Introduzione
Lo sguardo estetico presuppone uno stato percettivo sui
generis atto a stabilire, a ogni istante – in atto – una felice
corrispondenza tra il percepire e il sentire, tra le
configurazioni visive relative allo spettacolo del mondo e le
variazioni del sentimento di sé risultanti da un'attenzione
continua al proprio corpo. (Geninasca 2006)
Questo lavoro verterà sull'analisi del paesaggio da un punto di vista semiotico ed
estetico. A tracciarne l'andamento è una domanda che, a differenza della sua apparente
semplicità, è estremamente complessa: può il paesaggio essere considerato
un'esperienza estetica? Perché questo interrogativo trovi un'esaustiva risposta lo
studioso di semiotica è chiamato a individuare fin dall'inizio del suo lavoro: un ben
costruito corpus, chiari ambiti d'indagine e ben delineati livelli di pertinenza. Insomma,
porsi delle domande di questo tipo sicuramente aiuterà lo studioso a focalizzare il
metodo con il quale strutturare l'indagine.
Procediamo per gradi e chiariamo innanzitutto la nostra ipotesi di lavoro; ricostruire
l'efficacia estetica del paesaggio a livello esperienziale. A tale scopo non bisogna
quindi fermarsi a una definizione di paesaggio in senso classico o tradizionale poiché il
paesaggio deve smettere di essere considerato la rappresentazione di un processo di
semiosi in atto o di un'esperienza. Il paesaggio deve essere considerato direttamente un
processo di semiosi in atto e un'esperienza in sé.
Da un punto di vista teorico e metodologico un'indagine di questo tipo può essere
sviluppata attraverso un recupero e una contaminazione dell'eredità testuale in
semiotica, vale a dire attraverso l'applicazione di modelli testuali a livello
esperienziale
1
. Possiamo dunque azzardare un collegamento tra la nostra idea di
1 Ovviamente si tratta di una nostra specifica scelta dato che in realtà la passeggiata poteva anche essere
descritta non come testo ma come pratica effettiva e creativa. La nostra analisi punterà a una studio
7
esperienza paesistica e quella di testo utilizzato in semiotica?
L'idea non sembrerebbe essere così utopica. Infatti, prendendo le dovute distanze da una
definizione chiusa e strutturale di testo, è in realtà possibile trovare approcci testuali che
sicuramente rispettano problematiche estetiche e passionali o che prendono in esame
quelle esperienziali o fenomenologiche. Ciò significa che possiamo trovare approcci
testuali che vanno a indagare proprio su tutti questi aspetti che rendono l'esperienza tale.
Basti pensare a come l'eredità fenomenologica di Maurice Merleau-Ponty sia stata
recuperata dalla sensibilità percettiva di Denis Bertrand nei suoi lavori dedicati alla
figuratività o nelle ricostruzioni discorsive di Jean-Claude Coquet. Oppure pensiamo
all'approccio testuale di Jacques Geninasca applicato al cuore pulsante dell'emozione,
ovvero la semiosi in atto. Ed è proprio attraverso questi strumenti che possiamo porci il
problema non tanto del paesaggio come testo estetico, bensì del paesaggio come vera e
propria esperienza estetica.
Muovendoci a livello esperienziale è indispensabile evidenziare alcuni aspetti. Infatti,
non possiamo fare a meno di constatare che ogni esperienza che noi facciamo del
mondo circostante è spesso caratterizzata da una particolare presa, ovvero ogni
individuo può assumere diverse relazioni e modi di avvicinarsi al mondo. Ipotizzare che
l'esperienza sia di natura estetica significa che dalla relazione tra soggetto e mondo,
anzi, dal loro reciproco venirsi incontro e quindi dalla loro particolare presa, possa
emergere un'emozione. Tale emozione nasce dalla percezione, a livello esperienziale, e
vive nella percezione. Si tratta di un valore aurorale e singolare che attiva nel soggetto
un piacere inferenziale, costruzioni patemiche ed epistemiche, risonanze e dissonanze,
sorprese e aspettative. Ricostruire all'interno dell'esperienza questi andamenti estetici
significa per lo studioso arrivare a scoprire “una tendenza tensiva generale del discorso,
come particolare modo di declinare l'ordine di coerenza e coesione degli spazi testuali”
(Panosetti 2007, pag. 9), significa trovare appunto una particolare presa del mondo, un
vero e proprio stile. Proviamo ora a sviluppare più nello specifico il corpus, le ipotesi e
le teorie di riferimento con lo scopo proprio di ricostruire questa specifica presa del
del livello immanente del testo, ma ciò non toglie che anche un approccio etno-semiotico basato su
osservazioni e su indagini su campo sarebbe stato allo stesso modo efficace. Non a caso, durante
l'elaborato, saranno presenti in nota diversi spunti e riflessioni rivoli a un diverso maneggiamento
semiotico e metodologico del corpus.
8
paesaggio.
