Introduzione 1. Banfield e il familismo amorale Le strutture familiari italiane, e le dinamiche che in queste si sviluppano,
hanno da sempre affascinato studiosi di diversa matrice disciplinare e hanno
contribuito alla costruzione dell'immagine (spesso stereotipa) dell'Italia nel mondo.
Seppur fastidiosamente ridondante e strumentalizzato, il dibattito sul familismo
italiano ha comunque trovato radici e conferme in molta della letteratura sociologica
e demografica.
Il termine familismo , aggettivato negativamente in amorale, fa la sua prima
comparsa nello studio sulla famiglia italiana meridionale del sociologo e politologo
americano Edward C. Banfield. La ricerca a cui si fa riferimento prende il titolo di
Le basi morali di una società arretrata e fu realizzata nel biennio 1954 – 1955,
dall'autore americano stesso, insieme alla moglie di origini italiane. Il paesino,
oggetto di studio dell'osservazione partecipante di Banfield, fu un piccolo borgo della
provincia lucana, chiamato con il nome immaginario di Montegrano (in realtà si
tratterebbe del paese di Chiaromonte, nella provincia di Potenza), dove i due coniugi
si trasferirono e vissero per quasi due anni. Le conclusioni dedotte dall'autore furono
generalizzate all'Italia meridionale intera, e ancora oggi persistono nella dialettica
sociologica e non solo, spesso richiamate all'attenzione come interpretazioni in forza
causale della drammatica attualità italiana legata all'associazione mafiosa, al
clientelismo e alle sue derivazioni come la raccomandazione, l'evasione fiscale o la
mancanza di senso civico in generale.
La regola generale del familismo amorale, così riassunta da Banfield, recita:
“massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che
tutti gli altri si comportino allo stesso modo. Chiameremo familista amorale colui
che agisce in base a questa regola”.
1
I comportamenti e gli atteggiamenti del familista
amorale sono così puntualizzati:
2
1 Banfield E. C. “Le basi morali di una società arretrata”, p. 101
2 Banfield E. C. “Le basi morali di una società arretrata”, pp. 101 a seguire 2
1. In una società di familisti amorali, nessuno perseguirà l'interesse del gruppo
o della comunità, a meno che ciò non torni a suo vantaggio personale.
“La parola interesse significa sia vantaggio , sia partecipazione e attenzione .
Tra i contadini di Montegrano solo il primo significato è in uso. E' indicativo, ad
esempio, che la risposta ad una domanda dell'intervista [condotta da Banfield e la
moglie, ndA ] Qual è la località più lontana da Montegrano nella quale vi siete
recato? Che cosa vi interessò in modo particolare? , era sempre o l'indicazione dei
motivi di vantaggio che avevano indotto la persona al viaggio, o la spiegazione che
esso era stato intrapreso senza motivi specifici di vantaggio”.
3
2. In una società di familisti amorali soltanto i funzionari si occupano della
cosa pubblica, perché essi soltanto vengono pagati per questo. Che un
privato cittadino si interessi seriamente a un problema pubblico, è
considerato anormale e perfino sconveniente.
3. In una società di familisti amorali mancherà qualsiasi forma di controllo
sull'attività dei pubblici ufficiali, poiché questo compito spetta solo ai
superiori gerarchici dei funzionari in questione.
4. In una società di familisti amorali, sarà molto difficile dare vita, e mantenere
in vita, forme di organizzazione (cioè attività organizzate in base a esplicito
accordo). I fattori che inducono la gente a prestare le loro energie in
organizzazioni sono in larga misura atteggiamenti di altruismo (come per
esempio, l'identificazione dell'individuo con gli scopi dell'organizzazione), e
spesso non di ordine materiale (per es. un interesse intrinseco nell'attività
per dar prova delle proprie capacità). E' inoltre essenziale per la riuscita di
una organizzazione che i membri abbiano fiducia reciproca e spirito di lealtà
verso l'organizzazione stessa: e inoltre, che vangano fatti piccoli e talvolta
grandi sacrifici, per il bene dell'organizzazione.
