5
alterazioni funzionali.
Nel terzo capitolo, dopo aver discusso dell’articolazione del
ginocchio da un punto di vista anatomo-funzionale, mi sono soffermato sui
paramorfismi che colpiscono questa delicatissima articolazione: il valgismo
e soprattutto il varismo, di cui ho analizzato le cause e le caratteristiche. Ho
inoltre focalizzato l’attenzione sulla possibile connessione tra varismo delle
ginocchia e gioco del calcio analizzando alcuni studi effettuati da un
gruppo di ricercatori belgi (Eric Witvrouw, Lieven Danneels, Aad
D’hollander, Gert Lippens, David Albu e Johan Bellemans), i quali, dopo
aver effettuato determinate misurazioni corporee su un campione
comprendente sia un gruppo di calciatori, che soggetti che non praticavano
il gioco del calcio, hanno dimostrato che l’incidenza di ginocchio varo è
notevolmente maggiore nei primi rispetto ai secondi. Mi sono infine
occupato dell'eziologia, nonché delle complicanze e dell'importanza della
prevenzione al fine di evitare l'insorgenza o lo sviluppo del ginocchio varo.
Nel quarto capitolo ho illustrato la mia ipotesi di ricerca, il cui
intento principale è valutare l’incidenza di ginocchio varo in un gruppo di
80 giovani calciatori e di verificare se alcune caratteristiche fondamentali
delle sedute di allenamento, come l’uso di sovraccarichi, il loro peso totale
o il rapporto tra numero delle sedute di allenamento e durata di ogni singola
seduta, possono determinare e/o incrementare l’insorgenza di questo
paramorfismo. In pratica ho cercato di capire se giocare a calcio può essere
causa di ginocchio varo. Per vagliare tale ipotesi e al fine di valutare
l’incidenza di ginocchio varo nel gruppo di 80 giovani calciatori che hanno
preso parte alla ricerca, di età variabile e diverso grado di professionalità,
militanti in quattro diverse società calcistiche, mi sono avvalso sia della
somministrazione di questionari da me redatti, sia dell'osservazione diretta
del campione (e talvolta anche della documentazione fotografica della
condizione di varismo di alcuni giocatori).
6
Lo scopo ultimo della mia ricerca è stato quindi quello di verificare
quanto il gioco del calcio possa essere responsabile dello sviluppo di questo
determinato paramorfismo e di capire, se esistano (e quindi se sia possibile
individuare) i punti in cui si può intervenire per prevenire l’insorgenza del
problema.
Infine, dopo aver riassunto a grandi linee tutta la ricerca effettuata,
ho espresso delle considerazioni finali sull’importanza dell’attività fisica
nella prevenzione dei paramorfismi in generale, e del ginocchio varo in
particolare, spiegando e commentando i risultati del mio studio.
7
1. IL PARAMORFISMO
I paramorfismi sono dei difetti che alterano l’armonico sviluppo
dell’organismo e non interessano solo l’apparato muscolo-scheletrico.
Durante l’accrescimento corporeo, dalla nascita alla maturità, lo
scheletro e tutti gli apparati del nostro organismo si modificano sia
come forma che come struttura, oltre che come dimensioni. Durante
questo periodo si possono verificare irregolarità di crescita ed
alterazioni strutturali ma si può anche assistere ad una loro spontanea
correzione.
Per quanto riguarda quelli di nostra competenza, cioè quelli
dell’apparato muscolo-scheletrico, sfruttando la plasticità dello scheletro
durante la crescita si può, entro certi limiti, guidare e correggere queste
malformazioni o modificazioni.
Si parla quindi di paramorfismi o dismorfismi a seconda che le
alterazioni siano “reversibili” o meno. In particolare i paramorfismi
sono alterazioni funzionali dovute a tutte quelle posizioni viziate che il
corpo tende ad assumere nella vita di relazione.
Tali alterazioni non trattate adeguatamente possono degenerare in
alterazioni irreversibili a carico dell’apparato scheletrico che prendono
il nome di dismorfismi.