0.1 Come avvicinarsi al paesaggio
Due sembrano essere i punti fondamentali: cosa analizzare e come analizzare. Il
Paesaggio, si potrebbe pensare che sia il nostro oggetto di studio. Risposta sbagliata o
per lo meno non precisa. In modo particolare occorre sottolineare che oggi la parola
“paesaggio” è usata con estrema libertà e naturalezza in una vasta serie di ambiti. Di
conseguenza, il grande parlare che si fa, attraverso i media o il turismo di massa,
sembrerebbe portare alla convinzione che ormai il concetto di paesaggio sia un qualcosa
di consolidato e di diffuso. E quel che è peggio, siamo oggi portati a considerare il
paesaggio come un'entità ingenua e come un puro sentimento che ha sempre scosso
l'animo umano, ecco, possiamo dire un qualcosa di assolutamente naturale e scontato.
Ma c'è in realtà, sotto questa apparente innocenza e immortalità, un meccanismo
artificioso e costruttivo che secondo Paolo D'angelo (2009) attiva in ogni fase storica
una diversa sensibilità paesistica la cui complessità strutturale affonda le radici nella
cultura e nella società, nell'ecologia e nelle scienze, nell'arte e nell'estetica.
La nostra indagine si colloca proprio in questo dinamico scenario di elementi e
quello che siamo ora chiamati a analizzare è forse la forma più primitiva e diretta di
fruizione paesistica, quella che si vive tutti i giorni: ovvero l'esperienza diretta di un
paesaggio. Quindi eccoci arrivati alla risposta alla prima domanda che ci siamo posti:
noi vogliamo studiare il paesaggio inteso come esperienza e inteso come “espressione
eccezionale e quotidiana, il cui fondamento, per tutto quello che si è detto, non può che
essere estetico” (Vitta 2005, pag. XV-XVI). Ed è quindi l'emozione estetica della
fruizione diretta di uno spazio il punto d'arrivo del nostro lavoro, un percorso
metodologico che fonda la sua validità sull'aspetto sensibile che ne dirige l'attribuzione
di senso, che passa attraverso operazioni cognitive e semantiche, e che vive dentro il
discorso.
Questa prima linea guida permette poi di articolare ulteriormente la nostra indagine:
come analizzare coerentemente il paesaggio?
9
Il paesaggio che siamo chiamati a studiare è un'esperienza diretta, vissuta sulla propria
pelle e attraverso i propri sensi da una qualsiasi persona. Un primo punto interessante
quindi potrebbe essere capire come riassumere, anzi ancora meglio, descrivere tale
esperienza. Non bisogna assolutamente considerare questo passaggio in maniera banale
o semplicistica poiché è “proprio per la sua immediatezza e soggettività che la prima
impressione può fornire dati importanti per capire la relazione tra uno spazio e chi ne fa
esperienza in modo corporeo e situato” (Pozzato 2009, pag. 186). Inoltre, attraverso
questa prima operazione di lettura descrittiva dell'esperienza, non vogliamo arrivare a
trattare il paesaggio come un testo, piuttosto vogliamo farne un testo attualizzato,
ovvero un discorso all'interno di una comunicazione frutto di istanze enunciative.
L'attenzione dello studioso si deve quindi spostare dall'enunciato all'enunciazione e in
modo particolare verso quel soggetto cognitivo, epistemico, patemico e timico
protagonista dell'emozione incastonata nella semiosi in atto.
Un percorso di questo tipo comporta in semiotica, da un punto di vista metodologico,
una forte focalizzazione sul corpo e sulla soggettività. Avere un'esperienza vera e
propria significa che il soggetto non deve essere analizzato nella sua identità bensì nelle
sue relazioni e pratiche discorsive. Pierluigi Basso è estremamente convinto della
validità di questo tipo di lettura in quanto costituisce “una perfetta cartina tornasole per
cogliere sia l'articolazione effettiva tra estesia, testualità, cultura, sia la posta in gioco
teorica complessiva in un progetto semiotico” (Basso 2002). L'autore è ben consapevole
che trattare assieme tematiche riconducibili al corpo e alle pratiche, all'interno
dell'immanenza del discorso, significa attingere a diversi approcci semiotici.
Si tratta non solo di evidenziare le sovrapposizioni di oggetto tra le indagini, ma anche di
osservare come ciascuna di essere possa funzionare come termine di mediazione tra le due:la
testualità è il luogo dove si specchiano l'esperienza sensibile e le relazioni sociali quando
queste sono portate a discorso. (Basso 2002)
Da specificare poi che l'analisi sarà soprattutto di tipo testuale limitando le nostre
osservazioni su campo a elemento di controllo. Inoltre lo studio sarà diviso in vari
capitoli, proprio per rispettare la complessità, le gerarchie e tutte quelle componenti che
10
rendono il paesaggio esperienza estetica
2
:
– il paesaggio come fruizione sensibile;
– il paesaggio come inferenza;
– il paesaggio come identità semantica;
– Il paesaggio come emozione;
– il paesaggio come esperienza sublime.