Già il sociologo tedesco Max Weber, nel suo più famoso saggio L'Etica
protestante e lo spirito del capitalismo , notò che “l'universale diffusione di una
assoluta mancanza di scrupoli nel perseguire interessi egoistici – in particolare
nell'accumulare denaro – è una caratteristica propria di quei paesi nei quali lo
sviluppo borghese-capitalistico è rimasto, in rapporto al metro del mondo
occidentale, arretrato. Come è ben noto ai datori di lavoro, la mancanza di
3 Banfield E. C. “Le basi morali di una società arretrata”, p. 125
3
coscienziosità dei lavoratori di questi paesi – ad esempio italiani in confronto a quelli
tedeschi – è stato ed è ancora uno degli ostacoli principali al loro sviluppo in senso
capitalistico”.
4
Su questo quarto punto, ruota, in realtà, tutta la critica più feroce di
Banfield alla struttura familiare e sociale italiana. A introduzione del suo saggio,
infatti, l'autore si rifà al filosofo Alexis de Tocqueville, riportandone una sua famosa
massima: “Nei paesi democratici la scienza dell'associazione è la scienza madre,
quella dalla quale dipende il progresso di tutte le altre”. Ed è proprio su questa
argomentazione, in sintesi, che il sociologo americano muove una serie di
conclusioni sull'arretratezza economica, politica e sociale del paese di Montegrano e
dell'Italia meridionale tutta. “Non si può infatti attuare un sistema economico
moderno se non si sa creare e mantenere in vita un'organizzazione professionale; in
altri termini, più elevato è il livello di vita che ci si propone di raggiungere, tanto più
risulterà indispensabile l'organizzazione. L'incapacità di organizzarsi costituisce
ugualmente un ostacolo al progresso politico: infatti, proprio dalla possibilità di
coordinare, in relazione a problemi di interesse pubblico, le linee di condotta di un
gran numero di persone dipende, tra l'altro, l'attuazione di forme di autogoverno”.
5
A
distanza di anni, l'atteggiamento non cooperativo della famiglia italiana (e non solo
meridionale) continua a trovare riferimenti nell'attualità e nella letteratura. Per
l'antropologo Carlo Tullio Altan “anche le aggregazioni collettive diverse dalla
famiglia rischiano di nascere malate, perché prendono come modello originario la
famiglia-grappolo, leale e solidale al suo interno, ma priva di moralità verso l'esterno.
Le corporazioni di cui è piena l'Italia e anche i cittadini che si raggruppano attorno a
uno specifico obiettivo tendono a replicare il modello sociale della famiglia-
grappolo. Le proteste assumono spesso i contorni del dramma familiare […] Anche
le organizzazioni criminali radicate nell'Italia del Sud possono essere viste come una
degenerazione di questo modello familiare. Un'eccessiva enfasi sull'appartenenza
familiare può generare grandi inefficienze. Un sistema economico e sociale funziona
per il meglio se i migliori possono emergere, e se i meno bravi e meritevoli non
raggiungono la vetta della scala sociale. […] L'appartenenza conta molto più del
merito e delle qualità individuali, allora enormi possibilità di sviluppo vengono
frustrate”.
6
Come già aveva rilevato Banfield, la meritocrazia, per gli abitanti di
4 Weber M. “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo”, in Banfield E. C. “Le basi morali di
una società arretrata”, p. 105
5 Banfield E. C. “Le basi morali di una società arretrata”, p. 37
6 Billari F., Dalla Zuanna G. “La rivoluzione nella culla”, p. 57
4
Montegrano, è un concetto molto astratto, se non inesistente: “il successo è dovuto
quindi alla fortuna, o alla intercessione dei santi, e non invece al senso del risparmio,
allo spirito di iniziativa, o al proprio lavoro: elementi importanti per chi sia già
fortunato, ma non per chi non lo sia”.
7
Fortuna, fato, destino: elementi che giocano
un peso determinante nella costruzione del proprio futuro e descrivono un
atteggiamento passivo, disfattista e rassegnato nei confronti della vita terrena e di
tutto ciò non rientri nei confini della famiglia nucleare in senso stretto. L'opera di
Weber sopraccitata è del 1904 e le intuizioni dell'autore vedono in questo diverso
atteggiamento del mondo cattolico, riguardo l'iniziativa imprenditoriale, il profitto, la
carità e Dio, la causa di un ritardo nello sviluppo di quello spirito del capitalismo e
nel progresso e nella ricchezza a questo conseguenti. La posizione calvinista, opposta
a quella cattolica, è così descritta da Weber: “la mirabile e ordinata organizzazione
del cosmo come risulta dalla rivelazione biblica oltre che dalla naturale intuizione
umana, è evidentemente stabilita da Dio per servire al bene della razza umana. Ciò fa
sì che lo sforzo compiuto al servizio di una impersonale utilità sociale appaia come
mezzo per glorificare Iddio, e come aspetto quindi della sua volontà”.
