5
In questa nuova fase degli interventi paesaggistici l’agricoltura svolge un
ruolo di primo piano essendo l’unico settore produttivo a produrre
esternalità positive di grande rilievo per la tutela e conservazione del
paesaggio. Ciò si innesca nel nuovo ruolo multifunzionale dell’agricoltura:
cioè nel suo riuscire ad evolvere offrendo servizi alla società ed alla
popolazione che vi è legata. Solo in questo modo la campagna è in grado di
offrire concrete alternative ai fenomeni di concentrazione delle aree urbane
e ai fenomeni di rarefazione delle zone più marginali.
In questo contesto si inserisce il lavoro di tesi che è stato svolto e
nell’ambito del quale ci si è posti il triplice obiettivo di studiare le politiche
paesaggistiche realizzate dalla regione Umbria, di passare in rassegna le
tecniche di valutazione del paesaggio e di sperimentare strumenti di analisi
del paesaggio agrario legati alla costruzione di un sistema informativo
territoriale.
La tesi risulta composta da cinque capitoli. Nel primo si introduce il lettore
alla tematica del paesaggio in generale e del paesaggio agrario in particolare
ricorrendo alle diverse definizioni che nel tempo sono state adottate e ai
concetti di modello di paesaggio, tutela e piani paesistici. Nel secondo
capitolo sono passate in rassegna le politiche paesaggistiche attuate a livello
nazionale partendo dai criteri base dettati dalla Convenzione europea del
Paesaggio fino ad arrivare agli interventi di politica paesaggistica previsti
dalla Politica Agricola Comunitaria. Particolare attenzione è stata rivolta
alle novità apportate dal “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” che
definisce il nuovo corso degli interventi paesaggistici in Italia.
Nel terzo capitolo sono stati esaminati gli interventi messi in atto dalla
regione Umbria per tutelare e salvaguardare il paesaggio umbro attraverso
lo studio e l’analisi del Piano Urbanistico Territoriale (PUT), dei Piani
Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP) e del Piano di Sviluppo
Rurale (PSR). Nel capitolo successivo è stata riportata la rassegna
effettuata relativamente alle tecniche di valutazione del paesaggio sia di
tipo monetario che di tipo non monetario nonché la descrizione del modello
Determinanti, Pressioni, Stato, Impatti e Risposte (DPSIR) utilizzato per
analizzare la situazione paesaggistica nelle province umbre.
Nel quinto e ultimo capitolo è stato descritto il percorso seguito per
realizzare un Sistema Informativo Territoriale per la lettura e l’analisi del
territorio rurale e del paesaggio nella zona di Città di Castello. Sono
riportati, inoltre, degli spunti per l’analisi qualitativa del paesaggio agricolo
nell’area di studio, l’analisi della Visibilità e la valutazione del paesaggio
con il software Fragstat. Alcune considerazioni conclusive chiudono il
lavoro.
6
Capitolo 1 Concetti introduttivi
1.1 Introduzione
Il “Paesaggio” è considerato un fenomeno culturale di notevole
complessità ed è stato oggetto di studio da parte di numerose scuole di
pensiero che ne hanno evidenziato, spesso senza nette distinzioni, aspetti
quali:
il valore puramente estetico inteso come aspetto esteriore
della bellezza “artistica” dei luoghi;
il valore insito principalmente nei beni storico/culturali , beni
cioè in grado di conservare le testimonianze come le costruzioni e le
sistemazioni agrarie, o “segni” storici e simbolici in generale;
l’insieme geografico in continua trasformazione, con
interrelazioni dinamiche significative connotanti i luoghi tra gli
aspetti naturalistici con quelli antropici;
i valori visivamente percepibili costituenti i caratteri della
fruibilità del paesaggio, nelle sue proprietà sceniche, quale prodotto
dell’individuo spettatore/attore.