0.2 Come avvicinarsi all'esperienza
Dentro il paesaggio non siamo chiamati a vivere solo un'esperienza paesistica diretta
dello spazio e di tutto ciò che ci circonda, ma dobbiamo anche fare i conti con
l'esperienza estetica del senso. Per diversi decenni la disciplina semiotica si è
volutamente dimenticata di queste tematiche, fino a tornare con forza nell'ultima opera
greimasiana Dell'Imperfezione (1987). In questo breve testo, il cui tema centrale è
proprio quello dell'esperienza estetica del senso, il fulcro sembra essere il soggetto in
relazione al processo di semiosi, un atto quest'ultimo che spinge soggetto e oggetto
verso una dimensione instabile e selvaggia in cui si stabilisce in maniera istantanea un
“nuovo stato di cose” (Greimas 1987, trad. it. pag. 67). Ad attivare questo meccanismo
estetico Algidas Julien Greimas parla di abbagli, di guizzi, ovvero di elementi singolari
che catturano l'attenzione del soggetto e che lo spingono a una nuova organizzazione
del senso.
Il trasalimento, concretizzazione dell'estesia, si trova pertanto distribuito al contempo sul
soggetto e sull'oggetto, marca il sincretismo tra questi due attanti, una fusione momentanea
2 La scelta di questa suddivisione, apparentemente insolita all'interno di un elaborato che a partire dal
titolo mette in evidenza argomentazioni estetiche, è in realtà motivata da diversi elementi. Noi infatti
non abbiamo voluto fermarci all'approccio testuale di Geninasca, ed è appunto per questo che non
abbiamo proposto tre capitoli ognuno dei quali rivolto a una diversa prensione (molare, semantica,
impressiva). In realtà abbiamo visto nella percezione una duplice funzione, quella cioè da una parte di
prodotto dell'effetto estetico (ovvero il paesaggio come fruizione sensibile), ma anche di punto di
strutturazione di tale effetto di senso (il paesaggio come emozione). Ed è appunto per questo motivo
che abbiamo sentito l'esigenza di descrivere nelle prime pagine la percezione con i suoi andamenti
percettivi e raccontarne i meccanismi formali nelle ultime, proprio per scandire i termini di
un'uguaglianza tra i quali non c'è solo isomorfismo o coincidenza, ma c'è a separarli e a unirli
l'emozione della semiosi.
11
dell'uomo con il mondo. (Greimas 1987, trad. it. pag. 37)
Ma siamo in grado di dare una forma
3
a questo improvviso apprezzamento?
Si tratta di un attimo, di un secondo in cui soggetto e oggetto devono riadattarsi a causa
di una rottura estetica ma che però, conclude Greimas, torna inevitabilmente nei regimi
della realtà. Dalle sue parole insomma difficilmente emergano indicazioni su come
riconoscere forme di senso e fratture estetiche, sembra quasi infatti che soggetto e
oggetto cadano all'interno di una fusione misteriosa e sovrannaturale.
In realtà, come avremo modo di sottolineare più volte, non si tratta di una fusione poi
così tanto misteriosa e sono infatti stati diversi gli autori che hanno cercato di
ricostruirne la forma. In modo particolare il nostro lavoro punterà a un'applicazione dei
modelli di Geninasca.
Il godimento del paesaggio propriamente detto coincide con l'instaurazione di uno stato
dinamico o ritmico, […]. Tutto accade come se il soggetto, contemplandosi e conoscendosi
nello spettacolo del mondo, avesse accesso alla pienezza euforica di un senso al contempo
sensibile e intelligibile. (Geninasca 1997, trad. it. pag. 248)
Attraverso questa definizione già è possibile ipotizzare una sorta di corrispondenza
formale, detto in maniera molto semplice, tra ciò che accade nel soggetto e ciò che
accade nel mondo. Non a caso l'approccio dell'autore permetterà quindi di ricostruire,
attraverso varie prensioni e livelli di coerenza, il vedere e il sapere del soggetto e di
convertirlo in percezione ritmica. Ed è proprio questa musique savante (Geninasca
1997) che instaura una relazione tra soggetto e paesaggio.
L'argomentazione di Geninasca va avanti sostenendo poi che la relazione
intersoggettiva tra individuo e mondo attiva un vero e proprio isomorfismo tra la
configurazione propriocettiva del soggetto e quella esterocettiva del oggetto. Si tratta di
un passaggio ovviamente affascinante ma che necessita di alcune precisazioni per non
cadere in letture banali. L'isomorfismo ipotizzato dall'autore non deve essere trattato
infatti come una forma aprioristica e implicita, bensì come vero e proprio effetto
3 Dare una forma all'esperienza estetica significa, attraverso l'applicazione di un'intenzionalità
fenomenologica, ricostruirne la natura eidetica mediante una lettura qualitativa (configurazione delle
singolarità) e una quantitativa (rapporto parte/tutto). Precisiamo che tale definizione risulterà centrale
e verrà approfondita nel capitolo Il paesaggio come identità semantica.