8
5. In una società di familisti amorali, coloro che ricoprono cariche pubbliche,
non identificandosi in alcun modo con gli scopi dell'organizzazione a cui
appartengono, si daranno da fare quel tanto che basti per conservare il posto
che occupano o (se pensano che ciò sia possibile) per ottenere promozioni.
6. In una società di familisti amorali, si agirà in violazione della legge ogni
qualvolta non vi sia ragione di temere una punizione.
7. Il familista amorale, quando riveste una carica pubblica, accetterà buste e
favori, se riesce a farlo senza avere noie, ma in ogni caso, che egli lo faccia o
no, la società di familisti amorali non ha dubbi sulla sua disonestà.
8. In una società di familisti amorali, i deboli sono favorevoli a un sistema in
cui l'ordine sia mantenuto con la maniera forte.
9. In una società di familisti amorali, il fatto che un individuo o un'istituzione
dichiari di agire in nome del pubblico interesse piuttosto che per fini
personali, verrà considerato una frode.
10.In una società di familisti amorali, manca qualsiasi connessione tra astratti
principi politici (cioè l'ideologia) e il comportamento concreto nei rapporti
7 Banfield E. C. “Le basi morali di una società arretrata”, p. 124
8 Weber M. “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo”, p. 109
5
di vita quotidiani.
11.Il familista amorale si serve del voto per ottenere il maggior vantaggio a
breve scadenza. Per quanto egli possa aver idee ben chiare su quelli che
sono i suoi interessi a lunga scadenza, i suoi interessi di classe, o anche
l'interesse pubblico, questi fattori non influiscono sul voto, se gli interessi
materiali e immediati della famiglia sono in qualche modo coinvolti.
12.Il familista amorale apprezza i vantaggi che possano derivare dalla
comunità, solo se egli stesso e i suoi ne abbiano parte diretta. Anzi egli si
opporrà a misure che possono aiutare la comunità ma non lui, perché, anche
se la sua posizione, in senso assoluto, resta immutata, egli ritiene di venirsi a
trovare in una situazione peggiore se i suoi vicini migliorano la propria
posizione.
“In Italia la sindrome NIMBY si è diffusa con una rapidità ignota altrove”.
9
NIMBY è un acronimo di derivazione inglese, che sta per Not in my back yard ,
ovvero non nel mio giardino , e viene utilizzato in sociologia per definire quei
movimenti spontanei di cittadini che si battono contro la pianificazione di interventi
urbanistici o industriali nei pressi delle loro abitazioni (per esempio, il movimento
No Tav, o quello ligure contro la Gronda).
13.In una società di familisti amorali l'elettore ha poca fiducia nelle promesse
che gli vengono fatte dai partiti. Egli dà il voto in cambio di benefici già
ricevuti (nell'ipotesi, naturalmente, che esista la prospettiva di riceverne altri
per il futuro) piuttosto che per vantaggi promessi.
14.In una società di familisti amorali esiste la diffusa convinzione che
qualunque sia il gruppo al potere, esso è corrotto e agisce nel proprio
interesse.
15.Sebbene gli elettori siano disposti a vendere i loro voti, in una società di
familisti amorali non esisterà una stabile e solida macchina politica. Questo
è vero almeno per tre motivi: a) essendo la votazione segreta, non c'è modo
di controllare se chi è stato pagato per votare in un certo modo lo faccia poi
effettivamente; b) un'organizzazione di questo tipo non offre sufficienti
vantaggi immediati perché qualcuno impegni in essa energie e capitali; c)
come abbiamo spiegato più sopra, in ogni caso è difficile dar vita e
9 Billari F., Dalla Zuanna G. “La rivoluzione nella culla”, p. 57
6
mantenere organizzazioni formali di qualsiasi tipo.
16.In una società di familisti amorali, i funzionari di partito vendono i loro
servizi al miglior offerente. La loro facilità a passare da una parte all'altra
può spiegare gli imprevedibili sbalzi nei risultati elettorali.