Tali concezioni possono in massima parte riconoscersi nella definizione,
espressa nel corso delle iniziative per la Convenzione Europea del
Paesaggio, secondo cui il paesaggio è “una determinata parte di territorio,
così come viene percepita dalla popolazione, il cui carattere deriva
dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni".
Secondo tale definizione, quindi, il paesaggio non può essere inteso
quale sommatoria di oggetti, vincolati o meno, ma piuttosto quale forma,
stile, impronta di una società, e quale qualità dell’ambiente di vita basato
sull’equilibrato rapporto tra uomo e natura.
Un approccio al paesaggio almeno in parte differente (e potenzialmente
complementare) è quello fornito dalla Landscape Ecology (Ecologia del
paesaggio). Infatti, questa disciplina considera il paesaggio come la
risultante di tutti i processi che avvengono in un mosaico complesso di
ecosistemi. Secondo tale approccio, il paesaggio è un sistema gerarchico
multidimensionale caratterizzato sia strutturalmente sia funzionalmente
dagli ecotopi attraverso cui è organizzato.
7
La differenza tra gli studi di carattere percettivo o storico-geografico sul
paesaggio e quelli di Landscape Ecology sta nel fatto che i primi sono
rivolti a evidenziare principalmente gli aspetti culturali ed estetici,
attribuendo all’uomo un ruolo centrale nella valutazione e fruizione
paesistica del territorio, mentre i secondi considerano l’uomo parte degli
ecosistemi e si occupano dei caratteri morfologici in rapporto alla
distribuzione e forma degli ecosistemi naturali e antropici presenti per
comprenderne strutture e processi.
8
1.2 Evoluzione del concetto di paesaggio
La nascita del termine paesaggio
1
si fa risalire a circa 500 anni fa,
periodo in cui fu coniato per indicare non tanto l’oggetto reale che si
guardava, quanto una sua rappresentazione, pittorica o espressa in altra
forma artistica, tesa ad evidenziarne la intrinseca valenza estetica.
Nel corso degli anni il concetto di paesaggio ha subito un importante
evoluzione.
Un primo modo di vedere il paesaggio è stato quello in cui a prevalere
sono gli aspetti formali che caratterizzano il paesaggio naturale: il
paesaggio come spettacolo naturale, come panorama, come vista sul
territorio. I grandi pittori e molti grandi fotografi hanno immortalato questa
concezione di paesaggio nelle forme ondulate e morbide di un paesaggio
collinare, nei profili di una catena montuosa, nella forma armoniosa e
riposante di un bosco.
Un secondo approccio al paesaggio, definito culturale, contiene i segni
della vita dell’uomo. Esso è il risultato degli effetti della attività produttiva,
della vita sociale e culturale, e delle trasformazioni che l’uomo produce
sull’ambiente e sul territorio. L’azione antropica sul paesaggio deriva allora
principalmente dalla possibilità di soddisfare nel territorio le necessità della
sopravvivenza e dello sviluppo economico, e di trasformare la natura e gli
ambienti in cui l’uomo vive in relazione alle attività umane. Nel paesaggio,
inteso come l’insieme dei caratteri e delle risorse naturali, l’uomo ha
sempre trovato i fattori produttivi necessari per la produzione economica,
ed in particolare le materie prime e la terra, necessaria per le produzioni del
settore primario e per l’ubicazione di città, oltre che di fabbricati industriali
e di servizio.
Ma oltre al soddisfacimento delle necessità primarie, grande importanza
rivestono nel paesaggio anche quegli elementi che nascono dalle esigenze
della cultura dell’uomo. Le cattedrali, i grandi palazzi, alcuni moderni
quartieri modello, i parchi e i giardini, hanno costituito e costituiscono
ancora oggi forme d’uso del territorio slegate dalle mere funzioni della
sopravvivenza e dell’economia, destinate invece assieme anche alle viste
dei paesaggi naturali a soddisfare la sensibilità intellettuale e spirituale dei
loro fruitori.