12
semiotico frutto di un processo dinamico e attivo. Di questo parare è infatti Daniele
Barbieri, il quale reinterpreta la proposta di Geninasca
4
.
[…] se di isomorfismo si può parlare è nel senso non banale in cui ogni evento è isomorfo a
se stesso, perché il lettore viene effettivamente a trovarsi in quello stesso stato tensivo e non
semplicemente in uno stato tensivo isomorfo. (Barbieri 2004, pag. 284)
Nell'esperienza estetica quindi possiamo parlare di isomorfismo non quando le
configurazioni percettive dell'oggetto e gli stati timici del soggetto vanno a coincidere
nelle loro rispettive forme impressive, ma quando entrambi sono coinvolti in un'unica
struttura acronica di tensioni e distensioni.
0.3 Come avvicinarsi al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi
Diamo un'occhiata più da vicino all'interno della realtà che siamo chiamati ad
analizzare. Siamo nella dorsale appenninica tra Romagna e Toscana dove un'ampia zona
unisce assieme territori sia romagnoli sia toscani in un continuum spaziale di circa
36.843 ettari che ha inizio dalla valle del Bidente fino ad arrivare nel Casentino. Si
tratta di un territorio che si sviluppa in lunghezza, da nord-est verso sud-est, e che
comprende tutti i più importanti passi (come il Muraglione, la Calla, i Mandrioli e
l'Alpe di Serra) che uniscono le valli delle due regioni. Da un punto di vista
geomorfologico la presenza di rocce sedimentarie, in prevalenza arenaria e marna, ha
portato a una ricca varietà di emergenze. Il versante toscano presenta pendii ampi e
dolci, fino ad arrivare all'ampio fondovalle dell'Arno, mentre in Romagna sono più
frequenti scarpate e crinali ripidi. L'elemento più caratteristico e che accomuna il
versante romagnolo con quello toscano è lo “Scalaccio”, basti pensare alla roccia del
monte Penna sulla quale sorge La Verna o il pittoresco Passo dei Mandrioli. Ma la
grande protagonista di questa realtà territoriale è la foresta che ne occupa oltre l'80%
della superficie. Dal 1993 questa foresta è diventata patrimonio di tutela per il Parco
4 L'intervento di Barbieri di rilettura delle proposte di Geninasca fa riferimento all'analisi della poesia
L'infinito di Leopardi (2004, I).
13
Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna
5
.
Ma che relazione c'è tra questo Parco Nazionale e un'analisi semiotica? Come può
questa disciplina aiutarci a studiare questa ricchezza boschiva?
Mauro Maggiorini nel suo testo Storia di uomini e foreste (1993) sottolinea come i
territori che oggi sono compresi nel Parco, nel momento di maggiore popolamento,
fossero terre di “legnaioli”, “carbonai” e “contadini”.
Ma nell'ultimo ventennio, in parallelo alla lenta nascita del Parco Nazionale, la corsa al
legname e ad altre materie prime ha conosciuto evidenti limitazioni, non tanto per un
impoverimento demografico ma piuttosto per una minore richiesta del mercato e anche
per l'attività della Regione e di diverse cooperative orientate verso un programma
equilibrato di tagli e rimboscamenti proprio per assicurare il mantenimento del
patrimonio boschivo. Lo stesso razionale principio di conservazione è stato poi
applicato anche per le risorse idriche, basti pensare all'invaso di Ridracoli e alla sua
diga. Insomma, negli ultimi decenni si sono andate a sviluppare una foresta e una
ricchezza boschiva che prima non c'erano (foto I.0 e II.0). Quelle aree che un tempo
erano riservate a pratiche strettamente lavorative sono state oggi riorganizzate come
spazi di fruizione turistica e soprattutto di fruizione estetica. Ruolo centrale in questa
virata valoriale è quello dell'Ente e la sua rete di sentieri all'interno del Parco, poiché
sono in primis proprio questi percorsi a dettare oggi la relazione più primitiva e diretta
tra uomo e foresta. Ed è proprio qui che entra in gioco la nostra analisi.