Si è tenuto interessante riportare i sedici punti dell'argomentazione di
Banfield, così come scritti dall'autore stesso negli anni Cinquanta. Non sarà difficile
riconoscere molti degli aspetti sottolineati come ancora presenti nel tessuto sociale
del Bel Paese e nei fatti di cronaca e politica di tutti i giorni. Quanto la sindrome
familistica sia causa o conseguenza del sistema politico e sociale italiano attuali è
ancora base di aspro dibattito sessanta anni dopo la sua esplicitazione in uno scritto.
La famiglia-grappolo italiana, così solidale al suo interno, quanto non cooperativa al
suo esterno, ha da sempre sostituito lo Stato in quelle che dovrebbero essere sue
prerogative, nei confronti della famiglia stessa, dei bambini, dei giovani e delle
donne. E' il familismo amorale italiano ad aver impedito la strutturazione ed
implementazione di politiche familiari all'interno del territorio sia nazionale che
locale, o è la mancanza di una visione programmatica familiare del legislatore
italiano (correlata ad una tendenziale instabilità del sistema politico) ad aver
mantenuto e contribuito nel tempo ad una sedimentazione di questo tipo di modelli e
mentalità familiari? Nessuna delle due ipotesi sembra prevalere. Se, da un lato, la
mancanza di strutture e politiche volte al sostegno del reddito e della famiglia stessa
hanno contribuito ad intensificare il sistema di aiuti reciproci in seno alla famiglia-
grappolo italiana, dall'altro, non sempre la percezione e l'atteggiamento del singolo di
fronte alle innovazioni e ai cambiamenti sociali ha accordato legittimità ad alcune
pratiche, in auge in altri Paesi europei (vedi gli asili nido, gli istituti di cura per gli
anziani, ecc.). “Il modello di male breadwinner – non è tipicamente italiano. Ciò che
è tipicamente italiano […] è la sua durata nel tempo e l'estensione della rete familiare
da cui ci si aspetta solidarietà. Nella maggior parte degli altri paesi europei, infatti,
quel modello è stato progressivamente corretto, se non del tutto trasformato. […] Da
un lato una serie di forme di protezione, o di diritti, è stata più o meno totalmente
sganciata dalla posizione nel mercato del lavoro, quindi dalla necessità, per i non
lavoratori di avere un rapporto di dipendenza familiare, […] [ come, per esempio,
ndA] il riconoscimento che i giovani al di sopra di una certa età – 18 o 25 anni, a
7
seconda dei paesi – hanno diritto al reddito e al consumo propri, non vincolati alla
appartenenza familiare. […] In Italia le misure mirate a sostenere e alleggerire le
responsabilità familiari – dai servizi per l'infanzia a quelli per i disabili […] hanno
continuato a rimanere non solo la cenerentola delle politiche sociali, ma ad avere uno
statuto sempre incerto dal punto di vista della percezione della loro legittimità, o
opportunità: c'era sempre il sospetto che gli asili nido de-responsabilizzassero i
genitori, che i servizi per i disabili e i non autosufficienti minassero la solidarietà
familiare, che sostenere l'autonomia dei giovani significasse mantenere a spese
pubbliche i figli dei ricchi e portasse via lavoro ai capofamiglia, e così via.
Tutto ciò ha fatto sì che in Italia, più che in altri paesi, sia stato e sia più facile
ricorrere all'evocazione della solidarietà familiare come soluzione dei dilemmi del
welfare senza neppure porsi il problema di offrire come contropartita una qualche
forma di riconoscimento dei costi”.
10
2. Breve descrizione del lavoro proposto In questa sede non si cercherà certo di rispondere all'annoso quesito, né di
indagare approfonditamente le argomentazioni proposte e dedotte da Banfield.
L'autore americano, però, sembra poter rappresentare una buona base di partenza e di
definizione su cui strutturare un'analisi della situazione demografica nazionale ai
nostri giorni. “Non possiamo avere dubbi sull'importanza della famiglia
nell'organizzazione della società italiana: basta fare qualche confronto internazionale
sull'età alla quale i giovani vanno via di casa, la distanza dai genitori alla quale vanno
ad abitare, la frequenza delle visite e altri indicatori del genere”.
11
In sintesi, da
Banfield ai nostri giorni, la famiglia italiana e i suoi modelli non hanno smesso di
essere oggetto di interesse e di studio. Secondo i demografi Billari e Dalla Zuanna, il
panorama demografico italiano si caratterizza per la presenza di cinque fattori,
cosiddetti primati, che distinguono la nostra penisola da ogni altro Paese del mondo.
