Il paradosso cinese
Riuscirà il mercato a distruggere la società chiusa?
“Lasciate che la Cina dorma, quando si sveglierà scuoterà il mondo.”
Napoleone Bonaparte (1816).
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PREFAZIONE
L'obiettivo di questa tesi è quello di fornire un modello interpretativo dei fenomeni
economici verificatisi in Cina nel XX secolo, con particolare riguardo
alle interazioni tra i fenomeni economici e socio-culturali. Al suo centro
vi sono pertanto i fenomeni “economicamente rilevanti”, cioè quei fattori
non economici, come le istituzioni politiche, viste nella loro influenza sul
comportamento economico; e i fenomeni “economicamente
condizionati”, ossia le istituzioni economiche viste nella loro influenza
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sulle altre istituzioni sociali. La ragione che sottostà alla scelta del tema
risiede nella constatazione dell'emersione della Cina sullo scenario
mondiale, come hanno dimostrato i recenti giochi olimpici di Pechino e
gli elevati tassi di crescita dell‟economia cinese negli ultimi vent‟anni.
Gli strumenti utilizzati nell‟elaborazione della tesi sono quelli tipici
dell‟analisi sociologica, quindi, lo sguardo è rivolto all‟evoluzione delle
istituzioni sociali nel corso della storia, alle teorie che hanno guidato i
protagonisti della storia cinese, alle critiche sviluppate da Mumford,
Wittfogel, particolarmente riguardo alla teoria comunista sviluppata da
Marx ed Engels. Il fine è quello di sviluppare delle ipotesi circa la tenuta
del modello sociale cinese e i suoi sviluppi futuri.
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Max Weber, Storia Economica, Donizelli, Roma 1993, pp. 16-17.
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INTRODUZIONE: ALCUNE CONSIDERAZIONI ATTUALI.
La Cina, a giudizio di Federico Rampini è diventata il primo consumatore mondiale di
prodotti industriali ed agricoli superando gli Stati Uniti. La popolazione
cinese, secondo le stime ufficiali, ammonta ad un miliardo e 300 milioni
di persone. La forza del paese è dovuta alle sue grandi dimensioni ed alla
sua inesauribile manodopera a buon mercato. È bastato far saltare il
tappo del maoismo che aveva represso infinite energie nascoste per far
accadere il prodigio. La Cina è un caso a sé e di dimensioni tali che il suo
decollo genera shock senza precedenti. Inevitabilmente il suo sviluppo
trasforma l‟intero pianeta. Mai si era visto nascere dal nulla, in soli
vent‟anni, un nuovo ceto medio urbano di 200 milioni di persone dotate
di un potere d‟acquisto “occidentale”. Poiché la Cina ha accumulato oltre
200 miliardi di dollari di riserve valutarie, esercita un potere cruciale
sulle finanze di Washington. La Cina non entra nella globalizzazione. Per
le sue dimensioni, la Cina “cambia” il concetto di globalizzazione
accettato finora, poiché si apre e si integra al resto del mondo portando
con sé i suoi cinquemila anni di storia. Dal cinema alla letteratura, dalla
pop art alle arti marziali, dalle medicine tradizionali al taoismo cresce la
curiosità per la cultura più longeva della storia. La paura economica è
anche la meno giustificata: i benefici della produttività cinese circolano
in mezzo a noi, nelle nostre case e nei nostri uffici. L‟entrata della Cina
nel mercato globale è paragonabile ad una massiccia iniezione di
concorrenza: i bassi costi di produzione dell‟economia cinese immettono
sul mercato prodotti a basso prezzo. La concorrenza, ovvero la
“distruzione creatrice”, modifica gli equilibri di mercato, costringendo
gli imprenditori occidentali ad adeguarsi al nuovo prezzo, l‟alternativa è
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fra progresso tecnologico e delocalizzazione, in breve: aumentare la
produttività. Il “prezzo cinese” è una realtà economica che non si può
rifiutare. Cercare di sottrarsi dalla concorrenza cinese è impossibile,
perché serve anche a noi. Abbiamo smesso da qualche tempo di
fabbricare computer e telefonini. Quello sconto cinese che per alcuni è
una minaccia, per altri rappresenta un guadagno (consumatori, imprese
che delocalizzano). Il 59 per cento delle esportazioni made in China in
realtà sono nostre, cioè fabbricate dalle multinazionali. Oltre
all‟ossessione del made in China, s‟individuano altre paure ben più
legittime. A questo ritmo di sviluppo, tra vent‟anni la Cina avrà 200
milioni d‟automobili, tenendo presente che già oggigiorno avvertiamo il
peso dell‟economia cinese sul prezzo del petrolio. Ancora cinquant‟anni
fa la Cina aveva superato la soglia del mezzo miliardo e le sue
dimensioni erano considerate un freno insormontabile allo sviluppo.
Invece, le sue stesse dimensioni demografiche sono diventate un
elemento di forza. Abbracciando il capitalismo dopo la morte di Mao, i
dirigenti di Pechino hanno accelerato la modernizzazione del paese: da
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gigante contadino, la Cina oggi è diventata la “fabbrica del pianeta”.
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Federico Rampini, Il secolo cinese, Mondadori, Milano 2005, pp. 3-9.