5 Breve excursus storico sulla nascita di questo Parco Nazionale. Nonostante l'idea di Parco Nazionale
in America fosse una realtà consolidata già a partire dalla fine dell'Ottocento, in Italia tale fenomeno
fa la sua timida comparsa solo con gli anni del Fascismo, basti pensare al Parco del Gran Paradiso o a
quello di Abruzzo nati entrambi negli anni venti. Nonostante poi il contributo nel dopo guerra da parte
della Comunità europea a partire dal 1957 sull'intero suolo nazionale è solo a partire dagli anni
Settanta che anche le Foreste Casentinesi e l'intero comprensorio montano diventano oggetto di
interesse da parte di politiche di protezione del territorio. Alla base di questo interesse abbiamo
innanzi tutto alcune leggi, come quella 616/1977 che permette alle regioni di avere numerose funzioni
fino ad allora di competenza statale, in modo particolare legate all'ambiente. Molto vivace era poi
l'ambiente culturale e soprattutto scientifico della Romagna forlivese con personalità come Alberto
Silvestri o Pietro Zangheri. Numerosi quindi i privati e le associazioni ambientaliste locali che hanno
permesso nel 1984 di formare un comitato per l'istituzione del “Parco regionale delle foreste
casentinesi e del Falterona” a seguito della legge della regione Toscana sulle aree protette. Nel 1988
poi si giunge, grazie anche all'intervento della regione Romagna, all'istituzione di un Parco vero e
proprio sul crinale romagnolo con estensione di circa 16.000 ettari dal nome il “Parco regionale del
crinale romagnolo”. Nel 1991, dopo un lungo iter parlamentare, viene approvata la legge n. 394,
Legge quadro sulle aree naturali protette. Si arriva così nel luglio del 1993, per mezzo di un decreto
presidenziale, alla creazione del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e
Campigna, insediatosi ufficialmente a Pratovecchio, alla presenza del Ministro dell'ambiente Valdo
Spini.
14
0.3.1 Il Sentiero Natura come sguardo estetico
6
I sentieri all'interno del Parco sono cinquanta e tra questi spiccano per semplicità
fruitiva i Sentieri Natura, ovvero nove passeggiate tematiche
7
. Ogni sentiero rimanda,
sia per caratteristiche morfologiche sia per caratteristiche tematiche, alla realtà
territoriale che lo ospita. Per il nostro elaborato abbiamo scelto uno di questi percorsi,
ovvero il Sentiero Natura dell'Acquacheta – La valle e la Cascata di Dante
8
, una
passeggiata di poco meno di quattro chilometri che ha inizio dal piccolo paese di San
Benedetto in Alpe
9
fino ad arrivare alla celebre cascata dell'Acquacheta e all'antico
insediamento dei Romiti. Dante, esule da Firenze, secondo la tradizione arrivò a San
Benedetto percorrendo il sentiero dell'Acquacheta e rimase affascinato dalla cascata che
poi citò nel canto XVI dell'Inferno. Inoltre, secondo biografi e studiosi di Dante, il
sommo poeta sostò tra il 1302 ed il 1303 a San Benedetto ospite dell'Abbazia.
Così il Sentiero, punto d'incontro tra ricchezza naturale e culturale, viene presentato
dall'Ente nel relativo materiale informativo.
Il Sentiero si svolge lungo la valle dell'Acquacheta famosa per la cascata citata da Dante nel
XVI canto dell'Inferno. Attraverso il percorso si entra in contatto con la natura in tutti i suoi
aspetti: le formazioni geologiche, la vegetazione forestale, il torrente e infine la spettacolarità
della cascata.
Scopo dell'analisi è quello di ricostruire la natura estetica di questa complessa e ricca
esperienza nella foresta consapevoli del fatto che il Sentiero Natura rappresenta,
6 Il saggio di Geninasca (1997, II-6) in cui viene analizzata una pagina di Stendhal tratta da Rome,
Naples et Florence rappresenta il punto di partenza e il punto di arrivo di questo elaborato.
L'approccio estetico al mondo qui proposto cerca nella percezione la percezione che il soggetto ha di
se stesso. Vogliamo quindi anche noi in questa tesi vedere il paesaggio non come oggetto bensì come
equivalente allo stato del soggetto all'interno di una semiosi in atto.
7 Nonostante la nostra attenzione si focalizzerà su un singolo Sentiero Natura abbiamo voluto inserire
in allegato una rapida presentazione anche di tutte le altre principali passeggiate poiché ognuna di esse
rappresenta una diversa declinazione del rapporto uomo e foresta. O detta in termini semiotici, ogni
passeggiata rappresenta un diversa relazione soggetto e oggetto (allegato 1).
8 Per un'analisi tecnica del sentiero rimandiamo alla sezione allegati (allegato 2).
9 Il paese sorge al km 40 della Strada Statele tosco-romagnola numero 67, tra Forlì e Firenze, dentro i
confini del parco nazionale delle Foreste Casentinesi. Il nucleo abitativo della piccola frazione di San
Benedetto, appartenente al comune di Portico di Romagna, è costruito attorno all'antica abbazia dei
monaci benedettini in Poggio, in una posizione sopraelevata. Mentre la parte bassa del paese, il
Molino, sorge sulle rive del fiume Montone e dei suoi affluenti. Gli abitanti, poco più di un centinaio,
sono dediti all'agricoltura, all'allevamento e alla lavorazione a scalpello della pietra alberese.