Questi cinque primati sono ricondotti a: 1. un'immigrazione veloce; 2. i forti legami
10 Barbagli M., Saraceno C. “Introduzione”, in “Lo stato delle famiglie in Italia”, pp. 23 - 24
11 Bagnasco A. “Ritorno a Montegrano”, in Banfield E. C. “Le basi morali di una società arretrata”,
p. 30
8
di sangue; 3. la lunga gioventù; 4. i genitori attempati; 5. la sopravvivenza.
In questo lavoro si è cercato di indagare prevalentemente alcuni di questi
primati, ovvero quelli connessi più specificatamente alla condizione di giovane e alla
sua transizione verso lo stato adulto, tendendo però conto che, come in qualsiasi altra
disciplina, anche nelle ipotesi teoriche addotte a uno o all'altro fenomeno, spesso non
si può prescindere da considerazioni che investono anche altre sfere e sfaccettature
della materia in esame, o nel nostro caso, altri primati. “ Da vari decenni è in atto un
processo di frammentazione della transizione all'età adulta in una serie di transizioni
parziali attraverso un sempre più ampio lasso di tempo. Il risultato è un allungamento
della fase giovanile, di quella fase cioè che collega l’adolescenza alla vita adulta e
che Cordon (1997: 576) definisce una costruzione sociale e culturale: what
distinguishes it most from other ages is that it bridges two stages in life: childhood
dependence and adult independence, which are well defined but have fluid
boundaries 12
. Questo ponte si caratterizza per una serie di tappe-eventi che
scandiscono l'entrata nella vita adulta, il cui calendario, dalla seconda metà del XX
secolo, è radicalmente cambiato. Gli aspetti salienti di questo cambiamento sono il
posticipo sempre più avanti negli anni degli eventi, il disordine tra di essi e
l'ampliamento del tempo che intercorre tra un evento ed un altro (Corijn e Klijzing,
2001). Nel contesto italiano, a differenza che in altri paesi europei, la famiglia
rappresenta ancora l’attore principale che organizza tempi e modi del passaggio alla
maturità. All’interno del nucleo d’origine un numero crescente di giovani italiani
completano gli studi, attendono l’ingresso stabile nella vita professionale, pongono le
basi per la vita coniugale successiva, sperimentano le nuove forme di indipendenza e
di precarietà derivanti dal prolungamento della fase della giovinezza” 13
.
Sono proprio gli eventi che caratterizzano tale passaggio, e la componente
familiare che lo indirizza e lo scandisce, ad essere oggetto del presente lavoro. Il
primo evento a porsi come incipit dell'indipendenza e dell'autonomia del giovane-
adulto è l'uscita da casa dei genitori. Nel primo capitolo verranno, perciò, affrontati i
temi della lunga gioventù, della lunga permanenza dei giovani italiani nella famiglia
d'origine, dell'evoluzione del fenomeno negli anni e delle motivazioni che spingono i
giovani a compiere, o meno, questa scelta.
12 Traduzione della citazione : quello che caratterizza l'adolescenza dagli altri periodi della vita è che
si pone come ponte di collegamento tra la dipendenza infantile e l'indipendenza dell'adulto;
momenti dell'esistenza, questi, ben definiti, ma che presentano confini labili.
13 Rosina A., Sabbadini L. “Diventare padri in Italia”, p. 67
9
Nel secondo capitolo, l'oggetto dell'indagine sarà invece posto sulla seconda
tappa di transizione allo stato adulto, ovvero la formazione di un nuovo nucleo
familiare. L'accento, in questo caso, sarà quindi posto sulle evoluzioni, in termini sia
numerici che valoriali, dell'istituto del matrimonio, sulle nuove forme del fare
famiglia , come le convivenze more uxorio , e sulla peculiarità, tutta italiana, della
prossimità abitativa fra generazioni, ovvero dove le nuove famiglie preferiscono
insediarsi sul territorio.
Il terzo capitolo verterà invece sull'ultima tappa caratteristica della
transizione allo stato adulto, ovvero la genitorialità e le responsabilità che questa
comporta. Verrà analizzato il calo della fecondità e il contemporaneo aumento
dell'età delle madri alla prima gravidanza, le differenziazioni regionali in tema di
fecondità sul territorio italiano e, per ultimo, la gestione del lavoro domestico tra
partner negli indicatori di simmetria di genere.
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