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sforzo erudito e la raccolta del materiale documentario forniscono
semplicemente lo strumento che ci permette di cogliere i nessi tra i
vari frammenti di realt , consentendoci di formulare giudizi di valore
e di tentare un opera di sintesi.
2
E da sprovveduti imbattersi in documenti antichi senza indagare la
storia precedente e contemporanea degli stessi: questa la prima
premessa su cui ho costruito la ricerca. Sarebbe come leggere il de re
dificatoria di Leon Battista Alberti senza conoscere il periodo
rinascimentale; il de architectura di Virtuvio senza cognizione
dell architettura antica.
Ci che ho appena affermato diventa ancora pi chiaro se si analizza il
significato etimologico della parola Storia ; i latini chiamavano res
gest i fatti e gli eventi storici, historia rerum gestarum, invece, la
conoscenza, l interpretazione, la valutazione e la narrazione di tali
eventi. Da questo punto di vista, concordando con le osservazioni fatte
2
C. De Seta, Napoli, serie ˙Le citt nella storia d Italia¨, Roma - Bari 1981, p. 1
6
da George Kubler nel saggio La forma del Tempo, lo storico si
differenzia dal cronista poich mette in luce un disegno che non era
visibile a coloro che ne furono parte e che precedentemente alla sua
scoperta era ignoto ai suoi contemporanei.
3
Una tale definizione di storia non mi ha spaventato n mi ha impedito
di proseguire, poich essa e rimane, in questa ricerca, una premessa
metodologica da perseguire. Dimostrerei scarsa lungimiranza se avessi
la pretesa di aver fatto storia. Al contrario, tenendo ben in mente che
tale ricerca legata indissolubilmente all Universit , essa non ha la
pretesa di essere un acquisto per l eternit , bens aspira ad essere uno
strumento didattico idoneo a far acquisire al lettore il giusto mental
habit per studiare e fare storia. Del resto solo leggendo e
commentando le altrui storie, e tenendo presenti il metodo e la linea
politica di ciascun storico, si pu ottenere la giusta organizzazione
formale della mente e l acquisizione del sapere culturale, cos
3
G. Kubler, La forma del tempo, Torino 1989, p. 20
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indispensabili quando si indaga la materia storica. Cos facendo, spero
di non aver riesumato l ideale scolastico dei filosofi del XII e XIII
secolo, che, secondo il Panofsky, accettavano all unanimit le
Autorit ed erano pi orgogliosi della loro abilit di comprenderle ed
utilizzarle che dell originalit del proprio pensiero.
4
La seconda premessa inerisce il carattere particolare di questa tesi,
legato all oggetto da analizzare. Esso rappresentato da un edificio —
il palazzo nobiliare napoletano — che, di fatto, non raffigura un
monumento inteso come una dichiarazione d amore e di
ammirazione in rapporto alle mete superiori che gli uomini hanno in
comune
5
; tuttavia — anche se non lo si pu considerare un opera
d arte o un monumento — ugualmente possibile analizzarlo e,
seguendo la definizione di arte come linguaggio simbolico,
ricollegarlo al resto della storia. Una simile interpretazione possibile
solo se si superano delle impasse, poich l osservazione individuale
4
E. Panofsky, Architettura gotica e filosofia scolastica, a cura di F. Starace, Napoli 1988, p. 38
5
La definizione di L. Mumford in: S. Giedion, Breviario di Architettura, Milano 1961, p. 69
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assume il carattere di fatto unicamente se la si pu porre in relazione
con altre osservazioni analoghe, cos che l intera serie abbia senso.
Questo senso del tutto applicabile come controllo all interpretazione
di una nuova singola osservazione, entro la medesima gamma di
fenomeni.
6
E possibile, dunque, dimostrare che il palazzo napoletano appartenuto
alle diverse famiglie aristocratiche possa in un dato periodo
rappresentare una serie spiegabile con le medesime osservazioni, e
ricollegabile al modo di essere dei baroni, anche se con limitazioni ed
a volte con forzature. Questi concetti sono ben evidenziati, seppur con
le dovute cautele — trattandosi, secondo l affermazione dello stesso
autore, di un lavoro sperimentale e frammentario — da Gerard Labrot
in Baroni in citt .