15
all'interno del Parco delle Foreste Casentinesi, un'attrattiva con particolari aspetti sia
turistici sia semiotici. In un'ottica turistica il Sentiero Natura è un tentativo di rendere la
foresta accessibile al maggior numero di turisti poiché si tratta un'escursione non
eccessivamente impegnativa, all'incirca di qualche ora, e quindi adatta anche a quel
turista che non abbia particolare dimestichezza con lunghe passeggiate, come famiglie,
scolaresche o più semplicemente chiunque una domenica avesse voglia di allontanarsi
dalla città, immergersi nel verde, senza avere alcuna preparazione fisica o
escursionistica. Non a caso numerosi pannelli informativi, segnaletiche e staccionate di
protezione rendono pressoché impossibile allontanarsi dal sentiero principale. Altra
caratteristica di questa attrattiva sono i punti sosta, luoghi in cui, attraverso diversi
espedienti, il turista è chiamato a fermarsi e a guardarsi attorno potendo così godere di
dettagli naturalistici, ambientali e culturali del territorio. Questa particolare ricchezza
enunciazionale da parte dell'ente Parco nella costruzione del Sentiero permette di
avanzare alcune interessanti riflessioni anche a livello semiotico. L'ente infatti,
attraverso i propri interventi, produce un vero e proprio discorso ma non è l'unico a
farlo. Anche il territorio attraverso la propria morfologia produce un discorso andando
così a costruire tante letture e andando così a sovrapporre diversi meccanismi di senso.
E non è forse questa la ricchezza di un Discorso Estetico? Proprio perché un'esperienza
sia estetica significa inevitabilmente ricollegarsi ad altre dinamiche e ad altri
meccanismi di senso, in una parola, significa ritrovare in un discorso tanti Discorsi. Ed
è proprio da questi giochi tra istanze enuncianti e da questi incastri tra Discorsi
Scientifici, Sociali, ecc., che all'interno dell'esperienza paesistica soggetto e mondo si
possono costruire e arricchire reciprocamente.
È chiaro il riferimento alle teorie di Geninasca attraverso il cui sguardo estetico il
paesaggio viene visto come un denso viaggio dove una pluralità di discorsi e di attori
sono messi in scena, come un'insieme polifonico di descrizioni e di punti di vista dai
quali, improvvisamente e contro qualsiasi aspettativa, “l'emozione vivissima” dilaga. Si
tratta di una realtà che sorprende il visitatore, lo emoziona. Il suo punto di vista è di
natura estremamente mutevole e va a coincidere con “uno sguardo che varia a seconda
dei Discorsi da cui dipendono i vari soggetti” (Geninasca 1997, trad. it. pag. 234). Ed è
proprio questa l'essenza di uno sguardo estetico. Questo è infatti mobile e distratto, è, da
16
una parte, trasformazione percettiva e, dall'altra, slittamento che da un'intenzionalità
intelligibile punta verso il sentire. Lo sguardo estetico garantisce il passaggio tra un
Discorso finalizzato al riferimento e alla enumerazione a un Discorso Estetico in cui le
figure del mondo rimandano agli stati timici del soggetto.
Daniela Panosetti descrive in maniera molto efficace questo meccanismo emozionale.
In questo senso l'attivazione di uno sguardo estetico […] sembra rimandare all'assunzione di
una particolare disposizione timica, ovvero una deroga dell'intenzionalità a livello
predicativo che apra a una situazione di distrazione produttiva del soggetto. (Panosetti 2007,
pag. 7)
La distrazione quindi va a sedare l'intenzionalità predicativa del soggetto a favore di un
rapporto timico con l'oggetto.
0.3.2 L'esperienza paesistica come costrutto estetico
La principale caratteristica del testo estetico è che la sua struttura è motivata, ovvero
il piano dell'espressione si articola in modo non arbitrario con il piano del contenuto.
Secondo Roman Jakobson (1963) si produce un eccesso di regolarità che manca nel
linguaggio naturale e che permette al fruitore di focalizzare la propria attenzione sulla
struttura stessa del messaggio, ovvero sulla sua stessa organizzazione formale. Il
particolare rilievo che viene quindi dato alla funzione poetica della comunicazione
spinge lo studioso russo a definire il testo estetico come ambiguo e autoriflessivo,
caratteristiche queste recuperate anche da Umberto Eco.
L'effetto estetico non è una risposta fisica o emotiva, ma l'invito a guardare come quella
risposta fisica o emotiva sia causata da quella forma in una sorta di va e vieni continuo tra
effetto e causa. L'apprezzamento estetico non si risolve nell'effetto che si prova, bensì anche
nell'apprezzamento della strategia testuale che lo produce (Eco 2003, pag. 293)
In queste pagine Eco menziona tra i meccanismi estetici strategie di stile e di sostanza
recuperando così l'idea di autoriflessività descritta da Jakobson.