8
1.1 Cenni storici
L’inizio della storia delle deformità della colonna vertebrale coincide in
parte con quella della nascita della medicina; gia nel 400 a.C. Ippocrate
(460 – 377 a.C.) descrive nel “corpus Hippocraticum” la Scienza medica
della scuola di Cos e di Cnide. Nella sua opera, l’insieme delle
deformazioni vertebrali veniva raggruppato sotto il nome di “Spina
Luxata“. Oltre allo studio, alla misurazione e alla classificazione delle
curve vertebrali, Ippocrate si dedica all'ideazione di alcune tecniche per la
correzione delle deformità vertebrali.
Nel 200 a.C., l'anatomico Claudio Galeno descrive i muscoli del
rachide e studia le deformità della colonna dovute, secondo lui,
all’influenza negativa della vita sedentaria consigliando per il loro
trattamento la ginnastica e l’idroterapia.
Nella seconda metà del 1500 Mercuriale, influenzato dagli scritti di
Galeno e di altri scrittori latini e greci, scrive un testo in cui parla delle
deformità vertebrali e della loro cura attraverso l’attività fisica e
l’allenamento.
Nel 1741 Nicolas Andry, nato a Lione, conia il termine "Ortopedia",
comparso per la prima volta proprio nel titolo del suo trattato “L’ortopedia
o l’arte di prevenire o correggere le deformità del corpo dei bambini”.
Agli inizi dell'Ottocento, in Svezia Peer H. Ling (1766- 1838) dà
vita ad un vasto movimento il cui intento è promuovere la ginnastica come
strumento per la cura e la prevenzione di alcune malattie. Nel 1814 crea
l’Istituto Ginnastico di Stoccolma, diffondendo il suo “sistema svedese“
oggi conosciuto e praticato in tutto il mondo.
Nel 1837 Charles Bell intuisce il concetto di equilibrio posturale; in
merito ad esso afferma: “come fa un uomo a mantenere una postura diritta
o inclinata contro il vento che soffia contro di lui? E’ evidente che possiede
9
un senso attraverso il quale conoscere l’inclinazione del suo corpo e che
possiede la capacità di riaggiustare e correggere tutti gli scarti in rapporto
alla verticale“.
1
Il primo a parlare dei paramorfismi è stato il medico marchigiano
Sorrentino che nel 1930 li definisce come “un complesso di abiti
morfologici paranormali, compresi tra i confini della normalità, cioè della
fisiologia, e quelli della patologia. I paramorfismi formano dunque un
capitolo di biologia paranormale: vale a dire non più normale, ma non
ancora irrimediabilmente patologica”.
2
Nel 1963 Viola li classifica a sua volta come “deformazioni leggere,
che sono alla frontiera della normalità”.
3
L'anno successivo, Savioli li definisce come “quel complesso di
alterazioni della forma e dell’atteggiamento del corpo che, pur
allontanandosi dalla norma, restano al di fuori della patologia, essendo
reversibili“.
4
Mariotto nel 1968 ritiene che “il paramorfismo non può e non deve
essere ritenuto un fatto segmentario, cioè interessante un distretto
localizzato, bensì un fatto globale esplicatosi nell’area della regolazione
nervosa e più precisamente nei centri della postura e dell’equilibrio“.
5
Secondo Sergio Pivetta (1974) “le forme paramorfiche non trattate
possono costituire il presupposto per l’insorgenza di quelle gravi alterazioni
delle forme corporee definite dismorfismi, vere e proprie deformità che
determinano non solamente un danno estetico ma delle modifiche
strutturali non limitate al solo apparato osteo-articolare”.
6
1
Bell C., L’equilibrio posturale, cit., p. 3
2
Pivetta S., La ginnastica correttiva nel trattamento dei paramorfismi giovanili, cit., p. 21
3
Ibid.
4
Ibid.