Ed proprio la serie , cos come individuata dalle meticolose ed
acute ricerche del Labrot, a costituire il criterio metodologico di
6
E. Panofsky, Studi di iconologia — I temi nell arte del Rinascimento, Torino 1975, p.13
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verifica della mia osservazione, la quale, solo rientrando nella serie ,
pu assumere il carattere di fatto . Affinch le mie analisi, dunque,
non si limitino ad essere delle opinioni prive di validit oggettiva,
corre l obbligo intellettuale di incatenarle al pensiero degli altri storici
, che hanno gi indagato la materia oggetto della presente ricerca.
Complesso e quanto mai laborioso stato l iter che ha condotto alla
scoperta presso l Archivio Storico di Napoli, di documenti, tracce e
testimonianze che rimandassero inequivocabilmente alla antica
propriet del palazzo: la nobile famiglia napoletana dei Cito, Marchesi
di Torrecuso. Difatti, per poter ricostruire la storia dell edificio, cos
intimamente intrecciata con quella del nobile che lo abitava, ho
dovuto incentrare la prima parte della ricerca proprio sulle origini
della famiglia. Ho cos appreso gradualmente usi, costumi ed abitudini
di queste genti appartenenti alla nobilt partenopea denominata di
toga . Ed ecco palesarsi che i Cito, avvocati in Rossano Calabro,
nella prima met del XVII secolo lasciarono la natia Calabria e si
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trasferirono definitivamente a Napoli, andando ad abitare in un
palazzo al vico Fico Purgatorio ad Arco, dando vita ad una scalata
sociale che culminer con l acquisizione del titolo nobiliare di
Marchesi di Torrecuso. Tale titolo, appartenente ad un ramo dei
Caracciolo, che si era estinto nel 1764 con la morte di Luigi
Francesco, ricadde al fisco e da quest ultimo fu poi venduto alla
famiglia Cito.
Parallelamente, per meglio percepire le intime connessioni
dell edificio col tessuto urbano e socio-economico della citt , ho
iniziato il rilievo architettonico del palazzo. In prima istanza, ho
concentrato la mia attenzione sullo studio dei caratteri formali degli
elementi decorativi dell imponente facciata lungo la via dei Tribunali,
il decumano maggiore della Napoli greco - romana; in seconda istanza
sull organizzazione spaziale e funzionale degli ambienti abitativi posti
ai vari livelli.
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Il confronto tra le varie carte topografiche, indispensabili strumenti di
approfondimento cognitivo della citt di Napoli tra il XVI ed il XIX
secolo, mi ha consentito di ricostruire l evoluzione urbana di questo
pezzo di citt , e di smascherare cos , per il nostro palazzo una realt
ben diversa dalle fabbriche vicine o simili per schiatta dei proprietari.
L edificio non presenta, a mio avviso, uno dei pi importanti caratteri
distintivi del palazzo nobiliare, ossia il maestoso ingresso dalla via
principale; il pi modesto invito dal vico adiacente l edificio stesso,
denuncia chiaramente il carattere ambiguo del palazzo non
unicamente nobiliare, bens anche e soprattutto fonte di redditi
derivanti dagli affitti delle botteghe poste sotto i grandi archi. Tali
redditi erano necessari per il sostentamento di una famiglia dalla
nobilt solo acquisita e non derivante dal possedimento di feudi sparsi
per il Regno di Napoli.
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E nella natura dell essere che nessun
evento possa mai ripetersi, ma nella
natura del nostro pensiero che noi possiamo
intendere gli eventi soltanto per mezzo di
identit che immaginiamo esistere tra loro.
George Kubler
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DA DON PEDRO DI TOLEDO A CARLO DI BORBONE: STORIA,
ARCHITETTURA ED URBANISTICA A NAPOLI (1532 — 1734).
15
Nei primissimi anni del Viceregno,
1
la costante minaccia francese
imped , di fatto, al governo spagnolo la cura e il riassetto della citt di
Napoli. Durante la guerra di successione tra francesi, aragonesi di
Napoli e spagnoli, la municipalit riusc ad affrontare, per ovvi motivi
strategici, solo il problema della riparazione delle vecchie mura.
2
L imperatore Carlo V, desideroso uno sviluppo pi degno di una
capitale, decise di inviare nella Napoli gentile
3
un uomo di polso, che
avesse l autorit e la volont di rimettere le cose a posto: Questo
Vicer fu don Pedro di Toledo, entrato a Napoli il 4 settembre del
1532.
