1
Capitolo 1 – CERTALDO ALTO
1.1 INQUADRAMENTO STORICO.
Il paese di Certaldo si compone di due parti, “Alto” e “Basso” (ancora oggi
chiamate “Castello” e “Borgo”), due parti ben nette e distinte, separate dalla particolare
geomorfologia della zona: per “Castello” si intende l’acrocoro medievale appoggiato
sulla collina “a 490 piedi francesi di altitudine” (come riporta il Repetti nel suo
Dizionario Geografico
1
corrispondenti a circa 130 metri s.l.m.); nell’accezione di
“Borgo” invece rientra tutta la zona moderna, post ottocentesca che, staccandosi dalle
pendici della modesta altura, si distende nella piana alluvionale dell’Elsa “a 150 piedi
francesi”
2
(circa 65 metri s.l.m.). Il “Castello”, ossia Certaldo Alto, sarà l’oggetto di
studio.
Il cuore di ogni città è sempre identificato nel proprio centro antico. Esso
rappresenta la storia, la radice, la cultura del popolo che lo ha fondato e,
urbanisticamente parlando, la matrice da cui si è originato lo sviluppo morfologico
dell’abitato. Visto sotto un’ottica eccessivamente riduttiva talvolta è definito anche
come «il luogo in cui esiste in massima parte un patrimonio edilizio degradato, o in
corso di degradazione»
3
. Ogni centro storico è una testimonianza totalitaria di cultura, di
architettura, di arte e di urbanistica che, con le loro rispettive influenze, hanno dato
un’impronta originale ed inimitabile sia al piccolo paese che alla grande città. «Il
patrimonio architettonico europeo non è formato solo dai monumenti più importanti, ma
anche dagli insiemi che costituiscono le nostre antiche città e i nostri tradizionali
villaggi nel loro naturale o costruito ambiente, essi possono offrire una qualità
ambientale che ne fa un’opera d’arte diversa ed articolata che testimonia della presenza
della storia e della sua importanza nella nostra vita»
4
.
Differenti paesi hanno differenti caratteristiche, determinate dalla geologia del
territorio, dall’epoca di fondazione, dalle tradizioni popolari, dagli influssi
architettonici, dai diversi materiali da costruzione, dalle disponibilità economiche e, non
ultimo, dalla cultura, nell’accezione più ampia del termine. «Gli insediamenti antichi
1
Cfr. EMANUELE REPETTI, Dizionario geografico storico fisico della Toscana, Firenze, 1979, vol. I, pp.
668.
2
Ibidem, p. 670.
3
BRUNO GABRIELLI, Il recupero della città esistente. Saggi 1968-1992, Milano, Etaslibri, 1993, p. 32.
4
Carta Europea del Patrimonio Architettonico, 1975, Punto 1.
2
[…] sono un vero e proprio prodotto sociale, un patrimonio collettivo; sono la forma più
concreta della cultura della comunità e in questa forma la comunità si riconosce»
5
. Un
retaggio completo della nostra storia quindi, scritto sulle pagine in muratura delle case,
delle strade e dei monumenti; un retaggio che è andato sempre più modificandosi,
perdendo talvolta la propria identità a causa di secoli di trasformazioni, distruzioni e
purtroppo di abbandono; un retaggio che va conosciuto e studiato dalle sue più lontane
origini per essere letto, capito e quindi apprezzato e tutelato nel modo giusto.
«L’evoluzione da uno spazio frammentato e discontinuo a una compatta e
articolata organicità d’insieme, è il principio regolatore dello sviluppo di ogni città.
L’accrescersi della società e il mutare delle sue istituzioni hanno il loro più caratteristico
riflesso nella forma urbana, di conseguenza questa attira in misura sempre maggiore gli
interventi diretti a migliorarne la funzionalità e a guidarne l’espansione»
6
. In definitiva
lo sviluppo della città è condizionato da una legge naturale di crescita su cui l’uomo
interviene, accettandone alcuni condizionamenti e scartandone altri. In questo capitolo
cercheremo di analizzare proprio quei condizionamenti storici, politici e sociali per
mezzo dei quali il paese è riuscito a trasformarsi da piccolo villaggio su “un’altura
ricoperta di Cerri” (la parola “Certaldo” pare proprio che derivi dal latino “Cerretus
Altus” o dal germanico “Cerretus Aldo”. In entrambi i casi il significato è “altura
ricoperta di Cerri”)
7
a sede di un importante Vicariato, e poi, in epoca moderna ad
evolversi da un paese trascurato e lasciato alla propria mercé fino a diventare un centro
storico rinomato fra i più caratteristici della Toscana.