5
Mariotto F., Ginnastica correttiva o rieducazione psicomotoria?, cit., p. 12
6
Pivetta S. e Scarfi G., Ginnastica correttiva degli atteggiamenti viziati nell’età della Scuola, cit., p. 20.
10
Da quanto detto finora risulta chiaro che nel corso dei secoli si è
sviluppato, arricchito ed evoluto il concetto fondamentale che l’attività
fisica, anche e soprattutto senza velleità agonistiche, è utile per la cura delle
patologie del rachide ma solo negli ultimi 70 anni si è capito che una
corretta pratica sportiva, associata ad un’altrettanto corretto stile di vita, è
importante per la prevenzione delle forme paramorfiche che sono degli
atteggiamenti viziati ma che se non sono riconosciute e trattate in tempo
possono essere il presupposto per l’insorgenza di quelle gravi alterazioni
delle forme corporee definite dismorfismi, per le quali è quasi sempre
necessario ricorrere ai trattamenti ortopedici.
11
1.2 Eziopatogenesi
Dal punto di vista motorio, ogni essere vivente deve essere in grado di
adattarsi all’ambiente in cui si trova per sopravvivere e svolgere la propria
attività statica e dinamica. Tale adattamento richiede la possibilità di
cogliere ciò che succede nell’ambiente stesso e conseguentemente, di
assumere le posizioni più consone alla situazione e alle proprie esigenze di
comportamento. Il paramorfismo è determinato dall’effetto indotto
dall’ambiente su una preesistente disfunzione recettoriale e/o morfologica.
Esistono quindi alcune condizioni fondamentali per l’insorgenza della
patologia:
1) Predisposizione:
9 Genetica: a) tessuto connettivo
b) strutture scheletriche
c) articolazioni
d) fattori caratteriali
9 Acquisita: a) eventi traumatici (ai danni di muscoli, tendini,ossa)
b) alterazioni dell’omeostasi (carenze nutrizionali)
c) turbe dell’apparato endocrino
2) Alterazioni morfo-funzionali:
9 Alterazioni dei recettori primari (piede, occhio, apparato
stomatognatico, organo dell’equilibrio)
9 Alterazioni morfologiche (scoliosi, dismetrie, altro)
3) Influenza dell’ambiente interno e/o esterno:
9 Interno (nevrosi, depressione, ansia)
9 Esterno (carico di lavoro fisico)
12
1.3 Patologia o vizio posturale?
I paramorfismi sono caratteristici dell’età scolare, del periodo della
piccola pubertà e della crisi puberale vera e propria. E’ logicamente in
questo periodo, in cui le resistenze organiche vengono grandemente
diminuite dallo stato critico di quella che è stata definita la più grave crisi
organica di tutta la vita dell’uomo, che trovano il terreno più propizio per
instaurarsi.
La maggior parte dei paramorfismi si preannunciano come
atteggiamenti viziati, come i vizi posturali che i giovani assumono e
mantengono perché sono comodi e perché alla prolungata permanenza nel
banco della scuola durante le lezioni e al tavolino a casa per svolgere i
compiti, in pratica ad una inattività fisica contraria al loro naturale bisogno
di movimento, non fa riscontro una adeguata attività fisica compensativa.
Può essere imprudente sottovalutare l’importanza del paramorfismo per le
gravi conseguenze che possono derivare da una trascuratezza per un
problema a prima vista banale e da una diagnosi troppo superficiale.
Siamo di fronte ad alterazioni di grado modesto, a volte
apparentemente quasi insignificanti ma, appunto perché insorte nel periodo
delicatissimo della crescita, pericoloso campanello d’allarme da non
lasciare inascoltato. I più recenti studi effettuati
7
hanno invece verificato
che un paramorfismo (atteggiamento posturale scorretto), non si trasforma
in dismorfismo (modificazione della normale morfologia della colonna
vertebrale).
Attraverso l’educazione motoria preventiva e compensativa
possiamo rieducare queste alterazioni morfologiche.
7
Negrini S., Carabalona R., Sibilla P., Backpack as daily load for schoolchildren