4
La venuta a Napoli di don Pedro segn una svolta fondamentale nella
storia del Regno e della capitale — l imperatore lo lasci in carica per
1
Sulle alterne vicende storiche che portarono all instaurazione a Napoli del vicereame spagnolo
cfr. G. Galasso, Napoli capitale — Identit politica e identit cittadina. Studi e ricerche 1266 —
1860. Napoli 1998, pp. 113 - 124
2
Solo con la dettagliata analisi delle difficolt politiche, sociali ed economiche che il governo
cittadino dovette affrontare in questo periodo possibile spiegare lo scarso numero d iniziative
pubbliche in favore di una risistemazione urbanistica della citt . A tal proposito, cfr. G. Galasso,
Ibid.
3
Per quanto riguarda la definizione e la tradizione di Napoli gentile , cfr. G. Galasso, Da Napoli
gentile a Napoli fedelissima, in ˙Annali¨ dell Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, I
(1996), pp. 47 — 121.
4
F. Strazzullo, Edilizia ed urbanistica a Napoli dal 500 al 700, Napoli 1968, p. 6.
16
ventuno anni, fino al 1553 — poich la lunga gestione del potere
consent al vicer di avviare un complesso programma di riassetto
politico, economico ed urbanistico.
La citt fu un tipico esempio della forza propulsiva connessa allo
sviluppo di un potere statale moderno in tutti i campi della vita
sociale.
5
La crescita della capitale era insieme un simbolo e uno
strumento del dominio regio: simbolo, perch dava fisicamente l idea
della superiorit del re su ogni altro potere, ed in particolare su quello
feudale; strumento, perch con gli uffici, i tribunali e le sue forze
militari, la monarchia organizzava nella capitale la base strategica e
materiale dell esercizio della sua potest .
I problemi da affrontare a Napoli erano molteplici: la mancata
manutenzione delle fogne e delle strade aveva ridotto la citt ad una
condizione miserevole e del tutto incompatibile col rango di una
5
G. Galasso, op. cit., p. 125
17
capitale; la totale mancanza di una regolamentazione edilizia aveva
accentuato il disordine urbano.
Il piano varato da don Pedro di Toledo, dunque, fu il primo tentativo
d intervento urbanistico che cerc in parte di porre rimedio a tali
problemi ed a quelli che si vennero a creare a Napoli nel XVI sec. a
seguito della continua, mai arrestatasi, crescita della popolazione
all interno della cinta muraria. Il fenomeno, indubbiamente
incentivato da una serie di concause,
6
trova ampia descrizione in un
saggio di Giancarlo Alisio: il flusso dei regnicoli era, continuo; essi
venivano a Napoli non solo per liberarsi dello spietato fiscalismo degli
agenti feudatarii, e per ottenere l esenzione delle imposte, ma anche
per essere difesi dai continui attacchi della flotta Turca. Il vicer nel
1532 l aveva trovata sovraffollata, senza fognature, con strade mal
lastricate ed invase da miriade di supportici, pennate e banconi che
6
La monarchia tendeva ad assicurare alla capitale dei privilegi eccezionali. Come ci viene
ampiamente descritto dal Galasso: Nel caso di Napoli, essi consistettero da un lato in una parziale
ma cospicua immunit fiscale con l esenzione dal pagamento dei tributi statali e con il pagamento
soltanto dei tributi cittadini, e, dall altro, nell assicurazione sia di un rifornimento annonario
abbastanza costante, ( ) sia di un prezzo politico del pane, costantemente inferiore al prezzo di
mercato. Cfr. G. Galasso, op. cit., p. 125.
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toglievano aria e luce alle strade gi insufficienti.
7
La situazione era,
dunque, disastrosa ed il governo, pur prendendo alcuni
provvedimenti,non riusc ad arginare, in un primo momento, il
degrado in cui versava la citt . Le scelte determinanti del piano
vicereale furono, pertanto, dettate, da ragioni strategiche, nonch dalla
spagnolesca usanza di conferire alla capitale un aspetto decoroso.
L ampliamento urbano di Napoli rappresent , quindi, il tentativo di
soddisfare la domanda di nuovi alloggi, fossero essi residenze
nobiliari o costruzioni a basso costo, che la citt non avrebbe potuto
contenere nei vecchi confini aragonesi. In tal senso legittimo
individuare nel piano di don Pedro di Toledo, il proposito di orientare
e controllare lo sviluppo urbano secondo un disegno atto a risolvere
contemporaneamente le esigenze della difesa cittadina, ed i bisogni
derivanti dall aumento della popolazione.
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7
G. Alisio, Sviluppo urbano e storia della citt , Napoli 1979, p. 314
8
C. De Seta, op. cit., p. 114