La funzione percettiva del paesaggio (naturale o culturale) è quella che
per prima, nel recente passato, si è affermata nel dibattito sul paesaggio. I
primi interventi normativi di tutela del paesaggio (l. 1497/39) sono stati
orientati verso la salvaguardia dei suoi valori formali e culturali in senso
stretto piuttosto che verso la tutela delle valenze ambientali ed ecologiche.
1
Il termine paesaggio si riferisce ad una porzione di territorio, percepibile con un singolo
sguardo.
9
In parallelo anche l’attribuzione in Italia alle facoltà di Architettura delle
conoscenze in materia di architettura del paesaggio rivela il tentativo di
privilegiare le conoscenze legate alla forma e alla cultura rispetto a quelle
legate all’ambiente e al territorio. Ciò non accade invece nei paesi del
centro e del nord Europa, dove gli insegnamenti di architettura del
paesaggio sono impartiti nelle facoltà di Agraria.
In realtà ogni moderno approccio conoscitivo o modificativo del
paesaggio deve necessariamente essere affrontato in chiave
multidisciplinare.
Proprio in tale senso negli anni recenti, anche come risultato
dell’evoluzione sociale e culturale, il concetto di paesaggio è andato
evolvendo
2
.
2
"Il punto di arrivo della complessa evoluzione subita dal concetto di paesaggio è
costituito dalla più moderna definizione fornita dall’ecologia: il paesaggio viene
considerato come ecosistema paesistico concreto ... di una sezione spaziale estesa a
piacere della biosfera, che nel caso più semplice comprende solo atmosfera, litosfera ed
idrosfera e negli altri casi è integrata da esseri viventi, fra cui l’uomo, e le sue opere; ...
nella maggior parte dei casi, più che un vero e proprio ecosistema omogeneo, si tratta di
un insieme di ecosistemi variamente collegati" (Di Fidio, 1991).
10
1.3 Il concetto di ambiente e quello di paesaggio: una
precisazione
Una importante precisazione da fare è sul concetto di ambiente e di
paesaggio. Negli ultimi decenni, con le vivaci attività dei movimenti
ambientalisti, al termine paesaggio si è confusamente sostituito, o in
qualche misura sovrapposto, quello di ambiente.
Nel linguaggio comune, questi sono spesso erroneamente considerati
sinonimi, nonostante che difendere l’ambiente e tutelare il paesaggio non
sia la stessa cosa. Occorre fare una sostanziale distinzione: mentre la
scienza, compreso quella ambientale, considera soltanto ciò che è
oggettivamente misurabile e ripetibile, il paesaggio invece deve essere
apprezzato su un piano estetico ed è quindi fortemente soggettivo,
influenzato dalla sensibilità individuale, così come di fronte ad un
capolavoro artistico. Il giudizio estetico su un paesaggio è infatti
espressione di gradimento, come può esserlo per il cibo.
1.4 Un altro concetto: modello di paesaggio
Un nuovo concetto che sembra si vuole introdurre è quello di “modello
di paesaggio” ed è stata anche ipotizzata una ricerca di “assetti paesaggistici
di riferimento”, cioè “tipizzanti” di ciascun “ambito territoriale”. Ma non
tutti gli studiosi sono d’accordo con questo approccio, infatti, molti
sostengono che terminologie come “fisionomia” o “stile” sono da
considerarsi fuorvianti tanto per le opere d’arte quanto per i paesaggi. Gli
stessi ritengono che, anche volendo ipotizzare il ricorso ad una rigorosa
valutazione demoscopica, l’apprezzamento estetico di un determinato
paesaggio potrebbe essere inficiabile, oltre che non facile, perché
interferiscono largamente influenze di opinionisti, tanto più se il risultato
riveste qualche interesse di parte, economico o politico.
Recentemente è stato introdotto il concetto di “democratizzazione” del
paesaggio, … “non più visto come elemento elitario” e di “eccellenza”, …
ma “rivalutando il ruolo della popolazione che, sensibilizzata ed educata,
potrà partecipare alle scelte riguardanti la sua tutela”. Mentre, illustri
personalità, come Roberto Longhi (1961), hanno da tempo autorevolmente
sottolineato come la bellezza di un paesaggio “non possa imporsi” e non
possa essere fissata “secondo le probabilità dei gusti”.