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CAPITOLO I: LA MEGAMACCHINA E IL MODO DI PRODUZIONE
ASIATICO
Per capire come mai la Cina, per molti anni, non abbia sviluppato il capitalismo è sufficiente
notare l‟assenza di quelle variabili che, invece, in Europa lo hanno reso
possibile. Tutto indica che la città medievale è stata il “primo motore”
della messa in movimento della macchina dello sviluppo. Le città, a
partire dalle Crociate, assunsero il ruolo di agenti di dinamizzazione
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dell‟economia europea. Ciò avvenne perché avevano caratteristiche
politico-giuridiche affatto diverse da quelle delle città orientali. Due sono
stati i principali protagonisti della vicenda europea: da una parte le città,
dall‟altra lo Stato. La prima alla ricerca della sua autonomia, il secondo
impegnato ad estendere il suo controllo su tutto e tutti.
In Oriente la città fu regolarmente sconfitta e: “ rimase soggetta sotto una mano pesante. Il
miracolo fu, dunque, che la città, nei primi grandi secoli urbani di
Europa, vinse in pieno. […] Per un tempo piuttosto lungo, essa ha
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vissuto l‟esperienza di una vita piena ed autonoma” permettendo la
fuoriuscita dell‟Europa dall‟economia autarchica. La città orientale,
invece, non era altro che la residenza della corte e dei funzionari del
despota e, precisamente per questo, essa non può appartenere ai mercanti
e agli artigiani, sui quali si estende la “mano visibile” del Potere politico
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centrale.
Marx fu indubbiamente influenzato da Hegel e dallo studio dei reportage di Bernier per
quanto riguarda la concezione della immutabilità e dell‟arretratezza
dell‟Asia. Secondo la teoria del modo di produzione asiatico, la società
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L. Pellicani, Le sorgenti della vita, Seam, Roma 1997,pp. 70-73.
4
F. Braudel, Capitalismo e civiltà materiale, Einaudi, Torino 1975, p.405.
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E. Balasz, La burocrazia celeste, Il Saggiatore, Milano 1971, pp.154-163.
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asiatica sarebbe stata caratterizzata dall‟esistenza di un potere dispotico,
il quale, come unico proprietario del suolo, avrebbe dominato su un
complesso di comunità di villaggio, autosufficienti ed isolate. Inoltre, la
particolare condizione della nobiltà, le cui ricchezze potevano essere
espropriate da un momento all‟altro, causò la mancanza di una classe
nobiliare radicata di tipo europeo. Non era possibile, dunque,
controbilanciare il potere del monarca, e di riflesso non si realizzò
quell‟equilibrio naturale basato sui checks and balances, ossia pesi e
contrappesi, sperimentato in Europa .
Fenomeno che, invece, accadde in Europa. In oriente le città sono appartamenti armati,
proiezione del potere militare, dove la borghesia era sottoposta al
controllo del potere politico-militare. Engels vuole spiegare perché in
Europa è sorta la “rivoluzione permanente” del mercato, mentre l‟Asia è
rimasta con un tipo di economia prettamente statico. Egli parte dalle
condizioni climatiche, cioè precipitazioni irregolari, che causano carestie,
distese desertiche, fiumi immensi e pericolosi. Da qui nasce il problema
dell‟acqua, che richiede lavori pubblici colossali per il controllo e lo
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sfruttamento delle acque. Lo Stato è una megamacchina , è
l‟imprenditore generale dell‟acqua. La “macchina da guerra” è stata il
nucleo originario della “macchina da lavoro” e questa, sviluppandosi, ha
preso progressivamente le forme della Megamacchina. Donde la
conclusione cui perviene Mumford: le principali caratteristiche delle
civiltà, “costanti pur nel variare delle proporzioni in tutto il corso della
storia, sono l‟accentramento del potere politico, la separazione delle
classi, la divisione a vita del lavoro, la meccanizzazione della
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L. Mumford, Il mito della macchina, Il Saggiatore, Milano 1967, p.259.
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produzione, l‟esaltazione della forza militare, lo sfruttamento economico
del debole e l‟instaurazione della schiavitù e del lavoro forzato a fini
industriali e militari”. Caratteristiche ravvisabili nelle società orientali,
che vennero riprese nell‟Unione Sovietica, per mantenere attiva la
pianificazione economica e la collettivizzazione forzata; era infatti
necessario non solo il controllo sull‟economia, ma anche quello sulla
società. Il modo di produzione asiatico, diversamente da quello europeo,
dipende dal regime politico dispotico, dove tutto appartiene al sovrano.
Engels da una spiegazione funzionalistica del modo di produzione
asiatico: il problema dell‟acqua richiede lavori pubblici colossali, una
mobilitazione colossale della forza lavoro, tutto ciò deve essere gestito
da un potere centrale temporale fortemente accentrato (il potere spirituale
è subordinato a quello temporale). Engels afferma che il sistema
dispotico è funzionale, ciò spiega come ha potuto resistere per secoli,
fino all‟irruzione del capitalismo, che ne ha causato il collasso. La teoria
è stata ulteriormente elaborata da K.A.Wittfogel, secondo il quale il
monopolio statale dei lavori idraulici ha determinato la formazione di un
complesso apparato burocratico, che avrebbe accumulato tutto il potere
economico e politico, privando il resto della società di ogni libertà.
Riguardo al carattere dell‟immutabilità della società cinese è importante sottolineare la
presenza della sacra e incrollabile tradizione, quale instrumentum regni
nelle mani dei governanti per immobilizzare la società. La coscienza
della tradizione, secondo la quale vengono evidenziate le costanti e poste
in secondo piano le differenze, è una mentalità tipica della classe
dirigente cinese, sin dalla più lontana antichità, e ha determinato quindi
una negazione del processo storico ed una visione statica della
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