Ma facciamo un salto cronologico indietro e torniamo al 1975 e al Trattato
10
. In modo
10 Non si può parlare di testo estetico e non citare Eco e il Trattato. Nonostante questo doveroso rimando
al saggio Il testo estetico come esempio di invenzione (Eco 1975, III-7) è altrettanto doveroso per noi
prenderne anche le distanze da alcune riflessioni. Certo è ancora valida l'idea di un testo estetico
17
particolare Eco parla di ambiguità estetica nel momento in cui “a una deviazione sul
piano dell'espressione corrisponde una qualche alterazione sul piano del contenuto”
(Eco 1975, pag. 330). Altra definizione decisamente interessante è quella di effetto
estetico.
(L'effetto estetico) spinge il destinatario a riconsiderare l'intera organizzazione del
contenuto. Una violazione che giochi sia sull'espressione che sul contenuto obbliga a
considerare le regole della loro correlazione: ed ecco che in questo modo il testo diventa
autoriflessivo perché attira l'attenzione innanzitutto sulla propria organizzazione semiotica.
(Eco 1975, pag. 331)
Il testo estetico, possedendo una funzione estetica estremamente idiosincratica e
originale, stimola nel fruitore una riflessione sulla sua costruzione stessa. In questo
modo, come vedremo anche per Geninasca, si va a costruire una nuova visione del
mondo giacché appunto stimola la propria attenzione sul proprio lavoro interpretativo e
di attribuzione di senso. Avviene insomma una vera e propria ri-semantizzazione dei
valori attraverso un meta commento che cerca di interrogarsi sul valore dei valori
(Geninasca 1997).
Questi meccanismi di senso comportano, da un punto di vista interpretativo, la
contrapposizione di quelli che Geninasca chiama Discorsi. Il Sentiero Natura infatti è
un crocevia di Discorsi che può essere attualizzato, come vedremo, in due diversi modi,
ovvero può assume diverse forme perché attivato da diversi sguardi. Si tratta di due
percorsi di lettura entrambi validi, corretti che si muovono in parallelo e che sono
entrambe sostenuti da un'unica manifestazione espressiva.
0.3.3 L'esperienza paesistica come lettura fenomenologica
La parole estetica si sviluppa in una spazio intersoggettivo che vede ai poli Soggetto
e Oggetto. Ed è proprio in questa frattura che la semiosi si attiva permettendo così al
mondo di assumere davanti agli occhi del soggetto una coerenza percettiva, discorsiva e
tensiva. Le forme di senso così prodotte presentano quindi, da una parte, una natura
ambiguo e autoriflessivo ma non è più valida quella di invenzione. Nel corso dell'elaborato faremo
emergere un modello di testo estetico che non avrà nulla a che fare con quel processo di ipercodifica
che secondo Eco, iniziando con una manipolazione espressiva, conduce a una variazione nel codice.
18
oggettiva, in quanto rimandano alle strutture del costrutto estetico, e, dall'altra, a una
natura soggettiva poiché rappresentano l'attualizzazione di precise posizioni enunciative
da parte del soggetto.
Emergono così alcune domande: attraverso quale approccio la natura fluttuante (tra
soggetto e oggetto) della semiosi in atto viene rispettata? Quali autori hanno teorizzato
tale approccio?
Perché questo modello possa essere valido sia il Soggetto sia l'Oggetto devono essere
considerati e trattati in chiave fenomenologica. Dobbiamo infatti considerare
l'esperienza come un oggetto in senso fenomenologico, ovvero come un'identità il cui
senso emerge da un'attualizzazione senza sbilanciarsi né verso un polo oggettivo né
verso quello soggettivo e la cui morfologia si basa su proprietà singolari. Dall'altra parte
il soggetto, istanza che percepisce e che produce discorsi, anch'essa deve essere intesa
in senso fenomenologico. Infatti non è il corpo origine del senso, ma ne deve essere suo
tramite e “in questo scambio tra soggetto della sensazione e il sensibile non si può dire
che l'uno agisca e l'altro patisca, che l'uno dia senso all'altro” (Merleau-Ponty 1945,
pag. it. pag. 290). Applicando queste definizioni all'intero delle problematiche estetiche
e della semiosi in atto, pur essendo consapevoli della funzione di mediazione del corpo,
significa appunto spostare l'attenzione sia dall'oggetto sia dal soggetto e muoversi in
uno spazio intersoggettivo in cui la presa estetica non è altro che una focalizzazione
riflessiva da parte del soggetto sulla propria situazione.
Il primo uso che viene fatto in questo elaborato della fenomenologia consiste in un
tentativo di descrizione delle percezioni del turista attraverso l'individuazione di
singolarità e consistenze a livello espressivo. Autore di riferimento è Merleau-Ponty che
ci insegna che la percezione non è una qualità né di noi stessi né del mondo che ci
circonda, bensì è un fare, un atteggiamento che assume nello spazio una configurazione
unificante e che possiamo definire come un “contatto primordiale con l'essere, come
ripresa da parte del soggetto senziente di una forma indicata dal sensibile, come
coesistenza del senziente e del sensibile” (Merleau-Ponty 1945, trad. it. pag. 299).
