazionale nelle imprese 
familiari”, Cacucci, pp. 61-66 
8
 Ibidem 
 18