11
1.5 Il paesaggio e i legami con l’agricoltura
Fino a qualche anno fa i rapporti tra agricoltura e paesaggio erano
indagati soprattutto prendendo in esame le problematiche sollevate dalla
crescita dei centri abitati ed dalla più recente urbanizzazione delle
campagne, con lo sviluppo di strade, fabbriche, elettrodotti ecc.. Più volte è
stato sottolineato il loro dissennato insediamento a scapito dell’agricoltura
e, quasi sempre, proprio di quella migliore.
Oggi si è diffuso un nuovo interesse nei confronti del paesaggio, e ciò
sembra dovuto principalmente al fatto che il suo valore estetico può
assumerne uno economico tangibile in quanto, laddove apprezzato, esso
determina una “desiderabilità residenziale” e richiama turismo. Si è
cominciato a parlare di “patrimonio paesaggistico” e si sta sviluppando una
nuova “scienza economica del paesaggio”.
I paesaggi agrari hanno subito mutamenti, anche radicali, nel corso della
storia. Tali mutamenti sono conseguenti all’esercizio imprenditoriale
dell’agricoltura che induce gli agricoltori ad essere attenti e pronti
utilizzatori di ogni progresso scientifico e tecnologico. Progressi che,
necessariamente, producono continue e sempre più rapide modifiche al
paesaggio, determinandone valori estetici nuovi, non sempre
necessariamente negativi. Comunque è evidente che i paesaggi legati
all’agricoltura sono realtà vive e non possono essere conservati come
elementi museali.
I paesaggi agrari sono innumerevoli e ognuno presenta delle
caratteristiche eterogenee e una diversa dinamicità.
Noto è il caso di alcune vallate alpine dove i prati in estate hanno un
attraente e riposante colore verde, grazie agli agricoltori che li falciano
ripetutamente. Si tratta di un’operazione che, soprattutto lungo i pendii più
ripidi, è molto difficile e faticosa. Ma senza quelle falciature i prati
assumerebbero un aspetto poco piacevole, dando l’impressione di secco,
come purtroppo avviene ovunque si verifichi un abbandono della
campagna. Ad avvantaggiarsi di tale lavoro, non economicamente
remunerativo per l’agricoltore, sono soprattutto le attività legate al turismo.
Intervengono quindi intelligenti sostegni finanziari per il mantenimento in
attività dei Masi. L’esempio è utile per comprendere come agli imprenditori
agricoli non si possa chiedere di lavorare solo per appagare il piacere
estetico o i connessi interessi di altri cittadini.
Altrettanto noto è il paesaggio delle campagne del Chianti Classico che
ha subito nel tempo una profonda trasformazione per l’affermarsi della
viticoltura specializzata in luogo di quella tradizionale, caratterizzata
quest’ultima dai caratteristici filari di viti consociate ed anche maritate ad
alberi. La nuova viticoltura, anche se esteticamente meno attraente di quella
tradizionale, ha avuto un grande successo apportando notevoli vantaggi
12
socio economici all’intero territorio e richiamando, comunque, un crescente
flusso turistico di estimatori, anche stranieri.
Nell’ultimo decennio le colline dell’Italia centrale durante l’epoca della
fioritura del girasole sono divenute meta di numerosi artisti attirati dalla
bellezza dei luoghi; coltura che via via ha visto diminuire gli ettari investiti
a causa dell’abbassamento dei premi percepiti dagli agricoltori per la sua
coltivazione.