Insomma, una descrizione percettiva in grado di collocarci tra soggetto e oggetto. Ed è
proprio questa prima descrizione che poi dovrà assumere una forma
sintagmatica/paradigmatica e una configurazione espressiva/semantica grazie
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all'approccio di Geninasca, un percorso il suo che rispetta la natura fenomenologica del
senso e della percezione poiché soggetto e oggetto si costruiscono reciprocamente senza
fondersi rispettando così la natura della semiosi in atto. Più nello specifico, la prensione
molare
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rappresenta un processo in cui si focalizza in maniera locale una
configurazione lineare. La prensione semantica va poi ad attivare una rete di relazioni
all'interno di una configurazione planare e globale. La prensione impressiva, proprio
nella percezione tra uomo e mondo, garantisce la relazione tra le due precedenti letture
nel rispetto della natura percettiva e fenomenologica del senso. Geninasca la definisce
come “una relazione che unisce soggetto e mondo” (Geninasca 1997, trad. it. pag. 244),
ovvero come un'esperienza di fruizione attraverso la quale soggetto e mondo si
costruiscono nella percezione.
Applicare una lettura fenomenologica significa quindi partire dalla percezione per poi
tornare alla percezione: descriverla inizialmente come un percorso ingenuo, processuale
e individuale per poi, pagina dopo pagina, mostrarne a livello esperienziale tutte le sue
componenti. Non a caso autore che incontreremo soprattutto nella parte iniziale e in
quella finale dell'elaborato è Barberi, il cui lavoro è spesso legato a una problematica
percettiva. In questo modo la percezione emergerà inizialmente come effetto di senso
compiuto e solo in un secondo momento, dopo aver applicato i principi di Geninasca,
essa andrà a rappresentare uno spazio strutturato e figurale di frattura della semiosi in
atto tra soggetto e oggetto. L'approccio di Geninasca possiamo quindi definirlo, da un
punto di vista teorico, come un incontro di reciproca completezza tra semiotica e
fenomenologia poiché si va a collocare proprio tra l'oggetto e il soggetto. Un oggetto,
nel nostro corpus, che è testo, pratica, discorso e che quindi elude le più classiche e
chiuse definizioni di oggetto (semiotico) e un soggetto che interpreta, percepisce, fa
esperienza e che quindi esce dagli schemi di un modello attanziale.
0.3.4 L'esperienza paesistica come trasformazione tra istanze
Altro autore che è riuscito a intrecciare semiotica e fenomenologia è Coquet, il quale
vede l'enunciazione come un processo che avviene proprio grazie al corpo con le sue
passioni e le sue sensazioni.
11 L'approccio di Geninasca rappresenta il modello principale di questo elaborato e ogni prensione verrà
sviluppata in un singolo capitolo.
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L'approccio di Coquet consente di ritrovare – nel momento stesso in cui il processo della
significazione fa la sua comparsa e la semiosi ha luogo – assieme alle condizioni
linguistiche, le condizioni percettive, sensibili e affettive della significazione. (Bertrand
2000, trad. it. pag. 69)
Da questo punto di vista quindi l'enunciazione non è più un'operazione formale di
trasformazione o “un'istanza di mediazione che assicura la messa in enunciato delle
virtualità della lingua” (Greimas e Courtés 1979, voce: enunciazione), ma una vera e
propria dimensione di transizione tra realtà e forma. Ed è proprio questo dualismo che
ritroviamo poi negli sguardi le cui istanze di riferimento sono delle figure attanziali
tanto reali quanto formali in grado quindi di ricoprire all'interno dello schema
fenomenologico dell'enunciazione una posizione sia corporea e sia formale. Tali
posizioni vengono colte in base alla loro natura modale e soprattutto predicativa. In
modo particolare va ricordato che si tratta di identità non riconducibili a una morfologia
stabile, bensì rimandano a continue evoluzioni discorsive e a varie modulazioni
dinamiche.
Pensiamo al primo attante ipotizzato da Coquet, il quale possiede principalmente due
istanze: quella del non soggetto e quella del soggetto. Nel primo caso si tratta di un
attante puramente funzionale inserito in un ambito predicativo il cui scopo è quello di
mettere in forma attraverso il proprio corpo e “la sua attività è la predicazione priva di
qualunque assunzione del suo atto” (Bertrand 2000, trad. it. pag. 67). Il non soggetto
rivela il suo statuto d'istanza percependo e “il suo privilegio, e anche la sua funzione, è
di enunciare per primo il suo rapporto con il mondo” (Coquet 2008, trad. it. pag. 25).
Mentre il soggetto è l'attante dell'autoaffermazione, colui che si fa carico di
un'affermazione su se stesso attraverso un atto cognitivo di distacco, attraverso un
débrayage che permette lo sradicamento dalla sua presenza sensibile se pur quest'ultima
sempre rimanga come substrato della significazione. Il secondo attante rappresenta
l'oggetto implicito nel discorso mentre il terzo attante, riconducibile al Destinante della
semiotica narrativa classica, è un'istanza dotata di autorità.
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