1.1.1 LA VIA DI “MONTE BARDONE” O FRANCIGENA
«Certaldo, come voi forse avete potuto udire, è un castel di Val d’Elsa posto nel
nostro contado, il quale, quantunque picciol sia, già da nobili uomini e d’agiati fu
abitato». Così messer Giovanni Boccaccio nella decima novella della sesta giornata del
suo “Decameron” descrive agli occhi del mondo il proprio paese nativo. Erano gli anni
a cavallo fra il 1349 ed il 1351, ma il paese sicuramente vanta delle origini molto più
5
Associazione Nazionale per i Centri Storico-Artistici, Relazione Generale del 6° Convegno-Congresso,
Bergamo 7-8-9 Maggio 1971, in B. GABRIELLI, Il recupero, op. cit., p. 32.
6
ENRICO GUIDONI, Arte ed urbanistica in Toscana 1000-1315, Roma, Mario Bulzoni Editore, 1970, p.
85.
7
Cfr. ALBERTO CAVALLINI, Cerrus Altus, in: Certaldo nel tempo degli uomini, Firenze, Il Candelaio,
1991, p. 11.
3
antiche, che si perdono nel tempo. Il fatto stesso che il Boccaccio ne parli come un
paese attivo e già ben sviluppato alla metà del XIV secolo è testimonianza certa di una
sua fondazione anteriore; concetto questo che fa cadere a priori l’ipotesi che Certaldo
possa essere stato fondato come “terra nova” (come lo erano per esempio Scarperia e
San Giovanni Valdarno, anch’esse sedi di Vicariati coevi a quello di Certaldo) fra il
XIV ed il XV secolo.
Per tentare di dare un’epoca, anche se approssimativa, all’origine antica di
Certaldo ci siamo affidati agli studi effettuati riguardo ai ritrovamenti archeologici della
zona ed alla toponomastica, con la conferma che l’insediamento originario di Certaldo
può risalire all’epoca etrusco-romana (VI/II secolo a.C.).
Le testimonianze archeologiche del territorio di Certaldo sono estremamente
frammentarie e sporadiche, per cui la loro comprensione sarebbe impossibile
prescindendo da un contesto più generale. Bisogna quindi considerare l’intero bacino
della Valle dell’Elsa che costituisce un’area assai omogenea ai fini dell’insediamento
umano non solo per articolarsi lungo il corso di un fiume, ma anche per essere
abbastanza ben delimitata da sistemi collinari sufficientemente accentuati
8
.
E’ assodato ormai che quasi tutte le zone della toscana centrale hanno origini
etrusche, e la Valle dell’Elsa rientra a ragione in questo raggruppamento: non ci sono
documenti scritti a provarlo ma basta osservare una cartina geografica per rendersi
subito conto che la zona in oggetto rimane inclusa nel triangolo immaginario formato
dalle tre maggiori città Etrusche della Tuscia: Arretium (Arezzo), Volaterrae (Volterra),
e Faesulae (Fiesole).
Secondo le ricerche delle campagne di scavi condotte dal Minto nel 1927 e dal
De Marinis nel 1973 è stato rinvenuto che le due collinette denominate “Poggio del
Boccaccio” e “Poggio delle Fate”, poste rispettivamente a circa 500 metri a Nord ed a
Sud rispetto all’altura dove sorge il paese, pare proprio che siano state due grandi
necropoli etrusche, anche se la seconda delle due in epoca romana fu trasformata in un
“granarium sub terris” (granaio sotterraneo). A conferma di ciò esistono diversi reperti
archeologici ritrovati in questi luoghi ed esposti nel “carcere civile” in Palazzo Pretorio
fra cui spiccano i resti di un corredo funebre riferibile al VII secolo a.C., alcuni
8
GIULIANO DE MARINIS E FRANCESCO NICOSIA, Le preesistenze archeologiche nel territorio di Certaldo:
ricerche, salvaguardia e interventi a cura della Soprintendenza delle antichità d’Etruria, in Certaldo
Alto, studi e documenti per la salvaguardia dei beni culturali e per il piano di restauro conservativo del
centro antico, catalogo a cura di MARCO DEZZI BARDESCHI e GIUSEPPE CRUCIANI FABOZZI, 1975, p. 55.
4
frammenti fittili (VI/V secolo a.C.), dei buccheri (VI/V secolo a.C.) e due urnette
etrusco-ellenistiche in alabastro (III/II secolo a.C.)
9
. (Figg.1 e 2)
La toponomastica poi ci svela che i nomi dei due corsi d’acqua principali
certaldesi “Elsa” ed “Agliena”, per esempio, sono due toponimi di origine etrusca, e la
località detta “Falisca”, presso il torrente stesso, deve il suo nome ai Faliscii, un popolo
dell’antica Etruria poi spostatosi verso sud
10
.