13
1.6 La tutela dei paesaggi agrari
Si parla, sempre più frequentemente, di paesaggi da “restaurare”,
“proteggere”, “conservare”, ecc., sostenendo richieste di interventi
normativi per la loro “tutela”, “gestione”, “pianificazione” ecc.. Da qualche
tempo si è cercato di sviluppare questo tema trattandolo a vari livelli
europei, ove sono stati espressi anche indirizzi per una comune “politica del
paesaggio”. Nel momento in cui si parla di conservazione e di
manutenzione dei paesaggi per difenderli da cambiamenti si considera
l’agricoltura necessariamente solo come un’attività di servizio, e non una
attività produttiva e da reddito.
La gestione del paesaggio, che evidentemente deve essere continuativa,
si sovrappone e in qualche caso potrebbe sostituirsi, direttamente o
indirettamente, all’attività degli agricoltori.
Si può immaginare opportune soluzioni mediate, in accordo con gli
imprenditori agricoli, per la tutela di un limitato paesaggio di alto valore
storico. E’ il caso di paesaggi particolari, che prospettano l’opportunità di
tramandarne il ricordo. Valga l’esempio significativo di alcune aree
olivicole ove alberi secolari hanno raggiunto una mole eccezionale e
caratteri estetici che inducono a considerarli veri e propri monumenti.
Alcune normative vigenti non consentono la loro sostituzione, anche se non
più remunerativi. E’ un esempio che serve a riflettere; per ora non sono
state trovate soluzioni eque e soddisfacenti. Per di più, nel caso specifico, si
assiste ad una pressante richiesta di mercato per grandi alberi di olivo da
allevare a scopi ornamentali. Quegli olivi monumentali vengono quindi
richiesti a prezzi molto alti perché, con opportune tecniche, possono essere
trapiantati in altre zone anche molto lontane.
Un altro caso particolare è rappresentato dai “muri a secco” che hanno
caratterizzato quelle che vengono definite “eroiche agricolture”.
L’opportunità di conservare la memoria storica di siffatti elementi
paesaggistici può essere soddisfatta restaurando e poi mantenendo uno o
pochi esempi significativi di ciò che si vuole conservare, in spazi
relativamente ristretti e in totale accordo con gli agricoltori, prevedendo un
congruo indennizzo per i redditi che dovessero venir meno. Se questi
interventi, così come altre analoghe opere di ripristino e di tutela, venissero
realizzati solo una tantum avrebbero effetto solo per un arco di tempo, più o
meno limitato.
Meno realizzabile sembra essere l’idea di riproporre, attraverso il
ripristino e il restauro, paesaggi del passato, magari scegliendo di volta in
volta quelli di epoche diverse. Individuare quali fossero gli autentici
paesaggi d’epoca, anche di uno o più secoli fa, può rappresentare uno studio
storico interessante, ma proporne il ripristino lascia i più alquanto perplessi.
14
1.7 I piani paesistici
La legislazione italiana è intervenuta in materia di paesaggio a partire
dal XX Secolo. I radicali mutamenti seguiti all’ultimo conflitto mondiale
hanno scavalcato di fatto anche quanto disposto dalla Legge n. 778 del 1922
che estendeva alle “bellezze paesaggistiche” l’istituto della notifica e la
servitù del non modificabile. Allo stesso modo, per la Legge 1497 del 1939
che aveva per la prima volta parlato di “piani territoriali paesistici” ed
affidato al competente Ministero la facoltà di predisporli per alcune
particolari e ben delimitate zone.
Ma, dopo l’ultimo conflitto mondiale, i territori e quindi i paesaggi
furono sconvolti, con una rapidità senza precedenti, da molte cause
concomitanti, quali un massiccio esodo rurale (con diffuso abbandono dei
campi), migrazioni interne attratte dallo sviluppo industriale concentrato in
alcune aree, una elefantiasi delle periferie cittadine e della mobilità, con la
costruzione di autostrade, di sempre più veloci mezzi di trasporto, ecc..
Anche nelle campagne, le macchine sostituirono gli animali da lavoro,
sopperirono alla crescente carenza di manodopera e determinarono
adeguamenti strutturali delle aziende, come l’indispensabile ampliamento
degli appezzamenti. La nuova realtà della Unione economica europea
impose una riconversione colturale. Ci si è trovati anche di fronte a
drammatiche situazioni di eccedenze agro-alimentari, fino al punto da
rendere necessaria una drastica riduzione delle superfici coltivate ed a
finanziare il cosiddetto set aside.