Un ulteriore indizio a suffragio dell’ipotesi che Certaldo Alto abbia avuto origini
etrusche viene dalla ricognizione delle Fonti del Castello (Fig.3) eseguita dal prof.
Socrate Guerrieri per conto del Comune di Certaldo nel 1965. Per mezzo di questa
esplorazione fu scoperto che sotto il colle di Certaldo Alto esiste un fitto dedalo di
gallerie che dalla cisterna delle Fonti, situata in via del Castello, si irradia all’interno del
colle. Il Guerrieri stesso, al termine della sua relazione, presume che tale sistema di
gallerie fosse stato usato dagli etruschi per drenare le falde acquifere presenti nel colle
di Certaldo Alto
11
, ottenendo così un duplice scopo: evitare pericolosi ristagni idrici che
avrebbero accentuato il movimento franoso del terreno della collina (composto da
materiale di sedimentazione compatto, ghiaie e sabbie) ed incanalare il prezioso liquido
convogliandolo in una cisterna ad uso degli abitanti del Castello.
In definitiva anche se si tratta di tracce, e riferimenti sporadici si può a ragione
concludere che almeno nel tardo periodo etrusco (III/II secolo a.C.) doveva sorgere sul
colle di Certaldo un abitato di una certa importanza.
Altre tracce del villaggio di Certaldo si ritrovano in epoca longobarda (VII/VIII
secolo d.C.) quando appunto i popoli d’oltralpe cominciarono la loro discesa nella
penisola italiana occupando pian piano, dalla zona padana, quelli che erano i territori
della Tuscia (siamo negli anni in cui il re Longobardo assediò la città di Pavia e cioè fra
il 569 e il 572)
12
. Secondo alcune fonti infatti i due torrioni semicilindrici inglobati nel
tratto nord-est delle mura di cinta del paese (di cui quello ancora integro fa parte del
Palazzo dei Vicari, mentre dell’altro poco distante si distinguono solo le parti basse del
9
GUIDO MACCIANTI, Vestigia etrusche nella Valdelsa, in «Miscellanea Storica della Valdelsa» (d’ora in
avanti M.S.V.), a. II, n° 2 (1894), Castelfiorentino, Ed. Tipografia Giovannelli e Carpitelli, pp. 132-136;
SOCRATE ISOLANI, Scoperta di tombe etrusche a Certaldo, in «M.S.V», a. XXXVI, n° 104 (1928), pp. 70-
71; ANTONIO MINTO, Certaldo, scoperta archeologica in località Poggio delle Fate, in “N.S.”, Roma,
1928, p. 418.
10
SILVIO PIERI, Toponomastica della valle dell’Arno, Roma, tipografia della Regia Accademia dei Lincei
1919, pp. 18, 22, 35.
11
BORGHINO BORGHINI, San Tommaso dai cento anni, ovvero a zonzo sul passato di Certaldo e dintorni,
Certaldo, Grafiche Nidiaci, 1986, pp. 235, 236.
12
WILHELM KURZE, Studi toscani - storia e Archeologia, Società storica della Valdelsa, Castelfiorentino,
2002, p. 134.
5
bastione) sarebbero proprio di foggia longobarda
13
; (fig.4) ed è proprio negli anni della
dominazione longobarda in Italia che ebbe luogo il primo impulso fondamentale dello
sviluppo di Certaldo e della Val d’Elsa intera: si tratta dell’imposizione di una strada, la
cosiddetta via di “Monte Bardone”, maggiormente nota con l’epiteto che venne ad
assumere intorno all’anno 1000: la “via Francigena”.
1.1.2 LA VIA DI “MONTE BARDONE” O FRANCIGENA
La via denominata di “Monte Bardone” costituì per secoli l’asse viario
privilegiato per i collegamenti fra Roma ed il mondo oltreappenninico. Con
l’appellativo “Monte Bardone” (che deriva dalla storpiatura di Mons Longobardorum)
in epoca altomedievale veniva indicato gran parte dell’Appennino tosco-emiliano
attraverso il quale i Longobardi potevano mettere in collegamento il grosso dei loro
possedimenti padani con il resto dei territori conquistati più a sud nella Tuscia, fino a
Roma
14
. L’uso dei valichi attraverso il Monte Bardone (già testimoniato nella Historia
Langobardorum di Paolo Diacono
15
) era una scelta dettata soprattutto dall’obbligo di
restare il più alla larga possibile dai possedimenti Bizantini che avevano i loro punti di
forza in Ravenna ed in gran parte della fascia territoriale adriatica. Le vecchie vie
consolari romane infatti risultavano inutilizzabili, specie per quei percorsi che si
irradiavano da Roma verso il nord, a causa del deterioramento, della scarsa
manutenzione ma soprattutto a causa della divisione politica della penisola che avrebbe
portato i Longobardi ad attraversare, come già specificato, i territori dei nemici
Bizantini
16
. Attraverso la fascia interna della Tuscia invece, dalla Valle dell’Elsa, era
possibile raggiungere indisturbati la Lucchesia, la Lunigiana e i valichi dell’Appennino
creando quindi un collegamento diretto, sicuro e riparato fra Roma e la Padania
(Regnum Longobardorum).