I paesaggi non sfuggirono a così importanti mutamenti. Nessuno
avrebbe immaginato e previsto, ad esempio, gli effetti sconvolgenti su di
essi provocati dalla estinzione della mezzadria. Oggi qualcuno rimpiange e
rivorrebbe quei paesaggi, ma senza la mezzadria non è certo pensabile di
poterli ricreare e tanto meno mantenere.
Nel 1948, l’articolo 9 della nuova Costituzione stabilì che la Repubblica
“Tutela il paesaggio”. La Costituzione ignorò invece il grande problema
della tutela ambientale e tutto lascia pensare che il riferimento al paesaggio
fosse correttamente inteso nel significato dettato dalle limitate normative
allora vigenti. Comunque, la inadeguatezza e l’inerzia legislativa lasciarono
immutata la situazione ancora per molti decenni.
Solo quarant’anni dopo, fu varata la “Legge Galasso” del 1985 che
peraltro esplicitamente escludeva dai propri vincoli “l’attività agro-silvo-
pastorale”, a meno che non comportasse “alterazione permanente dello stato
dei luoghi…”. Rilevante innovazione di questa Legge fu l’affidamento alle
Regioni di piani urbanistico - territoriali e paesistici, ma sempre in
riferimento a specifiche aree ben delimitate. Eterogenee interpretazioni,
15
inadempienze, inerzie, nonché il prevalere di concezioni urbanistiche
contribuirono poi in varia misura a non far conseguire ovunque i risultati
attesi. Dopo ormai quasi un ulteriore ventennio, la situazione è ancora
confusa ed assai eterogenea tra le diverse regioni. Solo alcune hanno varato
direttive paesistiche, nel quadro di propri piani di sviluppo.
L’accordo, Stato-Regioni, sottoscritto nel 2001 e l’attuale Codice dei
Beni Culturali e del Paesaggi del 1 maggio 2004 hanno lanciato una
generale pianificazione paesistica. Esorbitando dai limiti territoriali della
Legge Galasso, questa pianificazione potrebbe essere infatti estensibile a
tutto il territorio regionale e quindi nazionale. Essa prevede norme
prescrittive da imporre per realizzare appunto la “protezione” e la
“gestione” del paesaggio. Poiché l’elemento essenziale del paesaggio è
l’agricoltura, una pianificazione di questo settore finisce per evocare quella
collettivizzazione agricola sperimentata in alcuni Paesi. Dopo le disastrose
esperienze già vissute, non si può restare indifferenti di fronte ad ombre
pianificatrici delle attività agricole, da attuare con l’imposizione di “norme
prescrittive” presentate in nome di una tutela del paesaggio.
Nel nostro Paese abbiamo già vissuto, ad esempio, l’esperienza dei
“Piani Verdi” che adottavano alcune forme di pianificazione indiretta,
attraverso l’elargizione di contributi finanziari solo a condizione che gli
agricoltori seguissero le scelte e le direttive tecniche impartite. Basta
ricordare l’imposizione della nuova olivicoltura “a palmetta” che si diffuse
molto rapidamente, ma della quale oggi non vi è più traccia; allo stesso
modo, si può citare l’effimera diffusione del “ribes nero”, in forza di
specifici contributi ad hoc previsti da quei Piani.
Una condizionata concessione di contributi finanziari può rappresentare
un sostanziale strumento per indurre gli agricoltori (oggi più che mai
bisognosi di sostegno) ad assecondare la volontà di chi esercita il potere
attraverso la distribuzione di risorse pubbliche.
Per questo motivo, credo si debbano intanto cercare tempestive
soluzioni concordate, sulla base di oggettive valutazioni tecniche, evitando
di far sorgere contrapposizioni nella tutela dell’agricoltura e/o del
paesaggio.
Le recenti “leggi di orientamento”, oggi vigente, hanno già previsto
rapporti di collaborazione fra pubbliche amministrazioni e imprenditori
agricoli, proprio anche per la tutela del paesaggio agrario e forestale. Una
ragionevole applicazione di queste normative potrebbe quindi offrire nuovi
spazi per possibili iniziative che comunque non impongano limiti al libero
sviluppo dell’attività imprenditoriale agricola.
16
Capitolo 2 Le politiche paesaggistiche
2.1 Convenzione europea del Paesaggio
Gli Stati membri del Consiglio d’Europa condividono l’obiettivo di
salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che costituiscono il loro
patrimonio comune, e il desiderio di pervenire ad uno sviluppo sostenibile
fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l’attività economica
e l’ambiente. In questo contesto il paesaggio è considerato una componente
fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell’Europa e una risorsa
favorevole all’attività economica, capace di creare posti di lavoro se
adeguatamente salvaguardato, gestito e pianificato.
E’ evidente che i paesaggi europei hanno subito nel corso degli ultimi
cinquanta-sessanta anni una veloce trasformazione dovuta alle evoluzioni
delle tecniche di produzione agricola, forestale, industriale e pianificazione
mineraria e delle prassi in materia di pianificazione territoriale, urbanistica,
trasporti e così via. Così come è evidente che il paesaggio rappresenta un
elemento chiave del benessere individuale e sociale. Pertanto, la
salvaguardia, la gestione e la pianificazione del paesaggio comportano
diritti e responsabilità per ciascun cittadino che deve essere chiamato a
svolgere un ruolo attivo nella sua trasformazione attraverso uno strumento
dedicato esclusivamente alla salvaguardia, alla gestione e alla
pianificazione di tutti i paesaggi europei.
Al fine di sensibilizzare gli Stati europei ad attivare tale strumento il
Comitato dei Ministri della Cultura e dell’Ambiente del Consiglio
d’Europa, il 19 luglio 2000, ha adottato il documento noto come “La
Convenzione Europea del Paesaggio”. La firma della Convenzione
3
è
avvenuta in Italia il 20 ottobre 2000 presso il Salone di Palazzo Vecchio a
Firenze ed è stata firmata da ventisette Stati della Comunità europea e
ratificata da dieci. In tale documento si mettono a punto, sul tema del
Paesaggio, sia riflessioni teoriche che direttive operative per i paesi
3
Diversi sono i testi giuridici esistenti a livello internazionale prima della stesura della
Convenzione sul paesaggio, quali: 1) la Convenzione sulla tutela del patrimonio mondiale,
culturale e naturale (Parigi, 16 novembre 1972); 2) la Convenzione relativa alla conservazione
della vita selvatica e dell'ambiente naturale d'Europa (Berna, 19 settembre 1979); 3) la
Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità
territoriali (Madrid, 21 maggio 1980) e i suoi protocolli addizionali; 4) la Convenzione per la
salvaguardia del patrimonio architettonico d'Europa (Granada, 3 ottobre 1985); 5) la Carta europea
dell'autonomia locale (Strasburgo, 15 ottobre 1985); 6) la Convenzione sulla biodiversità (Rio,
5 giugno 1992); 7) la Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico (rivista) (La
Valletta, 16 gennaio 1992); 8) la Convenzione relativa all'accesso all'informazione, alla
partecipazione del pubblico al processo decisionale e all'accesso alla giustizia in materia
ambientale (Aarhus, 25 giugno 1998).