13
In un manoscritto, risalente probabilmente al 1885, attribuito al Prof. Francesco Albiani e conservato
nel fondo della Società Storica della Valdelsa, biblioteca Vallesiana di Castelfiorentino si legge nella
carta 4: «...se noi riguardiamo gli avanzi di mura e delle sue torri e al modo col quale furono costruite, ci
fanno fondatamente supporre avere avuto principio nei tempi longobardi». Ed inoltre FRANCA PERTICI,
Società, proprietà e urbanistica di un castello nel contado fiorentino, Certaldo (1427 – 1469). Tesi di
laurea discussa presso la Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi di Firenze, a.a. 1977-1978,
relatore Prof. Guido Pampaloni (dattiloscritto).
14
RENATO STOPANI, Le vie del pellegrinaggio del Medioevo: gli itinerari per Roma, Gerusalemme,
Compostella, Firenze, Le Lettere, 1998, p. 16.
15
Cfr. PAOLO DIACONO, Historia Langobardorum, VI, 58.
16
R. STOPANI, Le vie, op. cit., p. 16.
6
Anche se l’idea di passare nei territori interni della Tuscia era stata di una logica
impeccabile, tuttavia la strada di Monte Bardone non fu una vera e propria creazione dei
Longobardi: essi si limitarono a ripristinare tratti di strade e di vie vicinali già esistenti
per realizzare il percorso desiderato. Siamo negli anni fra il VII e l’VIII secolo d.C. e la
strada non era altro che poco più di una traccia, seguendo la quale i viandanti potevano
giungere alla meta desiderata, individuando i guadi sicuri dei fiumi e delle paludi, i
valichi montani e le località dove poter trovare ristoro ed alloggio
17
.
Il tracciato della via era molto diretto: da nord, scendendo lungo la Val di
Magra, puntava su Lucca; attraversava l’Arno e, in prossimità di San Genesio (un paese
che sorgeva vicino all’odierna San Miniato), si immetteva nella valle del suo affluente
Elsa, la quale rappresenta ancora oggi una via naturale di facile percorribilità mediante
la quale si arrivava agevolmente fino a Siena. Da qui, attraverso le ampie vallate
dell’Arbia e dell’Orcia ci si poteva raccordare altrettanto comodamente al vecchio
tracciato consolare della via Cassia in prossimità del lago di Bolsena
18
.
L’impulso dettato dal passaggio della strada cambiò radicalmente la Val d’Elsa;
il concetto di strada in sé racchiude significati fondamentali come conquista,
dominazione dello spazio e scambi di culture diverse, ma ancor di più il termine
“strada” significa passaggio, frequentazione, mercati, opportunità. A questo punto è
facile arguire che, da quel periodo in poi, i paesi attraversati dalla strada (e fra questi
rientrava anche Certaldo) vissero una gradevole fioritura.
Dopo la fine della dominazione longobarda, sotto Carlo Magno, la direttrice
viaria di Monte Bardone dovette cominciare ad assumere l’aspetto di una via di grande
comunicazione, perdendo i connotati di tracciato e diventando una vera e propria strada,
poiché anche per i Franchi il collegamento con Roma rivestiva una importanza
fondamentale. Fu proprio in quegli anni che nacque la denominazione “via Francigena”
(etimologicamente: strada generata dalla Francia), considerando che allora si intendeva
per “Francia” anche tutta quella zona di territori dell’asse renano, fino agli attuali Paesi
Bassi
19
.
La strada quindi fece presto a consolidare la sua importanza ed il fatto che
conduceva direttamente a Roma attraversando tutta l’Italia da nord a sud non era affatto
17
Ibidem.
18
Cfr. R. STOPANI, La via Francigena. Una strada europea nell’Italia del Medioevo, Firenze, Le Lettere,
1998.
19
«Regio Germaniae, Sveviae et Saxoniae contermina, non confundenda cum Francia hodierna, in quam
Franci migrarunt sub finem imperii occidentis». Definizione di «Francia» in FORCELLINI-PERIN,
Onomasticon totius Latinitatis, Padova, 1814, p. 641.