17
firmatari, di grande rilevanza. Uno degli aspetti più innovativi della
Convenzione è da ricercare all’interno della stessa definizione data di
Paesaggio: “una determinata parte di territorio, così come viene percepita
dalla popolazione, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o
umani e dalle loro interrelazioni". Ci si può rendere facilmente conto di
come il paesaggio, secondo questa impostazione abbia acquisito significati
completamente nuovi. Non solo risultano superate le concezioni puramente
estetizzanti del paesaggio, ma anche le stesse visioni eco/scientifiche e
pianificatorie risultano, ancorché sempre utili, assai parziali e limitanti, nei
confronti della nuova visione complessa che il paesaggio ha assunto
nell'elaborazione della Convenzione Europea. Nasce così la possibilità di
disporre di un nuovo strumento capace di cogliere proprio quello che oggi
manca alla progettazione contemporanea: la capacità di inserirsi nella
complessità, senza passare per operazioni semplificatorie o riduzioniste, per
andare a fruire invece della ricchezza della diversità ed anche della
dinamicità, spesso anche conflittuale, ma stimolante, derivante dagli
approcci molteplici e convergenti, quali quelli che il paesaggio, nella sua
nuova concezione, fa propri.
La Convenzione mira ad incoraggiare le autorità pubbliche ad adottare a
livello locale, regionale, nazionale ed internazionale le “politiche del
paesaggio” consistenti in principi generali, in strategie e in orientamenti che
consentono l’adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare
gestire e pianificare il paesaggio. Le autorità competenti sono chiamate a
formulare ”l’obiettivo di qualità paesaggistica” per ogni determinato
paesaggio consistente nella esplicitazione delle aspirazioni delle
popolazioni inerenti le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di
vita.
Il testo prevede una trattazione attenta del paesaggio con l'assunzione di
misure adeguate alla salvaguardia, gestione e pianificazione dei paesaggi. In
particolar modo attraverso:
a) azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi
e caratteristici di un paesaggio (salvaguardia dei paesaggi);
b) azioni volte a garantire, in un’ottica di sviluppo sostenibile, il
governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue
trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici
ed ambientali (gestione dei paesaggi);
c) azioni lungimiranti volte alla valorizzazione, al ripristino o alla
creazione di paesaggi (pianificazione dei paesaggi).
La Convenzione propone misure a livello nazionale ed internazionale,
volte a formulare delle «politiche del paesaggio» e ad incoraggiare
l'interazione tra le Autorità locali e centrali così come la cooperazione
transfrontaliera in materia di protezione dei paesaggi. Essa espone una serie
18
di soluzioni differenti da applicare da parte degli Stati in funzione delle
proprie specifiche esigenze. Il campo di applicazione comprende i paesaggi
terrestri, le acque interne e marine, e concerne sia i paesaggi che possono
essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i
paesaggi degradati. Tale apertura di vedute spinge gli Stati a integrare il
paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in
quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico,
nonché nelle altre politiche che possono avere un’incidenza diretta o
indiretta sul paesaggio.
Gli Stati sono chiamati a mobilitarsi per migliorare la conoscenza dei
propri paesaggi sull’insieme del proprio territorio, l’analisi delle
caratteristiche nonché le dinamiche e le pressioni che li modificano.
Molta importanza viene data alla formazione ed educazione in campo
paesaggistico e in particolare gli organi competenti sono invitati a formare
degli specialisti nel settore della conoscenza e dell’intervento sui paesaggi e
ad attivare programmi pluridisciplinari di formazione sulla politica, la
salvaguardia, la gestione e la pianificazione del paesaggio destinati ai
professionisti del settore pubblico e privato e alle associazioni di categoria
interessate
È prevista, infine, l'istituzione del Premio del Paesaggio del Consiglio
d'Europa, da assegnare ad Autorità locali o regionali ovvero ad
organizzazioni non governative che abbiano attuato politiche o misure
esemplari e durevoli volte alla salvaguardia, gestione e pianificazione dei
paesaggi. Tale Premio, che potrà anche avere solo carattere simbolico, sarà
a carico del Consiglio d'Europa, organizzazione dotata di proprie risorse
finanziarie e non a carico dei singoli membri.
L'attuazione della Convenzione sarà seguita congiuntamente dai
Comitati intergovernativi del Consiglio d'Europa competenti per le
tematiche culturali ed ambientali.